Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5431 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5431 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20285-2022 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati COGNOME NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 789/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/02/2022 R.G.N. 63/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Qualificazione e mansioni rapporto privato
R.G.N.20285/2022
COGNOME
Rep.
Ud.14/01/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME dipendente a tempo indeterminato della RAI Radiotelevisione Italiana RAGIONE_SOCIALE come scenografo di III livello dal 18.3.2009, adiva il Tribunale di Roma al fine di ottenere l’inquadramento quale impiegato di I livello, previsto dall’art. 59 del CCL RAI del gennaio 2004, quanto meno dal 1° luglio 2009, avendo svolto attività che richiedevano autonomia decisionale e discrezionalità di poteri ed avendo avuto la responsabilità del coordinamento di una unità organizzativa nonché svolto mansioni specialistiche.
Nel contraddittorio delle parti e dopo avere espletato attività istruttoria, l’adito Tribunale dichiarava il diritto del ricorrente ad essere inquadrato dall’1.7.2012 come impiegato di I livello e, per l’effetto, condannava la RAI Radiotelevisione Italian a spa al pagamento delle conseguenti differenze retributive maturate, oltre accessori, mentre dichiarava inammissibile la domanda di condanna alla regolarizzazione della posizione previdenziale.
Sul gravame della società la Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 789/2022, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rigettava totalmente la originaria domanda proposta dal COGNOME.
I giudici di seconde cure, ritenuto ammissibile l’appello e considerato che sul capo della sentenza che aveva riconosciuto il diritto del lavoratore almeno da aprile 2012 non si era formato un giudicato interno, rilevavano che, da una lettura ed esame delle risultanze istruttorie, non si poteva configurare in capo al Micacchi una discrezionalità di poteri, un’autonomia di decisione ed una responsabilità di coordinamento e di controllo di unità organizzative nonché l’espletamento di mansioni specialistiche di elevato livello, per ampiezza e natura, per giustificare il superiore inquadramento invocato; precisavano, poi, quanto all’eventuale riconoscimento del livello intermedio (II), che lo stesso COGNOME aveva specificato di non potere essere inquadrato in tale livello e che, in ogni caso, non erano stati dimostrati i tratti caratteristici del livello secondo; disponevano,
infine, la restituzione dell’importo di euro 31.745,00 erogato dalla società in esecuzione della pronuncia di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte capitolina NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a dodici motivi cui resisteva con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
La società depositava memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale erroneamente negato la sussistenza del giudicato interno formatosi sul capo della pronuncia di primo grado, riguardante l’accertamento di esso ricorrente al riconoscimento del diritto all’inquadramento nel I livello del CCL di Categoria, per avere svolto mansioni di scenografo di 1° livello nel programma SuperQuark, in quanto non impugnato dalla società.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale violato il principio di non contestazione di cui alla citata disposizione, in ordine al pacifico svolgimento, da parte di esso ricorrente, di mansioni specialistiche di elevato livello con riferimento alla realizzazione di impianti scenografici di particolare complessità.
I due motivi, sopra rubricati, da scrutinare congiuntamente perché relativi all’avvenuto riconoscimento, da parte del Tribunale, del I livello a far data dall’aprile 2012, con statuizione poi riformata dalla Corte di appello, sono infondati.
Invero, la Corte territoriale, con puntuale motivazione in cui sono state richiamate testualmente le censure presentate con l’atto di appello proposto dalla società, ha evidenziato che l’inquadramento nel I livello era stato censurato anche in relazione al periodo post
aprile 2012, escludendo, pertanto, che sul punto si fosse formato un giudicato interno.
Con riguardo, invece, alla asserita ‘non contestazione’ da parte della RAI spa in ordine alle mansioni di scenografo di impianti di particolare complessità, eseguite per la trasmissione RAGIONE_SOCIALE, come ritenuto dal Tribunale, va rilevato che l’allora ap pellante ha impugnato tutto il capo della pronuncia di primo grado con cui era stato riconosciuto il I livello e la Corte territoriale, con un accertamento di merito, anche in questo caso adeguatamente motivato, ha escluso in capo al COGNOME lo svolgimento di mansioni specialistiche di elevato livello, sia in relazione all’attività di valutatore che a quella di scenografo della trasmissione Super Quark.
Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 co. 6 Cost. e dell’art. 132 co. 2 n. 4 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per la mancanza del requisito motivazionale e per manifesta e irriducibile contraddittorietà e/o motivazione perplessa, determinante la nullità della gravata sentenza, in ordine all’esercizio, da parte di esso ricorrente, di mansioni specialistiche, della sua discrezionalità di poteri e della sua attività di coordinamento, in quanto le conclusioni della Corte territoriale sono in contrasto con le univoche risultanze istruttorie.
Il motivo è infondato.
In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819/2020).
Nella fattispecie, invece, i giudici di seconde cure hanno specificato, dopo avere riportato ampi stralci delle deposizioni dei testi escussi, l’iter logico seguito, evidenziando, dapprima i compiti in concreto svolti dal COGNOME e, poi, valutando gli elementi acquisiti in
relazione ai requisiti caratterizzanti il livello rivendicato, senza incorrere, quindi, in alcun vizio di motivazione apparente o perplessa.
Con il quarto motivo si addebita la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte di appello basato le sue valutazioni su presunzioni prive del carattere di gravità, precisione e concordanza.
Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cc e 116 co. 1 cpc, per non avere la Corte territoriale valorizzato le dichiarazioni del teste COGNOME circa la sussistenza della frequenza e sistematicità della sua sostituzione con il teste Responsabile dell’Ufficio Tecnico e valutazioni.
I motivi, da esaminare insieme per connessione logicogiuridica, sono anche essi infondati.
