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Insider trading secondario: la prova presuntiva

Un investitore viene sanzionato dall’Autorità di Vigilanza per insider trading secondario. La Corte d’Appello annulla la sanzione, ritenendo la prova basata su una catena di presunzioni inammissibile. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, cassa la sentenza d’appello, chiarendo che per l’illecito di insider trading secondario è sufficiente dimostrare il possesso dell’informazione, anche tramite presunzioni complesse, purché gravi, precise e concordanti. La Corte sottolinea che gli indizi vanno valutati nel loro insieme e non in modo isolato.

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Insider trading secondario: la Cassazione chiarisce i confini della prova presuntiva

L’abuso di informazioni privilegiate, noto come insider trading, rappresenta una delle più gravi violazioni delle regole di trasparenza dei mercati finanziari. L’ordinanza in esame si concentra su una sua forma specifica, l’insider trading secondario, offrendo principi fondamentali sulla valutazione della prova indiziaria e sul cosiddetto divieto di ‘doppia presunzione’. Questa decisione chiarisce come l’Autorità di Vigilanza possa provare l’illecito anche in assenza di prove dirette, come una confessione o un documento scritto.

I fatti del caso

L’Autorità di Vigilanza dei mercati finanziari sanzionava un investitore per aver realizzato un profitto dall’acquisto di azioni di una società quotata, poco prima dell’annuncio di un’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) che ne avrebbe fatto schizzare il valore. Secondo l’Autorità, l’investitore aveva sfruttato un’informazione privilegiata ricevuta da un’amica, il cui marito ricopriva un ruolo manageriale all’interno della società target dell’OPA.

L’operazione di acquisto presentava diverse anomalie: era stata effettuata telefonicamente dall’estero durante una vacanza, con l’apertura di un nuovo dossier titoli, e si discostava nettamente dalle abitudini di investimento pregresse del soggetto. L’investitore si era difeso sostenendo di aver casualmente origliato la notizia da uno sconosciuto in spiaggia.

La Corte d’Appello aveva annullato la sanzione, ritenendo che il ragionamento dell’Autorità si basasse su una catena di presunzioni non consentita: si presumeva che il marito avesse saputo la notizia in azienda, che l’avesse comunicata alla moglie e che quest’ultima l’avesse a sua volta riferita all’amico investitore. Tale sequenza, secondo i giudici di secondo grado, violava il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (non si ammette una presunzione da un’altra presunzione).

La decisione della Corte di Cassazione sull’insider trading secondario

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Autorità di Vigilanza, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno ribadito e consolidato principi cruciali in materia di prova dell’insider trading secondario. La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha commesso un errore di diritto nel ritenere necessaria la prova del passaggio specifico dell’informazione e nell’applicare un rigido e inesistente divieto di doppia presunzione.

Le motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella corretta interpretazione delle regole sulla prova presuntiva. I punti chiave sono i seguenti:

1. Sufficienza del Possesso dell’Informazione: Per configurare l’illecito di insider trading secondario, non è necessario provare la catena di trasmissione dell’informazione. L’elemento costitutivo è il possesso dell’informazione privilegiata da parte di chi opera sul mercato, unito alla consapevolezza (o alla possibilità di conoscere con ordinaria diligenza) del suo carattere riservato. Provare come l’informazione sia giunta al soggetto è irrilevante.

2. Inesistenza del Divieto di ‘Doppia Presunzione’: La Cassazione chiarisce che nel sistema processuale italiano non esiste un divieto assoluto di praesumptum de praesumpto. Ciò che conta non è il numero di passaggi logici, ma la solidità dell’inferenza. Un fatto, anche se accertato in via presuntiva, può costituire la base per un’ulteriore presunzione, a condizione che gli indizi di partenza siano gravi, precisi e concordanti. L’errore non sta nella ‘doppia presunzione’ in sé, ma nell’eventuale insufficienza del grado di probabilità che lega i fatti noti al fatto ignoto.

3. Valutazione Complessiva e non Atomistica degli Indizi: La Corte d’Appello ha errato nel valutare gli indizi in modo isolato (la frequentazione tra gli amici, le telefonate, le modalità anomale dell’investimento). La Cassazione ricorda che in presenza di una pluralità di indizi, anche se singolarmente di scarso valore, la valutazione deve essere complessiva e unitaria. È dal quadro d’insieme che emerge la prova logica, verificando se esista un’alta probabilità che l’evento si sia verificato. Nel caso specifico, l’inverosimiglianza della giustificazione fornita dall’investitore (la soffiata in spiaggia), unita a tutti gli altri elementi indiziari, avrebbe dovuto essere considerata in modo aggregato.

Le conclusioni

Questa ordinanza è di fondamentale importanza per l’efficacia della repressione degli abusi di mercato. Se fosse richiesta la prova diretta della ‘soffiata’, l’insider trading secondario resterebbe quasi sempre impunito, data la natura tipicamente occulta di tali comunicazioni.

La Corte di Cassazione, con questo provvedimento, rafforza gli strumenti a disposizione dell’Autorità di Vigilanza, legittimando un approccio probatorio basato sulla logica e sulla valutazione complessiva delle circostanze. La decisione stabilisce che il giudice di merito non deve fermarsi a una valutazione frammentaria degli indizi né trincerarsi dietro un presunto divieto di presunzioni a catena. Deve, invece, compiere una valutazione globale per determinare se, al di là di ogni ragionevole dubbio alternativo, il possesso dell’informazione privilegiata sia l’unica spiegazione plausibile della condotta anomala dell’investitore. Viene così confermata la centralità della prova presuntiva come strumento idoneo, e spesso unico, per accertare illeciti finanziari complessi.

Per sanzionare l’insider trading secondario è necessario provare come l’informazione è stata trasmessa?
No, non è necessario provare la specifica catena di trasmissione. L’elemento costitutivo dell’illecito è il possesso dell’informazione privilegiata e la conoscenza, o conoscibilità, del suo carattere riservato. La provenienza della notizia non è rilevante ai fini della configurazione dell’illecito.

È vietata la cosiddetta ‘doppia presunzione’ per provare un illecito finanziario?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che nel nostro sistema processuale non esiste un principio che vieti in assoluto la ‘doppia presunzione’ (praesumptum de praesumpto). Ciò che conta è che ogni passaggio inferenziale sia basato su indizi gravi, precisi e concordanti, mantenendo un alto grado di probabilità logica.

Come devono essere valutati gli indizi in un procedimento per abuso di informazioni privilegiate?
Gli indizi non devono essere valutati in modo atomistico o isolato. Il giudice deve procedere a una valutazione complessiva e unitaria di tutti gli elementi disponibili. Anche indizi singolarmente non significativi possono, nel loro insieme, fornire una prova convincente dell’illecito, se sono gravi, precisi e concordanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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