Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33812 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33812 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
La Corte di Appello di Messina ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città, che in accoglimento delle domande proposte da NOME COGNOME aveva dichiarato il suo diritto all’inquadramento fin dall’assunzione nella terza fascia dirigenziale del ruolo corrispondente alla ex qualifica di dirigente tecnico storico dell’arte, nonché il suo diritto all’assegnazione di funzioni dirigenziali e al trattamento economico corrispondente.
La Guida, risultata vincitrice del concorso per titoli a 39 posti di dirigente tecnico ‘storico dell’arte’ del ruolo tecnico dei Beni Culturali, bandito con D.A. 29 marzo 2000 e pubblicato sulla GURS n. 14 del 14.4.2000, aveva lamentato che, diversamente da quanto previsto dal bando, al momento della stipula del contratto individuale era stata inquadrata come funzionario del ruolo tecnico in categoria D, posizione economica D1, secondo la tab. A del D.P. Reg. n. 9/01; aveva inoltre precisato che il TAR aveva declinato la giurisdizione.
La Corte territoriale, dopo avere premesso che il bando di concorso costituisce un’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 cod. civ. qualora contenga tutti gli elementi costitutivi del contratto di lavoro alla costituzione del quale è preordinato, ha evidenziato che nel caso di specie prima della conclusione delle operazioni concorsuali era mutato il quadro normativo, essendo stata soppressa la posizione funzionale nella quale il vincitore avrebbe dovuto essere collocato.
Ha pertanto ritenuto che l’ente pubblico sia esonerato dal rispetto degli obblighi scaturenti dal bando di concorso tutte le volte in cui il diverso inquadramento tragga il proprio fondamento nella contrattazione collettiva nel frattempo intervenuta.
Richiamate le disposizioni di cui agli artt. 5 e 6 della legge regionale Sicilia n. 10/2000, ha osservato che il blocco delle assunzioni di personale fino al 31.12.2003 non riguardava i concorsi in itinere ed ha escluso che il legislatore regionale avesse inteso qualificare in terza fascia anche i partecipanti al concorso bandito per dirigenti ex VIII livello funzionale; ha inoltre evidenziato che il giudice di legittimità non aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 3 e 6, della legge regionale Sicilia n. 10/2000 rispetto all’art. 3 Cost., in quanto ha ritenuto razionale che ad una qualifica strategica come quella dirigenziale vengano ammessi ope legis solo coloro che abbiano effettivamente ricoperto le relative mansioni.
Ha aggiunto che la norma dell’art. 6, comma 1, se intesa quale strumento idoneo a consentire l’applicazione di qualità professionali già maturate alla nuova realtà organizzativa della dirigenza, si pone in linea con l’obiettivo di realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane e valorizzare la qualità professionale dei dipendenti, mentre si porrebbe in contrasto con esso se consentisse l’entrata nella terza fascia di personale neo assunto; ha inoltre osservato che la procedura negoziale recepita con i DD.PP. Reg. Sicilia del 22.6.2001 nn. 9 e 10 del 2001 costituisce un ostacolo insuperabile all’inquadramento previsto dal bando.
Considerato che la Pubblica Amministrazione nell’organizzare i suoi uffici è tenuta a conformare la propria azione ai principi di imparzialità, efficienza e legalità, ha ritenuto che lo ius superveniens imponesse all’Amministrazione (che nella fattispecie non aveva percorso la via alternativa della revoca o dell’annullamento della procedura concorsuale in itinere ), di adottare il provvedimento di inquadramento del vincitore del concorso vigente al momento dell’adozione dell’atto.
Avverso tale sentenza la Guida ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
La Presidenza della Regione Siciliana e l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana hanno resistito con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1321, 1326, 1336, 1418 cod. civ., del d.lgs. n. 165/2001, nonché degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto irrilevanti le vicende anteriori all’assunzione della Guida e di non avere considerato che nel caso di specie il bando di concorso, che costituisce un’offerta al pubblico, aveva riguardato 39 posti per Dirigente tecnico storic o dell’arte del ruolo dei beni culturali di cui alla Tab. A della legge regionale n. 8/99 ed aveva stabilito che ai vincitori ammessi all’impiego sarebbe stato corrisposto il trattamento economico corrispondente all’VI II livello retributivo di cui alla Tab. A del Decreto del Presidente della Regione siciliana n. 11 del 20.1.1995.
Addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che la Guida è stata assunta con profilo D1 (inferiore a quello previsto dal bando) e che in tale profilo sono stati inquadrati i funzionari regionali appartenenti al VII livello retributivo.
