Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31189 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 31189 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31246-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1117/2021 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 15/06/2021 R.G.N. 1859/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Mansioni superiori Diritto al superiore
inquadramento
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 01/10/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Bari, in riforma di sentenza del Tribunale della stessa sede (di rigetto delle domande del lavoratore), dichiarava il diritto di NOME COGNOME (dipendente RAGIONE_SOCIALE con profilo professionale di Operatore qualificato -parametro 160) a essere inquadrato nel superiore profilo di Capo Operatore -parametro 188 dell’Area professionale II a partire dal mese di luglio 2010 sino alla data del pensionamento e condannava la società datrice di lavoro al pagamento della somma di € 13.652,69 a titolo di differenze retributive sino al mese di agosto 2015, nonché alle differenze maturate sino al collocamento in quiescenza, oltre accessori.
Per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso la società con tre motivi, illustrati da memoria; resiste il lavoratore con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la società ricorrente deduce v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2 lettera B del CCNL Autoferrotranvieri del 27.11.2000 (art. 360, n. 3, c.p.c.), deducendo che la Corte territoriale ha riconosciuto al lavoratore il profilo di ‘capo operatori’, appartenente all’area professionale 2, senza verificare la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla norma contrattuale citata per l’inquadramento nel profilo professionale in questione e senza precisare, nello specifico, quali competenze professionali specialistiche il predetto possedesse.
Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del Regio Decreto n. 148 del 1931 Allegato A (art. 360, n. 3, c.p.c.), sostenendo che la Corte d’Appello, nel riconoscere al lavoratore il diritto all’inquadramento nel profilo professionale superiore reclamato, non ha verificato la prevalenza delle mansioni di livello superiore rispetto a quelle abitualmente esercitate e non ha operato alcun raffronto fra i dati qualitativi e quantitativi delle mansioni.
I suddetti motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
Va richiamata l’ampia e puntuale motivazione della sentenza gravata, nella quale si è dato atto delle specificità della disciplina in materia di riconoscimento del diritto alla qualifica superiore nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, sono stati passati in rassegna gli esiti della prova testimoniale espletata in primo grado, sono state riportate le pertinenti declaratorie delle aree e dei profili professionali previsti dal CCNL di categoria, è stato esplicato ed esplicitato il cd. procedimento trifasico in materia, concludendo per il riconoscimento del diritto rivendicato dal lavoratore nei termini espressi in dispositivo.
Tanto premesso, con i motivi in esame si prospetta, apparentemente, una violazione di norme di legge, mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, proponendo una propria diversa valutazione, corrispondente ad un mero dissenso motivazionale che non inficia la legittimità della sentenza impugnata, non essendo consentito trasformare il giudizio di cassazione nel terzo grado di merito nel quale ridiscutere esiti istruttori non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 8758/2017, n. 29404/2017,
18721/2018, n. 20814/2018, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, n. 15568/2020, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 20553/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023, n. 24895/2025).
Infatti, posto che il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato si esprime in tre fasi successive (accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria, raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda), l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione, come nel caso di specie (tra le molte conformi, cfr. Cass. n. 28284/2009, n. 8589/2015, n. 18943/2016, n. 14413/2024).
Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce violazione dell’art. 2697 c.c. per omessa prova dei fatti costitutivi del diritto (art. 360 n. 3, c.p.c.), non avendo il lavoratore offerto prova alcuna in ordine all’esistenza dei presupposti per l’attribuzione del profilo professionale di capo operatori (parametro 188) del CCNL 27.11.2003.
Il motivo (speculare al primo) è inammissibile, perché la violazione dell’art. 2697 c.c. è deducibile per cassazione soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne sia onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni; diverso profilo è quello dell’apprezzamento delle prove, spettante al giudice di merito, e nel caso in esame, come già rilevato, congruamente e logicamente motivato.
In ragione della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di parte controricorrente, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario.
All’inammissibilità dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 1° ottobre 2025.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME