Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19965 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19965 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 5764/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Orsara di Puglia (FG), INDIRIZZO c.f. -P.I. P_IVA – in persona del legale rappresentante pro – tempore, NOME -c.f. CODICE_FISCALE;
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Roma (RM), INDIRIZZO c.f. -P.I. P_IVA – in persona del legale rappresentante pro – tempore, NOME -c.f. CODICE_FISCALE;
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Torino (TO), INDIRIZZO, P.I. P_IVA– in persona del legale rappresentante pro – tempore, COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE;
–RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Reggio Calabria (RC), INDIRIZZOc.f. -P.I. P_IVA – in persona del legale rappresentante pro tempore,
tutte rappresentate e difese dall’Avv. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE) e presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO elettivamente domiciliate, come da procure in atti.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, con sede legale in Ivrea (TO), INDIRIZZO, P. Iva P_IVA, in persona dei Commissari Straordinari avv. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME e dott. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, unitamente e disgiuntamente, dall’avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec del primo EMAIL.
-controricorrente –
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro -tempore, legale rappresentante , rappresentato difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 952/2022, depositata e pubblicata in data 06.09.2022, resa dalla Corte di Appello di Torino, nei giudizi riuniti n. 1517/2021 R.G. e n. 1536/2021 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino, decidendo sul reclamo ex art. 18 l. fall. promosso da RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, di RAGIONE_SOCIALE e di
RAGIONE_SOCIALE (reclamo cui era stata riunita la causa di appello n. 1536/21 R.G. tra le medesime parti) – ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto in relazione al giudizio n. 1517/21 R.G., in materia di richieste cautelari, e ha rigettato l’appello avverso la sentenza n. 163/21, pubblicata il 29.11.2021, del Tribunale di Torino, con la quale era stata dichiarata l’insolvenza della società RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 34/2020 pubblicata il 4.02.2020 il Tribunale di Torino aveva infatti dichiarato lo stato di insolvenza della società RAGIONE_SOCIALE ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 d.lgs. n. 270/1999.
Con decreto del 30 luglio 2020, sulla scorta delle valutazioni esposte dal Collegio Commissariale nella relazione ex art. 28 d.lgs. n. 270/1999 e del parere espresso dal Ministero dello Sviluppo Economico in data 15 giugno 2020, il Tribunale di Torino aveva altresì dichiarato l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria della RAGIONE_SOCIALE
4.Con ricorso ex art. 80 ss. d.lgs. n. 270/1999 datato 3.11.2020 i Commissari Straordinari della RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria avevano altresì chiesto al Tribunale di Torino l’accertamento dello stato di insolvenza, ex art. 3 d.lgs. n. 270/1999, della RAGIONE_SOCIALE e l’estensione a quest’ultima della procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art. 81, comma 2, d.lgs. 270/1999, previo accertamento dell’appartenenza della società convenuta al gruppo di imprese di cui faceva parte la stessa Società RAGIONE_SOCIALE Intervenivano nel procedimento alcune delle Società consorziate (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), opponendosi all’accoglimento del ricorso.
Il Tribunale di Torino, con sentenza n. 1/2021, pubblicata in data 14.1.2021, (i) dichiarava, ad ogni effetto di legge, lo stato d’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante ed amministratore unico NOME COGNOME; (ii) dichiarava l’estensione alla RAGIONE_SOCIALE della procedura di amministrazione straordinaria della RAGIONE_SOCIALE; (iii) ammetteva la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE alla suddetta procedura di amministrazione straordinaria.
Avverso tale sentenza proponevano pertanto opposizione le società RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, eccependo in via preliminare l’incompetenza del Tribunale di Torino per essere competente il Tribunale di Ivrea e chiedendo nel merito la revoca della sentenza n. 1/2021 così impugnata e, per l’effetto, della dichi arazione di insolvenza del RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 163/2021 pubblicata il 29.11.2021 il Tribunale di Torino rigettava l’opposizione e per l’effetto confermava il provvedimento impugnato.
Avverso tale sentenza le società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE depositavano in data 13.12.2021 ricorso per reclamo ex art. 11 D.Lgs 270/99 e 18 l.fall., con richiesta di adozione di misure cautelari, ex art. 15 comma 8 l.fall. (procedimento n. 1517/2021).
