Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16949 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16949 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7944-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE AGENTE DELLA RAGIONE_SOCIALE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 1004/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/12/2020 R.G.N. 795/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa:
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 7944/2021
Ud. 22/05/2025 CC
NOME COGNOME proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Agrigento, in funzione di giudice del lavoro, e conveniva in giudizio la datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE Assumeva la ricorrente di essere dipendente della società dal 2001 e di essere inquadrata nella terza area professionale al terzo livello, di avere esercitato mansioni legali tipiche del quarto livello, livello che però le era stato riconosciuto solo dal 2011; la ricorrente deduceva l’illegittimità della revoca della promozione dal terzo al quarto livello della terza area professionale disposta nei suoi confronti dall’amministratore della società nel 2016; la ricorrente rivendicava l’attribuzione a partire dal mese di aprile 2012 della qualifica di quadro di quarto livello o in subordine di quadro di primo livello in applicazione della clausola di salvaguardia dettata dall’accordo sindacale del 28/09/2010 e tanto per essergli state riconosciute ed avere esercitato le funzioni di assistenza tecnica innanzi alle commissioni tributarie della Sicilia in forza di procura generale alle liti conferitale dalla società. La ricorrente chiedeva la condanna della società al pagamento delle differenze retributive. La società RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Agrigento assumeva che la società resistente avesse natura pubblica e rigettava la domanda.
NOME COGNOME proponeva appello sostenendo la natura privata della società datrice di lavoro. La società RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. Con la sentenza n. 1004/2020 depositata in data 28/12/2020 la Corte di Appello di Palermo, sezione lavoro, accogliendo parzialmente l’appello dichiarava illegittima la revoca dell’inquadramento della ricorrente nel livello quarto della terza area professionale, dichiarava che la medesima ricorrente aveva diritto a ll’inquadramento nella categoria di
quadro di primo livello del CCNL dei dipendenti delle imprese concessionarie del servizio di riscossione a decorrere dal dicembre 2012 e per l’effetto condannava la Riscossione Sicilia s.p.a. al pagamento delle differenze retributive, rigettava nel resto.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE articolando quattro motivi. NOME COGNOME si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La parte ricorrente e la parte controricorrente hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 22 maggio 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la violazione per falsa interpretazione e applicazione dell’art. 18 d.l. 112/2008 in relazione agli artt. 2, 6 e 7 del verbale di accordo sindacale del 28/09/2010 e all’art. 36 contratto integrativo aziendale del 28/08/2008 collegati al CCNL per i quadri direttivi e il personale delle aree professionali (dalla 1° alla 3°) dipendenti da RAGIONE_SOCIALE e società partecipate del 09/04/2008. Secondo la parte ricorrente la Corte di Appello avrebbe errato nel negare a RAGIONE_SOCIALE l’applicabilità del regime vincolistico pubblicistico imposto dall’art. 18 d.l. 112/2008 con conseguente applicabilità dell’art. 18 d.l. 112/2008 in relazione agli artt. 2, 6 e 7 del verbale di accord o sindacale del 28/09/2010 e all’art. 36 contratto integrativo aziendale del 28/08/2008 collegati al CCNL. Secondo la parte ricorrente il nuovo inquadramento della ricorrente nella terza area professionale quarto livello equivaleva ad un
reclutamento, alla attribuzione di un nuovo incarico professionale di assistente tecnico tributario (trattandosi di nuovo profilo professionale disciplinato nel verbale di accordo del 28/09/2010), sicchè il verbale di accordo sindacale e il contratto integrativo aziendale sarebbero nulli per contrasto con la norma primaria e inapplicabili. Dovendosi riconoscere la natura di ente pubblico economico della Riscossione Sicilia s.p.a., la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 18 d.l. 112/2008 nel non dichiarare la nullità degli artt. 2, 6 e 7 del verbale di accordo sindacale del 28/09/2010 per contrasto con la norma primaria e tanto perché difettava una procedura terza e imparziale di reclutamento pubblico. Di qui l’errore della Corte territoriale che ha ritenuto illegittima la revoca dell’inquadramento concesso nel 2012 al quarto livello della terza area professionale.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Esso prende le mosse da un presupposto errato e cioè che la RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE abbia natura di ente pubblico sottoposto al medesimo regime delle pubbliche amministrazioni in materia di assunzioni e progressioni di carriera.
1.2. La giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’attribuire alle società di riscossione la natura di enti pubblici economici: «le società esercenti il servizio di riscossione dei tributi, ancorché aventi la forma privatistica della società per azioni, hanno natura giuridica sostanzialmente pubblica, essendo riconducibili alla categoria (sostanziale) degli enti pubblici economici in ragione delle finalità perseguite e della loro soggezione ad un peculiare e variegato regime, con la conseguenza che a tali società non è applicabile l’art. 14, comma 1, del d.l. n. 669 del 1996, atteso che il termine dilatorio ivi regolato – suscettibile di innescare l’opposizione all’esecuzione
nelle forme dell’opposizione a precetto – si applica solo alle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici, nonché, a seguito della modifica apportata al citato art. 14 dall’art. 19 octies, comma 3, d.l. n. 148 del 2017, convertito dalla l. n. 172 del 2017, all’ente Agenzia delle entrateRiscossione (qualificato espressamente ente pubblico economico ex art. 1 d.l. n. 193 del 2016, conv. dalla l. n. 225 del 2016, e art. 1 d.P.C.M. 5 giugno 2017), non potendo pertanto il riferimento della norma agli enti pubblici non economici includere anche gli enti pubblici economici, per i quali la legge ha mostrato essere necessaria una specifica addizione precettiva» (Cass. 07/06/2018, n. 14739).
