Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6378 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6378 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 120/2018 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliat o presso di essa in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente e ricorrente incidentale-
nonché
Comune di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Perugia, n. 120/2018, depositata il 2 ottobre 2018 e notificata l’11 ottobre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere
NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha adito il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, esponendo che:
nell’anno scolastico 1988-1989 era stata impiegata quale insegnante di ruolo e titolare di sede presso l ‘ RAGIONE_SOCIALE;
le era stato comunicato che, trovandosi in posizione soprannumeraria nell’organico, sarebbe stata trasferita d’ufficio;
aveva proposto domanda di mobilità ai sensi dell’art. 4 del d.P.C.M. n. 325 del 1988, indicando, fra le possibili Amministrazioni di destinazione, il Comune di RAGIONE_SOCIALE;
il RAGIONE_SOCIALE aveva negato l’assenso al trasferimento; in seguito a ricorso al TAR, che aveva sospeso in via cautelare il detto rifiuto, il Comune RAGIONE_SOCIALE la aveva ammessa alla procedura di mobilità, collocandola nella prima posizione nella graduatoria per i posti di funzionario direttivo amministrativo, ossia di VIII qualifica funzionale;
tale graduatoria era stata approvata con delibera n. 994 del 14 novembre 1990 , anche se l’assegnazione era subordinata , come da comunicazione del 16 gennaio 1991, alla decisione del TAR e all’assenso del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
il TAR aveva definitivamente accolto il suo ricorso con sentenza n. 173 del 10 novembre 1993 e la sua decisione era stata confermata dal Consiglio di Stato, che respingeva l’appello del RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 6188 del 23 giugno 2000;
il RAGIONE_SOCIALE aveva prestato il suo assenso al trasferimento l’11 luglio 1994, anche aveva consentito il suo trasferimento solo dal 1° febbraio 1995;
il suo trasferimento era stato disposto dal Comune di RAGIONE_SOCIALE con delibera n. 2304 del 29 settembre 1994;
in conseguenza delle esposte vicende, le era stata negata la qualifica dirigenziale che, invece, era stata attribuita, nel 1991, al resto del personale di VIII qualifica in ragione del passaggio del Comune di RAGIONE_SOCIALE alla classe 1/A, come previsto dal Ministro dell’Interno con d ecreto del 16 giugno 1990.
Essa ha chiesto:
l’accertamento del suo diritto all’inquadramento nei ruoli del Comune di RAGIONE_SOCIALE dal 14 novembre 1990 (o, in subordine, dal 14 dicembre 1990) e non dal 1° febbraio 1995, in particolare in quello dirigenziale dal 1991;
la condanna dello stesso Comune a pagare le differenze retributive;
in via subordinata, la condanna delle Amministrazioni convenute al risarcimento del danno.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 277/2010, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE a risarcire il danno da lei patito, in misura corrispondente alle differenze retributive relative al ritardato inquadramento nei ruoli comunali, respingendo le domande concernenti il mancato inquadramento nei ruoli dirigenziali.
Il MIU ha proposto appello.
NOME COGNOME e il Comune di RAGIONE_SOCIALE hanno proposto appello incidentale.
La Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 34/2012, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle domande derivanti dal ritardo nell’inquadramento nei ruoli comunali e a quelle concernenti l’omesso inquadramento nei ruoli dirigenziali.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione che la RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 163/2017, ha accolto relativamente alla giurisdizione del giudice ordinario.
Essa ha riassunto il giudizio davanti alla Corte d’appello di Perugia che, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 120/2018, ha respinto le sue domande, precisando che oggetto del contendere non erano più le istanze, per differenze retributive e danni, che avevano quale causa petendi l’allegato ritardo nell’inquadramento della dipendente nei ruoli comunali, ma le questioni connesse alle richieste di inquadramento nei ruoli dirigenziali e di pagamento delle relative differenze retributive o, in subordine, di risarcimento del danno.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso e ha proposto ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo.
Il Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso.
La ricorrente e il RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si rileva l’inammissibilità di tutte le nuove contestazioni sollevate dalla ricorrente con il deposito ex art. 372 c.p.c. e con la sua memoria conclusiva in quanto, nel giudizio di cassazione, possono essere esaminate le sole doglianze articolate nel ricorso introduttivo (principio desumibile, ex multis , da Cass., SU, n. 11097 del 15 maggio 2006; Cass., Sez. L, n. 21355 del 6 luglio 2022; Cass., Sez. 6-L, n. 3471 del 22 febbraio 2016; Cass., Sez. 6-L, n. 26670 del 18 dicembre 2014).
