Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3843 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 3843 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34152/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME
Oggetto: Lavoro pubblico -Dipendente RAGIONE_SOCIALE -Inquadramento -Tecnico cardiologia – Requisiti
R.G.N. 34152/2018
Ud. 25/01/2024 CC
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO
-controricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3058/2018 depositata il 21/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 25/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3058/2018 del 21 maggio 2018, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME av verso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 2684/2013 del 21 maggio 2013 e, per l’effetto, ha accolto la domanda proposta dallo stesso NOME COGNOME, ritenendo l’illegittimità della determina dirigenziale n. 10 del 29 settembre 2011; dichiarando il diritto dell’appellante ad essere inquadrato nella qualifica di C ollaboratore professionale -Tecnico di cardiologia -Cat. D; condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle differenze retributive.
NOME COGNOME in data 10 settembre 2001 aveva concluso con RAGIONE_SOCIALE un contratto di lavoro a tempo indeterminato per la copertura di un posto di Collaboratore professionale -Tecnico di cardiologia -Cat. D, a seguito di procedura di selezione interna.
Successivamente, con determina dirigenziale n. 10 del 29 settembre 2011, i responsabili della RAGIONE_SOCIALE, ritenuto che lo stesso NOME COGNOME avesse partecipato alla procedura di selezione deducendo il possesso di titoli abilitativi non regolari, aveva
proceduto al suo inquadramento come Operatore tecnico specializzato -Cat. C, con preclusione a qualsiasi funzione prettamente sanitaria.
NOME COGNOME aveva quindi impugnato il provvedimento, deducendone la illegittimità e chiedendo il riconoscimento del superiore inquadramento precedentemente attribuito.
Respinta la domanda da parte del Tribunale di Torre Annunziata e proposto appello, la Corte d’appello di Napoli, nell’accogliere il gravame ha, in primo luogo, qualificato la fattispecie come ipotesi di modifica unilaterale del rapporto e, richiamati i principi di questa Corte in materia, ha proceduto alla verifica della legittimità della determina dirigenziale, escludendone la validità.
La Corte, quindi, ha escluso la sussistenza dei profili di irregolarità ritenuti invece sussistenti dalla RAGIONE_SOCIALE, rilevando che -in virtù dell’incertezza in ordine alla individuazione del requisito indicato nel bando di concorso, e cioè ‘Diploma di abilitazione alla specifica professione previsto dalla legislazione vigente’ -il bando doveva essere interpretato alla luce delle previsioni del CCNL Comparto Sanità del triennio 19982000, concludendo che l’appellante, diversamente da quanto sostenuto dalla RAGIONE_SOCIALE, presentava i requisiti di partecipazione alla procedura di selezione.
In particolare, la Corte d’appello ha concentrato la propria attenzione sul profilo che era stato valorizzato nella determina dirigenziale, e cioè la irregolarità di uno dei titoli prodotti dall’appellante nella procedura di selezione interna -un diploma ottenuto a seguito della partecipazione ad un corso semestrale per tecnico di cardiologia -affermando che:
-tale titolo non costituiva presupposto per l’abilitazione allo svolgimento delle mansioni di Tecnico di cardiologia ma aveva
assunto rilievo nella procedura di selezione ai soli fini del riconoscimento di un punteggio aggiuntivo;
-era da escludersi che detto titolo fosse stato irregolarmente conseguito dall’appellante deducendo la qualifica di infermiere professionale, in quanto non solo non risultava che l’appellante avesse dichiarato falsamente essere infermiere professionale, ma anche era dubbio che la stessa qualifica di infermiere fosse necessaria ai fini della partecipazione al corso semestrale.
Conseguentemente, la Corte territoriale ha concluso nel senso della illegittimità della determina dirigenziale n. 10 del 29 settembre 2011 e del diritto dell’appellante ad essere reinquadrato come Collaboratore professionale -Tecnico di cardiologia -Cat. D.
Per la cassazione della decisione della Corte d’appello di Napoli ricorre ora RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte partenopea avrebbe omesso di valutare una circostanza ulteriore, e cioè l’inserimento, da parte del controricorrente, nel proprio curriculum di una falsa dichiarazione relativa ad un pregresso rapporto di convenzione con l’ex RAGIONE_SOCIALE come tecnico di cardiologia , mentre la
convenzione aveva ad oggetto l’attività di registrazione e manutenzione delle apparecchiature del settore cardiologia.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione di: d.P.R. n. 761/79; d.P.R. n. 1475/70; D.M. 26 gennaio 1988, n. 30; L. n. 341/1990; D. Lgs. n. 502/92; D.M. 316/98, art. 6; CCNL Comparto sanità 1998-2000, art. 16; D. Lgs. n. 165/2001, artt. 35 e 52.
La ricorrente impugna la decisione della Corte d’appello nella parte in cui quest’ultima ha affermato che il controricorrente possedeva i requisiti per la partecipazione alla procedura di selezione, ribadendo che tale partecipazione postulava il possesso di un diploma abilitante corrispondente ai requisiti di cui al d.P.R. n. 1475/1970, che non poteva essere surrogato dall’inquadramento del ricorrente come operatore professionale collaboratore, essendo invece necessario il possesso del diploma di laurea.
