Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4117 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4117 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3956/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALEintimato-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di FORLI’ di cui al procedimento nr r.g. 2746/2021, depositato il 20/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto depositato il 21.12.2021 il Tribunale di Forlì ha rigettato l’opposizione ex art. 98 l fall. proposta da NOME COGNOME già amministratore della società fallita, avverso il decreto con cui il Giudice Delegato del fallimento RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato la sua domanda di insinuazione in prededuzione del credito di € 101.399,67, vantato a titolo di rimborso dei pagamenti dallo stesso effettuati a favore dei terzi, da qualificarsi finanziamenti soci resi a favore della società.
Il giudice di primo grado, ritenuta, preliminarmente, la ritualità e legittimità della partecipazione personale all’udienza dei curatori della fallita, ha, altresì, ritenuto assorbente l’inammissibilità della domanda di insinuazione al passivo proposta dal COGNOME, per non avere quest’ultimo fornito prova della non imputabilità allo stesso del ritardo nel deposito della stessa domanda.
In particolare, il giudice di primo grado ha, in primo luogo, evidenziato che la deduzione dell’opponente di essere riuscito solo a distanza di tempo (a causa della rottura del server aziendale) a ricostruire i pagamenti dallo stesso effettuati a favore di terzi, creditori della società poi fallita, risultava solo allegata e in alcun modo dimostrata. Inoltre, era, parimenti, sprovvisto di un adeguato principio di prova l’assunto secondo cui la causa del ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione al passivo fosse imputabile agli istituti di credito presso cui l’opponente era intestatario dei conti correnti da cui erano effettuati i pagamenti.
Il giudice di primo grado ha aggiunto che, tenuto conto della carica rivestita dal COGNOME nella società poi fallita, era del tutto implausibile che lo stesso non fosse a conoscenza dell’intervenuto fallimento della società e non fosse, altresì, a conoscenza dei
pagamenti dallo stesso effettuati a favore dei creditori per importi non certo minimali.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a due motivi. Il ricorrente ha, altresì, depositato la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la falsa applicazione dell’artt. 99 l.fall..
Lamenta il ricorrente che la curatela, sebbene non fosse neppure tardivamente costituita, nel partecipare all’udienza quale mera parte, è stata ammessa ad argomentare con piene difese, così violando il suo diritto di difesa.
Il motivo è inammissibile.
I ricorrente reitera in tutto il motivo la doglianza secondo cui la curatela sarebbe stata ammessa a svolgere piene difese che avrebbero violato il suo diritto, senza, tuttavia, neppure aver cura di precisare quali sarebbero state queste difese. E’ stata, infatti, riportata nel ricorso, per esteso, la dichiarazione resa in udienza dal curatore (vedi pag. 5 del ricorso) in cui quest’ultimo si era limitato a fornire come elemento utile, per valutare la tempestività dell’istanza di insinuazione tardiva, la data di emissione del decreto di esecutività del primo stato passivo, circostanza fattuale, peraltro, già desumibile dalla documentazione in atti.
Il ricorrente si duole che non gli sia stato concesso un termine per replicare, ma non indica neppure quali deduzioni avrebbe inteso svolgere per replicare alla dichiarazione del curatore, il quale si era limitato a riportare circostanze di fatto non contestate.
Con il secondo motivo è stata dedotta la falsa applicazione dell’art. 101 L.F. in relazione all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c., per avere il Tribunale omesso di considerare un fatto decisivo per la
contro
versia, ovvero il fatto storico della rottura del server aziendale. Peraltro, il Cortesi aveva formulato in udienza richiesta di ammissione di mezzi istruttori che avrebbero consentito di ricostruire integralmente le somme pagate a favore della società, mezzi istruttori non ammessi dal Tribunale.
4. Il motivo è inammissibile.
Va osservato che il ricorrente non coglie affatto nel segno nel sostenere che il giudice di primo grado avrebbe omesso di considerare il fatto storico della rottura del server aziendale. Come già evidenziato in narrativa, il Tribunale di Forlì ha esaminato espressamente tale profilo affermando, in ordine alla rottura del server, che si trattava di circostanza solo allegata e in alcun modo dimostrata.
Quanto ai mezzi istruttori, che il ricorrente stesso ammette di aver articolato solo in udienza (e quindi quando erano già maturate le preclusioni previste dall’art. 99 L.F.), la doglianza con cui il ricorrente si lamenta della mancata ammissione è pure generica, non avendo neppure precisato quali istanze istruttorie avesse svolto.
Non si liquidano le spese di lite, non essendosi la curatela costituita in giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte deli ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 14.1.2025