Con ordinanza del 25.01.2022 la Corte respingeva l’istanza di misure cautelari formulata dagli appellanti.
In esito all’udienza del 22.03.2022 , nel giudizio n. 1517/2021 RG la Corte disponeva la riunione del giudizio con quello iscritto al n. 1536/2021 R.G. e dichiarava altresì inammissibile l’istanza dei ricorrenti di sospensione , anche parziale, del bando di vendita.
La Corte di appello ha osservato e rilevato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) in ordine alla sollevata eccezione di incompetenza, era corretto il rilievo del Tribunale secondo cui il Consorzio RAGIONE_SOCIALE era ‘impresa del gruppo’ , nell’ottica dell’art. 80 comma 1 lett. b) n. 2 D.Lgs 270/99 , in quanto controllata da RAGIONE_SOCIALE, secondo quando previsto dall’art. 2359 , comma 1, n. 1 c.c.; (ii) in relazione infatti all ‘ accertamento giudiziale del possesso delle quote di controllo della società dichiarata insolvente, non era stata fornita da parte della reclamante alcuna prova documentale idonea a
superare il giudizio svolto dal Tribunale, essendo poi irrilevante – nella qualificazione della relazione di controllo – la circostanza che, in relazione alla consorziata RAGIONE_SOCIALE, fosse stato dichiarato lo stato di insolvenza e aperta la procedura di amministrazione straordinaria, circostanze quest’ultime che non avevano dissolto la relazione di controllo sopra descritta; (iii ) quanto, poi, all’eccepito mancato parere preventivo del Comitato di Sorveglianza , ritenuto necessario per l’avvio della procedura dichiarativa dell’insolvenza, occorreva ribadire che, ai sensi dell’art. 46 D. Lgs 270/99 ( ‘ Funzioni del comitato di sorveglianza ‘ ) e del l’art. 82 (‘ Accertamento dei presupposti per l’ammissione alla procedura ‘ ), tale parere doveva ritenersi non necessario per la legittimità della procedura di insolvenza, in quanto non previsto normativamente; (iii) in relazione, poi, alla contestazione dell ‘ insolvenza del Consorzio RAGIONE_SOCIALE, le doglianze proposte dalle reclamanti erano infondate, atteso che il contraddittorio era stato regolarmente integrato con la citazione del Consorzio il quale, ai sensi dell’art. 9 d.lgs 270/99, ben avrebbe potuto costituirsi in giudizio non solo per impugnare la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, ma anche per intervenire ad adiuvandum delle opponenti; (iv) quanto, inoltre, al rilievo secondo cui il Tribunale non avrebbe valutato l’incidenza delle rinunce alle procedure esecutive e ai crediti da parte delle consorziate (con il superamento della situazione di crisi, per inesigibilità del credito di euro 15.000.000 verso Manital s.p.a., e con lo ‘ sblocco ‘ dei conti correnti pignorati e la conseguente possibilità di ripresa dell’attività del Consorzio ) – le censure non meritavano condivisione, atteso che, a tal fine, l ‘asserita ‘ sufficienza” delle rinunce ai crediti e alla loro riscossione coattiva da parte di alcune consorziate non era invece affatto idonea a ‘ sbloccare ‘ l’operatività del Consorzio ; (v) non risultava neanche condivisibile l’ulteriore obiezione secondo cui, sotto il profilo contabiledocumentale, il bilancio relativo all’esercizio 2019 non era mai stato redatto dall’amministratore né dunque approvato, con la conseguenza che la situazione contabile aggiornata prodotta dai Commissari (e volta a documentare lo stato di insolvenza) sarebbe stata per un verso apodittica e per altro verso inspiegabile nei suoi dati, non potendosi dar conto del perché
in un solo esercizio il Consorzio avesse potuto accumulare debiti per oltre 107.500.000,00.
11. La sentenza, pubblicata il 06.09.2022, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ed il Ministero dello Sviluppo Economico hanno resistito con controricorso.
La parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo le società ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: -‘ Illegittimità per violazione e/o omessa applicazione degli artt. 15, commi 8, 19 e 195 R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare) -Difetto assoluto di motivazione (art 360, comma 1, n.ri 3 e 4 c.p.c.); In via subordinata: illegittimità per violazione e/o omessa applicazione dell’art. 12, comma 2, disposizione preliminari al c.c. in combinato disposto con gli artt. 15, commi 8, 19 e 195 R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare) e con gli artt. 24 e 111 Cost. e artt. 6 e 13 CEDU -Omessa motivazione (art. 360, comma 1, n. 3 e 4 c.p.c.); In via ulteriormente subordinata: questione di legittimità costituzionale degli artt. 36 e ss. D.Lgs. n. 270/1999 nella parte in cui non prevedono per violazione degli artt. 24 e 111 Costituzione ‘, sul rilievo che sarebbe erronea la sentenza impugnata laddove aveva dichiarato inammissibile l’istanza di misure cautelari presentata con il ricorso e con il reclamo, ex art. 15, comma 8, D.Lgs. 267/1942, per violazione di legge, per violazione dell’art. 12 disp. prel. c.c. e per difetto assoluta di motivazione.
2. Con il secondo mezzo si deduce ‘violazione ed errata applicazione degli artt. 80, 81, 82 D.Lgs. 270/1999 e dell’art. 2359 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -violazione ed errata applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, c.p.c. nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. per motivazione apparente, illogica, contraddittoria in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.’ , sul rilievo che il giudice di merito avrebbe erroneamente omesso di valutare le prove
proposte dalle società consorziate, vale a dire il contratto di ‘service’ relativo all’affidamento dello svolgimento dei compiti di contabilità e rendicontazione, dietro pagamento delle relative prestazioni, atto idoneo a contestare un rapporto di controllo meramente presunto e che il medesimo giudice avrebbe erroneamente qualificato come irrilevante, al fine di escludere il rapporto di controllo, la dichiarazione d’insolvenza della controllante RAGIONE_SOCIALE
2.1 La doglianza, articolata nel secondo motivo, è infondata.
Si assume da parte delle ricorrenti che le società consorziate rivestivano un ruolo rilevante nella gestione del Consorzio in quanto svolgevano oltre il 70% delle attività aggiudicate al Consorzio, con la conseguenza che sarebbe stata RAGIONE_SOCIALE a lavorare per il Consorzio e non viceversa.
Sul punto va chiarito che se la quota di partecipazione è tale da configurare un rapporto di ‘controllo’ ai sensi dell’art. 2359 c.c., le imprese considerate sono per ciò solo ‘imprese del gruppo’ , ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di estensione dell’amministrazione straordinaria di cui agli artt. 80 e ss. d.lgs. n. 270/99. E ciò benché in ambito consortile la capogruppo possa rappresentare uno strumento di servizio alle imprese partecipanti.
Ma anche le ulteriori censure articolate nel motivo qui in esame non meritano condivisione, posto che, nonostante la dichiarazione di insolvenza, la società madre aveva comunque conservato la partecipazione sulla controllata, di talché la dichiarazione di insolvenza, diversamente da quanto opinato dalle ricorrenti, non avrebbe potuto comunque incidere sul profilo della competenza, profilo quest’ultimo , che, peraltro, ha visto la Corte di appello effettuare accertamenti in fatto, sui presupposti legittimanti la dichiarata competenza, non adeguatamente censurati in questa sede.
3. Con il terzo motivo si denuncia, invece, il provvedimento impugnato per ‘ Illegittimità -Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 46 e 61 D.Lgs. 270/1999 -(art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) -Nullità della sentenza per omessa motivazione -Motivazione apparente ai sensi dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. -(art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) ‘, sul rilievo che era erronea l’affermazione secondo cui non sarebbe stata necessaria l’acquisizione
preventiva del parere del Comitato di sorveglianza, per la legittimità della dichiarazione di insolvenza.
