Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 567-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 671/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 05/07/2018 R.G.N. 1073/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/03/2024 dal AVV_NOTAIO Dott. COGNOME.
R.G.N. 567/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 671/2018 la Corte di appello di Catania, in riforma delle pronunce, non definitiva e definitiva, emesse dal Tribunale di Ragusa, ha rigettato la originaria domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena spa diretta ad ottenere l’inquadramento nella categoria di Quadro direttivo di terzo livello (QD3) e ha condannato il dipendente a restituire alla Banca la somma di euro 53.336,35 già corrispostagli in esecuzione delle decisioni di primo grado, oltre interessi legali.
I giudici di seconde cure hanno rilevato, escluso un vizio di ultrapetizione, che i tratti caratterizzanti la categoria di Quadro direttivo erano, alternativamente, o una elevata responsabilità direttiva con coordinamento di altri lavoratori oppure una elevata responsabilità funzionale e preparazione professionale in capo a soggetti che avevano maturato una significativa esperienza nell’ambito di strutture centrali e nella rete commerciale; hanno precisato che la valutazione della disciplina contrattuale rendeva, nel suo complesso, palese la necessità, ai fini del riconoscimento della posizione di Quadro, dell’effettivo esercizio di poteri decisionali e gestori; hanno ritenuto che, dalle risultanze istruttorie, fosse emersa la correttezza dell’inquadramento del COGNOME nel corso di tutto il rapporto lavorativo.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a nove motivi cui ha resistito con controricorso la Banca del Monte dei Paschi di Siena spa.
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo il COGNOME denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art.
360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per avere la Corte territoriale erroneamente affermato che esso ricorrente non aveva svolto mansioni e compiti tali da giustificare il riconoscimento della posizione di Quadro Direttivo di III livello con inquadramento nel profi lo funzionale di ‘Specialista Sicurezza (Specialista in Prevenzione e protezione)’, oltre ad avere erroneamente valutato ed interpretato la declaratoria funzionale di riferimento. Si deduce che se fossero stati attentamente valutati gli allegati n. 8 e n. 9 della produzione di esso dipendente, sarebbe emerso che questi non avrebbe mai potuto richiedere il riconoscimento del profilo funzionale di Specialista Sicurezza stante che sin dal 1995 aveva ricoperto il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione per cui, a far data dall’1.1.202, avrebbe dovuto essere correttamente inquadrato nel profilo funzionale di Quadro Direttivo di 3° livello con i conseguenti successivi avanzamenti professionali.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per avere la Corte distrettuale erroneamente affermato che il primo giudice aveva sovrapposto, ritenendole equivalenti, la figura del ‘Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione’ con la figura dello ‘Specialista Sicurezza (Specialista in Prevenzione e Protezione)’.
Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per avere la Corte di merito erroneamente affermato che esso ricorrente, nel disimpegnare compiti e funzioni di RAGIONE_SOCIALE non aveva poteri direttivi e decisionali.
Con il quarto motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per avere la Corte di appello erroneamente affermato che era censurabile il riconoscimento, da parte della datrice
di lavoro, a far data dal 18 novembre 2002, dell’inquadramento in QD3 quale ‘Specialista RAGIONE_SOCIALE Immobiliare’ operato in favore del COGNOME.
Con il quinto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per avere la Corte territoriale erroneamente affermato che anche il compito di ‘Responsabile del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘, svolto nel gli anni 2007/2009, non poteva ritenersi esorbitante rispetto al suo inquadramento formale corrispondente a far data dall’1.7.2007 in quello di Quadro direttivo di I livello.
Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per non avere la Corte territoriale valutato la sua pregressa professionalità e per non avere valutato la documentazione prodotta a tal fine.
Con il settimo motivo si argomenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1229 e 2943 cc, 115 e 116 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3 e 5 cpc, per avere omesso la Corte distrettuale di decidere in merito alla eccezione di prescrizione.
Con l’ottavo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per avere omesso la Corte di merito di decidere in merito all’accoglimento dei superiori inquadramenti rispetto al QD3 chiesto dal novembre 002 e, precisamente, di Quadro Direttivo di IV livello dal 1° novembre 2004, di Quadro Direttivo di Quarto livello ‘ruolo chiave A consolidato’ dall’1.11.2006 e di Quadro Direttivo di 4° livello ‘ruolo chiave B consolidato’ dall’1.1.2008.
Con il nono motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115, 116, 132 e 161 cpc e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 nn. 3, 4 e 5 cpc, per avere omesso la Corte di appello omesso di decidere in merito all’accantonamento Previbank -accantonamento
aziendale: domanda non accolta in primo per l’impossibilità di determinare l’ an ed il quantum della pretesa fatta valere.
I primi sei motivi, che per la loro connessione logicogiuridica possono essere scrutinati congiuntamente, sono inammissibili.
Invero, le censure non si sostanziano in violazioni o falsa applicazione delle disposizioni denunciate, ma tendono alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda (Cass. n. 27197/2011; Cass. n. 6288/2011, Cass. n. 16038/2013), non consentita in sede di legittimità; inoltre, il vizio di motivazione può essere ormai censurato in Cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 cpc solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. SS. UU. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logicogiuridico della impugnata pronuncia.
Deve poi precisarsi che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, come sopra detto, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. 19881/2014).
In tema, inoltre, di ricorso per cassazione, la questione della violazione o falsa applicazione degli art. 115 e 116 cpc non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta
dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. n. 20867/2020; Cass. n. 27000 del 2016; Cass. n. 13960 del 2014): anche in questo caso le suddette ipotesi non sono ravvisabili nel caso in esame.
Infine, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi (art. 244 cpc), come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
Nella fattispecie, la Corte distrettuale, con una motivazione esente dai vizi di cui alla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 cpc e attraverso una adeguata analisi delle risultanze processuali, ha ritenuto che la figura di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, rivestita dal COGNOME dal 1995 al 2002, non poteva essere confusa con quella più ampia di Specialista Sicurezza (Specialista in Prevenzione e Protezione) perché quest’ultima provvedeva al coordinamento dei servizi preposti non solo alla salvaguardia del personale ma anche del patrimonio immobiliare e mobiliare; che il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non comportava l’esercizio di poteri decisionali e gestori caratterizzanti la posizione di Quadro; che l’in quadramento dal 18.11.2002 del COGNOME in QD3 quale Specialista RAGIONE_SOCIALE Immobiliare non era corretto perché era del tutto avulso dal vaglio delle risultanze istruttorie di talché l’inquadramento giusto era nel 4° livello della terza area professionale in qualità di Addetto RAGIONE_SOCIALE Immobiliare; che anche il compito di Responsabile del RAGIONE_SOCIALE, svolto negli anni 2007-
2009, non era esorbitante rispetto al suo inquadramento formale corrispondente, a far data dall’1.7.2007, a quello di Quadro direttivo di I livello; che pure, infine, il profilo di addetto al Presidio territoriale, acquisito dal 1° gennaio 2009, non consentiva il riconoscimento dei tratti caratterizzanti il profilo superiore indicato; che, pertanto, gli esiti istruttori avevano evidenziato la piena corrispondenza tra il contenuto professionale delle mansioni in concreto disimpegnate e le qualifiche formali INDIRIZZO (impiegato di primo, secondo, terzo e quarto livello dall’assunzione fino al luglio 2007 e da quella data Quadro Direttivo di 1° livello)
A fronte di tale accertamento di fatto, è agevole rilevare che le doglianze si limitano unicamente ad obiettare un presunto errore di valutazione delle prove da parte dei giudici di seconde cure e a censurare la ricostruzione nel merito della vicenda come operata dalla Corte territoriale per la qual ragione sono inammissibili.
Anche il settimo, ottavo e nono motivo sono inammissibili.
Invero, sulle questioni ivi dedotte la Corte territoriale non si è pronunciata in considerazione del ritenuto rigetto della pretesa del COGNOME di inquadramento quale Quadro di 3° livello dal novembre 2002.
Secondo l’orientamento di questa SRAGIONE_SOCIALE, la figura dell’assorbimento esclude il vizio di omessa pronuncia, in quanto il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto (l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, Cass. n. 21257 del 2014) e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni, come nel caso di specie.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 26 marzo 2024