Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14714 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 14714 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14435/2019 R.G. proposto da
NOME COGNOME COGNOME domicilio digitale presso EMAIL, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Inquadramento -Differenze retributive
R.G.N. 14435/2019
Ud. 10/05/2024 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte appello Napoli, n. 5784/2018, depositata in data 12/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 5784/2018, pubblicata in data 12 novembre 2018, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellato RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, n. 8515/2014, la quale, a propria volta, aveva respinto la domanda del medesimo NOME COGNOME -già dipendente del RAGIONE_SOCIALE ed in quiescenza -volta a conseguire: il corretto inquadramento nel profilo di Ingegnere Area C -Posizione economica C2 con decorrenza dal 30 novembre 2004; il riconoscimento delle differenze economiche per lo svolgimento di mansioni superiori; il risarcimento dei danni da perdita di chance in relazione alla perdita della possibilità di partecipare a procedure di progressione economica a causa dell’errato inquadramento.
L’appellante, in particolare, lamentava l’errato inquadramento operato dall’Amministrazione ai sensi del nuovo ordinamento professionale, essendo egli stato inquadrato sulla base delle previsioni del CCNL Comparto Ministeri 1998/2001 nella Posizione Economica C1 (successivamente Area III F2), sebbene, in virtù del precedente inquadramento nel profilo di Ingegnere n. 225, dovesse ritenersi che il suo corretto inquadramento era invece quello di Posizione Economica C2 (Successivamente Area III F3).
La Corte territoriale, ricostruita l’evoluzione delle declaratorie dei profili del RAGIONE_SOCIALE, dapprima con il d.P.R. n. 1219/1984 e poi con il CCNL 1998/2001 nonché con l’accordo collettivo del 29 novembre 2004, ha rammentato che la corrispondenza tra vecchi e nuovi profili professionali era contenuta in una tabella, divisa in quattro sezioni, allegata alla circolare n. 88197 del 23 dicembre 2004 della RAGIONE_SOCIALE, la quale, nella quarta sezione, prevedeva espressamente la corrispondenza tra il profilo di Ingegnere n. 225 rivestito dal ricorrente -con l’area C1, facendo invece confluire nell’area C2 la precedente figura di Ingegnere n. 224.
Rammentato ulteriormente che per i profili individuati nella quarta sezione della suddetta tabella, era previsto che l’inquadramento avvenisse in due fasi, una necessaria – nella quale gli interessati dovevano essere inquadrati nel primo e più generico tra i profili specialistici -ed una eventuale, prevista in caso di non corrispondenza tra mansioni e profilo -nella quale si sarebbe dovuto procedere, su segnalazione del direttore dell’ente di servizio, previo impulso dei diretti interessati, ad un nuovo inquadramento degli stessi interessati in uno degli altri nuovi profili nei quali è confluito il profilo di precedente appartenenza -la Corte territoriale ha concluso che l’inquadramento del lavoratore era legittimo in quanto avvenuto nel rispetto degli accordi con le OO.SS., non risultando, peraltro, che fosse stata sollecitata la seconda fase di valutazione dell’inquadramento.
La Corte territoriale ha parimenti ritenuto infondata la domanda di riconoscimento dello svolgimento di fatto di mansioni superiori ritenendo che le funzioni concretamente allegate dal ricorrente come superiori rientrassero invece nel profilo di appartenenza.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli, ricorre ora NOME COGNOME.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essersi la Corte d’appello pronunciata sul motivo di appello col quale si deduceva la nullità della sentenza di primo grado per assenza di motivazione della stessa, in quanto meramente riproduttiva della memoria del RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia, testualmente: ‘omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360, co. 1, 5 c.p.c. e violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360, co. 1, 3 c.p.c. in relazione alla applicazione del CCNL 98/2001.’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, testualmente, la ‘omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti dl causa ex art. 360, co. 1, 5 c.p.c. e violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360, co. 1, 3 c.p.c. in relazione alla applicazione dell’art.13 CCNL 98/2001, in attuazione della circolare n.18897 del 23.12.2004 della RAGIONE_SOCIALE‘ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., la ‘omessa valutazione di un fatto storico decisivo’ , ‘costituito dalla valutazione del collegio circa la mancata riconducibilità delle mansioni svolte dal ricorrente, corrispondenti al chiesto profilo superiore, non essendo emerso con chiarezza lo svolgimento di compiti
lavorativi superiori alla categoria di appartenenza, essendo non provata una attività di disposizione, RAGIONE_SOCIALE e determinazione’ .
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
In primo luogo, il motivo non appare rispettoso del canone di specificità di cui al l’art. 366 c.p.c. , in quanto né la sentenza di primo grado né la memoria del RAGIONE_SOCIALE – che si assume essere stata meramente riprodotta nella decisione di prime cure – sono riprodotte nei loro passaggi essenziali o almeno localizzate negli atti di causa, essendosi il ricorrente limitato al richiamo all’integralità dei fascicoli dei gradi di merito.
In secondo luogo, lo stesso è affetto da una radicale carenza di interesse.
Occorre rammentare, infatti, che il vizio di nullità della sentenza di primo grado per mancanza di motivazione non rientra fra quelli, tassativamente indicati, che ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comportano la rimessione della causa al primo giudice, dovendo il giudice del gravame, ove ritenga la sussistenza del vizio, porvi rimedio pronunciando nel merito della domanda, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 13733 del 17/06/2014).
Da ciò deriva l’applicazione del principio per cui, i n considerazione dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d’appello e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito, risultando conseguentemente preclusa la denuncia in cassazione di un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 1323 del 19/01/2018).
N el caso in esame la Corte d’a ppello ha riesaminato nel merito la domanda , adottando un’autonoma motivazione, la quale, conseguentemente, è venuta a sostituirsi alla motivazione della decisione di primo grado, asseritamente viziata, non essendovi, pertanto, interesse del ricorrente a lamentare l’omessa pronuncia del giudice d’appello relativa mente ad un vizio che è stato comunque sanato dalla decisione in sede di gravame.
Gli ulteriori tre motivi di ricorso sono parimenti inammissibili, dovendosi rilevare che:
-il richiamo -contenuto nei tre motivi all’art. 360, n. 5), c.p.c. è inammissibile, in quanto il giudizio di appello è stato instaurato nel 2015, trovando conseguentemente applicazione il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014);
-la Circolare n. 18897 non costituisce atto la cui violazione possa essere denunciata come ipotesi di cui all’ art. 360, n. 3), c.p.c.;
-le ulteriori argomentazioni, seppure sotto la formale deduzione della violazione o falsa applicazione del CCNL 1998-2001, in realtà vengono a sindacare genericamente le valutazioni in fatto operate dal giudice di merito -come ben evidenziato dal riferimento ad ‘errori di valutazione’ (pag. 11 ricorso ) -oltre a procedere alla non corretta sovrapposizione tra il profilo
del l’ inquadramento spettante e la ben diversa tematica del demansionamento, risultando in sintesi le censure non conformi al canone di corretta formulazione della censura ex art. 360, n. 3), c.p.c. come costantemente individuato da questa Corte (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 10 maggio