Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7006 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7006 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso R.G.N. 32699/2019
promosso da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciali in atti;
ricorrente principale e controricorrente incidentale contro
Comune di Montignoso , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciali in atti;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale
nonché nei confronti di
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciali in atti;
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte di appello di Genova n. 1194/2019, pubblicata il 16/08/2019, notificata il 30/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 04/03/2013 NOME COGNOME citava in giudizio innanzi al Tribunale di Massa il Comune di Montignoso, al fine di ottenere il pagamento della somma di € 11.700,000 per le spese riguardanti la realizzazione – compreso il trasporto e l’installazione – di due sue opere scultoree, formate da materiale lapideo e bronzeo, accettate e posizionate dal Comune di Montignoso nel proprio territorio, nello specifico, l’opera ‘ In canto ‘ nella INDIRIZZO, Loc. Cinquale, e l’opera ‘ INDIRIZZO ‘, in INDIRIZZO INDIRIZZO PratoINDIRIZZO per il progetto della Via Francigena.
Si costituiva in giudizio il Comune di Montignoso, contestando la domanda di parte attrice e i fatti addebitati, ritenendo illegittimi i pagamenti effettuati a favore dell’attore in quanto non giustificati da alcun atto e/o determina e svolgendo, pertanto, apposita domanda riconvenzionale volta alla restituzione di tutte le somme dallo stesso versate all’attore inerenti le opere scultoree per cui è causa; chiedeva ed otteneva l’autorizzazione alla chiamata in causa di NOME COGNOME che si era occupato della fusione del bronzo necessario per la realizzazione delle sculture, al fine di estendere il contraddittorio nei suoi confronti, con riferimento alla domanda di restituzione di tutte le inerenti somme versate.
Si costituiva in giudizio anche il terzo chiamato, chiedendo il rigetto della domanda svolta nei suoi confronti.
Il Tribunale rigettava la domanda attorea e riconosceva una differenza economica in suo danno a favore del Comune, quantificata in € 3.000,00. Respingeva la domanda del Comune nei confronti del terzo chiamato. Condannava l’attore al pagamento delle spese legali a favore del Comune, mentre compensava quelle tra il Comune ed il terzo chiamato.
NOME COGNOME appellava la sentenza del Tribunale, chiedendone la totale riforma anche in punto di ammissione dei mezzi istruttori.
Proponevano appello incidentale sia NOME COGNOME che il Comune.
La Corte d’appello rigettava le istanze istruttorie e, nel merito, respingeva l’appello principale di NOME COGNOME e quello incidentale di NOME COGNOME. Accoglieva, invece, sia pure solo in parte, l’appello incidentale del Comune, condannando NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido tra loro, a restituire al Comune la somma di € 11.000,00 oltre interessi dai singoli mandati di pagamento al saldo e alla rifusione delle spese di lite del Comune, respingendo la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata dal Comune.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a tre motivi di censura.
Si è difeso il Comune di Montignoso con controricorso, formulando anche ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
Il ricorrente principale e il già intimato NOME COGNOME si sono difesi con controricorso al ricorso incidentale.
Il ricorrente principale e il ricorrente incidentale hanno anche depositato memorie difensive.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 2041, 1080, 2033, 1988, 1323 e 1334 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 191 e 194 del d.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL), la violazione dei principi di buona fede, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., unitamente alla insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.
Il ricorrente ha dedotto che il giudice di primo grado aveva qualificato la domanda come azione ex art. 2041 c.c., ritenendo di po-
terla valutare nel merito, per essere l’incarico conferito a NOME COGNOME per la realizzazione delle due opere scultoree privo forma scritta, nonostante si trattasse di requisito richiesto ad substantiam per i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione.
Il ricorrente ha dedotto che tale statuizione non è stata impugnata da nessuna delle parti, sicché doveva ritenersi passata in giudicato e il giudice del gravame avrebbe dovuto procedere alla valutazione dell’importo ancora dovuto a titolo di indennizzo, ai sensi dell’art. 2041 c.c., al netto delle somme già ricevute, mentre invece non ha dato applicazione a tale disposizione, dando rilievo all’impegno di spesa previsto nella determina n. 6093 del 28/05/2010 e ritenendo che la stessa fosse limitativa del diritto all’indennizzo.
Il ricorrente ha aggiunto che, comunque, si trattava di un intervento urgente che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 191 e 193 d.lgs. n. 27 del 2000, comportava il necessario riconoscimento del debito fuori bilancio.
Comunque, il ricorrente ha dedotto, per giurisprudenza consolidata, colui che agisce ex art. 2041 c.c. ha solo l’onere di provare il fatto oggetto dell’arricchimento, potendo l’Amministrazione liberarsi solo deducendo e dimostrando l’arricchimento imposto (non voluto e non consapevole), mentre, nel caso di specie, le opere erano state accettate, aggiungendo che le spese sostenute per la realizzazione dell’opera erano provate, e incontestate, come le somme oggetto dei parziali rimborsi.
Con il secondo motivo di ricorso principale è dedotta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., per omesso esame dei fatti documentati, decisivi per il giudizio e già oggetto di discussione tra le parti, oltre alla nullità della sentenza per motivazione apparente in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5 c.p.c.
Il ricorrente ha evidenziato che nella sentenza impugnata viene incomprensibilmente evidenziato che il Comune gli ha corrisposto
la somma di € 28.000,00, mentre invece dai documenti acquisiti risultava che erano stati versati solo € 21.000,00 .
Con il terzo motivo di ricorso è censurata l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione riguardo alle prove relative alla quantificazione dell’indennizzo, ovvero su un punto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e la violazione dell’art. 297 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c.
Il ricorrente ha riportato tutte le richieste di prove orali, richiamando anche la richiesta di CTU, deducendo che la Corte d’appello ha ritenuto di respingere tali istanze con motivazione del tutto apparente, mentre si trattava di istanze istruttorie rilevanti ai fini della determinazione dell’indennizzo.
2. Con il primo motivo di ricorso incidentale, è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 191 e 192 d.lgs. n. 267 del 2000, oltre che degli artt. 2033 e 2041 c.c., per avere la Corte d’appello accertato che a fronte di un unico impegno di spesa regolarmente assunto ex art. 191 d.lgs. cit. il Comune ha corrisposto alle controparti una cifra ampiamente superiore, pur in assenza di valido contratto, mentre invece, avendo fatto applicazione dell’art. 2041 c.c. ed avendo quantificato l’ingiustificato arricchimento del Comune in un importo pari a quell’impegno di spesa, l’intera somma pagata in eccedenza rispetto ad esso avrebbe dovuto essere considerata un indebito oggettivo e le controparti avrebbero dovuto essere condannate alla sua restituzione, senza le decurtazioni erroneamente operate dalla Corte.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. artt. 185 e 191 d.lgs. cit., oltre che degli artt. 2033 e 2697 c.c. e degli artt. 112 e 210 c.p.c., per avere la Corte travisato il disposto dell’art. 185 d.lgs. cit. e la funzione dei mandati di pagamento, rilevando che alcuni mandati in favore delle controparti, attingevano a capitoli di bilancio non pertinenti, e per
tale motivo non ha considerato quegli importi ai fini della richiesta restitutoria, mentre invece i mandati si riferivano ad una fattura che riguardava espressamente una delle due opere realizzate.
Ad opinione del Comune, vi è stata, pertanto, una indebita apprensione di risorse presenti in altri capitoli di spesa perché l’unico impegno legittimo ex art. 191 TUEL era esaurito, con la conseguenza che tale anomalia, riscontrata dalla Corte, confermava l’illegittimità dei pagamenti, non avendo le controparti mai dedotto né provato di aver ricevuto incarichi diversi dalla realizzazione delle due fontane.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale è dedotta la violazione e falsa applicazione art. 2033 c.c. sotto ulteriore profilo, nonché la falsa applicazione dell’art. 16 d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000, oltre alla violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp.att. c.p.c. per motivazione contraddittoria, tenuto conto che, se nell’ambito di un piano di comparto una società si impegna a realizzare a proprie spese un’opera di urbanizzazione a scomputo degli oneri dovuti, come era avvenuto nel caso di specie, il Comune non ha alcun obbligo di versare somme ulteriori né alla società, né al privato autore materiale dell’opera, con la conseguenza che tutte le somme che il Comune medesimo ha erroneamente versato a tale titolo sono da considerarsi indebite ex art. 2033 c.c. e, qualora venga richiesta in giudizio la restituzione, il Giudice deve pronunciarsi anche sul punto.
Secondo il Comune, pertanto, l’estraneità di quel pagamento rispetto all’unico incarico conferito dal Comune non costituiva una motivazione in ordine al fatto che esso era dovuto ma, al contrario, confermava l’applicabilità dell’art. 2033 c.c.
Deve prima di tutto essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale del Comune (notificato il 6/12/2019), in quanto tardivo, tenendo conto della data di notifica della sentenza operata dal Comune stesso (30/08/2019).
L’opinione maggioritaria di questa Corte, oramai consolidata, ritiene, infatti, che l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, dovendosi consentire alla parte che avrebbe di per sé accettato la decisione di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata, in coerenza con il principio della cd. parità delle armi tra le parti ed al fine di evitare una proliferazione dei processi di impugnazione (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 14094 del 7/07/2020; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 25285 del 11/11/2020; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 26139 del 5/09/2022; v, anche Cass., Sez. U, Sentenza n. 8486 del 28/03/2024 con riferimento all’impugnazione incidentale adesiva).
Il primo motivo di ricorso è fondato sia pure nei termini di seguito precisati.
3.1. Deve subito rilevarsi che nessun contrasto con il giudicato formato a seguito della statuizione di primo grado è ravvisabile, tenuto conto che non ha costituito materia del contendere del giudizio di appello la qualificazione della domanda formulata in primo grado, volta ad ottenere l’indennizzo ex art. 2041 c.c., richiesto dal COGNOME per la realizzazione in favore del Comune di due opere scultore, effettivamente realizzate, ma commissionate senza un contratto scritto, essendo la materia del contendere incentrata sulla quantificazione dell’indennizzo spettante (appello principale) e sulla sussistenza o meno del diritto alla restituzione (appello incidentale) della somma versata in eccedenza rispetto all’impegno di spesa di € 35.000 ,00 previsto nella determinazione n. 6093 del 28/10/2010.
3.2. Com’è noto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente affermato che, in via generale, ai fini del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata
rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione – sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale – si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico (Cass., Sez. U, Sentenza n. 33954 del 05/12/2023; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 6735 del 13/03/2024; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 27008 del 18/10/ 2024).
Le stesse Sezioni Unite hanno precisato di non voler mutare l’orientamento già espresso con riguardo ai casi di indebito arricchimento indiretto (o mediato), che involgono, comunque, il profilo della sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza causa (potendo l’impoverito fruire dell’azione, di norma contrattuale, nei confronti del terzo soggetto, diverso da quello il cui patrimonio si sia arricchito, e mancando l’unicità del fatto causativo dell’impoverimento e dell’arricchimento).
Secondo tale orientamento, da ritenersi, pertanto, confermato, non è ammessa l’azione ex art. 2041 c.c. nei casi di arricchimento indiretto, se non nei casi in cui l’arricchimento si sia verificato in favore della Pubblica Amministrazione, in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito (Cass., Sez. U, Sentenza n. 24772 dell’8/10/2008; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1833 del 26/01/ 2011; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 27891 del 23/11/2017; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 29672 del 22/10/2021).
A tale ricostruzione non è di ostacolo la particolare disciplina prevista per l’attività negoziale degli enti locali.
Com’è noto, l’art. 191, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000, prevede quanto segue: «Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni
e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’art. 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.»
Ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e), d.lgs. cit., infatti, «1. Con deliberazione consiliare di cui all’art. 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: …omissis… e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza» .
La previsione riproduce, con qualche modifica, la normativa dettata dall’art. 23, comma 4, d.l. n. 66 del 1989, conv, con modif. in l. n. 144 del 1989, ove era stabilito quanto segue: «Nel caso in cui vi sia stata l’acquisizione di beni o servizi in violazione dell’obbligo indicato nel comma 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e l’amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura. Detto effetto si estende per le esecuzioni reiterate o continuative a tutti coloro che abbiano reso possibili le singole prestazioni.»
In particolare, l’art. 23, comma 4, d.l. cit. è stato sostituito dallo art. 35, comma 4, d.lgs. n. 77 del 1995, modificato dall’art. 4 d.lgs. n. 342 del 1997, e poi è stato trasfuso nell’art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000.
Guardando alle fattispecie disciplinate dall’art. 23, comma 4, d.l. cit., la stessa Corte ha precisato che la previsione presuppone la validità del titolo dell’obbligazione, ancorché privo di impegno
contabile, circostanza che non si verifica nel caso di contratto nullo per difetto della forma scritta, cui pertanto non si applica la disciplina in questione (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 14928 del 4/08/2004; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 8534 del 03/04/2008; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5693 del 10/03/2011).
Alle stesse conclusioni la SRAGIONE_SOCIALE è pervenuta con riguardo all’azione diretta, ai sensi dell’art. 191, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000, del fornitore nei confronti dell’amministratore o funzionario che abbia consentito l’acquisizione di beni o servizi, precisando che tale azione può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell’impegno contabile e della sua registrazione sul competente capitolo di bilancio e non anche quando tali requisiti siano stati rispettati, ma il contratto concluso con l’ente locale sia invalido per difetto di forma scritta, non potendo operare, in ipotesi di invalidità negoziale, il meccanismo di sostituzione nel rapporto obbligatorio previsto dalla legge (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5480 del 29/02/2024 e Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 12164 del 6/05/ 2024).
Ne consegue che, in tali ipotesi, il fornitore dell’opera può richiedere l’indennizzo per ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente comunale, nella ricorrenza dei presupposti previsti dall’art. 2041 c.c. (v. ancora Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5480 del 29/02/ 2024 e Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 12164 del 06/05/2024).
Il caso di specie rientra proprio in tale ipotesi, tenuto conto che, come sopra evidenziato, l’incarico conferito è privo di prova scritta.
3.3. Ai fini della determinazione dell’indennizzo, come ancora di recente ribadito da questa Corte, a fronte di un pregresso e prevalente orientamento che condizionava l’accoglimento dell’azione di ingiustificato arricchimento al riconoscimento dell’ utilitas da parte della Pubblica Amministrazione, e cioè al riscontro di una valutazione soggettiva in capo all’ipotetico arricchito, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10798 del 26/05/2015),
hanno posto l’accento sulla connotazione strettamente oggettiva dell’arricchimento che il depauperato deve provare, senza che l’amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27753 del 28/10/2024; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14735 del 27/05/2024; Cass., Sez. 63, Ordinanza n. 24642 del 05/11/2020).
Colui che agisce a norma dell’art. 2041 c.c. nei confronti della Pubblica Amministrazione, è dunque tenuto a provare il proprio depauperamento, unitamente al contestuale arricchimento della Pubblica Amministrazione, e l’accoglimento dell’azione incontra il solo limite del divieto di arricchimento imposto, giacché il diritto fondamentale di azione del depauperato deve adeguatamente coniugarsi con l’esigenza, altrettanto fondamentale, del buon andamento della attività amministrativa, affidando alla stessa Pubblica Amministrazione l’onere di eccepire e provare il rifiuto dell’arricchimento o l’impossibilità del rifiuto per la sua inconsapevolezza (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27753 del 28/10/2024; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14735 del 27/05/2024).
3.4. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha posto come limite all’indennizzo richiesto l’impegno di spesa di cui alla determinazione del responsabile del servizio n. 6093 del 28/05/2010, mentre, invece, alla luce dei presupposti che legittimano l’esperimento dell’azione prevista dall’art. 2041 c.c., costituisce un elemento del tutto estraneo alla valutazione, che deve essere compiuta ai fine della quantificazione dell’indennizzo dovuto.
Secondo il Comune, il giudice di appello ha fatto riferimento allo importo di € 35.000,00 , contenuto nel menzionato impegno di spesa, considerandolo quale ingiustificato arricchimento del Comune, ma ciò non emerge dalla sentenza impugnata, la cui motivazione è incentrata tutta sull’esame e la valutazione della contabilità del Comune e degli accordi intercorsi tra il Comune con il soggetto attuatore del progetto di comparto (p. 5-6 della sentenza im-
pugnata), circostanze del tutto irrilevanti ai fini della quantificazione dell’indennizzo ex art. 2041 c.c., tenuto conto che il giudice avrebbe semplicemente dovuto accertare le spese sostenute dal ricorrente per eseguire le opere, di cui ha chiesto il rimborso, e il corrispondente arricchimento del Comune (p. 5-6 della sentenza impugnata).
L’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, nei termini sopra evidenziati, determina l’assorbimento dei restanti motivi, il cui esame si rivela superfluo per effetto dei nuovi accertamenti da compiersi a cura del giudice di merito.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso principale determina l’assorbimento anche del primo motivo di ricorso incidentale, essendo la verifica della sussistenza dell’importo richiesto in restituzione subordinato all’accertamento dell’importo dovuto a titolo di indennizzo.
Anche il secondo e il terzo motivo di ricorso devono ritenersi assorbiti, perché censurano valutazioni del giudice di merito, operate ai fini della determinazione dell’indennizzo cassate con l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso principale, nei limiti di cui in motivazione, e, assorbiti gli altri motivi di ricorso principale e incidentale, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte
accoglie il primo motivo di ricorso principale e, dichiarati assorbiti gli altri motivi di ricorso principale e incidentale, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Genova, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 novembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME