Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17008 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17008 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
3189/2020 r.g., proposto da
COGNOME Nicola , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
Monte dei Paschi di Siena spa , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1893/2019 pubblicata in data 07/11/2019, n.r.g. 2728/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME, dipendente di Banca Antonveneta spa (poi incorporata da Monte dei Paschi di Siena spa) dall’11/01/1974 al 30/06/2004, assumeva che, a decorrere da luglio 1998, aveva svolto mansioni superiori a quelle proprie della qualifica di inquadramento, in conseguenza della nomina a responsabile della funzione di controllo delle attività finanziarie, esercitata dal
OGGETTO: dipendente bancario – mansioni superiori – fatti costitutivi – prova
Collegio Sindacale, dal Consiglio di Amministrazione e dalla CONSOB. Deduceva che in conseguenza di tale nomina era stato inquadrato come funzionario di 8^ livello, evidenziando che il primo è il livello più alto e il decimo quello più basso previsto dal CCNL personale direttivo.
Deduceva altresì di avere esercitato funzione di controllo sui suoi diretti superiori gerarchici, i quali gli avevano negato le ferie, negata la partecipazione a corsi di aggiornamento ed avevano posto ulteriori comportamenti vessatori sfociati infine nel suo licenziamento.
Pertanto adìva il Tribunale di Trani per ottenere l’accertamento del suo diritto all’inquadramento nella qualifica di funzionario 1^ livello dal 24/06 -01/07/1998 al 31/05/2001 e poi nella qualifica di dirigente dall’01/06/2001 in poi in base alla c.d. dirigenza allargata prevista dal CCNL, la condanna della datrice di lavoro a ricostruire la sua posizione giuridica ed economica, a pagare le differenze retributive maturate e a ricostruire la posizione previdenziale, nonché a risarcire il danno esistenziale e da lesione all’immagine, alla professionalità e alla carriera, da liquidare in via equitativa.
2.- Costituitosi il contraddittorio, escussi i testimoni ammessi, il Tribunale rigettava le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dall’COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
ai sensi dell’art. 26, co. 2, del regolamento CONSOB del 30/09/1997, la funzione di controllo interno è assegnata ad apposito responsabile svincolato da rapporti gerarchici rispetto ai responsabili dei settori sottoposti a controllo;
dunque è irrilevante la circostanza per cui i controllati avevano un inquadramento superiore a quello dell’appellante controllante;
peraltro l’COGNOME rivendica un inquadramento superiore solo sulla base della mera comparazione con l’inquadramento dei soggetti da lui controllati, mentre avrebbe dovuto allegare e provare gli elementi costitutivi del diritto da lui rivendicato, ossia specificare il contenuto delle mansioni svolte in concreto e raffrontarle con i profili e le mansioni
propri della superiore qualifica rivendicata, secondo il principio di diritto affermato da Cass. n. 26816/2018;
invece nel ricorso di primo grado nulla viene chiarito in merito alle attività proprie del funzionario di primo livello, ossia della qualifica rivendicata e neppure vi è menzione della declaratoria del CCNL di riferimento; non vengono descritte le mansioni in concreto svolte e non vengono spiegate le ragioni per cui quelle mansioni dovrebbero essere riconducibili alla qualifica rivendicata;
in ogni caso le deposizioni testimoniali smentiscono gli assunti dell’appellante;
il teste COGNOME NOME, funzionario di 2^ livello, confermava l’attività di controllo dell’COGNOME nei confronti dell’ufficio finanza centrale, di cui il COGNOME era responsabile, ma smentiva la circostanza dedotta dall’COGNOME secondo cui il controllo era diretto sulla sua attività;
il teste COGNOME COGNOME evidenziava la non necessità di inquadrare come dirigenti i soggetti che operavano il controllo e l’irrilevanza del fatto che il controllato avesse una qualifica superiore a quella del controllante;
anche il teste COGNOME COGNOME COGNOME ha escluso che il controllo dell’COGNOME riguardasse l’attività svolta dal dottò COGNOME e dal dott. COGNOME quest’ultimo responsabile del servizio ispettorato sottoposto a controllo;
ne consegue altresì il rigetto della domanda volta all’inserimento nella c.d. dirigenza allargata (alla quale, ai sensi del contratto integrativo aziendale, potevano avere accesso tutti i funzionari che alla data del 1^ gennaio 2001 risultassero inquadrati nella 1^ o nella 2^ categoria), posto che non vi è il diritto dell’COGNOME alla qualifica di funzionario di 1^ livello; pertanto egli, come funzionario di 8^ livello, e in mancanza di almeno 9 punti di maggiorazione (la banca gliene aveva riconosciuti solo due), non può essere inserito nella c.d. dirigenza allargata;
inoltre dalla prova testimoniale è emerso che l’appellante non svolgeva funzioni di responsabile ‘gruppo esteri merci’ (GEM), bensì di assistente addetto alle relative operazioni del ‘GEM’;
in tal senso ha deposito il testimone COGNOME COGNOME COGNOME il quale, come la teste COGNOME GiuliaCOGNOME ha escluso che presso la sede di Molfetta ci fosse un ‘responsabile GEM’;
pertanto l’COGNOME correttamente è stato inquadrato come quadro direttivo di 4^ livello, anche perché non aveva propria autonomia e responsabilità nell’autorizzazione delle ferie come invece il capogruppo COGNOME che peraltro aveva la sua stessa qualifica ed aveva altresì potere di firma che invece l’COGNOME non aveva;
la teste COGNOME NOME ha precisato che solo in caso di assenza del COGNOME essi si rivolgevano all’COGNOME per l’autorizzazione delle ferie o per i poteri di firma; ha aggiunto che quando l’COGNOME non riusciva a risolvere un problema si rivolgeva al capogruppo COGNOME;
anche il teste COGNOME COGNOME ha confermato che a Molfetta non esisteva un ‘responsabile GEM’ e che le mansioni di assistente consistevano nel provvedere alla consulenza dei clienti e al supporto dei dipendenti;
l’appellante non ha confutato punto per punto le testimonianze, ma si è limitato ad una generica doglianza di errata interpretazione delle testimonianze da parte del Tribunale;
anche il settimo motivo di gravame, relativo al risarcimento dei danni, è infondato, posto che si tratta di una domanda accessoria rispetto a quella di riconoscimento dell’inquadramento in un livello superiore;
la banca non ha posto in essere comportamenti dequalificanti, sicché nessun danno risarcibile è configurabile;
le spese processuali del primo grado sono state correttamente liquidate dal Tribunale, tenuto conto dell’attività istruttoria svolta e del valore della controversia, in conformità al D.M. n. 55/2014.
4.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.- Monte dei Paschi di Siena spa ha resistito con controricorso e poi ha depositato memoria.
6.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c.
il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione del d.lgs. n. 415/1996, poi recepito nel regolamento CONSOB del 30/09/1997 e nella delibera n. 10963/1998, che prevedono margini di autonomia e di indipendenza ontologicamente correlati ai compiti di ‘responsabile dell’ufficio controllo interno’ da lui svolti.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo vengono richiamati intere fonti normative, senza specificare quale sarebbe la singola norma violata o falsamente applicata. Al riguardo questa Corte ha più volte affermato che nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., giusta il disposto dell’art. 366, co. 1, n. 4), c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni. Altrimenti non si consente a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. ord. n. 20870/2024), non potendo essere demandata a questa Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. sez. un. n. 23745/2020). Tali oneri non sono stati adempiuti.
In secondo luogo il ricorrente non si confronta in alcun modo con quel punto della motivazione della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale, citando l’art. 26, co. 2, del regolamento CONSOB del 30/09/1997, ha spiegato che la funzione di controllo interno è assegnata ad apposito responsabile svincolato da rapporti gerarchici rispetto ai responsabili dei settori sottoposti a controllo e che dunque è irri levante l’inquadramento di questi ultimi. Quindi anche sotto questo profilo il motivo difetta di specificità ai fini della sua ammissibilità.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione del CCNL dell’11/07/1999 e segnatamente del suo art. 66 relativamente all’istituzione dei quadri direttivi
e alla definizione dei presupposti per il passaggio nell’area della c.d. dirigenza allargata.
Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
E’ inammissibile laddove non si confronta con la specifica motivazione articolata al riguardo dalla Corte territoriale, secondo cui, una volta negato il diritto dell’COGNOME alla qualifica di funzionario di 1^ livello , egli, come funzionario di 8^ livello, e in mancanza di almeno nove punti di maggiorazione (la banca gliene aveva riconosciuti solo due), non avrebbe mai potuto accedere alla c.d. dirigenza allargata, per la quale il contratto integrativo aziendale prevedeva come presupposto il possesso della qualifica di funzionario con inquadramento alla data del 1^ gennaio 2001 nella 1^ o nella 2^ categoria.
Il motivo è poi infondato, laddove addebita alla Corte territoriale la mancata considerazione delle vicende che hanno riguardato alcuni colleghi del ricorrente (v. ricorso per cassazione, pp. 21-22), che -come è noto -sono del tutto irrilevanti ai fini della prova dei fatti costitutivi del rivendicato diritto all’inquadramento in un livello superiore, attinenti al c.d. giudizio trifasico. Quest’ultimo è quel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato, le cui tre fasi successive consistono nell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra i risultati di tali due indagini. Ai fini dell’osservanza di tale procedimento, è necessario che, pur senza rigide formalizzazioni, ciascuno dei suddetti momenti di ricognizione e valutazione trovi ingresso nel ragionamento decisorio, configurandosi, in caso contrario, il vizio di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., per l’errata applicazione dell’art. 2103 c.c. (Cass. ord. n. 30580/2019). In nessuno delle fasi del predetto procedimento logico-giuridico trova ingresso la comparazione con altri dipendenti. Va infatti considerato che nel nostro ordinamento non esiste un principio che imponga al datore di lavoro, nell’ambito dei rapporti privatistici, di garantire parità di retribuzione e/o di inquadramento a tutti i lavoratori svolgenti le medesime mansioni, posto che l’art. 36 Cost. si limita a stabilire il principio di sufficienza ed adeguatezza della retribuzione prescindendo da ogni comparazione intersoggettiva e che l’art. 3 Cost. impone l’uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge, non anche nei rapporti interprivati. Ne deriva che la mera circostanza (priva di ulteriori specificazioni) che determinate mansioni siano state in precedenza affidate a dipendenti cui il datore di lavoro riconosceva una qualifica superiore, è del tutto irrilevante per il dipendente al quale, con diversa e inferiore qualifica, siano state affidate le stesse mansioni (Cass. n. 16015/2007; Cass. sez. un. n. 4570/1996).
3.- Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, per avere la Corte omesso di considerare l’espletamento del compito di responsabile dell’ufficio controllo finanza, pacificamente riconosciuto dalla banca, senza alcun vincolo gerarchico nei confronti di altre figure di responsabili di settore.
Il motivo è inammissibile in primo luogo perché contraddittorio, laddove contiene la deduzione di quel fatto come ‘fatto pacifico’ ossia non controverso e quindi non oggetto di discussione fra le parti, come invece impone il vizio denunziato.
Il motivo è altresì inammissibile perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348 ter, ult. co., c.p.c.).
4.- Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, per avere la Corte omesso di considerare le mansioni da lui svolte e le risultanze istruttorie sul punto.
Il motivo è inammissibile sia perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348 ter, ult. co., c.p.c.), sia in quanto volto a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle deposizioni testimoniali, interdetta in sede di legittimità, in quanto riservata al giudice di merito.
5.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Non se ne dispone l’attribuzione, dal momento che nel controricorso vi è sì la richiesta, ma è riferita al ‘ sottoscritto procuratore difensore anticipatario ‘ ossia al singolo difensore, mentre l’atto è sottoscritto da due difensori, sicché vi è incertezza assoluta su quale dei due abbia effettivamente anticipato le spese e non riscosso l’onorario (art. 93 c.p.c.). Si aggiunga che uno degli originari difensori della banca (avv. NOME COGNOME è deceduto ed è stato sostituito dall’avv. NOME COGNOME il quale si è costituito con nuova
procura speciale e con atto del 07/05/2024 e non ha chiesto la distrazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data