Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8465 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8465 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31021/2019 R.G. proposto da:
NOME, elett.te domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura a margine del ricorso,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura a margine del controricorso,
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n.3976/2018 depositata il 22.8.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato il 4/7.8.2003, NOME, sosteneva che era proprietaria di un edificio di due piani ad uso abitativo, sito in Comune di Serrara – Fontana e caratterizzato, al primo piano, da una terrazza a livello, munita, sul lato sud-est, di ringhiera, che si affacciava sul confinante e sottostante fondo della RAGIONE_SOCIALE, da essa acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE, che la RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE stava erigendo lungo il confine nord-est della terrazza, previo rilascio di parere urbanistico e concessione edilizia ed approvazione del progetto definitivo e della sua variante, un edificio a distanza inferiore ai 10 metri dalla sua parete finestrata, prescritti dall’art. 9 del D.M. 2 Aprile 1968, e che, in tal modo, erano state anche violate le distanze dalle sue vedute.
Con la stessa citazione NOME ed i suoi congiunti conviventi, COGNOME NOME ed COGNOME NOME, lamentavano la lesione del diritto alla salute derivante dalla realizzazione della sala mortuaria addossata al muro di sostegno dell’indicata terrazza a livello, dalle esalazioni promananti dalla stessa e dalle ripercussioni sull’abitabilità della loro dimora, per cui gli attori chiedevano la condanna della A.S.L. 2 all’arretramento di tutte le opere fronteggianti l’edificio in cui abitavano fino alla distanza di dieci metri dallo stesso, con divieto di realizzare costruzioni in violazione della distanza, all’arretramento di tutte le opere site a meno di tre metri dalle vedute, con divieto di realizzare opere di ogni genere in violazione di tale distanza, ed all’arretramento della camera mortuaria fino alla distanza ritenuta necessaria ex art. 890 cod. civ.
per evitare nocumento al proprio fondo, in ragione del pregiudizio arrecato alla loro salute psichica e fisica.
Costituitasi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rigetto delle domande, sostenendo di essersi attenuta ai provvedimenti concessori, di aver edificato i primi due livelli della struttura da adibire a residenza per anziani al di sotto del fabbricato attoreo e alla terrazza, così da non consentire alcuna veduta, e di aver realizzato il terzo piano arretrato, rispetto ai piani inferiori, alla distanza di 10 metri, negava l’esistenza di una servitù di veduta dalla terrazza a livello per la presenza di un muro, che su richiesta degli attori, aveva sostituito la preesistente ringhiera, ed indicava come dovuta per legge la realizzazione di una sala mortuaria, ubicata sotto il terrapieno e non visibile dal fabbricato degli attori, giudicando emulativa la relativa domanda avversa.
Con sentenza n. 268/2010 del 28 maggio 2010, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, sezione distaccata di Ischia, rigettava le domande attoree.
Il giudizio d’appello veniva incardinato dai medesimi NOME, COGNOME NOME ed COGNOME NOME, ed in secondo grado si costituiva la RAGIONE_SOCIALE, subentrata alla RAGIONE_SOCIALE, proponendo appello incidentale volto ad ottenere la declaratoria di insussistenza della giurisdizione del Giudice Ordinario a favore del Giudice Amministrativo sulla domanda avversaria di arretramento della struttura, e ad ottenere la liquidazione delle spese anche delle fasi cautelari.
Con la sentenza n. 3976/2018, pubblicata il 22 agosto 2018, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento del primo motivo di appello incidentale, dichiarava il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in favore del Giudice Amministrativo quanto alla domanda di arretramento e demolizione del fabbricato realizzato in violazione delle distanze di legge, rigettando per il resto i motivi d’appello sia principale, sia incidentale, compensando le spese del doppio grado
del giudizio e ponendo i costi della CTU a carico della parte appellante.
Contro la predetta sentenza, ha proposto ricorso NOME, sulla base di un unico motivo; resiste la RAGIONE_SOCIALE con controricorso, illustrato anche con memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.. Con l’unico motivo di ricorso, proposto attraverso il richiamo agli articoli 873 e 907 cod. civ., al D.M. 2.4.1968, n. 9 ed all’art. 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998, in relazione all’art. 360, primo comma n. 1 c.p.c., NOME ha lamentato che la Corte partenopea abbia fondato la pronuncia declinatoria della giurisdizione del Giudice Ordinario sulla base di principi afferenti alle espropriazioni per pubblica utilità ed alle relative leggi, e che tale motivazione non sia in linea con la fattispecie concreta in esame, la quale non ha preso avvio da un procedimento espropriativo, ma da un’attività edificatoria, sia pure di pubblico interesse, soggetta, quanto alla giurisdizione, all’articolo 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e, dunque, alla giurisdizione del Giudice Ordinario.
In via preliminare va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Con ordinanza interlocutoria del 22.6.2023 la Corte, rilevato che non risultava effettuata la notificazione del ricorso ad COGNOME NOME ed COGNOME NOME, parti dei due gradi del giudizio di merito e rispetto ai quali si profilava un ipotesi di litisconsorzio necessario per ragioni di ordine processuale, ha ordinato di provvedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di COGNOME NOME ed COGNOME NOME, dando, a tal fine, termine per l’adempimento di quaranta giorni 40 dalla comunicazione dell’ordinanza, avvenuta il 26.7.2023.
Dal controllo degli atti, non è risultata effettuata alcuna notificazione per integrazione del contraddittorio ad COGNOME NOME ed COGNOME NOME (v. anche attestazione del Cancelliere), per cui il ricorso va dichiarato inammissibile ex art. 371 bis c.p.c. (v. in tal senso sulle conseguenze della mancata
integrazione del contraddittorio disposta nel giudizio di legittimità Cass. ord. n. 12699/2022; Cass. n. 22783/2018; Cass. n.1825/2018; Cass. sez. un. n. 6107/2012; Cass. sez. un. n.10463/2003).
Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 3.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Visto l’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Roma, 29.2.2024