1.3. Va, allora, considerato che il rapporto di lavoro che intercorre con l’ente pubblico economico ha natura privatistica ed allo stesso si applica, in difetto di specifiche disposizioni di legge derogatorie, la disciplina dettata dal codice civile e dalle leggi sul rapporto subordinato di lavoro alle dipendenze delle imprese private. L’assegnazione a mansioni superiori è, quindi, disciplinata dall’art. 2103 c.c. e non dall’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 (Cass. 20/06/2023, n. 17631). Nella medesima prospettiva assume rilievo il disposto dell’art. 1, comma 3, d.lgs. 19/08/2016, n. 175 recante Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica che recita: «per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato».
1.4. Assume, infine, rilievo il principio affermato da questa Corte ed al quale il Collegio intende dare continuità secondo il quale: il rapporto di lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico non è disciplinato dal d.lgs. n. 165 del 2001,
bensì, in assenza di una disciplina derogatoria speciale, dalle norme del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro alle dipendenze di privati; ne consegue che l’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif, dalla l. n. 133 del 2008, e la legislazione della Regione Sicilia che fa divieto alle società a partecipazione totale o maggioritaria della Regione di procedere all’assunzione di nuovo personale, imponendo il contenimento della spesa per il personale, non comportano una deroga all’applicazione, quanto alla disciplina delle mansioni, dell’art. 2103 c.c. (Cass. 01/12/2022, n. 35421 del 01/12/2022).
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del contratto integrativo aziendale del 28/08/2008 e degli artt. 82 e 93 CCNL per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali (dalla prima alla terza) dipendenti di RAGIONE_SOCIALE e società partecipate del 09/04/2008 con riferimento agli artt. 1, 2 e 6 del verbale di accordo sindacale del 28/09/2010 in relazione agli artt. 1362, secondo comma, 1363, 1366 e 1369 c.c.. Secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere che «risultano integrati i presupposti per il riconoscimento della categoria di quadro direttivo di primo livello a partire dal 17/12/2012 l’ampiezza dei poteri e delle facoltà processuali connesso al rilascio della procura e lo svolgimento delle funzioni di difesa tecnica e di rappresentanza in giudizio soddisfano per effetto del riconoscimento ipso iure operato dalla fonte collettiva i requisiti di professionalità richiesti dalla declaratoria contrattuale del quadro direttivo di primo livello». Tale capo della sentenza si porrebbe in contrasto con le norme pattizie citate perché la redazione degli atti difensivi da parte della ricorrente avveniva in forma standardizzata e la
procura era priva di poteri negoziali, sicchè mancavano le caratteristiche di piena autonomia e discrezionalità contemplate dalle norme pattizie richiamate e si realizzava per questa via la violazione delle regole ermeneutiche recate dalle norme codicistiche invocate
2.1. Il motivo è inammissibile. Lo strumento di impugnazione non deduce, infatti, una violazione ovvero una falsa applicazione delle norme invocate ma tende a una inammissibile rivalutazione del materiale istruttorio, proponendo conclusioni diverse da quelle raggiunte dalla corte di merito con apprezzamento in fatto insindacabile in cassazione. Si consideri in proposito che: nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda. L’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione (Cass. 31/12/2009, n. 28284).
Con il terzo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78/2010 convertito in legge 122/2010. La Corte di Appello, secondo parte ricorrente, avrebbe errato nel non applicare alla Riscossione RAGIONE_SOCIALE.p.a. la disposizione invocata che impone la sterilizzazione della parte
economica degli aumenti contrattuali e tanto disattendendo principi espressi in materia da Cass. 26283/2016.
3.1. Il motivo è inammissibile, come eccepito dalla parte controricorrente. Si tratta di questione nuova rispetto alle questioni definite dalla sentenza impugnata. Assume, allora, rilevo il seguente principio di diritto: in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass. 01/07/2024, n. 18018; Cass. 09/08/2018, n. 20694).
Con il quarto motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c. nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui sarebbe viziata da pronuncia ultra petita avendo accolto la domanda spiegata solo in via subordinata diretta a dichiarare illegittima la revoca dell’inquadramento concesso nel 2012 al quarto livello della terza area professionale.
4.1. Il motivo è infondato. Le domande ai punti 1 e 2 delle conclusioni del giudizio di primo grado, riproposte con l’appello tendevano ad ottenere l’inquadramento nella categoria quadri di quarto livello dal settembre 2009 ovvero l’inquadramento ovvero nella medesima categorie dal 13/10/2011. Entrambe le domande sono state respinte dalla Corte di Appello sicchè
l’inquadramento è frutto della applicazione del CCCNL e dell’accordo sindacale del 28/09/2010 e pertanto è stata legittimamente esaminata la domanda proposta in via subordinata e accolta la domanda di annullamento della revoca perchè da essa discende la legittimità dell’inquadramento a decorrere dal 2012 con le relative differenze retributive.
Il ricorso deve, allora, essere integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi e rimborso spese generali nella misura del 15%;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione