Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30196 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6522-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 310/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/09/2023 R.G.N. 1411/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
Mansioni superiori
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 21/10/2025
CC
FATTI DI CAUSA
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva dichiarato il diritto di NOME COGNOME al III livello di inquadramento del CCNL Commercio e Terziario e condannato la datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle differenze di trattamento retributivo pari a euro 11.051,61, oltre accessori.
In estrema sintesi e per quanto possa rilevare in questa sede di legittimità, la Corte territoriale, richiamate le declaratorie contrattuali già indicate dal primo giudice, sia con riguardo all’inquadramento attribuito dalla società (IV livello), sia con riferimento a quello rivendicato dal lavoratore (III livello), ha così posto l’accento sui tratti distintivi di ‘un lavoratore di macelleria di terzo livello’: ‘(a) sull’autonomia operativa di cui in linea di principio deve godere la figura professionale in questione; (b) sulla, come dice la disposizione della fonte, ‘capacità professionale acquisita mediante approfondita preparazione teorica e tecnicopratica comunque conseguita’ e, non ultima se non per collocazione all’interno del periodo impiegato nella declaratoria senza particolari implicazioni logiche se non quella di ordine consequenziale esplicativo, (c) l’attitudine, così come lo svolgimento pratico di compiti, implicanti, per quel che riguarda il trattamento delle carni animali destinate alla ve ndita, il mettere in atto forme di ‘taglio anatomico, disossatura, sfesatura, rimondatura, taglio a filo, a mano e a macchina, presentazione in vassoio, rifilatura dei tagli e riconfezionamento delle confezioni ritirate dal banco’, una congerie di operazioni pratiche quindi da espletare, come puntualizza la previsione di Contratto, con ‘perizia’, quale dato
che, oltre all’esplicazione delle forme di preparazione menzionate nel punto precedente della declaratoria, è sempre concettualmente supportato dal presupposto (verificabile) dell’esperienza pratico/operativa’.
Sulla base dell’istruttoria espletata, la Corte ha ritenuto accertato, propendendo ‘per l’esattezza della soluzione decisoria cui è pervenuto il Tribunale’, che il COGNOME avesse svolto mansioni riconducibili all’inquadramento del III livello del CCNL applicabile.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con sei motivi; ha resistito con controricorso l’intimato.
Entrambe le parti hanno comunicato memorie.
All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso possono essere esposti secondo la sintesi offerta dalla stessa parte ricorrente.
1.1. Il primo denuncia: ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 414 c.p.c. in rapporto all’art. 100 CCNL e 2103 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). Si censura la sentenza di merito laddove, superando immotivatamente il secondo morivo di appello, ha confermato, in capo al sig. COGNOME, il diritto all’inquadramento nel livello III nonostante la mancata indicazione, nel ricorso ex art. 414 c.p.c., dei profili caratterizzanti il macellaio specializzato provetto, delle modalità di espletamento delle mansioni in concreto disimpegnate, sia in termini di complessità che di autonomia e responsabilità e nonostante la mancata indicazione delle ragioni per cui le
attività svolte dal lavoratore istante dovessero ricondursi al livello III e non già al livello di formale assegnazione (livello IV). Trattasi di elementi imprescindibili ai fini della valutazione del corretto inquadramento a mente delle previsioni di cui all’art. 2103 c.c. e dell’art. 100 del CCNL non allegati né altrimenti provati in giudizio, sicché la domanda subordinata del sig. COGNOME avrebbe dovuto essere respinta in limine litis. ‘
1.2. Il secondo motivo denuncia: ‘Violazione e/o errata interpretazione e/o falsa applicazione degli artt. 100 e 102 Ccnl Commercio -Terziario, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. e artt. 2103 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). Si censura la sentenza di merito nella parte in cui la Corte di Appello ha confermato l’inquadramento del sig. COGNOME nel III livello ritenendo utile, quale ulteriore indizio di valutazione, lo svolgimento di alcune mansioni di concetto le quali, per la loro accertata residualità e complementarietà rispetto alle altre attività di natura esecutiva svolte dal sig. COGNOME, giammai avrebbero potuto sussumersi nella declaratoria contrattuale che definisce i lavoratori di III livello: il decisum si fonda su una erronea considerazione della declaratoria contrattuale di III livello, anche in relazione alla declaratoria che definisce i lavoratori di IV livello e alle prove in atti, con conseguente erroneità del procedimento logico valutativo sotteso al corretto inquadramento del lavo ratore.’
1.3. Il terzo motivo denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). Si censura la sentenza di merito laddove ha ritenuto accertata l’autonomia esecutiva del sig. COGNOME pur in difetto di elementi di prova a relativo supporto.’.
