Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10750 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10750 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31221-2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME in qualità di eredi di NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 645/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/04/2019 R.G.N. 3828/2015;
Oggetto
Pensione reversibilità
R.G.N.31221/2019
COGNOME
Rep.
Ud.14/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Con sentenza n.645/19, la Corte d’appello di Roma confermava, per quanto qui di rilievo, la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, volta alla ricostituzione della pensione di reversibilità goduta in vita dalla madre, con attribuzione dell’integrazione al minimo.
Riteneva la Corte, in via preliminare, inammissibile l’intervento dell’erede COGNOME NOME, che non era stato parte del giudizio di primo grado e che, per quanto di rilievo, nemmeno è parte del presente giudizio d’impugnazione. Nel merito, il Collegio d’appello giudicava la domanda sfornita di prova, non essendo stato prodotto in giudizio alcun documento attestante il reddito della madre e del di lei coniuge.
Avverso la sentenza, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ricorrono per tre motivi, illustrati da memoria.
L’Inps resiste con controricorso, illustrato da memoria.
In sede di odierna udienza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RILEVATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2697 cod.civ. e 115 c.p.c., nonché dell’art.6 d.l. n.463/83 conv. in l. n.638/83, per non avere la Corte d’appello considerato che l’Inps non aveva contestato la spettanza dell’integrazione al minimo, tanto che era stato lo stesso istituto a concedere detta integrazione, come risultava da comunicazione proveniente dallo stesso ente e come aveva riconosciuto anche il consulente tecnico d’ufficio. Inoltre, risultava irrilevante il reddito del coniuge, essendo la de cuius titolare di pensione sin da prima del 31.12.1992.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce omesso esame di fatti decisivi, per non avere la Corte d’appello considerato le risultanze istruttorie agli atti, ovvero la comunicazione dell’Inps e la consulenza tecnica, laddove davano atto del riconoscimento, da parte dell’Inps, dell’integrazione al minimo.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.115 e 116 c.p.c., per non avere la Corte considerato la documentazione allegata e le risultanze della consulenza da cui risultava il riconoscimento, da parte dell’Inps, dell’integrazione al minimo.
I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, data la loro intima connessione.
Essi sono inammissibili.
Va innanzitutto rilevato il difetto di autosufficienza dei tre motivi, laddove fanno leva sul contenuto di documenti prodotti in giudizio, che però non vengono riportati in modo specifico, ma solo citati per brevi stralci. Analogo
discorso deve farsi riguardo all’argomento della pretesa mancata contestazione, da parte dell’Inps, circa la sussistenza del diritto all’integrazione al minimo. Il motivo parla di mancata contestazione dell’Inps in grado d’appello, senza nulla dire della difesa svolta dall’Inps con la memoria costitutiva di primo grado. Riporta poi un breve stralcio della memoria costitutiva dell’Inps in appello, dal quale non è possibile evincere l’asserita mancata contestazione; tutto ciò in violazione del principio di autosufficienza.
Ancora, risulta violato il principio di autosufficienza laddove i motivi si riferiscono a varie comunicazioni e provvedimenti dell’Inps in cui l’ente avrebbe dato atto, prima dell’introduzione del giudizio, della spettanza dell’integrazione al minimo. Tali documenti, però, non sono ritrascritti e nemmeno ne è riportato in modo compiuto e completo il contenuto, limitandosi ancora una volta il ricorso a enunciare brevi estratti degli stessi.
I motivi sono anche generici, laddove non specificano per quali anni l’Inps avrebbe riconosciuto il diritto all’integrazione al minimo, considerato che essa non spetta in modo continuativo ma in base al reddito percepito in ciascun anno, sicché il riconoscimento ottenuto per alcuni anni non impedisce che per il periodo successivo sia stato superato il limite reddituale e, soprattutto, non fa venir meno l’obbligo dell’assicurato di allegare e provare, per ogni anno, la persistenza di un reddito inferiore ai limiti di legge.
Infine, l’inammissibilità deriva dal fatto che, al di là della rubrica dei motivi, essi tendono tutti a contestare una valutazione in fatto compiuta dalla Corte, la quale non
avrebbe compiutamente considerato le prove documentali prodotte. Ai sensi dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c., i ricorrenti avrebbero, quindi, dovuto specificare i fatti storici omessi e la loro decisività ai fini della decisione. Il ricorso invece nulla argomenta sul punto, in particolare sulla decisività del preteso avvenuto riconoscimento dell’Inps dell’integrazione al minimo in epoca precedente.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese secondo soccombenza i sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa l’inammissibilità del ricorso , si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.