Evidenzia che l’art. 5, comma 3, della legge regionale n. 10/2000 aveva fatto salvi i concorsi banditi alla data della sua entrata in vigore.
Sostiene che i concorsi pubblici devono essere espletati in base alla normativa vigente alla data di emanazione del bando, evidenziando che nel vigore della norma sopravvenuta la proposta ivi contenuta era rimasta ferma e non era stata modificata in autotutela in sede di approvazione della graduatoria finale.
Lamenta la contraddittorietà della sentenza impugnata, che aveva ritenuto revocabile la procedura concorsuale.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 5 e 6 della legge regionale n. 10/2000, in correlazione al d.lgs. n. 29/93; violazione e falsa applicazione dell’art. 25 d.lgs. n. 29/93, in relazione all’art. 3 60, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per non avere considerato che l’Amministrazione era tenuta a portare a compimento i concorsi per le qualifiche dirigenziali.
Addebita alla Corte territoriale di non avere valutato che le disposizioni contenute nella legge regionale n. 10/2000 avevano espresso la chiara voluntas legis di autorizzare l’assunzione dei vincitori del concorso in qualità di appartenenti alla III fascia.
Sostiene che proprio la salvezza dei concorsi già banditi, prevista dalle suddette disposizioni, giustifica l’attribuzione della terza fascia dirigenziale.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione artt. 1175, 1326, 1337, 1362, 1366, 1374 e 1375 cod. civ.; violazione del principio del legittimo affidamento, nonché dell’art. 113 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Addebita alla sentenza impugnata di avere omesso di approfondire il profilo dell’affidamento causato dal bando e di non avere considerato la circostanza che la qualificazione dei posti messi a concorso era stata effettuata con l’emanazione del bando, che i vincitori avevano diritto all’inquadramento nella qualifica corrispondente all’VIII livello funzionale, non corrispondente alla categoria D/D1 di nuova istituzione.
Lamenta la contraddittorietà della sentenza impugnata, che ai fini del governo delle spese di lite ha valorizzato l’affidamento ingenerato dal bando, ma ha omesso di considerare tale affidamento ai fini della decisione nel merito.
Deduce che l’assunzione della Guida era avvenuta in totale spegio della lex specialis del concorso, in violazione dei canoni di correttezza, buona fede e parità di trattamento.
Aggiunge che la condotta complessiva dell’Amministrazione regionale siciliana ha violato i principi enunciati dalla Corte di Giustizia sul legittimo affidamento, violato da modifiche legislative che avevano provocato la lesione di diritti quesiti.
Reitera la richiesta avanzata nel giudizio di appello di disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per verificare se viola il principio del legittimo affidamento la mancata previsione dell’inserimento nella terza fascia diri genziale del personale assunto dopo l’entrata in vigore della legge n. 10/2000, sulla base di concorsi banditi in precedenza.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della legge regionale n. 7/71, dell’art. 118 della legge regionale n.
116/1980, della legge regionale n. 41/1985, della legge regionale n. 10/2000 e dei DD.P. Reg. Sicilia nn. 9 e 10 del 22.6.2001, in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ.
Evidenzia che all’epoca della promulgazione della legge regionale n. 10/2000 il concorso era già stato bandito, proprio per coprire posti nella ex VIII qualifica, che la stessa legge aveva collocato nella terza fascia dirigenziale, mentre la qualifica corr ispondente all’VIII livello non aveva trovato una collocazione normativa nelle nuove categorie di classificazione del personale contraddistinte dalla A alla D.
Sostiene che in base alla tabella A allegata al DPRS n. 9 del 2001, il passaggio dalle qualifiche alle categorie aveva riguardato l’inquadramento dalla I alla VII qualifica funzionale, e non l’VIII qualifica, atteso che il profilo D ‘Istruttore’ descritto nel DPRS n. 9/2000 non presenta alcuna equivalenza di mansioni o funzioni con la figura del dirigente tecnico.
Addebita alla Corte territoriale di non avere tenuto nel debito conto la circostanza che la legge regionale n. 10/2000 era intervenuta dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso.
Con il quinto motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 5, commi 3 e 6, della legge regionale n. 10/2000, dei DPRS nn. 9 e 10 del 22.6.2001, del DPRS n. 11 del 20.3.2001 pubblicati nella GURS n. 33/2001 e dell’art. 12 delle preleggi, in relazione all’art. 360, comma pri mo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente richiamato la contrattazione collettiva quale limite all’inquadramento della Guida nella III fascia dirigenziale.
Evidenzia che la riclassificazione nell’VIII livello, promesso nel bando, non risulta dalle norme pattizie richiamate dalla Corte di Appello, ed in particolare nel DPRS n. 9/2000.
Addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che l’Amministrazione aveva individuato i 39 posti di dirigente tecnico da assegnare ai vincitori del concorso pur dopo l’entrata in vigore della legge regionale n. 10/2000 e che tali posti erano stati destinati ai dirigenti di seconda o di terza fascia lasciati vacanti.
I motivi, che in ragione della loro connessione logica vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili.
Le censure relative all’ omessa valutazione di fatti decisivi sono inammissibili, in quanto la sentenza impugnata ha valutato le circostanze che il bando aveva previsto l’inquadramento dei vincitori nella qualifica corrispondente all’VIII livello funzionale , e che la Guida è stata assunta con profilo D1 (inferiore a quello previsto dal bando), nel quale sono stati inquadrati i funzionari regionali appartenenti al VII livello retributivo.
Nella restante parte, tali censure riguardano l’applicabilità e l’interpretazione di norme giuridiche, ed esulano pertanto dal paradigma di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).
Sono parimenti inammissibili le censure che denunciano la contraddittorietà della sentenza impugnata.
Infatti, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza- di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, mentre al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass.
Sez. 1 – Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Inoltre le censure, che confondo no l’obbligo dell’Amministrazione di portare a termine il concorso con il diritto della Guida all’ attribuzione della terza fascia, non colgono il decisum .
La Corte territoriale ha infatti escluso l’attribuzione della III fascia alla ricorrente in ragione dello ius superveniens intervenuto prima della conclusione del concorso e costituito dagli artt. 5 e 6 della legge regionale n. 10/2000; tali disposizioni hanno previsto che l’ordinamento della dirigenza è organizzato in un unico ruolo articolato in due fasce, in relazione al livello di professionalità e di responsabilità, stabilendo nella prima fase di applicazione della legge l’istituzione di una terza fascia in cui doveva essere inquadrato il personale con la qualifica di dirigente amministrativo e tecnico equiparato ai sensi della normativa vigente, in servizio alla data di entrata in vigore della legge.
Il giudice di appello ha ritenuto corretto l’inquadramento della Guida nel livello D1 non in quanto risultante dal DPRS n. 9/2001 (ha infatti affermato che nell’inquadramento ivi previsto erano confluite solo le fasce dalla I alla VII), ma in quanto l’inse rimento nella terza fascia dirigenziale del personale che nel precedente ordinamento rivestiva la posizione VIII apicale dirigenziale era stato previsto ex lege in via transitoria e solo per il personale già in servizio; secondo la Corte territoriale, a fronte dell’obbligo di portare a termine il concorso , l’inquadramento doveva essere effettuato in base alla normativa di natura legislativa, non solo contrattuale, vigente al momento dell’adozione dell’atto.
L a sentenza impugnata è dunque conforme all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 16730/2012 (richiamata dalla Corte territoriale, ed avente ad oggetto proprio la procedura concorsuale per cui è causa), secondo cui il diritto del candidato vincitore ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso espletato dalla PA in regime di pubblico impiego privatizzato per il reclutamento dei propri dipendenti è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione de l provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso, e secondo cui nella terza fascia del ruolo unico della dirigenza istituito
con la legge regionale Sicilia n. 10/2000 non possono essere inquadrati lavoratori assunti successivamente all’entrata in vigore della legge, essendo corretto l’inquadramento in D/1 assegnato alla dipendente a seguito dell’abolizione della qualifica per la quale era stato bandito il concorso, in ragione del carattere comunque apicale della categoria assegnata (v. anche Cass. n. 20544/2010, Cass. n. 20568/2010 e 20569/2010).
Nel ribadire tali principi, Questa Corte ha successivamente precisato che qualora l’ assetto organizzativo dell’Amministrazione sia mutato a causa dello ‘ ius superveniens ‘, l’Amministrazione ha il potere -dovere di bloccare i provvedimenti dai quali possano derivare nuove assunzioni che non corrispondano più alle oggettive necessità di incremento del personale, quali valutate prima della modifica del quadro normativo, in ba se all’art. 97 Cost. (Cass. n. 12679 del 2016; Cass. n. 24806 del 2016; Cass. n. 30238 del 2017 e Cass. n. 748 del 2018).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per la parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 5000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della