1.4. Il quarto motivo denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 CCNL Commercio Terziario, dell’art.
2103 c.c., dell’art. 111, co. 6 Cost. e degli artt. 132, 115 e 116 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c.). Si censura la sentenza di merito laddove i Giudici del merito hanno ritenuto sussistenti, in capo al sig. COGNOME, in maniera meramente implicita, le specifiche capacità professionali espressamente richieste dal CCNL per l’inquadramento nel III livello, senza chiarire gli elementi di fatto e/o probatori a supporto della conclusione cui sono pervenuti (motivazione apparente) e in difetto di allegazioni e prove a sostegno del decisum .’
1.5. Il quinto motivo denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 CCNL Commercio Terziario, dell’art. 2103 c.c. e degli artt. 115, 116, 414 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). Si censura il capo di sentenza dedicato all’accertamento del t erzo elemento di valutazione per verificare la riconducibilità delle mansioni svolte dal sig. COGNOME nel III livello (fasi di lavorazione delle carni), poiché nel compiere il ragionamento sotteso al corretto inquadramento i Giudici del merito non hanno tenuto conto degli elementi di discrimine tra i diversi livelli di inquadramento di cui al CCNL applicato, come pure della tipologia di mansioni e delle caratteristiche professionali che qualificano i lavoratori di III e IV livello, con conseguente erroneo procedimento di sussunzione dei compiti in concreto svolti dal sig. COGNOME, per come indicati in sentenza, nel III livello di inquadramento.’
1.6. Il sesto motivo denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100 e 102 CCNL Commercio -Terziario, dell’art. 2103 c.c. e degli artt. 115, 116 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). La pronuncia riferita all’accertamento delle mansioni esegui te dal sig. COGNOME e alla loro riconducibilità alle attività proprie del macellaio specializzato provetto merita di essere cassata poiché i Giudici di merito hanno statuito in maniera incoerente
rispetto alle previsioni di cui alla declaratoria contrattuale di III livello, disatteso il principio di prevalenza. La Corte di Appello è altresì pervenuta al decisum incorrendo in un errore di percezione nella valutazione delle prove e in una errata ricognizione del loro contenuto oggettivo per come oggettivamente evincibili dalle evidenze processuali in atti.’
Il ricorso non può trovare accoglimento.
2.1. I motivi sono tutti inammissibili ove censurano impropriamente la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Come ribadito dalle Sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 20867 del 2020; di recente, tra le innumerevoli conformi, v. Cass. n. 9731 del 2025), per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre).
Parimenti la pronuncia rammenta che la violazione dell’art. 116 c.p.c. è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di
attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura era consentita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo previgente ed ora solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014.
2.2. Le doglianze sono altresì inammissibili laddove deducono la violazione dell’art. 2103 c.c. e della disciplina collettiva applicabile.
La Corte territoriale ha operato ben consapevole della giurisprudenza di legittimità in materia di inquadramento superiore (di recente v. Cass. n. 22198 del 2024).
Invero, non ha affatto disatteso il consolidato orientamento, oramai stratificato (tra molte: Cass n. 30580 del 2019; Cass. n. 10961 del 2018; Cass. n. 21329 del 2017; Cass. n. 39 del 2016; Cass. n. 24544 del 2015; Cass. n. 18040 del 2015), secondo il qual e l’accertamento del diritto all’inquadramento superiore avviene seguendo un procedimento logico-giuridico articolato in tre fasi successive: occorre accertare in fatto le attività concretamente svolte dal lavoratore, individuare poi la qualifica rivendicata e le mansioni alla stessa riconducibili secondo la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva ed infine verificare che le prime corrispondano a queste ultime; in particolare, si è precisato che, ai fini della determinazione dell’inquadramento sp ettante al lavoratore alla stregua delle qualifiche previste dalla disciplina collettiva di diritto comune, al
giudice del merito spetta dapprima identificare le qualifiche o categorie, interpretando le disposizioni collettive secondo i criteri di cui agli artt. 1362 ss. c.c.; deve poi accertare le mansioni di fatto esercitate e deve infine confrontare le categorie o qualifiche così identificate con le mansioni svolte in concreto; mentre la prima operazione logica può essere censurata in sede di legittimità come violazione di legge per falsa o errata applicazione dei canoni ermeneutici anzidetti -ovvero, nel caso di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, successivamente alla modifica dell’art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c., operata dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, anche per violazione o falsa applicazione di detta disciplina collettiva (ab imo Cass. n. 6335 del 2014) -le altre due operazioni logiche attengono ad apprezzamenti di fatto ( ex pluribus , Cass. n. 17896 del 2007; Cass. n. 26233 del 2008; Cass. n. 26234 del 2008); si è poi evidenziato che l’osservanza del cd. criterio “trifasico” non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio (tra molte: Cass. n. 18943 del 2016); Ciò posto, la sentenza impugnata ha certamente operato secondo la sequenza procedimentale stabilita dall’orientamento richiamato, mentre la parte ricorrente, più che evidenziare realmente un errore di interpretazione che sarebbe stato commesso nell’ascrizi one di significato alle declaratorie contrattuali, nella sostanza critica apprezzamenti di merito compiuti dai giudici ai quali il merito compete – in ordine ai connotati di autonomia operativa, di capacità professionale e di attitudine che caratterizzav ano l’attività in concreto svolta dal
COGNOME, come tale riconducibile al superiore inquadramento rivendicato; si tratta di apprezzamenti che tengono conto delle circostanze del caso concreto e della valutazione delle risultanze istruttorie, anche avuto riguardo alla contestata prevalenza o residualità delle mansioni, i quali, evidentemente, non possono essere oggetto di diverso giudizio in questa sede di legittimità. 2.3. Occorre aggiungere che si è in presenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), avendo il collegio d’app ello condiviso la ricostruzione della vicenda storica operata in prime cure, così come la valutazione delle risultanze probatorie, con la conseguenza che detto accertamento resta intangibile innanzi a questa Corte in virtù delle preclusioni imposte dalla disposizione richiamata; di modo che ogni residua doglianza contenuta nei motivi, formulata invocando solo formalmente la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nella sostanza si traduce in una inammissibile richiesta di mutamento del narrato, non percorribile in questa sede di legittimità che non è deputata a valutare diversamente il merito (v., di recente, Cass. n. 20822 del 2025, in motivazione).
2.4. Rispetto a tali già dirimenti e concorrenti rilievi di inammissibilità, per completezza occorre poi rilevare quanto segue, avuto riguardo ai singoli motivi.
2.4.1. Il primo involge questioni di interpretazione della domanda e degli elementi costitutivi idonei a sostenerla, di competenza del giudice di merito (cfr., tra le altre, Cass. n. 18 del 2015, Cass. n. 21421 del 2014; Cass. n. 12944 del 2012; Cass. n. 21208 del 2005), che, evidentemente, sia in primo sia in secondo grado, ha ritenuto che, dal complesso dell’atto
introduttivo, potessero evincersi i fatti dai quali ricavare la fondatezza della pretesa attorea.
2.4.2. Il secondo motivo si duole di un’argomentazione affatto decisiva, in merito allo svolgimento di mansioni di concetto da parte del COGNOME, utilizzata dalla Corte territoriale come mero elemento sintomatico circa il convincimento che i compiti affidati a l dipendente ‘non fossero soltanto di tipo esecutivo/manuale’, peraltro avendo i giudici d’appello chiaramente dichiarato che ‘il resto … era preponderante’.
2.4.3. Il terzo e il sesto motivo lamentano ‘errori di percezione’ nella valutazione del materiale probatorio, eccependo la violazione dell’art. 115 c.p.c., con formulazione inammissibile a mente di Cass. SS.UU. n. 5792 del 2024.
Con l’autorevole arresto è stato oramai chiarito che: «Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale» (Cass. SS.UU. n. 5792 del 2024).
Nella specie le censure in scrutinio denunciano come ‘travisamento’ ciò che è solo una diversa opzione valutativa compiuta dai giudici del merito in ordine alle prove.
2.4.4. Il quarto motivo, poi, è anche infondato nella parte in cui deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente.
Come noto le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno sancito che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; v. pure Cass. SS.UU. n. 16599 del 2016).
Il che non ricorre nella specie in quanto, ad avviso del Collegio, è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale per riconoscere il superiore inquadramento e non è sufficiente a determinare il vizio radicale della nullità della sentenza né una eventuale insufficienza della motivazione, né, tanto meno, la circostanza che la medesima non soddisfi le aspettative di chi è rimasto soccombente nel duplice grado di giudizio.
2.4.5. Il quinto mezzo, infine, contesta apprezzamenti di merito in ordine alla sussistenza di competenze e capacità professionali del COGNOME nella concretezza della vicenda storica,
sollecitando un sindacato di legittimità esorbitante dai confini imposti a questa Corte dalla legge processuale.
Pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’AVV_NOTAIO che si è dichiarata antistataria.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.000,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese nella misura del 15%, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 21 ottobre 2025.
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME