Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28948 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28948 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13729-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4077/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/11/2021 R.G.N. 920/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
Costituzione -Qualificazione -Mansioni rapporto privato
R.G.N. 13729/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
La Corte di Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto dalla RAGIONE_SOCIALE confermando la pronuncia di primo grado che, sul presupposto della illegittimità della proroga del contratto a termine concluso il 6.6.2012, aveva dichiarato costituito, tra la società e NOME COGNOME, un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e aveva ordinato il ripristino dello stesso e condannato parte datoriale al pagamento di una indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, accertando, altresì, il diritto della lavoratrice all’inquadramento nel I livello del CCL CAI con il conseguente riconoscimento delle differenze retributive.
I giudici di secondo grado hanno precisato che la società, sebbene ne fosse onerata, non aveva dimostrato le esigenze poste a fondamento della proroga e nemmeno che la COGNOME, nel periodo di proroga, fosse stata utilizzata per lo svolgimento della medesima attività; inoltre, hanno specificato che le mansioni concretamente svolte dalla lavoratrice nel periodo di cui è causa dovevano ricomprendersi nel superiore primo livello (tra cui era incluso il tecnico di controllo processi), avendo ella svolto anche att ività di controllo del processo riguardante l’utilizzazione dei biglietti a tariffa agevolata.
Per la cassazione di tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso sulla base di due motivi cui ha resistito NOME COGNOME con controricorso.
La Consigliera delegata ha, con atto del 9 marzo 2025, formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c.
La società ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 co. 2 n. 4 cpc e 118 co. 1 disp. att. cpc, per vizio di omessa motivazione/motivazione apparente in ordine a quanto disposto dall’art . 10 del Contratto Collettivo per il personale della RAGIONE_SOCIALE che disciplina l’inquadramento del personale.
Con il secondo motivo si censura la violazione delle regole del Codice civile in materia di interpretazione dei contratti, ovvero degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 e ss. cod. civ. nonché l’errata e non corretta applicazione dei criteri legali di interpre tazione dell’art. 10 del CCL CAI. Con entrambi i motivi si obietta, sotto i profili dell’omessa motivazione e dell’errata interpretazione, la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del contratto collettivo citato che sarebbe stato preclusivo al riconoscimento del superiore inquadramento in difetto di permanenza nel livello inferiore per un determinato arco temporale.
Rileva il Collegio che, come condivisibilmente rilevato nella proposta di definizione accelerata del giudizio, i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro interferenza, sono inammissibili perché effettivamente introducono una questione, non affrontata dalla gravata sentenza, che non risulta essere stata dedotta nei precedenti gradi di merito, in primo luogo nel giudizio di primo grado, negli stessi e precisi termini con i quali è stata prospettata oggi in sede di legittimità.
Va tuttavia osservato che, a prescindere dalla rilevata novità della questione, nel caso di specie le doglianze avanzate da parte ricorrente sulla mancata applicazione, da parte dei giudici di merito, del disposto di cui all’art. 10 del CCNL citato, limitatamente alla operatività dei tempi minimi di attestazione per l’attribuzione del superiore inquadramento, non sono pertinenti (e ciò costituisce un ulteriore profilo di inammissibilità delle censure) con riguardo alla ratio decidendi dell’impugnata pronunc ia di secondo grado perché, per come si evince dal dictum (pag. 4, 3 cpv), il riconoscimento del primo livello alla COGNOME è stato il risultato non di un accertamento del superiore inquadramento a seguito dell’espletamento di mansioni superiori rispetto a quelle formalmente assegnate, bensì di una verifica sulla individuazione del corretto inquadramento ab origine circa la effettiva attività lavorativa svolta dalla dipendente: e, in ordine a tale fattispecie, non è operante l’art. 10 del CCNL di categoria che, per i tempi di attestazione, disciplina i tempi minimi necessari per l’attribuzione dei diversi livelli di inquadramento in relazione alla posizione ricoperta e non si riferisce, invece, alla esatta collocazione, nei livelli delle declaratorie contrattuali, della posizione di lavoro originariamente attribuita.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore della controricorrente dichiaratosi antistatario.
Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta la condanna della società a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.
Vale, infatti, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la ricorrente va condannata, in favore della controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € . 2.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € . 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’u lteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, con distrazione in favore del Difensore della controricorrente dichiaratosi antistatario. Condanna, altresì, la ricorrente al pagamento della somma di €. 2.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di €. 2.000,00 in favore dell a Cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da p arte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10.9.2025
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME