Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10028 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10028 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22407-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE CON SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO NOME COGNOME DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del Curatore Fallimentare pro tempore, COGNOME, COGNOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso il decreto n. cronologico 3751/2023 del TRIBUNALE di UDINE, del 02/10/2023 R.G.N. 2743/2022;
Oggetto
R.G.N.22407/2023
COGNOME
Rep.
Ud.26/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- Il tribunale di Udine, decidendo in sede di ricorso ex art.98, legge fallimentare ha rigettato l’opposizione di RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto con cui il giudice delegato aveva integralmente respinto la sua domanda di ammissione allo stato passivo del fallimento di RAGIONE_SOCIALE del proprio credito di euro 93.275,11. Con tale domanda intendeva esercitare l’azione surrogatoria ex articolo 1203, n. 3 c.c., in ragione dell’affermato pagamento di crediti dei lavoratori di RAGIONE_SOCIALE, già affittuaria del ramo di azienda RAGIONE_SOCIALE, in forza di contratto dal quale era receduta e aveva poi conferito la sua azienda ad RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima responsabile dei debiti della conferente ex art. 2560 c.c.
2.- RAGIONE_SOCIALE ha sostenuto di aver soddisfatto il credito per ratei di 13ª e 14ª, trattamento di fine rapporto, ferie, permessi e festività soppresse maturato dai lavoratori durante il periodo nel quale avevano prestato la loro attività alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE sino alla retrocessione dei contratti di lavoro, unitamente al ramo d’azienda, ad RAGIONE_SOCIALE divenuta coobbligato nei confronti dei lavoratori ex art. 2112 c.c. Ricordato che l’articolo 10 del contratto di affitto del ramo di azienda aveva posto a carico di RAGIONE_SOCIALE tutti i debiti relativi all’affitto, ancorché non scaduti, nella domanda di ammissione al passivo e nelle successive precisazioni RAGIONE_SOCIALE sostenne che: RAGIONE_SOCIALE nei prospetti retributivi dei lavoratori di luglio 2018 aveva monetizzato ferie festività e permessi non goduti dai lavoratori al 16/7/2018 come se i rapporti di lavoro fossero cessati a quella data e senza peraltro provvedere all’effettivo pagamento; poiché i dipendenti avevano contestato la monetizzazione,
COGNOME aveva fatto godere i dipendenti di giorni di ferie, ex festività e permessi maturati sino alla cessazione del rapporto di affitto, così estinguendo l’obbligazione ed in relazione a tali voci retributive il credito era pari all’importo di euro 54.582,73; Aspiag aveva pagato l’importo di euro 30.325,72 a titolo di TFR ai lavoratori con i quali il rapporto si era concluso per dimissioni ed era creditrice dell’ulteriore somma di 38.073,62 corrispondente agli accantonamenti per trattamenti di fine rapporto per gli altri lavoratori retrocessi; dal totale dovuto ad RAGIONE_SOCIALE pari a 122.982,07 dovevano essere detratti gli importi percepiti a seguito dell’escussione della fideiussione per euro 33.548,21 e quello ottenuto nella procedura esecutiva promossa a carico di RAGIONE_SOCIALE euro 21.040. Inoltre, nella nota di precisazione del credito fatto pervenire al curatore il 15/7/2022 la creditrice istante aveva chiesto in via subordinata, quanto al credito relativo alla quota di TFR accantonato e non ancora pagato, l’ammissione con riserva ex articolo 96, comma due, legge fallimentare, trattandosi di credito condizionato all’effettivo pagamento al momento della esigibilità.
3.- A fondamento del decreto, il tribunale ha affermato, quanto al credito relativo alla fruizione di ferie pregresse maturate sino alla data della retrocessione del ramo d’azienda non esisteva la prova del pagamento delle somme; sia perché i lavoratori sentiti come testimoni nella causa civile RG 2193/2019 avevano reso dichiarazioni in termini del tutto generici e in parte contraddittori in ordine alla fruizione delle ferie e permessi maturati sino alla data della retrocessione del rapporto di azienda nell’ambito del prosieguo del rapporto con RAGIONE_SOCIALE e i prospetti retributivi formati da RAGIONE_SOCIALE non potevano assumere alcuna valenza probatoria; sia perché la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva affermato di non aver eseguito in favore dei lavoratori transitati alle sue dipendenze il pagamento dei crediti
corrispondenti alla monetizzazione di ferie ex festività e permessi indicati nell’ultimo prospetto retributivo emesso da Antico gusto; sia infine perché -contraddittoriamente – la opponente aveva invocato il divieto di monetizzazione, ma al contempo aveva preteso di esercitare l’azione surrogatoria per gli importi oggetto della monetizzazione contestata dichiaratamente non pagati.
