Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7593 Anno 2019
Civile Ord. Sez. L Num. 7593 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 18/03/2019
ORDINANZA
sul ricorso 27338-2014 proposto da: MINISTERO COGNOMEUNIVERSITA’ GLYPH E. ISTRUZIONE GLYPH RICERCA GLYPH C. 80185250588, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; da tempore , presso
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME; 2018 4457 in ROMA , studio
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 447/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 08/05/2014 R.G.N. 629/2013. APPELLO
RITENUTO
1. Che la Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 447 del 2014, GLYPH appello proposto rigettava l’ GLYPH GLYPH al GLYPH ll’Istruzione, GLYPH ero de d Minist GLYPH dell’Università e della Ricerca (MIUR) nei confronti di COGNOME Giuseppe, transitato quale appartenente al personale ATA, dalla Provincia allo Stato, avverso la sentenza del Tribunale di Lanciano che aveva riconosciuto al lavoratore il diritto ad essere inquadrato nell’ex profilo professionale responsabile amministrativo, corrispondente ora al profilo professionale di coordinatore amministrativo-area C, con decorrenza gennaio 2000, oltre 10 alle differenze retributive dalla medesima decorrenza, sul presupposto che, essendo inquadrato il De Luca presso la Provincia nella VI qualifica professionale come istruttore ufficiale amministrativo, essendo GLYPH e non prevista tale figura nei ruoli dello Stato, bensì una figura intermedia t quella DSGA (area D) e quella di assistente amministravo (area le a B), va dire la figura del responsabile amministrativo (area C), era in quest’ultima categoria (sostituita dal CCNL del 16 maggio 2003 dalla figura di coordinatore amministrativo, area C), che doveva essere inquadrato il ricorrente nel momento del passaggio, non ritenendo corretto l’inquadramento attribuitogli di assistente amministrativo, e cioè nell stessa qualifica in cui erano confluiti tutti i dipendenti degli enti appartenenti alla IV qualifica funzionale. ex
2. La Corte d’Appello ha richiamato a fondamento della decisione la sentenza di questa Corte n. 7321 del 2013.
3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il MIUR prospettando un unico motivo di ricorso.
4. Resiste con controricorso il lavoratore.
CONSIDERATO
1. Che con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 124 del 1999, dell’art. 1, comm 218, della legge n. 266 del 2005, e del D.M. n. 184 del 1999, nonché del D.M. 5 aprile 2011, e relative tabelle allegate, in relazione all’ 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che il lavoratore al momento del passaggio (avvenuto il 10 gennaio 2009) “era inquadrato nel profilo
professionale di istruttore ufficiale amministrativo VI qualifi funzionale, cat.+LED”, ragione per la quale non poteva che essere inquadrato nella qualifica di assistente amministrativo.
Ai fini della valutazione circa la legittimità dell’inquadrament non potevano assumere rilievo le mansioni svolte dal ricorrente presso lo Stato successivamente al transito nei ruoli della scuola e quindi successivamente all’inquadramento.
L’inquadramento disposto era corretto con riguardo alle tabelle di equiparazione, atteso che nella qualifica di assistent amministrativo confluivano i lavoratori dell’Ente locale in possesso delle qualifiche e profili professionali della categoria C.
Peraltro, il CCNL del 2009, Comparto Scuola prevedeva GLYPH esclusivamente le qualifiche di assistente amministrativo e di responsabile amministrativo, essendo stata la diversa qualifica di coordinatore amministrativo, istituita con l’Accordo del 2002.
2. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato, secondo i principi già affermati da questa Corte con la sentenza n.7321 del 2013, che si è pronunciata su analoga fattispecie.
2.1. Non coglie la ratio decidendi della sentenza di appello la censura di erronea applicazione del principio dell’equivalenza formale delle mansioni nel pubblico impiego.
2.2. E’ vero, infatti, che in materia di pubblico impiego, come più volte affermato da questa Corte (Cass., sez. lav., 30 dicembre 2009, n. 27887), il dipendente pubblico assegnato, ai sensi dell’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, allo svolgimento di mansioni corrispondenti ad una qualifica superiore rispetto a quella posseduta ha diritto, anche in relazione a tali compiti, ad una retribuzio proporzionata e sufficiente secondo le previsioni dell’art. 36 Cost., condizione che dette mansioni siano state svolte, sotto il profil quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed ass le responsabilità correlate ad esse. Ma non è configurabile un diritto
del dipendente a pretendere che il datore di lavoro gli conferisca la qualifica superiore.
