Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15039 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15039 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16292-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4681/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/01/2023 R.G.N. 697/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 23/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Inquadramento professionale
R.G.N. 16292/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 23/04/2025
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 5911/2018 pubblicata il 26.9.2018 il Tribunale di Napoli sezione Lavoro- in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME ne accertava il diritto all’inquadramento nel livello E professionale -profilo tecnico operativo- dal 2.1.2009 e successivamente per effetto del nuovo CCNL nel livello C – profilo tecnico della manutenzione rotabili- e condannava Trenitalia s.p.a. al pagamento, in favore del lavoratore, della somma di € 7.882,303 ed alle spese del grado.
Con sentenza n. 4681/2022 pubbl. il 19/01/2023 la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’appello proposto da Trenitalia e, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda del Di Fiore ritenendo non provato lo svolgimento delle mansioni del livello superiore (E e C) essendo mancata la prova della ‘ necessaria competenza professionale, l’autonomia, il controllo e coordinamento di personale, oltre che lo svolgimento delle mansioni con pienezza e responsabilità’.
Avverso tale decisione il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Ha resistito con controricorso la società intimata.
È stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., essendo stata ravvisata la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso e l’inammissibilità del secondo.
6.Il ricorrente ha proposto istanza di decisione, con memoria depositata ai sensi del medesimo art. 380 bis c.p.c. È stata, quindi, disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Entrambe la parti hanno depositato memorie
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso il Di Fiore lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. n. 3 ed, in particolare, dell’art.
2103 c.c. in relazione ai CC.CC.NN.LL delle attività ferroviarie del 16.04.2003 art 21 e ss. rinnovi per avere la Corte di Appello di Napoli errato nell’individuazione degli elementi caratterizzanti il livello rivendicato così ritenendo che le mansioni svolte dal Di Fiore non potessero essere sussunte a quelle previste dalla contrattazione collettiva per il livello di inquadramento superiore E. Deduce che gli aspetti salienti del profilo professionale rivendicato, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice del gravame, riguardano la professionalità che comporta lo svolgimento di operazioni complesse effettuate su macchinari complessi nonché la presenza di un margine di discrezionalità nello svolgimento delle stesse operazioni e che la Corte, pur avendo dichiarato che gli elementi caratterizzanti il livello rivendicato dal Di COGNOME erano il coordinamento di personale di pari livello o inferiore, la complessità delle operazioni svolte e l’autonomia e la discrezionalità delle scelte, ha rilevato esclusivamente che non vi era coordinamento o controllo di altri lavoratori di pari livello o inferiori, mentre non ha dato alcun risalto all’aspetto della professionalità e dell’autonomia operativa – atteso che il buon esito delle operazioni non era sottoposto al vaglio del superiore- che caratterizzano il livello rivendicato e che ben sono emerse in giudizio. In tal modo, la Corte territoriale ha alterato il procedimento logico giuridico trifasico come individuato dalla Suprema Corte che comporta l’individuazione delle mansioni effettivamente svolte, le caratteristiche tipiche del livello posseduto e di quello rivendicato e il loro raffronto.
Con il secondo motivo di ricorso il Di COGNOME lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c. per non avere la Corte territoriale tenuto conto di quanto emerso dall’istruttoria esperita in primo grado, atteso che, pur dichiarando di aver considerato le risultanze della prova testimoniale, ne evidenzia solo alcuni aspetti, tralasciandone altri.
Il primo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento, poiché i giudici di merito sono pervenuti alla decisione oggetto del giudizio di legittimità
uniformandosi al consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, alla stregua del quale il procedimento logico-giuridico che determina il corretto inquadramento di un lavoratore subordinato si compone di tre fasi, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra i risultati di tali due indagini. L’osservanza di tale criterio cd. “trifasico”, non richiede, peraltro, che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne le conclusioni (cfr., ex plurimis, Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 30580 del 22/11/2019, Rv. 655877 – 01, e già Cass. Sez. L, Ordinanza n. 9414 del 2018; Cass. Sez. L, Sentenza n. 18943 del 27/09/2016, Rv. 641208 – 01).
