Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27255 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 27255  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19927-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1052/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/03/2024 R.G.N. 896/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
Mansioni rapporto privato
R.G.N.19927/2024
COGNOME.
Rep.
Ud 11/09/2025
CC
NOME COGNOME e NOME COGNOME, premesso di essere stati  dipendenti  somministrati  della  RAGIONE_SOCIALE con mansioni di ‘addetti al call center’ rispettivamente dal 22.11.2011 all’1.3.2012 e dal 22.11.2011 all’1.8.2012 e destinati alla commessa RAGIONE_SOCIALE, chiedevano, per le mansioni svolte, l’inquadramento nel 5° livello ovvero in subordine nel 4° livello in luogo del formale inquadramento del 2° livello loro assegnato.
Il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento delle domande, riconosceva ai lavoratori l’inquadramento superiore nel 4° livello dal 22.2.2012  con  le relative differenze retributive.
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 1052/2024, confermava la pronuncia di primo grado.
I giudici di seconde cure precisavano che: a) non era ravvisabile, nelle domande dei lavoratori, un profilo di abusivo frazionamento del credito attesa la specificità della causa petendi della azione di riconoscimento di mansioni superiori rispetto alle altre iniziative giudiziarie intraprese antecedentemente; b) la domanda di condanna generica era pienamente ammissibile, anche senza il consenso del convenuto, costituendo espressione del principio di libera scelta delle forme di tutela offerte dall’ordinamento; c) il ricorso introduttivo, nel suo complesso, non era viziato dal difetto di allegazione; d) non vi era incapacità a testimoniare di un ricorrente con riferimento alle pretese dell’altro trattandosi di rapporti processuali distinti; e) avendo riguardo alle risultanze istruttorie, da cui emergeva che gli originari ricorrenti non si erano limitati a fornire informazioni commerciali alla clientela ma avevano svolto anche attività di assistenza finalizzata alla risoluzione dei reclami di varia
natura dell’utenza e considerando le declaratorie contrattuali del  2°  e  del  4°  livello,  l’attività  di  addetto  al  servizio RAGIONE_SOCIALE correttamente  andava  inquadrata  in  quello superiore, con decorrenza dal 22 febbraio 2012 e con diritto alla  relativa  retribuzione  dal  22.11.2011  per  entrambi  i ricorrenti.
Avverso la sentenza di secondo grado la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato a  tre  motivi,  successivamente  illustrati  con  memoria,  cui resistevano con controricorso gli intimati.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 4 cpc, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2103 cod. civ. e 23 del CCNL Telecomunicazioni 2009 nonché la violazione dell’art. 115 cpc per travisamento della prova. Si sostiene, da un lato, che la Corte territoriale aveva errato nella percezione delle risultanze probatorie con riguardo alla effettiva attività svolta dai lavoratori, utilizzando informazioni probatorie che non esistevano nel processo; dall’altro, che la Corte territoriale aveva erroneamente individuato i tratti caratteristici dei livelli di inquadramento in contestazione, ritenendo conseguentemente che gli originari ricorrenti fossero in possesso di quelle qualificate conoscenze di tipo specialistico e di quella piena professionalità acquisita anche attraverso specifici percorsi formativi richiesti dalla declaratoria del 4° livello.
Con il secondo motivo, formulato in via subordinata, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, si censura la violazione e falsa
applicazione  dell’art.  278  cpc,  per  essere  stata  ritenuta ammissibile la domanda  generica di pagamento delle differenze retributive senza correttamente valutare il profilo dell’abuso  del  diritto,  non  essendovi  alcun  interesse  alla tutela frazionata del credito per i lavoratori.
Con  il terzo motivo, formulato in via subordinata, si eccepisce,  ai  sensi  dell’art.  360  co.  1  n.  4  cpc,  l’omessa pronuncia sul motivo di appello, con violazione dell’art. 112 cpc, riguardante l’eccezione di prescrizione dei crediti retributivi.
Il primo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
È infondato lì dove si denuncia, in pratica, un erroneo giudizio di sussunzione del fatto (mansioni assegnate ai lavoratori) nella ipotesi contrattuale collettiva (nel quarto livello e non nel terzo).
Invero, l’accertamento espletato dalla Corte di appello per la determinazione dell’inquadramento spettante ai lavoratori risulta conforme agli insegnamenti di questa Corte che ha chiarito come il giudice del merito, allorché si tratti di individuare la pertinenza delle mansioni svolte in concreto, rispetto ad una determinata posizione funzionale, deve seguire un procedimento logico-giuridico che non può prescindere da tre fasi successive, costituite dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria, nonché dal raffronto tra il risultato della prima indagine e le previsioni della normativa contrattuale individuati nella seconda (Cass. n. 7123/2014; Cass. n. 20272/2010).