Si è parimenti affermato (Cass., sez. lav., 11 maggio 2010, n. 11405) che l’art. 52, comma 1, cit., nel sancire il diritto adibizione alle mansioni per le quali il dipendente è stato assunto o ad altre equivalenti, ha recepito un concetto di equivalenza “formale”, ancorato alle previsioni della contrattazione colletti (indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal giudice, con la conseguenza che condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita.
2.3. Tuttavia, nella specie il diritto dell’originaria ricorrente superiore qualifica è stato affermato dalla Corte d’appello non già in applicazione dell’art. 52 cit. (ciò che non avrebbe potuto fare secondo il principio richiamato ed invocato dall’Avvocatura di Stato nel motivo di ricorso), ma in ragione della speciale disciplina di settore d passaggio del personale ATA (amministrativo, tecnico, ausiliario) dagli enti locali all’Amministrazione dello Stato.
2.4. Come già affermato nella citata sentenza Cass. n. 7321 del 2013, occorre, quindi, considerare tale disciplina di settore che consiste essenzialmente nell’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, che ha regolamentato il trasferimento di personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato, il cui secondo comma è stato oggetto di interpretazione autentica ad opera del comma 218 dell’art. 1, legge 23 dicembre 2005, n. 266.
2.5. Rilevano, inoltre, Decreto interministeriale 23 luglio GLYPH il 1999, n. 184, e il D.M. 5 aprile 2001, di recepimento dell’accordo ARAN – Rappresentanti delle organizzazioni e confederazioni sindacali in data 20 luglio 2000, sui criteri di inquadramento del personale già dipendente degli enti locali e transitato nel comparto scuola.
2.6. L’art. 8 cit. pone la prescrizione di carattere general dettando il criterio della corrispondenza (o equivalenza) tra l posizione del dipendente nell’ente di provenienza e quella di destinazione nei ruoli del personale dell’Amministrazione dello Stato. Prescrive infatti che il personale ATA di ruolo, dipendente dagli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di in vigore della legge n. 124 del 1999, è trasferito nei ruoli personale ATA statale ed è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compit propri dei predetti profili. Alla garanzia della corrispondenza equivalenza) delle mansioni si accompagna una corrispondente e parallela garanzia a livello retributivo in ordine alla quale ques Corte (Cass., sez. lav., 12 ottobre 2011, n. 20980), in sintonia con l giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (sentenza 6 settembre 2011, C-108-10), ha affermato, in riferimento all’art. 8, comma 2, legge n. 124 del 1999 cit., che il legislatore deve “impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in u posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento” (direttiva 77/187/CEE) sicché, all’atto del trasferimento, non può verificarsi un peggioramento della condizione retributiva globalmente attribuita al lavoratore rispetto a quella goduta immediatamente prima del trasferimento stesso. Analogamente non è possibile che vi sia un peggioramento “nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali” . Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.7. La corrispondenza tra qualifiche funzionali e profil professionali di provenienza e quelli di destinazione costituisce oggetto della più dettagliata disciplina regolamentare dettata dal Decreto Interministeriale 23 luglio 1999, n. 184, e dal D.M. 5 aprile 2001, di recepimento dell’accordo ARAN – Rappresentanti delle organizzazioni e confederazioni sindacali in data 20 luglio 2000, sui criteri di inquadramento del personale già dipendente degli enti locali e transitato nel comparto scuola.
Il citato Decreto Interministeriale ha demandato ad un successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, previa contrattazione collettiva, la definizione dei criteri di inquadrament nell’ambito del Comparto Scuola, finalizzati all’allineamento degli istituti retributivi del personale in questione a quelli del compa medesimo, con riferimento alla retribuzione stipendiale, ai trattamenti accessori e al riconoscimento ai fini giuridici ed economici, nonché dell’incidenza sulle rispettive gestioni previdenziali, dell’anzian maturata presso gli Enti.
2.8. E’ quindi intervenuto l’accordo RAGIONE_SOCIALE – Rappresentanti delle organizzazioni e confederazioni sindacali in data 20 luglio 2000, sui criteri di inquadramento del personale già dipendente degli enti locali e transitato nel comparto scuola, al quale ha fatto seguito il D.M. 5 aprile 2001.
In particolare l’art. 3 di tale ultimo decreto ha previ l’inquadramento professionale e retributivo prescrivendo in particolare che l’inquadramento definitivo, nei profili professionali della scuol sarebbe dovuto avvenite “tenendo conto” della tabella A di equiparazione allegata.
In questa tabella al profilo professionale di istrutto amministrativo contabile categoria C3 CCNL enti locali corrisponde un inquadramento in area B CCNL scuola come assistente amministrativo.
Questa corrispondenza tabellare, fissata con accordo sindacale e recepita nel citato decreto ministeriale, della quale occorre “tene conto”, va poi verificata in concreto perché sia rispettato il crit dell’equivalenza posto dall’art. 8 cit.; disposizione questa che infa considera anche l’ipotesi in cui tale equivalenza (quella tabellare) non risulti allorché la qualifica e il profilo di provenienza non tro corrispondenza nei ruoli del personale ATA statale.
In tale evenienza è innanzi tutto consentita l’opzione per l’ente di appartenenza, da esercitare comunque entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 124/1999.
Ma in mancanza di tale opzione, ovvero quando questa opzione non sia più esercitabile, occorre comunque che ci sia una corrispondenza in concreto tra la posizione lavorativa di provenienza e quella di destinazione dovendo escludersi che dal trasferimento il dipendente possa conseguire un peggioramento della sua posizione lavorativa. Il difetto di corrispondenza tabellare è quindi un’evenienz possibile e, ove non venga esercitata l’opzione suddetta, occorre ricercare nella griglia delle qualifiche e dei profili del personale sta della scuola quella qualifica e quel profilo che maggiormente si attagli alla posizione di provenienza tenendo conto delle mansioni ad esse corrispondenti.
2.9. Nella specie, la difficoltà di inquadrare gli istruttor GLYPH amministrativi contabili nella categoria B del personale della scuola ha trovato indiretto riscontro in un successivo accordo sindacale dell’8 marzo 2002, con cui veniva istituita la figura del coordinatore amministrativo; accordo questo che però non ha avuto più seguito.
3. Ciò posto, può dirsi corretta la ratio decidendi della Corte d’appello che ha affermato che la qualifica di istruttore-uffici amministrativo, VI q.f., ricoperta dal De Luca nell’Ente d provenienza, comportando autonomia operativa e funzioni di organizzazione e coordinamento anche mediante l’emanazione di prescrizioni dettagliate del lavoro di appartenenti a livelli infer non trovando corrispondenza nelle qualifiche previste per il comparto scuola statale, non poteva traslare nella qualifica di assistent amministrativo, nella quale erano stati posti i dipendenti provenienti dalla Provincia che avevano la quarta qualifica funzionale, avendo solo mansioni esecutive.
Le mansioni svolte dal lavoratore originario ricorrente, rientranti nella categoria C del personale degli enti locali, non corrispondevano,
quindi alla categoria B del personale della scuola dell’amministrazione statale. In particolare, Corte territoriale ha rilevato l GLYPH la GLYPH che i lavoratore aveva sostituito (prima del transito) la figu corrispondente al DSGA e era risultato che aveva redatto e formato atti amministrativi da lui sottoscritti e aveva partecipato alla giu esecutiva in sostituzione del responsabile amministrativo.
Questa ricognizione di tali elementi di fatto appartiene all valutazione di merito della Corte d’appello, non censurabile in sede di legittimità perché sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria; non senza considerare che l’Amministrazione, attualmente ricorrente, non ha sostanzialmente contestato questi dati di fatto.
4. Il ricorso va quindi rigettato.
5. Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
6. Come già affermato da questa Corte (Cass., n. 1778 del 2016), l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, de d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1 della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contri unificato, non può trovare applicazione nei confronti dell Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge.