Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14432 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14432 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30945/2020 R.G. proposto da :
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di NAPOLI NORD n. 5005/2019 depositato il 21/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Giudice Delegato del Tribunale di Napoli Nord ha rigettato la domanda di insinuazione al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE formulata dalla RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 106.543,62, oltre interessi, vantato a titolo di corrispettivo di merci in favore dell’impresa poi fallita, risultante da una pluralità di fatture.
Il Tribunale di Napoli Nord, in parziale accoglimento dell’opposizione ex art. 98 L.F. proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, ha ammesso l’opponente al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 4.819,00 in chirografo.
Il giudice di merito ha ritenuto che dalla documentazione prodotta in giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE risultasse documentata l’esecuzione di forniture a favore della fallita per l’importo di € 114.819,00, da cui andava detratta la somma di € 110.000,00 pacificamente ricevuta dalla RAGIONE_SOCIALE da parte del garante RAGIONE_SOCIALE, cui RAGIONE_SOCIALE era affiliata, con la conseguenza che residuava un credito di € 4.819,00.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo ad un unico articolato motivo.
L’intimata non ha svolto difese.
In data 4.11.2024 è stata formulata una proposta di decisione anticipata.
La RAGIONE_SOCIALE, con atto del 12.12.2024, ha formulato istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2° c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
E’ stata dedotta la ‘ Errata interpretazione e, quindi, falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3
c.p.c. per errata interpretazione dei documenti in atti, violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, mancata ammissione dei mezzi istruttori’ .
Espone la ricorrente di aver evidenziato, in sede di opposizione ex art. 98 L.F., di vantare verso la fallita un credito di € 216.543,62, che era stato coperto per l’importo di € 110.000 dal CAR, il quale, per la restante parte di € 106.543, 62 nulla aveva opposto al fatto che la RAGIONE_SOCIALE si insinuasse al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE Si duole la ricorrente che il giudice di merito aveva errato nella interpretazione della documentazione in atti, e, segnatamente, del contenuto della scrittura del 16.6.2017 stipulata tra RAGIONE_SOCIALE e il CAR.
Inoltre, mai la curatela aveva dedotto che il credito oggetto della domanda di ammissione al passivo fosse coperto da quanto versato dal CAR per effetto della scrittura del 16.6.2017, con la conseguenza che il giudice dell’opposizione aveva violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c. Peraltro, il giudice di merito era incorso in contraddizione atteso che, da un lato, l’accordo del 16.6.2017 non era stato considerato nella parte indicante un credito complessivo della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società poi fallita di € 216.543,63, e dall’altro, lo stesso accordo era, invece, stato valorizzato, nella parte in cui venivano riconosciuti € 110.000,00 versati dal CAR.
Infine, la ricorrente si duole della mancata ammissione delle richieste istruttorie vertenti sul contenuto del documento del 16.6. 2017, il quale non era stato contestato dalla curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE
Con proposta di definizione anticipata del 4.11.2024, il Presidente Delegato ha rappresentato l’inammissibilità del ricorso, così osservando:
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Questo Collegio ritiene di confermare e far proprie le argomentazioni svolte nella proposta di definizione anticipata.
Come ben evidenziato in tale proposta, il giudice di merito ha ammesso l’odierna ricorrente al passivo della procedura nei limiti del credito di cui ha ritenuto raggiunta la prova, alla luce della
documentazione prodotta in giudizio, e detratta la somma già ‘pacificamente ricevuta’ versata dal CAR.
Si tratta di una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità – se non per vizio di motivazione nei limiti circoscritti di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c., come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053/2014 (vizio neppure dedotto) -essendo orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass. n. 21187/2019; n. 25608/2013; S.U. ass. 13054/2014).
Va, inoltre, osservato che il giudice di merito ha ritenuto ‘pacificamente versata’ all’odierna ricorrente la somma di € 110.000 alla luce delle allegazioni delle stesse parti, mentre non vi è traccia nella motivazione del decreto impugnato che con la predetta affermazione -neppure specificamente censurata dalla ricorrente – il Tribunale di Napoli Nord abbia inteso valorizzare, sia pure solo parzialmente, il contenuto della scrittura del 16.6.2017.
Infine, destituita di fondamento è la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c.
E’ principio consolidato di questa Corte (vedi (Cass. 8 agosto 2017, n. 19734; Cass. 12973/2018; Cass. 6 agosto 2015, n. 16554) quello secondo cui compete al giudice delegato (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove: l’accertamento sull’esistenza del titolo vantato nei confronti del fallimento, e dedotto in giudizio, deve essere dunque compiuto dal giudice ex officio in ogni stato e grado del processo, nell’ambito
proprio di ognuna delle sue fasi, in base alla risultanze rite et recte acquisite nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole.
Infine, è inammissibile la doglianza di mancanza ammissione delle richieste istruttorie, rientrando tale decisione nel potere discrezionale del giudice di merito.
Non si liquidano le spese di lite, non avendo l’intimata svolto difese. Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., deve essere applicato il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. (il terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ. non si applica in ragione della mancata costituzione in giudizio della curatela) con conseguente condanna della ricorrente al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente ex art. 96 comma 4 cod. proc. al pagamento della somma di € 2.500,00 a favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del dPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 29.4.2025