4.- In secondo luogo il giudice delegato aveva respinto la domanda relativa al pagamento del TFR ad alcuni lavoratori (già cessati dal rapporto) per euro 24.152,33 perché esso era già stato recuperato dall’istante con l’escussione della fideiussione che aveva consentito di incassare la maggiore somma di euro 33.548,31. Non meritava accoglimento la richiesta di ammissione dell’ulteriore importo di euro 6172,49 per contributi previdenziali ritenute fiscali versati in relazione al suo indicato pagamento.
5.- Quanto al trattamento di fine rapporto (per il personale ancora in servizio) costituiva un orientamento consolidato il principio secondo cui in tema di insinuazione allo stato passivo qualora l’azienda sia stata fatta oggetto di cessione prima del fallimento del cedente, il credito per TFR del lavoratore dell’azienda ceduta non è suscettibile di ammissione al concorso, poiché esso matura progressivamente e diviene esigibile solo al momento della cessazione definitiva del rapporto di lavoro. Trattandosi di credito non ancora assistente all’apertura del concorso, l’ammissione al passivo era preclusa (tanto più in via surrogatoria).
6.- Neppure poteva essere ammissibile la partecipazione al concorso con riserva che l’articolo 96, 2 c. numero 1 legge fallimentare consente per i crediti condizionati e quelli indicati nell’ultimo comma dell’articolo 55; credito condizionato infatti è quello esistente la cui fattispecie costitutiva si è realizzata ma
non è esigibile in quanto sottoposto a condizione. Nel caso di specie il credito era futuro e non ancora esistente non essendo ancora perfezionata la fattispecie costitutiva, ragion per cui non era neanche consentita l’ammissione con riserva.
Avverso il decreto RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso il fallimento RAGIONE_SOCIALE. Le parti hanno depositato memorie prima dell’udienza ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Avverso il decreto ha proposto ricorso l’istante con quattro motivi cui ha resistito con controricorso il Fallimento
Ragioni di fatto
1.- Con il primo motivo si deduce, ex art. 360 n. 5 c.p.c., omesso esame, con riferimento alla richiesta ammissione al passivo del credito relativo a ferie, permessi ed ex festività, di più fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti con riferimento alla ritenuta mancanza di prova della corresponsione, da parte di RAGIONE_SOCIALE in favore dei dipendenti retrocessi della retribuzione relativa al periodo di legittima astensione dal lavoro, posto che i dipendenti sentiti come testi nel giudizio rg 2193/2019 hanno affermato di essere stati regolarmente retribuiti da RAGIONE_SOCIALE anche per ferie.
2. Con il secondo motivo si deduce ex art 360 n. 5 c.p.c. omesso esame, con riferimento alla richiesta ammissione al passivo del credito relativo a ferie, permessi ed ex festività, di altri fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti con riferimento alla ritenuta mancanza di prova della corresponsione, da parte di RAGIONE_SOCIALE in favore dei dipendenti retrocessi, della retribuzione relativa al periodo di legittima astensione dal lavoro. Si sostiene che la monetizzazione delle ferie risultasse anzitutto dalle buste paga di RAGIONE_SOCIALE, poi in
quelle successive di RAGIONE_SOCIALE, dalle dichiarazioni sindacali, dalle dichiarazioni scritte dei lavoratori di averle usufruite presso RAGIONE_SOCIALE, dal fatto che nessun lavoratore si è insinuato al fallimento nonostante la monetizzazione contestata, dalla sentenza che ha definito il procedimento n. 2193/2019 e ha accertato l’adempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE agli obblighi originari di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del lavoratori.
2.1. I primi due motivi di ricorso possono essere decisi unitariamente per connessione. Essi sono infondati. Il tribunale ha premesso che il presupposto della surrogazione è la prova del pagamento del creditore originario e che nel caso di specie la prova del pagamento della retribuzione feriale mancava (non essendo idonee le buste paga, che fanno prova solo a favore del lavoratore, e non potendo bastare in ipotesi neppure la prova del godimento delle ferie).
La motivazione della decisione esiste ed è congrua; il ‘fatto’ del pagamento è stato considerato. Non è stata considerata la sentenza passata in giudicato; ma non risulta neppure riprodotta; le prove di altro giudizio sono state valutate. In ogni caso non risultano omessi fatti decisivi e le censure sollevate si risolvono in un’inammissibile istanza di riesame del merito che è precluso in questa sede, essendo noto che la scelta delle prove è riservata alla discrezionalità motivata del giudice del merito.
