Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20568 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20568 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
21072/2021 r.g., proposto
da
COGNOME NOME , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 521/2021 pubblicata in data 28/01/2021, n.r.g. 3991/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/06/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.In data 18/09/1987 NOME COGNOME era stato assunto dall’allora Ferrovie dello Stato spa e inquadrato nella categoria D, profilo professionale ‘tecnico specializzato’, addetto fino al 2009 al laboratorio di radiologia.
Deduceva che con comunicazione interna n. 1/2009, a seguito della chiusura del predetto laboratorio, era stato assegnato a quello di analisi e
OGGETTO:
diritto all’inquadramento in livello superiore -svolgimento di mansioni superiori -necessità -possesso del titolo di studio -necessario ma non sufficiente – accertamento in concreto
addetto alle attività connesse agli accertamenti tossicologici per alcool e droghe, sicché a decorrere dall’01/01/2009 aveva svolto mansioni superiori, corrispondenti alla categoria B -quadri professionali, profilo ‘professional’ CCNL 16/04/2003 e successivi rinnovi.
Adìva pertanto il Tribunale di Napoli per ottenere l’accertamento del suo diritto all’inquadramento nella predetta categoria dei quadri professionali e la condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle conseguenti differenze retributive.
2.Costituitosi il contraddittorio, espletata l’istruttoria, il Tribunale accoglieva le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame interposto dalla società e rigettava le domande del COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
considerato le declaratorie contrattuali come riportate dal Tribunale in sentenza e non contestate fra le parti, dall’istruttoria svolta in primo grado non è emersa quel superiore grado di autonomia proprio dell’area quadri;
dalle deposizioni testimoniali, infatti, si evince che il COGNOME ha svolto il ruolo di referente territoriale del progetto con modalità adeguate al livello di inquadramento (livello D), implicante lo svolgimento ‘con margini di autonomia e discrezionalità nell’ambito di procedure e istruzioni ricevute’, di ‘attività richiedenti un elevato livello di conoscenza …’;
non si ravvisano, invece, profili di ‘autonomia decisionale, facoltà di iniziativa e discrezionalità nell’attuazione delle direttive aziendali’ per lo svolgimento di ‘attività che richiedono alta professionalità, competenze ed esperienze per la gestione ed il coordinamento organizzativo e funzionale di specifici ambiti amministrativi, commerciali e tecnici’;
quanto alla ‘capacità progettuale’, dalla comunicazione interna n. 6/2009 risulta che l’istituzione del registro carico e scarico fu un compito individuato ed assegnato al COGNOME dal responsabile dell’unità sanitaria;
quanto alle attività svolte a seguito dell’ordine di servizio n. 6/2009, ossia la cura del regolare andamento dei flussi di attività giornalieri, non si tratta di ‘studio di settore’, quanto della mera predisposizione di un calendario delle date in cui effettuare gli esami al fine di regolamentare l’afflusso dei pazienti;
anche con riguardo al ‘progetto formativo aziendale’, il documento in atti dimostra soltanto una richiesta di confronto su un progetto che era stato già predisposto dalla direzione aziendale;
inoltre dall’istruttoria è emersa l’assoluta mancanza della ‘discrezionalità decisionale’ erroneamente accertata dal Tribunale, mancando una responsabilità diretta del COGNOME, il quale ha organizzato la nuova struttura curando l’approvvigionamento di reattivi, di siringhe e di quant’altro necessario, ma giammai ne ha assunto la responsabilità dei risultati, tanto è vero che le dott.sse COGNOME e COGNOME hanno dichiarato che i referti rilasciati dal laboratorio di tossicologia venivano sempre sottoscritti dal medico;
l’appellato non è stato neppure il responsabile della formazione professionale nei corsi ECM (educazione continua del medico) riservati al personale medico, paramedico ed amministrativo, in quanto ha svolto attività di mero organizzatore, come dichiarato dalla dott.ssa COGNOME
4.- Avverso tale sentenza COGNOME Rosario ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, ha nominato nuovo difensore e poi ha depositato memoria.
6.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di pronunziare sull’eccezione di inammissibilità dell’appello da lui sollevata per violazione dell’art. 434 c.p.c. ossia per mancanza di motivi specifici di gravame nell’atto di impu gnazione a suo tempo proposta dalla società avverso la sentenza di primo grado.
Il motivo, previa conversione in quello previsto dall’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c., è inammissibile.
Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad eccezioni pregiudiziali di rito (Cass. n. 25154/2018; Cass. n. 10422/2019).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 5), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione di legge e CCNL’, nonché ‘erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione’ circa un punto decisivo per il giudizio per avere la Corte territoriale sia errato nell’interpretare le previsioni contrattual -collettive relative al profilo professionale rivendicato, sia errato nella comparazione fra le mansioni risultate accertate come in concreto svolte e la declaratoria del profilo medesimo.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 360 bis, co. 1, c.p.c. per avere la Corte territoriale errato nell’operare l’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte dal COGNOME, non considerando che il CCNL rilevante è quello del 16/04/2003.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono inammissibili sotto molteplici profili.
Con riguardo alle censure con cui il ricorrente addebita alla Corte territoriale di aver trascurato il suo possesso delle prescritte abilitazioni se ne rileva la improcedibilità posto che non risulta prodotto il CCNL di riferimento (art. 369, n. 4), c.p.c.) . In ogni caso, ai sensi dell’art. 2095 c.c., ciò che rileva ai fini del diritto ad un determinato inquadramento sono le mansioni ossia i compiti oggettivamente ed in concreto svolti, non essendo certo sufficiente il possesso di determinati titoli di studio, che semmai possono soltanto concorrere come requisiti necessari ma non sufficienti. In tal senso, peraltro, è lo stesso art. 21 CCNL 16/04/2003, riportato nel ricorso per cassazione (v. pp. 20-22).
Per il resto le censure si risolvono in una critica all’apprezzamento del merito compiuto dalla Corte territoriale, come tale insindacabile in sede di legittimità, qualora -come nella specie -adeguatamente motivato. Peraltro il ricorrente neppure indica quale sarebbe il fatto storico decisivo, il cui omesso esame sarebbe in ipotesi rilevante ex art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c.
Infine, i vizi di insufficienza e contraddittorietà della motivazione sono stati
ormai espunti dal testo dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. come novellato da tempo (d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134/2012).
3.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data