Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9864 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9864 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17478/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore Generale pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
–
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato –
Infermiere
– CCNL
20/09/2001
– CCNL
19/04/2004
Inquadramento
–
Livello
DS – Presupposti
R.G.N. 17478/2019
Ud. 19/03/2024 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello Roma n. 3914/2018 depositata il 03/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 19/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3914/2018, pubblicata il 3 dicembre 2018 la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellato NOME COGNOME, ha respinto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 4528/2015, depositata in data 6 maggio 2015.
NOME COGNOME si era rivolto al Tribunale capitolino riferendo: di avere prestato servizio presso la RAGIONE_SOCIALE con la qualifica di infermiere professionale Livello D; di essersi visto conferire, con nota del 16 maggio 2001 la funzione di coordinatore delle attività terapeutiche; di essere stato escluso dall’elenco de i soggetti aventi diritto all’indennità di coordinamento di cui all’art. 10 CCNL Sanità 2001 e di aver per questo già agito innanzi il Tribunale di Roma, il quale, con sentenza passata in giudicato, gli aveva riconosciuto il diritto alla percezione dell’indennità di coordinamento per il periodo dal 1° settembre 2001 al 31 dicembre 2004.
Sulla scorta di tali premesse, con la nuova domanda, aveva chiesto di accertare il proprio diritto sia a percepire detta indennità in via permanente sia ad essere inquadrato nel livello DS a decorrere dal 1° settembre 2003.
Accolta dal Tribunale di Roma la domanda di accertamento del superiore inquadramento -essendo stata dichiarata la cessazione della
materia del contendere in ordine alla domanda concernente le pretese economiche -e proposto gravame da parte di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello ha disatteso tutti i motivi dell’appellante, ed in particolare:
-ha escluso la sussistenza di una ipotesi di abusivo frazionamento del credito, rilevando che le domande proposte nei successivi giudizi riguardavano una pluralità di autonomi diritti;
-ha ritenuto infondata l’eccezione di giudicato, escludendo che nell’ambito del ‘deducibile’ di cui al precedente giudizio -concernente esclusivamente pretese economiche – potesse ritenersi compreso il profilo dell’inquadramento, non costituendo quest’ultimo antecedente logico della domanda di riconoscimento dell’indennità;
-ha condiviso la decisione di prime cure nella parte in cui aveva riconosciuto all’appellato l’inquadramento DS, osservando che, se era vero che il CCNL Comparto Sanità 2002-2005 era intervenuto sul profilo, condizionando il passaggio al livello DS all’effettivo svolgimento delle funzioni alla data del 1° settembre 2003, era tuttavia parimenti vero che la precedente decisione del Tribunale di Roma passata in giudicato aveva già accertato lo svolgimento delle mansioni sino, appunto, al 1° settembre 2003.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno entrambe depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Il primo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 2909 c.c. e 2 e 111 Cost. ‘per avere la sentenza impugnata ritenuto inapplicabile alla fattispecie sottoposta al suo vaglio il principio di infrazionabilità della domanda giudiziale sull’errato presupposto di poter considerare le domande svolte da controparte (accertamento del diri tti all’indennità di coordinamento e accertamento del diritto all’inquadramento nella superiore categoria DS) distinti e fondate su diversi fatti costitutivi’ .
1.2. Il secondo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c. ‘per avere la sentenza impugnata ritenuto che, con riferimento alla domanda di inquadramento nella superiore categoria DS formulata dal Sig. NOME COGNOME, fosse priva di pregio l’eccezione di giudicato sollevata dalla ASL e riferita al precedente accertamento giudiziale del diritto di controparte ad ottenere l’indennità di coordinamento avvenuto con la sentenza n. 9225/2007 emessa inter partes dal Tribunale di Roma’ .
1.3. Il terzo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 del CCNL Comparto Sanità 1998-2001, biennio economico 2000 -2001; 19CCNL Comparto Sanità 2002-2005; 52, D. Lgs. n. 165/2001 ‘per avere la sentenza impugnata riconosciuto il diritto del Sig. NOME COGNOME all’inquadramento nella superiore categoria DS in mancanza dei presupposti richiesti dalla normativa di riferimento (formale conferimento di un incarico ed effettivo svolgimento delle funzioni di coordinamento alla data indicata dalla normativa)’ .
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come da questa Corte rilevato in un recente precedente su questione affine (Cass. Sez. L – Sentenza n. 5838 del 22/02/2022), tra il diritto a ll’indennità di coordinamento e d il diritto all’inquadramento in categoria DS, sussiste una ‘differenza «ontologica» ‘ tale da escludere che ‘possa anche solo ipotizzarsi un ragionamento in termini di indebito frazionamento di domande’ .
I precedenti invocati dalla ricorrente, del resto, concernono l’ipotesi del frazionamento abusivo di pretese creditorie (Cass. Sez. U Sentenza n. 4090 del 16/02/2017; Cass. Sez. U, Sentenza n. 23726 del 15/11/2007) e cioè, di pretese economiche riconducibili al medesimo rapporto (per un caso Cass. Sez. L – Sentenza n. 9398 del 12/04/2017), ipotesi da tenere ben distinta da quella -come quella in esame -ad una prima domanda relativa a pretese economiche, faccia seguito una domanda relativa al riconoscimento di un diverso inquadramento (per alcune ipotesi concrete Cass. Sez. L – Sentenza n. 28963 del 04/12/2017; Cass. Sez. L – Sentenza n. 28964 del 04/12/2017; Cass. Sez. L – Sentenza n. 19738 del 25/07/2018; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3226 del 09/02/2018), e ciò a maggior ragione ove si consideri che, come da questa Corte già chiarito (cfr. sempre Cass. Sez. L – Sentenza n. 5838 del 22/02/2022), il riconoscimento del diritto all’indennità di coordinamento riguarda un’indennità ‘il cui riconoscimento prescinde dall’inquadramento in D o DS, non ha quale antecedente log ico l’uno o l’altro inquadramento e, dunque, non sviluppa alcun effetto di giudicato preclusivo alla decisione in questa sede sul diritto all’inquadramento’ .
Il secondo motivo è, parimenti, infondato.
Vale il richiamo, testé operato, alla già citata decisione di questa Corte Cass. Sez. L – Sentenza n. 5838 del 22/02/2022, stante la sostanziale sovrapponibilità delle questioni affrontate.
Non può, quindi, che ribadirsi che la diversità dei diritti azionati nelle due diverse sedi e la non totale sovrapponibilità dei loro presupposti, vale ad escludere non solo -come appena visto -che sia ravvisabile un frazionamento abusivo delle domande ma anche che la decisione impugnata in ordine al riconoscimento dell’inquadramento possa aver violato un precedente giudicato scaturito dalla decisione sul distinto profilo dell’indennità di coordinamento , non senza rilevare che sfuggono le ragioni sulla cui scorta il giudicato sceso sull’accoglimento della pregressa domanda dell’odierno controri corrente dovrebbe essersi tradotto in un giudicato implicito di rigetto della domanda di riconoscimento del diverso inquadramento.
Infondato, infine, è l’ultimo motivo di ricorso .
La decisione impugnata, infatti, risulta conforme ai numerosi precedenti di questa Corte, con i quali è stato chiarito che:
-l’indennità di coordinamento di cui all’art. 10 del c.c.n.l. sanità del 20 settembre 2001 compete anche ai collaboratori professionali sanitari degli altri profili e ai collaboratori professionali-assistenti sociali, già appartenenti alla categoria D, ai quali, a tale data, le aziende abbiano conferito analogo incarico di coordinamento o, previa verifica, ne riconoscano con atto formale lo svolgimento al 31 agosto 2001, fermo restando che in questi casi, ai sensi del comma 5 del citato art. 10, l’indennità è revocabile, limitatamente alla parte variabile, col venir meno della funzione ovvero a seguito di valutazione negativa (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 14507 del
28/05/2019; Cass. Sez. L -Ordinanza n. 41575 del 27/12/2021; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 25825 del 2023);
-ai sensi dell’art. 19, lett. b), del c.c.n.l. del comparto sanità del 19 aprile 2004, i requisiti per il passaggio del personale al livello economico Ds, con decorrenza dal 1° settembre 2003, sono dati dal riconoscimento alla data del 31 agosto 2001 dello svolgimento di “reali funzioni di coordinamento”, ai sensi dell’art. 10 del c.c.n.l. del 20 settembre 2001, e dall’effettivo svolgimento delle funzioni stesse (Cass. Sez. L Ordinanza n. 14508 del 28/05/2019).
Come chiarito da tali precedenti -la cui motivazione deve comunque qui intendersi richiamata ex art. 118 disp. att. c.p.c. -i presupposti fissati dalla contrattazione collettiva per il passaggio dalla categoria D -precedentemente assegnata al controricorrente, come riferito nella decisione impugnata – alla categoria DS sono ravvisabili: 1) nello svolgimento, alla data del 31 agosto 2001, di “reali funzioni di coordinamento”, ai sensi dell’art. 10 del c.c.n.l. del 20 settembre 2001; 2) nella dimostrazione di detto svolgimento o nel suo riconoscimento con atto formale dell’azienda, con la puntualizzazione che, ‘il conferimento delle funzioni di coordinamento, cui si fa espresso riferimento nell’art. 10, comma 3 del c.c.n.l. sanità del 20 settembre 2001, o la sua verifica con atto formale vanno intesi, conformemente al significato complessivo della regolamentazione dell’indennità, come indicatori della necessità che di tali mansioni vi sia traccia documentale e che essi siano stati assegnati da coloro che, secondo le linee organizzative dell’ente avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente (cfr. Cass. n. 1009/2010 cit.) e non necessariamente dagli organi di vertice (Cass. 21 maggio 2014, n. 11199)’ (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 14507 del 28/05/2019).
Orbene, tornando ora al caso in esame, è da rilevare che la doglianza contenuta nel motivo di ricorso si incentra, appunto, su tale secondo presupposto, deducendo l’assenza di un atto formale (pag. 27 segg.).
La decisione impugnata, tuttavia, ha accertato in fatto -con motivazione non adeguatamente censurata -la sussistenza della prova di un riconoscimento formale delle funzioni di coordinamento, rilevando che ‘la pregressa sentenza del Tribunale di Roma ha sicuramente accertato lo svolgimento di tali mansioni da parte del COGNOME anche con riferimento al periodo successivo ‘ e che ‘ciò è possibile affermare esaminando il materiale probatorio acquisito agli atti di quel giudizio, ed in particolare la nota aziendale 11.2.2004 in cui il direttore della U.O.C. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha attestato le funzioni di coordinamento svolte dal ricorrente fino a quella data, e quindi a tutto l’1.9.2003’ .
Né in tale affermazione può ravvisarsi -come deduce il ricorso -un profilo di contraddizione rispetto alla pregressa affermazione, svolta dalla medesima sentenza impugnata, per cui non vi era, sulla domanda dell’odierno ricorrente, alcuna preclusione der ivante dal precedente giudicato sceso, appunto, sulla decisione del Tribunale di Roma.
Al di là delle considerazioni già in precedenza svolte, infatti, un conto era -ed è -escludere la sussistenza di un vincolo di giudicato riguardo ad una successiva domanda del tutto distinta ed autonoma rispetto a quella coperta, appunto, dal giudicato; altro conto era -ed è -valorizzare l’accertamento fattuale operato nel precedente giudizio in ordine ad un elemento che comunque risultava presupposto comune alle due distinte domande, per ritenere, appunto, provato detto presupposto.
Correttamente, quindi, la Corte territoriale è pervenuta alla conclusione della sussistenza proprio dei presupposti già individuati da questa Corte ai fini del riconoscimento dell’inquadramento DS , risultando quindi esclusa la dedotta violazione delle previsioni di contrattazione collettiva.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 19 marzo