La ricorrente richiama ulteriormente le previsioni di cui alla L. n. 761/1979, alla L. n. 341/1990 ed al D.M. n. 316/1998, concludendo che, poiché il controricorrente non era mai stato in possesso del diploma di abilitazione alla professione di tecnico di cardiologia, lo stesso non aveva i requisiti per partecipare alla procedura di selezione.
Anche le considerazioni svolte dalla Corte d’appello in ordine al diploma ottenuto con la partecipazione ad un corso semestrale per tecnico di cardiologia sono impugnate dalla ricorrente, la quale deduce che profilo rilevante non era -come avrebbe erroneamente opinato la Corte territoriale -quello di stabilire se tale diploma fosse o meno titolo essenziale per partecipare alla selezione, bensì quello di accertare che il diploma medesimo non poteva in ogni caso abilitare il controricorrente alla professione di tecnico di cardiologia.
Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente.
Quest’ultimo, infatti, eccepisce che il ricorso per l’esattezza un atto denominato ‘rinotifica del ricorso’ è stato notificato solo in data 22 gennaio 2019, ben oltre il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., e ciò in quanto la ricorrente avrebbe tentato una prima notifica del ricorso in data 15 novembre 2018 presso il domiciliatario del controricorrente AVV_NOTAIO, con esito tuttavia negativo, in quanto quest’ultimo era deceduto già in data 3 maggio 2014.
Deduce, pertanto, il controricorrente la inesistenza della prima notifica, mentre la seconda notifica sarebbe comunque non solo effettuata oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c. ma anche viziata perché non effettuata in conformità al disposto di cui all’art. 330 , terzo comma, c.p.c.
L’eccezione è da ritenersi infondata.
Questa Corte, effettivamente, ha reiteratamente affermato il principio -invocato dal controricorrente -per cui la morte del domiciliatario produce l’inefficacia della dichiarazione di elezione di domicilio e la necessità che la notificazione dell’impugnazione sia eseguita, a norma dell’art. 330, terzo comma, c.p.c., alla parte personalmente, salvo che l’elezione di domicilio sia stata fatta presso lo studio di un professionista e l’organizzazione di tale studio gli sopravviva, dovendosi in questo caso considerare tale studio alla stregua di un ufficio (Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 12411 del 15/04/2022; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8222 del 22/04/2016).
Questo principio, tuttavia, deve essere applicato tenendo in paritetica considerazione il connesso principio, affermato sempre da questa Corte, per cui la notifica eseguita presso il procuratore domiciliatario deceduto non è affetta da inesistenza, ma da mera
nullità, sanabile con la costituzione del destinatario ovvero mediante la rinnovazione ex art. 291 c.p.c. (Cass. Sez. L – Sentenza n. 14100 del 01/06/2018), in linea, del resto , con l’affermazione della mera nullità della notifica del gravame presso il domiciliatario volontariamente cancellatosi dall’albo (Cass. Sez. U -Sentenza n. 3702 del 13/02/2017).
Esclusa, quin di, l’inesistenza della prima notifica effettuata dalla ricorrente, devono conseguentemente trovare applicazione i principi in tema di nullità della notifica al domiciliatario e ripresa del procedimento notificatorio enunciati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016, la quale ha chiarito:
-da un lato (richiamando Cass. Sez. U, Sentenza n. 3818 del 18/02/2009 e Cass. Sez. U, Sentenza n. 17352 del 24/07/2009), che a differenza dell’ipotesi in cui il difensore svolga le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale a cui egli sia professionalmente assegnato nell’ipotesi in cui il difensore svolga le sue funzioni in un altro circondario ed abbia proceduto all’elezione di domicilio ai sensi dell’art. 82 del R.d. 22 gennaio 1934, n. 37, si delinea un obbligo di comunicare i mutamenti di domicilio, con la conseguenza che sul notificante non incombe l’ onere di riscontrare previamente la correttezza di quell’indirizzo presso il locale albo professionale, perché è onere della parte che ha eletto domicilio comunicare alla controparte gli eventuali mutamenti;
-dall’altro lato (richiamando sempre Cass. Sez. U, Sentenza n. 17352 del 24/07/2009), che, nel caso in cui la notificazione di un atto processuale da compiere entro un termine perentorio non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, quest’ultimo, ove se ne presenti la possibilità, ha la
facoltà e l’onere di richiedere la ripresa del procedimento notificatorio, e la conseguente notificazione, ai fini del rispetto del termine, avrà effetto fin dalla data della iniziale attivazione del procedimento, a condizione che la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un tempo ragionevolmente contenuto – tenuti anche presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie -potendosi fissare tale termine nella misura pari alla metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall’art. 325, c.p.c.
Alla luce di tali indicazioni, allora, si deve concludere che nel caso in esame la notifica del ricorso è tempestiva, in quanto:
-l’AVV_NOTAIO è appartenente al Foro di Nola, e quindi nel presente giudizio svolgeva il proprio mandato al di fuori del circondario;
-per l’effetto doveva ritenersi tenuto a comunicare ogni eventuale variazione della domiciliazione, non incombendo invece sul procuratore dell’odierna ricorrente l’onere di svolgere verifiche presso l’Albo;
-l’odierna ricorrente, a seguito della restituzione al mittente della prima notifica in data 19 dicembre 2018, ha provveduto a rinnovare la notifica affidando il nuovo plico per la spedizione in data 18 gennaio 2019, e cioè esattamente entro il termine (dimezzato) di cui all’art . 325 c.p.c.
Quanto al fatto che la seconda notifica non sia stata effettuata in ossequio al disposto di cui all’art. 330 , terzo comma, c.p.c., il vizio deve ritenersi sanato dalla costituzione del controricorrente, essendosi integrat a l’ipotesi del raggiungimento dello scopo (Cass. Sez. 5 –
Sentenza n. 12411 del 15/04/2022; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 6164 del 05/03/2020; Cass. Sez. L – Sentenza n. 14100 del 01/06/2018).
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Ciò, in primo luogo perché, secondo i principi fissati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., deve essere riferita ad un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), con la conseguenza che nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6), e 369, secondo comma, n. 4), c.p.c., il ricorrente deve indicare: 1) il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso; 2) il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente; 3) il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti; 4) la sua “decisività”, laddove nel caso in esame il motivo di ricorso è del tutto carente nel fornire tali indicazioni, come del resto eccepito dal controricorrente.
Inammissibile, in secondo luogo, perché la ricorrente individua come fatto storico quella che invece era una deduzione difensiva concernente l’ulteriore ragione posta alla base della determina dirigenziale, in tal modo cercando di estendere -in modo inammissibile, appunto – il paradigma normativo di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c. (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), ad un profilo che doveva, semmai, dedotto articolando una censura di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.
Il secondo motivo è fondato.
Giova rammentare che la procedura di selezione interna cui l’odierno controricorrente aveva partecipato concerneva un profilo professionale (tecnico di cardiologia), all’epoca non contemplato dal CCNL applicabile, in quanto in precedenza disciplinato dal d.P.R. 14 ottobre 1970, n. 1475, e poi trasfuso nel profilo di ‘tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione vascolare’ , istituito dal D.M. 27 luglio 1998, n. 316.
È questo il profilo che nella disciplina del CCNL applicabile -cioè il CCNL 7 aprile 1999 – viene contemplato nei profili professionali della Categoria D (cfr. Allegato 1), stabilendo, quali requisiti per l’accesso dall’interno alla Categoria D, ‘per i collaboratori tecnico -professionali ed i collaboratori amministrativo-professionali, il possesso del diploma di laurea, corrispondente allo specifico settore di attività di assegnazione (tecnico, professionale, informatico, statistico, sociologico-amministrativo, legale) corredato – ove previsto – dalle abilitazioni professionali, ovvero – in mancanza, fatti salvi i diplomi abilitativi per legge – il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado unitamente ad esperienza lavorativa quinquennale maturata in profilo corrispondente della categoria C’ .
Va richiamato, a questo punto, il principio per cui in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il datore di lavoro pubblico non ha il potere di attribuire inquadramenti in violazione del contratto collettivo, ma ha solo la possibilità di adattare i profili professionali, indicati a titolo esemplificativo nel contratto collettivo, alle sue esigenze organizzative, senza modificare la posizione giuridica ed economica stabilita dalle norme pattizie, in quanto il rapporto è regolato esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21744 del 14/10/2009), sicché il
divieto imposto al datore di lavoro pubblico di attribuire trattamenti giuridici ed economici diversi da quelli previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, anche se di miglior favore, impedisce sia il riconoscimento di inquadramenti diversi da quelli previsti dal CCNL di comparto, sia l’attribuzione della qualifica superiore in conseguenza dello svolgimento di fatto delle mansioni (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 23757 del 01/10/2018; Cass. Sez. L – Sentenza n. 24216 del 13/10/2017).
Alla luce di tale principio appare evidente che il giudice di merito -che pure ha correttamente ritenuto di dover interpretare il bando alla luce delle previsioni del CCNL vigente -non ha tuttavia correttamente applicato le previsioni della contrattazione collettiva, in quanto ha omesso di considerare che il requisito del ‘ possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado unitamente ad esperienza lavorativa quinquennale maturata in profilo corrispondente della categoria C ‘ -dalla Corte d’app ello ritenuto sussistente e risolutivo -doveva comunque essere verificato ‘ fatti salvi i diplomi abilitativi per legge ‘ , avendo il CCNL in ogni caso subordinato la valorizzazione del requisito all’ulteriore presenza dei diplomi di legge, e quindi dei relativi titoli abilitativi specifici.
L’omissione di tale necessaria verifica si è tradotta, quindi, nel riconoscimento al controricorrente di un inquadramento diverso da quello previsto dal CCNL e, conseguentemente, in una non corretta applicazione di quest’ultimo .
Il ricorso deve quindi essere accolto in relazione al secondo motivo, inammissibile il primo e per l’effetto la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, la quale, nel conformarsi ai principi qui richiamati, provvederà altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 25 gennaio