3.1. La Corte di merito ha individuato, con corretta applicazione dei criteri ermeneutici legali, la portata della disciplina collettiva sugli elementi tipizzanti sia il livello di inquadramento (F e D1) che quello rivendicato (E e poi C) in maniera del tutto aderente al loro contenuto testuale, quale viene riportato nel motivo di ricorso, ed ha individuato l’elemento caratterizzante la mansione superiore rivendicata nella ‘ autonomia operativa perché il lavoratore inquadrato nel livello inferiore svolge la sua attività nell’ambito di “metodi e procedure predefiniti’ mentre il lavoratore inquadrato nel livello superiore, ‘nell’ambito di procedure e istruzioni ricevute’ anche con margini di discrezionalità; ‘il coordinamento dei processi e delle attività di personale di livello pari o inferiore’ che nel livello superiore richiede oltre al coordinamento ‘… il controllo delle attività di personale di livello pari o inferiore’ nonché il possesso di ‘competenze qualificate, tecniche, specialistiche, commerciali e/o gestionali, di protezione aziendale» . La Corte ha, poi, analizzato le prove testimoniali raccolte, accertando la natura delle attività lavorative svolte dal dipendente alla luce delle mansioni affidate e, sulla base del raffronto tra le mansioni concretamente svolte e quelle descritte dal contratto collettivo, ha
ritenuto non provato lo svolgimento delle mansioni del livello superiore (E e C) essendo mancata la prova della ‘ necessaria competenza professionale, l’autonomia, il controllo e coordinamento di personale, oltre che lo svolgimento delle mansioni con pienezza e responsabilità’. Ha, infatti, evidenziato che dalle prove testimoniali raccolte non era emerso ‘ che il Di COGNOME coordinasse o controllasse altri lavoratori di pari livello o inferiori (cfr. testi COGNOME Francesco, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME; l’appellato lavorava in una squadra che era diretta da un capo tecnico; fra il capo tecnico e COGNOME ‘vi erano diverse figure intermedie’: il coordinatore della manutenzione, il capo tecnico in turno ed il primo tecnico della squadra’ ed anzi era ‘emerso che spettasse al capo tecnico coordinare le operazioni dei manutentori per ambito di competenza (elettrico, meccanico e gli operatori dei sistemi informatici) ed è stato provato che COGNOME svolgeva attività standardizzate: attraverso il computer in sua dotazione scaricava i dati diagnostici sul funzionamento del treno, effettuava i test, quindi, in caso di criticità avvertiva il capo tecnico che emetteva l’ordine di lavoro per la ditta esterna ed all’esito dell’intervento della ditta esterna rinnovava il test riavvertendo il capo tecnico in caso di ulteriore criticità. Non è quindi emersa alcuna ‘discrezionalità’ operativa nello svolgimento della mansione ma l’attività veniva svolta nel pieno rispetto di ‘metodi e procedure predefinite’ in coerenza con le professionalità previste nel livello di inquadramento (F e D1)’
3.2. L’indagine della Corte di merito e la sua valutazione all’esito del procedimento trifasico non si è, dunque, limitata al dato del coordinamento o controllo di altro personale ma ha toccato tutti i requisiti che, secondo le previsioni contrattuali, caratterizzano le superiori mansioni ossia la specifica competenza, la ‘autonomia’ e la ‘discrezionalità’. Si tratta di accertamento che non incorre nei vizi di interpretazione denunciati essendo del tutto coerente con il tenore testuale della disposizione collettiva. Ne deriva che le censure svolte si rivelano portatrici esclusivamente di una propria, diversa lettura delle risultanze processuali, congruamente e correttamente apprezzate in sede di merito.
4. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, poiché con esso non si lamenta l’omesso esame di uno specifico fatto storico, come prescritto la fine della valida deduzione del vizio ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., ma si contesta l’apprezzamento complessivo dell’istruttoria, senza confrontarsi con il principio generale per cui la valutazione delle prove appartiene al giudice di merito. L’omesso esame denunziabile in sede di legittimità, infatti, deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, ‘… dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo’ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174; cfr. anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2805 del 05/02/2011, Rv. 616733). Non sono quindi ‘fatti’ nel senso indicato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, ed infine neppure le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio’.
4.1. Il ricorrente, peraltro, propone una lettura alternativa di alcuni elementi istruttori, senza tener conto che ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente
disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Per i motivi esposti il ricorso deve essere rigettato in sostanziale corrispondenza al provvedimento di proposta di definizione anticipata. Al rigetto del ricorso consegue il regolamento, secondo soccombenza, delle spese di lite.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta la condanna del ricorrente a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c. Vale, infatti, rammentare che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, codificando un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, il ricorrente va condannato, nei confronti della controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 1.000 oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 1.000 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente COGNOME al pagamento, in favore della controricorrente Trenitalia s.p.a. delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge. Condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di 1.000 euro in favore della controricorrente e al pagamento dell’ulteriore somma di 1.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Quarta Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 23 aprile 2025.
LA PRESIDENTE
NOME COGNOME