Con il primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. in materia di fatto lesivo di tipo omissivo in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel non considerare che il Comune di RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto retrodatare la sua assegnazione al posto di funzionario di VIII
qualifica all’anno 1990 e, quindi, accogliere la sua richiesta di assegnazione di un posto di qualifica superiore. Peraltro, il provvedimento del AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE che aveva impedito il suo trasferimento era stato annullato con sentenza del TAR del 10 novembre 1993.
La doglianza è inammissibile, chiedendo, nella sostanza, la ricorrente a questo C ollegio una nuova valutazione di merito in ordine all’esistenza o meno del nesso causale fra i fatti lamentati e il danno verificatosi.
Peraltro, si evidenzia che, nella stessa prospettazione del motivo, è evidente che il Comune di RAGIONE_SOCIALE , almeno fino al momento dell’annullamento del diniego del RAGIONE_SOCIALE da parte del TAR, avvenuto con sentenza del 10 novembre 1993 (se non addirittura fino a quello dell’ assenso del detto RAGIONE_SOCIALE al trasferimento, datato 11 luglio 1994), non avrebbe potuto inserire nei propri ruoli la ricorrente principale.
Ne deriva che l’eventuale condotta omissiva del Comune di RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto incidere causalmente sulla mancata nomina a dirigente di NOME COGNOME, che sarebbe dovuta avvenire nel 1991.
Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., in materia di prova del danno da perdita di chance , in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel chiederle di dimostrare che, ove immessa nel ruolo con decorrenza dal 1990, le sarebbe stata conferita con certezza la responsabilità di una struttura organizzativa.
Con il terzo motivo essa contesta l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione, perché la Corte d’appello di Perugia non avrebbe considerato che i posti presso il Comune di RAGIONE_SOCIALE, ai quali essa sarebbe stata assegnata se il suo trasferimento non fosse stato ostacolato, erano stati tutti automaticamente riqualificati nella I qualifica dirigenziale in assenza di osservazioni da parte del RAGIONE_SOCIALE. Ciò sarebbe stato già indicato nell’atto di appello.
Le doglianze, che possono essere trattate insieme, stante la loro stretta connessione, sono inammissibili.
La Corte d’appello di Perugia, infatti, ha rilevato che il passaggio alla I qualifica dirigenziale, al quale la ricorrente principale riteneva di avere diritto, era
subordinato non solo al possesso dell’VIII qualifica funzionale, come sostenuto da NOME COGNOME, ma anche alla titolarità della dirigenza di strutture intermedie.
Secondo la Corte d’appello di Perugia, però, NOME COGNOME non avrebbe né dedotto né provato alcunché in ordine a tale titolarità.
La ricorrente principale, sul punto, si limita ad affermare che i posti ai quali essa ambiva erano stati riqualificati, ma omette di prendere posizione in ordine al fatto, indicato come essenziale dal giudice di secondo grado, dell ‘assenza di allegazione e prova quanto alla menzionata titolarità, da parte sua, della dirigenza di strutture intermedie.
Essa espone semplicemente di avere indicato alcune circostanze nell’atto di appello il che, però, non risponde all’osservazione della corte territoriale e conferma che, almeno in primo grado, nulla era stato allegato e dimostrato.
In ogni caso, la ricorrente principale, con le censure esposte, chiede, nella sostanza, a questo Collegio una nuova e inammissibile valutazione delle prove RAGIONE_SOCIALE atti , che prenda il posto di quella della Corte d’appello di Perugia.
Con il quarto motivo la ricorrente principale contesta la violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 347 del 1983, asserendo che la titolarità di strutture intermedie non sarebbe stato requisito obbligatorio per la riqualificazione e che, comunque, se fosse stata tempestivamente trasferita, le sarebbe stato assegnato un posto di VIII qualifica vacante, con l’effetto che, quale responsabile di struttura immediatamente sottostante a quella di massima dimensione, le sarebbe stata attribuita la prima qual ifica dirigenziale ai sensi dell’art. 40 del citato d.P.R. n. 347 del 1983.
La doglianza è inammissibile, atteso che la corte territoriale ha rilevato, dall’esame degli atti di causa, che la prima qualifica dirigenziale era stata attribuita solo a dipendenti che fossero titolari di strutture intermedie e che, quindi, non avendo la ricorrente principale nulla allegato e provato al riguardo, la sua domanda non poteva essere accolta.
Il ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE, proposto nell’eventualità che il ricorso principale fosse accolto, non deve essere esaminato.
Il ricorso principale è dichiarato inammissibile.
Il ricorso incidentale condizionato del RAGIONE_SOCIALE è dichiarato assorbito.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 , si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito quello incidentale condizionato del RAGIONE_SOCIALE;
condanna la ricorrente a rifondere le spese alle parti controricorrenti, che liquida, con riferimento al RAGIONE_SOCIALE, in complessivi € 3.000,00 per compenso, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, e, con riguardo al Comune di RAGIONE_SOCIALE, in complessivi € 3.000,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 22