Nel  caso  concreto,  la  valutazione  compiuta  dal  giudice  di secondo  grado  si  sottrae  alle  censure  che  le  sono  state
mosse, atteso che la Corte distrettuale ha valutato compiutamente il contenuto professionale delle mansioni in concreto assegnate ai dipendenti cogliendo, nelle stesse, i tratti qualificanti del IV livello ( id est quello del lavoratore che « con piena professionalità acquisita anche attraverso specifici percorsi formativi, operando attraverso canali telefonici e/o telematici mediante l’utilizzo di centrali specializzate (call center) e con il supporto di sistemi informativi e programmi software dedicati, svolge con capacità di relazione interpersonale e autonomia esecutiva, attività di informazione, vendita di servizi, attività di interfaccia verso la clientela sui servizi e sulle funzioni delle reti, assistenza commerciale alla clientela attiva e potenziale; attività di interfaccia verso la rete commerciale; svolge, inoltre, compiti conseguenti, funzionali e connessi a quelli del front office atti al completamento del ciclo organizzativo del particolare e specifico servizio reso») , rispetto a quelli del III livello, che è la progressione automatica del II livello, ( lavoratore che, in possesso di specifiche cognizioni teorico pratiche, nell’ambito dei metodi di lavoro e procedure definite, svolge, con specifica collaborazione, attività esecutive di carattere amministrativo, commerciale o tecnico di media complessità ), in particolare, evidenziando, che nella declaratoria del predetto terzo livello erano del tutto assenti il carattere dell’autonomia esecutiva e delle responsabilità adeguate al risultato operativo attesa la necessità del possesso, di contro, per il quarto livello, di qualificate conoscenze di tipo specialistico, mediante l’esplicazione di attività tecnico-operative di adeguata complessità, anche in campo amministrativo, tecnico e commerciale.
La  Corte  distrettuale  ha,  poi,  precisato  che  le  mansioni espletate  dai  due  originari  ricorrenti  non  si  limitavano  nel fornire informazioni commerciali alla clientela ma consistevano anche in attività di assistenza finalizzata alla risoluzione dei reclami d i varia natura dell’utenza, a fornire assistenza  ai  clienti  RAGIONE_SOCIALE  e  a  risolvere  i  problemi  che  gli operatori del primo livello non erano in grado di gestire.
Essendovi margini di scelta per i lavoratori nelle opzioni risolutive  da  adottare,  quindi,  correttamente  sono  stati rilevati  dalla  Corte  distrettuale  i  requisiti  della  autonomia esecutiva e della responsabilità adeguate al risultato operativo atteso, caratterizzanti il IV livello, oltre a quello del possesso della piena professionalità.
Sono, invece, inammissibili le doglianze, ancorché proposte in termini di violazione di legge, che si sostanziano, almeno per ciò che riguarda i profili sviluppati in ordine alla natura e consistenza dei compiti svolti dai lavoratori, nella critica della ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, censurandosi la valutazione del materiale probatorio; in parte qua , dunque, le censure configurano vizi di motivazione. Tuttavia, seppure diversamente qualificate, non indicano, nei termini rigorosi richiesti dal vigente testo del predetto art. 360 nr. 5 cod. proc. civ. (applicabile alla fattispecie), il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053), sicché ci si arresta al rilievo di inammissibilità delle stesse.
In  tema  di  ricorso  per  cassazione,  infatti,  una  censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116  c.p.c.  non  può  porsi  per  una  erronea  valutazione  del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo
se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione: ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame (Cass. Sez. Un. n. 20867/2020; Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014).
Da ultimo va precisato che il travisamento del contenuto oggettivo della prova ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non quando si verta in una ipotesi, come nell’analisi effettuata dalla Corte territoriale nel caso di specie, di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio (Cass. Sez. Un. n. 5792/24).
Il secondo motivo è parimenti infondato.
In sede di legittimità è stato affermato, con un orientamento consolidato  e  mai  modificato,  che  è  possibile  azionare,  in materia  di  lavoro,  la  pretesa  economica  chiedendo  solo  una condanna generica e non specifica (tra le altre,  cfr.  Cass.  n. 3503/1992).
Tale riconosciuta facoltà esclude, conseguentemente, ogni profilo  di  abusivo  frazionamento  del  credito  da  parte  dei ricorrenti in relazione alla rivendicazione azionata.
L’abusivo frazionamento dl credito non è, altresì, ravvisabile  anche  in  relazione  al  pregresso  contenzioso intercorso  tra  le  parti  che  la  Corte  territoriale,  con  una affermazione  non  smentita  con  la  censura  in  esame,  ha precisato essere riferibile a controversie aventi causa petendi diversa da quella del presente ricorso.
Il terzo motivo  è, invece, fondato  perché  la Corte territoriale effettivamente (come  riconoscono gli stessi controricorrenti) non si è pronunciata sulla eccezione, proposta in primo grado e reiterata dalla società in sede di appello  con  il  nono  motivo,  di  prescrizione  dei  crediti retributivi.
Né dalla gravata pronuncia è evincibile un rigetto implicito della questione perché essa poneva uno specifico profilo di esame -riguardante la possibilità di invocare un orientamento giurisprudenziale di legittimità, affermatosi nei confronti del datore di lavoro, anche per un soggetto che tale non poteva qualificarsi in senso tecnico e in relazione ad un rapporto di lavoro a tempo determinato- e implicava la eventuale necessità di un accertamento di fatto, profili che non possono ritenersi superati con il mero accoglimento del rivendicato inquadramento superiore e della condanna generica al pagamento delle relative differenze retributive.
Alla stregua di quanto esposto, il terzo motivo di ricorso deve  essere  accolto,  mentre  vanno  rigettati  il  primo  ed  il secondo.
La gravata sentenza deve essere cassata in relazione al motivo  accolto  e  la  causa  va  rinviata,  essendo  necessari accertamenti  di  fatto,  alla  Corte  di  appello  di  Napoli,  in diversa  composizione,  che  dovrà  esaminare  la  sollevata eccezione di prescrizione, il cui scrutino è stato omesso, e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo, rigettati gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di
appello  di  Napoli,  in  diversa  composizione,  cui  demanda  di provvedere anche sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, l’11 .9.2025 La Presidente DottAVV_NOTAIO NOME COGNOME