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Inquadramento personale ATA: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso del Ministero dell’Istruzione confermando il diritto di un dipendente, trasferito dal personale di un ente locale a quello statale (personale ATA), a un inquadramento superiore. La Suprema Corte ha stabilito che, in assenza di un profilo professionale esattamente corrispondente, la classificazione deve basarsi sulle mansioni concretamente svolte e non sulle mere tabelle di equiparazione, al fine di evitare un peggioramento della posizione lavorativa del dipendente. In questo caso, le mansioni di autonomia e coordinamento giustificavano l’inquadramento nell’area C anziché nell’area B.

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Pubblicato il 16 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Inquadramento personale ATA: la Cassazione decide per la prevalenza delle mansioni

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per il pubblico impiego: l’inquadramento personale ATA a seguito di trasferimento da un ente locale all’amministrazione statale. La Corte ha stabilito che, per garantire la corretta classificazione professionale, non basta affidarsi alle tabelle di equiparazione, ma è necessario un esame concreto delle mansioni svolte, specialmente quando manca un profilo professionale perfettamente sovrapponibile. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

I fatti del caso

La controversia nasce dalla vicenda di un dipendente che, prima del trasferimento nei ruoli dello Stato, lavorava presso una Provincia con la qualifica di ‘istruttore ufficiale amministrativo’ (VI qualifica funzionale). Con il passaggio al comparto scuola come personale ATA, l’Amministrazione lo aveva inquadrato nel profilo di ‘assistente amministrativo’ (area B).

Il lavoratore, ritenendo questo inquadramento riduttivo rispetto alle sue precedenti responsabilità, ha avviato un’azione legale. Sosteneva che le sue mansioni nell’ente di provenienza non erano meramente esecutive, ma implicavano autonomia, coordinamento e responsabilità, equiparabili al profilo superiore di ‘responsabile amministrativo’ e, successivamente, di ‘coordinatore amministrativo’ (area C). Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello gli avevano dato ragione, riconoscendo il suo diritto a un inquadramento superiore con le relative differenze retributive fin dal 1° gennaio 2000.

Il corretto inquadramento personale ATA secondo la Corte

Il Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’inquadramento era stato eseguito correttamente sulla base delle tabelle di equiparazione previste dai decreti ministeriali e dagli accordi sindacali. Secondo l’Amministrazione, il profilo di provenienza del lavoratore confluiva naturalmente in quello di ‘assistente amministrativo’.

La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione è l’interpretazione dell’art. 8 della legge n. 124/1999, che regola il trasferimento del personale ATA dagli enti locali allo Stato. Questa norma, secondo i giudici, impone un criterio di ‘corrispondenza’ che non è solo formale ma anche sostanziale.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha articolato il suo ragionamento su alcuni pilastri fondamentali. In primo luogo, ha chiarito che l’obiettivo primario della normativa sul trasferimento è impedire che i lavoratori subiscano un peggioramento della loro condizione professionale ed economica per il solo fatto del passaggio a un’altra amministrazione. Questo principio, derivato anche dal diritto europeo (Direttiva 77/187/CEE), si applica sia alla retribuzione sia alle qualifiche funzionali.

In secondo luogo, la Cassazione ha precisato che le tabelle di corrispondenza, pur essendo uno strumento importante, non sono l’unico criterio. Occorre ‘tener conto’ di esse, ma la valutazione deve essere verificata in concreto per rispettare il principio di equivalenza. Ciò diventa cruciale quando, come nel caso di specie, la qualifica di provenienza non ha un esatto e pacifico corrispondente nei ruoli dello Stato.

In questa situazione, è dovere dell’Amministrazione ricercare nella griglia dei profili statali quello che ‘maggiormente si attagli’ alla posizione di provenienza, analizzando le mansioni effettivamente svolte. Nel caso esaminato, era emerso che il lavoratore svolgeva compiti di autonomia operativa, organizzazione, coordinamento e aveva persino sostituito il responsabile amministrativo (figura corrispondente al DSGA), mansioni palesemente superiori a quelle di un assistente amministrativo di area B.

Conclusioni e implicazioni pratiche

La decisione della Cassazione rafforza un principio di giustizia sostanziale nell’ambito dei trasferimenti nel pubblico impiego. L’inquadramento personale ATA non può essere un mero esercizio burocratico basato sull’applicazione automatica di tabelle, ma deve riflettere la professionalità reale acquisita e le mansioni concretamente esercitate dal dipendente. Questa sentenza rappresenta una tutela importante per i lavoratori, assicurando che i processi di mobilità tra amministrazioni non si traducano in un ingiustificato declassamento professionale. Per le amministrazioni, essa costituisce un monito a effettuare valutazioni più attente e personalizzate nei casi in cui le corrispondenze tra profili non siano immediate, privilegiando la sostanza sulla forma.

Nel passaggio del personale ATA dagli enti locali allo Stato, l’inquadramento deve seguire solo le tabelle di equiparazione?
No, l’inquadramento non deve seguire ciecamente le tabelle. La legge impone un criterio di corrispondenza sostanziale per evitare un peggioramento della posizione del lavoratore. Se la qualifica di provenienza non ha un esatto corrispondente, è necessario valutare concretamente le mansioni svolte.

Un dipendente può ottenere un inquadramento superiore basandosi sulle mansioni effettivamente svolte presso l’ente di provenienza?
Sì. La Corte ha stabilito che se le mansioni svolte nell’ente di provenienza (come autonomia, coordinamento e sostituzione di figure superiori) non trovano corrispondenza nel profilo inferiore assegnato, il lavoratore ha diritto a un inquadramento nel profilo superiore che rispecchia tali mansioni.

Cosa succede se il profilo professionale di un lavoratore trasferito non esiste nei ruoli dello Stato?
L’amministrazione deve ricercare, nella griglia delle qualifiche statali, quella che maggiormente si adatta alla posizione di provenienza, tenendo conto delle mansioni corrispondenti. Lo scopo è garantire la continuità professionale ed evitare un peggioramento lavorativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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