3.- Con il terzo motivo ex art. 360, n. 3 , in relazione all’ art. 96, comma 2, n. 3 L.F. si assume che, in relazione alla richiesta di ammissione al passivo per i crediti di cui sopra relativo a ferie, permessi ed ex festività, il tribunale avrebbe errato nel ritenere che il giudizio svoltosi presso il Tribunale di Udine (n. 2193/2019 RG, proseguito in appello fino all’interruzione per sopravvenuto fallimento) non fosse opponibile al fallimento.
Il motivo è generico con riferimento alle risultanze istruttorie del citato giudizio che non risultano trascritte; ed è comunque
infondato avendo la parte rinunciato ad avvalersi del giudicato. In sede di insinuazione al passivo, infatti, il ricorrente ha fatto valere un credito qualitativamente diverso da quello precedentemente azionato nei confronti della società in bonis. Dalla lettura della sentenza del Tribunale di Udine n. 713/21, infatti, si ricava chiaramente che RAGIONE_SOCIALE, in quella prima sede processuale, azionò un diritto di regresso, cioè a dire un proprio diritto di credito, non assistito da prelazione o privilegio nell’eve ntualità di concorso con altri crediti. In ogni caso è pregiudizialmente infondata la pretesa di RAGIONE_SOCIALE di agire in sede di insinuazione in via surrogatoria, posto che non è lo stesso credito relativo alle ferie non monetizzabili che RAGIONE_SOCIALE ha chiesto di insinuare al passivo, bensì il costo per averle fatte godere (senza nemmeno dimostrare i fatti costitutivi, posto che non si sa neanche se l’impresa ha lavorato in que l periodo). Non si tratta qui di un mero mutamento soggettivo della persona del creditore, essendo stata mutata la qualità del credito, posto che è cambiato l’oggetto dell’obbligazione fatta valere.
4.- Con il quarto motivo si sostiene la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., con riferimento alla richiesta di ammissione al passivo con riserva ex art. 96, comma 2, l. f. del credito relativo al TFR maturato dai lavoratori durante la vigenza del contratto di affitto di azienda con l’originario datore di lavoro/debitore, con riferimento alla ritenuta insorgenza del credito al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Il motivo è infondato perché, come sostiene senza eccezioni la giurisprudenza di questa Corte, il credito dei lavoratori per tfr matura alla fine del rapporto e non può essere ammessa al passivo la quota relativa al periodo di lavoro trascorso con il datore originario; e dunque anche con riferimento a questo caso specifico RAGIONE_SOCIALE non può agire in via surrogatoria con il privilegio; neppure il tfr può essere ammesso al passivo con
riserva, in mancanza della condizione di esigibilità: ‘la L. Fall., art. 55, comma 3, nel prevedere la partecipazione al concorso con riserva (a norma degli artt. 96 e 113 della stessa Legge) dei crediti condizionali, è norma eccezionale, che devia dal principio generale della cristallizzazione operata dalla dichiarazione di fallimento sulla situazione del passivo dell’imprenditore, e come tale non è non è suscettibile di applicazione analogica a diritti i cui elementi costitutivi non si siano integralmente realizzati anteriormente alla detta dichiarazione, in tal caso versandosi in ipotesi non già di mera inesigibilità della pretesa, ma di credito non ancora sorto ed eventuale’ (Cass. civ. sez. I, 20.02.20, n. 4336); ‘qualora l’azienda sia stata fatta oggetto di cessione anteriormente al fallimento del cedente, il credito del tfr del lavoratore dell’azienda ceduta non è suscettibile di ammissione al concorso, poiché esso matura progressivamente in ragione dell’accantonamento annuale, divenendo esigibile solo al momento della cessazione definitiva del rappo rto di lavoro’ e che pertanto ‘il lavoratore che abbia continuato a prestare attività alle dipendenze del cessionario, non può essere ammesso allo stato passivo del Fallimento del datore di lavoro, che abbia trasferito l’azienda, per il credito per tfr, ne ppure con riserva condizionata, per il principio di tipicità, posto che il credito sorge al momento di cessazione del rapporto di lavoro, essendo pertanto allo stato futuro’ (Cass. civ. sez. I 27.02.20, n. 5376).
Per tutte le ragioni fin qui esposte il ricorso deve essere quindi rigettato. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 5.000,00 per
compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte d ella ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 26.2.2025