3.1 Anche il terzo motivo è infondato.
Sul punto, è sufficiente richiamare l’art. 82, comma 2, in combinato disposto con l’art. 46 d.lgs. n. 270/99. Il primo prevede quanto segue: «Il ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza dell’impresa del gruppo può essere proposto anche dal commissario straordinario della procedura madre». Il secondo recita: «Il comitato di sorveglianza esprime il parere sugli atti del commissario nei casi previsti dal presente decreto e in ogni altro caso in cui il Ministero dell’industria lo ritiene opportuno». Ora, il predetto d.lgs. n. 270/99 specifica i casi in cui il Comitato di sorveglianza deve essere ‘sentito’, ossia le ipotesi in cui lo stesso è chiamato ad esprimere un parere (comunque non vincolante). Si tratta dei seguenti atti: « a) gli atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami di aziende; b) gli atti di alienazione e di locazione di beni immobili e di costituzione di diritti reali sui medesimi, gli atti di alienazione di beni mobili in blocco, di costituzione di pegno e le transazioni, se di valore indeterminato o superiore a lire quattrocento milioni » (v. art. 42 d.lgs. n. 270/99); nonché « l’esecuzione del programma » (v. art. 57 d.lgs. n. 270/99).
Alla luce delle norme sopra richiamate, è evidente che, da un lato, l’introduzione del giudizio di estensione rientrava a pieno titolo nei poteri dei Commissari e che, dall’altro, tale iniziativa non era specificatamente soggetta al parere preventivo del Comitato di sorveglianza.
Il quarto mezzo denuncia l” Illegittimità -Violazione dell’art. 5 e 15 Legge Fallimentare in combinato disposto con l’art. 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) -Carenza assoluta di motivazione art. 360 n. 4 c.p.c.) ‘, sul rilievo dell ‘ illegittimità dell ‘impugnata sentenza per illegittimità nell’accertamento e declaratoria dello stato di insolvenza del Consorzio, presupposto dell’attrazione alla procedura di amministrazione straordinaria ex art. 81 D.Lgs. 270/1999.
4.1 Il motivo è all’evidenza inammissibile per come formulato.
Pretenderebbero le società ricorrenti una nuova rivisitazione della quaestio facti , in relazione al profilo dell’accertamento della ricorrenza o meno dei
presupposti fattuali sottesi alla dichiarazione di insolvenza, scrutinio che, come noto, è inibito al giudice di legittimità perché rimesso al sindacato esclusivo dei giudici della cognizione che, sul punto, hanno – diversamente da quanto hanno opinato le ricorrenti – speso una motivazione adeguata e scevra da criticità argomentative.
5. Le ricorrenti propongono infine un quinto motivo con il quale denunciano ‘ Illegittimità – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 15 L. Fall., in combinato disposto con gli artt. 61, 116 e 191 c.p.c. – Omessa motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) ‘. L e ricorrenti censurano, cioè, la sentenza impugnata per omesso accertamento dell’effettivo stato di insolvenza del Consorzio RAGIONE_SOCIALE ed omessa motivazione sul punto.
5.1 Si evidenzia che, in sede istruttoria, unitamente alla documentazione allegata relativa alla situazione patrimoniale del Consorzio RAGIONE_SOCIALE ed alla perizia tecnica contabile redatta da professionista specializzato nella materia, avevano anche formalizzato la richiesta di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio al fine di accertare l’effettiva realtà economicofinanziaria del Consorzio, valutando l’attendibilità del materiale prodotto dagli istanti Commissari, alla luce di una documentazione (dati di bilancio) credibile e comunque oggettivamente controllabile. Sottolineano che l’istanza istruttoria di espletamento di c.t.u. contabile sarebbe stata avanzata fin dalla comparsa di costituzione e risposta in primo grado, senza ottenere alcuna risposta argomentativa.
5.1 Anche l’ultimo motivo di censura è inammissibile sia perché lo stesso non prende in considerazione che, in relazione alla richiesta di C.t.u., la Corte di appello ha, con tutta evidenza, disposto un rigetto implicito della predetta istanza, sia perché le censure non considerano che, per giurisprudenza costante di questa Corte, la scelta di ammettere o meno una C.t.u. rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, che non risultano ulteriormente sindacabili nel giudizio di legittimità. Ed invero, è stato affermato che l a consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione
dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15219 del 05/07/2007; Sez. L, Sentenza n. 9461 del 21/04/2010; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 326 del 13/01/2020; Sez. L, Ordinanza n. 18299 del 04/07/2024).
6. Il rigetto dei sopra indicati motivi determina l’assorbimento dell’esame del primo motivo, articolato sul contestato diniego della richiesta tutela cautelare. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000 per compensi per ciascun controricorrente, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge e alle spese prenotate a debito per il Ministero.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12.6.2025