La Corte territoriale non ha deciso la controversia sulla base del meccanismo delle presunzioni, ma, come detto, ha valutato le risultanze processuali ritualmente acquisite per pervenire alla propria decisione.
Va, poi, ribadito che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).
Con il sesto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cod. civ. e del CCL 2004/07 e successivi, degli artt. 115 e 116 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, per il mancato riconoscimento dell’inquadramento nel I livello come era chiaramente evincibile dalle risultanze processuali acquisite.
Con il settimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cc e del CCL 2004/07 e successivi, degli artt. 115 e 116 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per il mancato riconoscimento dell’inquadramento nel I livello all’es ito di
una erronea valutazione, da parte della Corte di merito, del materiale probatorio.
Anche tali motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
I giudici di seconde cure, in ossequio al criterio trifasico statuito in sede di legittimità per accertare il diritto al riconoscimento di mansioni superiori (Cass. n. 30580/2019; Cass. 20272/2010), hanno riportato le declaratorie contrattuali della qualifica rivestita (III livello) e di quella rivendicata (I livello); hanno, poi, indicato gli elementi distintivi, individuabili, a loro parere, in una discrezionalità di poteri e di autonomia di decisione, unitamente allo svolgimento di attività di coordinamento e di controllo di unità organizzative, di cui si ha la responsabilità, ovvero di svolgimento di mansioni specialistiche di elevato livello, per ampiezza e natura, per il I livello, e in una elevata autonomia operativa, decisionale e di iniziativa nonché per lo svolgimento di mansioni per le quali sono richieste notevoli capacità professionali acquisite mediante significative esperienze ed espletate con ampia autonomia nelle attività specialistiche e/o con compiti di coordinamento e conduzione del rispettivo reparto e/o settore, per il terzo livello, e hanno ritenuto, come si è detto, che le prove non erano state idonee a dimostrare, in capo al Micacchi, una discrezionalità di poteri, un’autonomia di decisione ed una responsabilità di coordinamento e di controllo di unità organizzative, nonché l’espletamento di mansioni specialistiche di elevato livello, per ampiezza e natura, come richiesto per il superiore inquadramento invocato.
Il procedimento seguito, pertanto, è conforme a quanto affermato da questa Corte.
In tema di ricorso per cassazione, inoltre, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso,
valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. Un. n. 20867/2020; Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014): ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame.
Con l’ottavo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cc e del CCL 2004/07 e successivi, dell’art. 112 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per il mancato riconoscimento, con motivazione illogica e contraddittoria, da parte della Corte territoriale, dell’inquadramento intermedio (II livello), pur essendo stato prospettato l’interesse di esso lavoratore ad ottenerlo.
Con il nono motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cc, del CCL RAI 2004/07 e successivi, dell’art. 132 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc nonché la nullità della sentenza per motivazione apparente e manifesta illogicità della motivazione, per non avere la Corte territoriale fornito argomentazioni idonee in ordine al riconoscimento nel II livello, non motivando sulla asserita assenza di una consolidata esperienza professionale in capo ad esso COGNOME.
Con il decimo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cc e del CCL 2004/07 e successivi, degli artt. 115 e 116 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per il mancato riconoscimento dell’inquadramento nel II livello, per n on avere la Corte territoriale correttamente valutato il materiale probatorio su tale punto.
Con l’undicesimo motivo si lamenta la violazione del CCL RAI 2004/07 e successivi nonché la violazione dell’art. 2103 cc e la violazione dell’art. 116 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere ritenuto la Corte di appello che tutte le testimonianze raccolte convergevano nella univoca direzione dello svolgimento, da parte di esso Micacchi, di attività proprie quanto meno del II livello.
Con il dodicesimo motivo si eccepisce l’omesso esame di una circostanza decisiva emergente dagli atti del processo, ai sensi
dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, per non avere la Corte territoriale provveduto ad esaminare una circostanza decisiva costituita dalla consolidata esperienza professionale maturata da esso Micacchi nell’esercizio delle sue funzioni, sempre in riferimento al m ancato riconoscimento della qualifica intermedia.
I motivi sopra indicati, da scrutinare congiuntamente perché tutti inerenti al mancato riconoscimento dell’inquadramento intermedio (II livello), presentano profili di infondatezza e di inammissibilità.
Al riguardo deve osservarsi che la Corte territoriale, da un lato, ha rilevato che nel ricorso introduttivo di primo grado (pagg. 23 e 24) era stato dichiarato dal lavoratore di non potere essere in alcun modo inquadrato nel II livello, inferiore a quello invocato; dall’altro, ha ritenuto che, alla stregua degli elementi emersi dalla istruttoria, non sussistevano i tratti caratteristici richiesti dalla declaratoria intermedia, lì dove erano necessari la discrezionalità di poteri ed autonomia della decisione, seppure nei limiti delle sole direttive generali, o funzioni equivalenti che richiedono una consolidata esperienza professionale.
Si tratta di due rationes decidendi , autonome e ciascuna idonea, di per sé, a sorreggere il dictum della Corte di merito.
Orbene, le argomentazioni di cui alla prima ratio non sono state idoneamente censurate dall’odierno ricorrente perché effettivamente, dall’esame degli atti, il richiamo alla declaratoria di II livello è stato svolto all’esclusivo scopo di escludere che le mansioni eseguite potessero essere a questo ricondotte: ciò trova conferma nel fatto che la domanda di riconoscimento del livello intermedio non era stata articolata nelle conclusioni dell’atto introduttivo anche in via subordinata.
Il rigetto delle doglianze riguardanti la mancata devoluzione dell’esame della questione rende, conseguentemente, superflua la trattazione delle altre censure (inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse) perché il loro eventuale
accoglimento giammai potrebbe portare alla cassazione della gravata pronuncia (Cass. n. 5102/2024).
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2025