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Inquadramento mobilità volontaria: la decisione

Un ex dipendente statale, trasferito presso un ente pubblico non economico, ha contestato il suo inquadramento professionale, ritenendolo inferiore a quello spettante. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che nell’ambito della mobilità volontaria, l’accettazione di uno specifico posto vacante implica l’accettazione del relativo inquadramento. Pertanto, il lavoratore non può pretendere una classificazione superiore se questa non corrisponde a una posizione disponibile al momento del trasferimento. La sentenza sottolinea come l’inquadramento nella mobilità volontaria sia strettamente legato ai posti effettivamente vacanti e offerti dall’amministrazione di destinazione.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Inquadramento nella Mobilità Volontaria: la Cassazione fissa i paletti

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 5086 del 2024, offre chiarimenti fondamentali sul tema dell’inquadramento nella mobilità volontaria nel pubblico impiego. La vicenda analizzata riguarda un dipendente che, dopo un complesso percorso lavorativo che lo ha visto transitare da un’azienda di stato a un ente pubblico non economico, ha contestato la classificazione professionale ricevuta. La Suprema Corte ha delineato con precisione i diritti e i limiti del lavoratore che accetta un trasferimento, stabilendo che non si può pretendere un inquadramento in una posizione non disponibile.

I Fatti del Caso

Il protagonista della vicenda è un ex dipendente di un’azienda statale di servizi telefonici con la qualifica di revisore tecnico (VI categoria). A seguito di processi di privatizzazione e riorganizzazione, e dopo aver esercitato l’opzione per rimanere nel pubblico impiego, è stato trasferito presso un importante ente pubblico non economico. Al momento del trasferimento, gli è stata assegnata la posizione economica B2 del CCNL Enti Pubblici Non Economici.

Ritenendo tale classificazione inadeguata e lesiva della sua professionalità, il lavoratore ha citato in giudizio l’ente, chiedendo il riconoscimento di un inquadramento superiore (area C, posizione C5 o inferiori), il pagamento delle differenze retributive e il risarcimento dei danni per demansionamento e per il ritardo nelle procedure di mobilità. Sia il Tribunale che la Corte di Appello hanno respinto le sue richieste, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia è la netta distinzione tra la mobilità d’ufficio e quella volontaria. Nel caso di specie, il dipendente aveva scelto volontariamente di transitare in un’altra amministrazione pubblica, accettando una specifica posizione che l’ente di destinazione aveva reso disponibile.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati, applicandoli alla specifica e complessa normativa che ha regolato il passaggio del personale delle ex aziende statali.

Limiti dell’inquadramento nella mobilità volontaria

Il cuore della motivazione risiede in un principio cardine del pubblico impiego: la mobilità volontaria avviene nei limiti dei posti vacanti. Il dipendente che accoglie la proposta di trasferimento per una determinata posizione (nel caso specifico, una posizione B2), accetta implicitamente anche l’inquadramento e il trattamento economico ad essa collegati. Non è possibile, secondo la Corte, scindere i due momenti: accettare il trasferimento ma contestare la classificazione.

I giudici hanno affermato che consentire una simile pretesa altererebbe il bilanciamento di interessi voluto dal legislatore. La mobilità è uno strumento pensato anche per garantire efficienza, buon andamento e contenimento della spesa pubblica. Permettere a un dipendente di ottenere un inquadramento in una posizione superiore, non vacante e non prevista dall’ente di destinazione, violerebbe questi principi.

Accettazione del posto e conseguenze

La Corte ha sottolineato che, una volta riavviata la procedura di mobilità (a seguito di una precedente sentenza del Consiglio di Stato), il posto vacante presso l’ente di destinazione era quello relativo alla posizione B2. Il ricorrente lo ha espressamente accettato. Questo atto di accettazione, secondo la Cassazione, preclude la possibilità di contestare successivamente l’inquadramento, poiché la corrispondenza tra il vecchio e il nuovo profilo professionale è stata valutata e accettata dalle parti al momento del passaggio.

Infondatezza delle altre pretese

La Corte ha respinto anche le altre doglianze del ricorrente:
Violazione del giudicato: La precedente sentenza del Consiglio di Stato aveva riconosciuto il diritto del lavoratore al completamento della procedura di mobilità, non un diritto alla ricostruzione della carriera o a un determinato inquadramento.
Risarcimento del danno: La richiesta di risarcimento per la mancata progressione economica è stata ritenuta inammissibile perché basata su una valorizzazione del fatto notorio e del ragionamento presuntivo che spetta esclusivamente al giudice di merito.
Mancato riconoscimento dell’anzianità: La censura è stata giudicata inammissibile per difetto di specificità, non avendo il ricorrente dimostrato di aver riproposto la domanda in appello in modo adeguato.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 5086/2024 rafforza un principio fondamentale per chi opera nella Pubblica Amministrazione: l’inquadramento nella mobilità volontaria non è un diritto incondizionato, ma è strettamente vincolato alla disponibilità di posti nell’ente di destinazione. Il dipendente che sceglie di trasferirsi deve essere consapevole che la sua opzione è circoscritta alle posizioni concretamente offerte. L’accettazione del trasferimento equivale all’accettazione del pacchetto completo: sede, mansioni e inquadramento. Questa decisione fornisce certezza giuridica alle amministrazioni e chiarisce ai lavoratori i contorni dei loro diritti, evitando che le procedure di mobilità si trasformino in contenziosi volti a ottenere inquadramenti non previsti dalla programmazione del personale dell’ente ricevente.

Un dipendente in mobilità volontaria può pretendere un inquadramento superiore a quello del posto vacante per cui si è trasferito?
No. La Corte ha stabilito che chi accetta di trasferirsi in una specifica posizione vacante accetta anche l’inquadramento professionale ed economico ad essa associato. Non può successivamente contestarlo per ottenere un livello superiore non disponibile al momento del trasferimento.

Cosa succede se l’amministrazione ritarda le procedure di mobilità?
Il dipendente ha diritto al corretto e completo espletamento della procedura. Tuttavia, come chiarito in passato dal Consiglio di Stato, questo non si traduce in un diritto soggettivo perfetto alla permanenza nel pubblico impiego se non esistono posti vacanti corrispondenti al proprio profilo professionale.

Il divieto di peggioramento retributivo (reformatio in peius) si applica a singole voci come i premi?
No, il principio del divieto di reformatio in peius riguarda il trattamento retributivo complessivo. Per invocarlo, il dipendente deve dimostrare che la sua retribuzione totale nel nuovo ente è inferiore a quella percepita in precedenza. Nel caso specifico, questa prova non è stata fornita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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