Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14735 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14735 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
Oggetto
CONTRATTO D’OPERA
Prestazioni rese nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.A. – Azione ex art. 2041 c.c. – Riparto degli oneri probatori
R.G.N. 15869/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/01/2024
Adunanza camerale sul ricorso 15869-2019 proposto da:
COGNOME, PRINCIPATO NOME, domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore , rappresentati e difesi dell’ AVV_NOTAIO;
– ricorrenti –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del AVV_NOTAIO ‘ pro tempore ‘, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica EMAIL, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO;
– controricorrente e ricorrente incidentale nonché contro
UFFICIO DEL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA AMBIENTALE NEL TERRITORIO DELLA REGIONE CALABRIA;
– intimato –
Avverso la sentenza n. 2033/2018 d ella Corte d’appello di Catanzaro, depositata il 20/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 10/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 2033/18, del 20 novembre 2018, della Corte d’appello di Catanzaro, che nel respingere il gravame esperito dagli stessi, nonché da NOME COGNOME, avverso la sentenza n. 1634/13, del 6 agosto 2013, del Tribunale di Catanzaro -ne ha rigettato la domanda, proposta nei confronti della Regione RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel territorio della Regione RAGIONE_SOCIALE , di pagamento della somma di € 34.513,86 , a titolo di compenso, spettante a ciascuno dei tre componenti la commissione di collaudo in corso d’opera, per la prestazione professionale resa dagli stessi in relazione ai lavori di disinquinamento della costa tirrenica nel tratto Vibo-Nicotera.
Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di essere stati incaricati dello svolgimento della suddetta attività di collaudo, con determinazione della Regione RAGIONE_SOCIALE n. 8610 dell’11 agosto 1992, poi sostituita dal provvedimento n. 8860 del 27 giugno 1994 dell’Assessore ai lavori pubblici. Con successiva ordinanza commissariale n. 1000 del 2000 si provvedeva alla nomina del AVV_NOTAIO della Regione RAGIONE_SOCIALE quale RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in seguito soppresso con trasferimento di tutti i poteri alla Regione, giusta ordinanza n. 4011, del 22 marzo 2012, del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
Per l’esecuzione dell’incarico conferito, i tre professionisti ricevevano taluni acconti, rispettivamente in data 22 giugno 1995, 11 giugno 1997 e 25 settembre 2001, vedendosi, però, costretti ad adire l’autorità giudiziaria per ottenere il saldo del compe nso, nella già indicata misura di € 34.513,86 per ognuno di essi.
Il giudice di prime cure rigettava la domanda di pagamento, sul presupposto dell’assenza di prova del riconoscimento della ‘ utilitas ‘ da parte dell’amministrazione regionale, oltre che dell’impoverimento dei professionisti.
Esperito gravame dai già attori, il giudice di appello, pur riconoscendo la legittimazione passiva della Regione (nonché la fondatezza del motivo con cui era stata contestata la riconduzione, al contratto di prestazione d’opera, del rapporto intercorso tra la stessa e i componenti la commissione di collaudo), confermava il rigetto della domanda di pagamento, sul rilievo che il riconoscimento implicito dell’opera, o meglio della prestazione, non fosse stato attuato dagli organi rappresentativi dell’ente, quanto piuttosto dai dirigenti e funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza della Corte catanzarese hanno proposto ricorso per cassazione il COGNOME e il COGNOME, sulla base -come detto -di cinque motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 92 del regio decreto 25 maggio 1895, n. 350.
Si censura la sentenza impugnata perché essa -pur accogliendo il motivo di gravame con il quale si era rilevato che i compiti e le funzioni dei collaudatori di opere pubbliche non possono qualificarsi come prestazione d’opera professionale,
dando invece luogo ad un rapporto connotato dall’esercizio di potestà amministrative -non ha fatto conseguire all’accoglimento la riforma della pronuncia del primo giudice, ritenendo, anzi, che gli allora appellanti non avessero interesse a impugnare la statuizione resa, sul punto, dal Tribunale.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, censurando la decisione della Corte territoriale per aver omesso la disamina della dedotta riferibilità, in capo alla Regione RAGIONE_SOCIALE piuttosto che all’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dell’attività svolta dagli odierni ricorrenti e del riconoscimento della ‘ utilitas ‘ conseguente.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ.
In questo caso, si addebita alla sentenza impugnata di aver ritenuto che gli odierni ricorrenti non avessero dimostrato il riconoscimento implicito dell’opera e della prestazione da essi resa, ovvero che l’utilizzazione dell’opera o della prestazione fosse stata consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente, negando che i dirigenti e gli alti funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fossero legittimati a rappresentare l’ente cui appartengono nei rapporti con i terzi.
Sottolineano i ricorrenti che, in applicazione del principio ‘ nemo locupletari potest cum aliena iactura ‘, l’amministrazione regionale, per sottrarsi all’obbligo di pagamento, ‘poteva, al più, eccepire e provare che l’indennizzo non è dovuto perché l’arricchito ha rifiutato l’arricchimento ovvero non ha potuto
rifiutarlo perché inconsapevole del « reventum utilitas »’. Nel caso di specie, per contro, essa non solo ‘ha avuto piena contezza dell’attività prestata’, ma ‘non ha mosso alcuna contestazione circa la regolare e proficua esecuzione’ della stessa. Di qui, pertanto, ‘l’evidente paradosso’ della decisione adotta ta, giacché -in ‘assenza di ogni contestazione in merito alla validità/efficacia dell’incarico conferito’, nonché in presenza della ‘corretta ridefinizione dell’attività non quale prestazione d’opera intellettuale, ma quale collaudo, connotato da «poteri tecnici ed amministrativi nell’interesse della PA»’ al ‘rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Regione’ si è fatta conseguire, contraddittoriamente, la ‘imputazione degli ef fetti e dell’ utilitas ‘ all’RAGIONE_SOCIALE commissariale, e non alla stessa Regione.
3.4. Il quarto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 2041 cod. civ. e degli artt. 5 e ss. della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
Si addebita al giudice di appello di aver errato nel ritenere il collaudatore soggetto terzo rispetto alla pubblica amministrazione, nonché nell’applicare la disciplina regolante l’istituzione ed il funzionamento dell’ufficio commissariale, ritenendo che i componenti di tale ufficio avessero agito in virtù di sub -delega da parte del RAGIONE_SOCIALE Delegato, non essendo pertanto legittimati a rappresentare l’Ente suddetto ai fini del riconoscimento della ‘ utilitas ‘.
3.5. Infine, il quinto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale ritenuto assorbito il motivo di appello (il terzo) afferente i criteri di determinazione dell’indennizzo.
I ricorrenti, infatti, evidenziano di aver censurato la sentenza di primo grado in ordine all’asserita necessità della conclusone di un contratto scritto, per poter applicare le tariffe professionali, essendo tale loro doglianza -con cui sollecitavano l’utilizzazione delle stesse in via indiretta, ovvero come parametro di valutazione dell’attività resa in favore dell’amministrazione regionale rimasta priva di ogni decisione.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la Regione RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, proponendo, inoltre, ricorso incidentale (notificato, peraltro, ai soli ricorrenti principali) sulla base di un unico motivo.
4.1. Esso denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 110 cod. proc. civ.
Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la legittimazione passiva di essa Regione RAGIONE_SOCIALE, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, comma 422, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, norma che -peraltro -ha pure superato il vaglio di costituzionalità (è citata, dalla sentenza impugnata, Corte cost., sent. 21 gennaio 2016, n. 8).
Rileva, tuttavia, al riguardo la ricorrente incidentale che, ai sensi degli artt. 141, 143 e 153 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. ‘Codice dell’ambiente’), gli impianti di depurazione e le infrastrutture idrauliche per la gestione dell’impianto fognari o ‘sono di proprietà degli enti locali (i Comuni) e rientrano nei beni demaniali’, il cui regime giuridico è disciplinato dall’art. 822 e ss. cod. civ.; di conseguenza, con la cessazione della gestione commissariale alla data del 30 giugno 2010, si è reali zzato ‘il trasferimento degli impianti e delle funzioni ordinariamente competenti’, ovvero i Comuni consorziati.
È rimasto solo intimato l’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel territorio della Regione RAGIONE_SOCIALE, al quale è stato notificato il solo ricorso principale.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
I ricorrenti principali hanno presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Risulta pregiudiziale la disamina del ricorso incidentale, anche in relazione alla questione della rituale costituzione del rapporto giuridico processuale nella presente sede di legittimità, nei riguardi del l’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel territorio della Regione RAGIONE_SOCIALE.
9.1. Tale ricorso è da rigettare.
9.1.1. Il solo motivo da esso proposto risulta non fondato, ma la motivazione della sentenza impugnata, in punto di legittimazione passiva della Regione, va corretta, a norma dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ.
Si legge, infatti, nella pronuncia della Corte catanzarese che ‘il RAGIONE_SOCIALE Delegato per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel territorio della Regione RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE Delegato per l’RAGIONE_SOCIALE nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella Region e RAGIONE_SOCIALE)’, in origine ‘istituito con Ordinanza del AVV_NOTAIO del AVV_NOTAIO dei AVV_NOTAIO n. 2696 del 21 ottobre 1997
e successive modificazioni ed integrazioni ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 225′, ebbe a cessare la propria attività ‘al 31 dicembre 2012, in forza dell’art. 3, comma 2, de l d.l. 15 maggio 2012, , convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2012, n. 100’. Ad avviso della Corte territoriale, la ‘chiusura della gestione emergenziale comporta il subentro a titolo di successione universale delle Regioni nei rapporti processuali già facenti capo alle cessate strutture commissariali, secondo il meccanismo delineato dall’art. 110 cod. proc. civ., siccome disposto dall’art. 1, comma 422 , della legge 27 dicembre 2013, n. 147’. Su tali basi, dunque, la sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, reiterata dalla Regione in appello.
Orbene, che -nella specie -si sia verificato un fenomeno successorio non è dubitabile, tuttavia la giurisprudenza di questa Corte (già più volte pronunciatasi in relazione alla cessazione dell’attività del RAGIONE_SOCIALE Delegato per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE) ha inquadrato lo stesso nella fattispecie di cui all’art. 111, e non 110, cod. proc. civ.
Si è, infatti, osservato che l’ordinanza della Presidenza del AVV_NOTAIO dei AVV_NOTAIO n. 57, del 14 marzo 2013, ‘ha previsto le modalità di trasferimento delle competenze alla Regione nell’ottica di una collaborazione tra organi precedentemente legittimati e nuovi organi regionali, di guisa che, come riconosciuto dal giudice amministrativo, si è di fronte ad una vicenda qualificabile entro i più contenuti limiti di una successione a titolo particolare nei rapporti controversi, con conseguente applicazione pr ocessuale dell’istituto di cui all’art. 111 cod. proc. civ. e prosecuzione del giudizio tra le parti originarie’; difatti ‘la successione universale tra gli uffici regionali e i soggetti nominati ai sensi dell’art. 5 l. n. 225 del 1992 sarebbe stata config urabile solo allorché questi ultimi fossero qualificabili come
«rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati»’, ciò che, però, ‘non è nel caso di specie, posto che il RAGIONE_SOCIALE era indicato dalla Presidenza RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO senza che potesse in alcuna misura essere qualificato quale rappresentante della Regione RAGIONE_SOCIALE‘ (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 26 giugno 2018, n. 16793, non massimata; in senso conforme Cass. Sez. 1, ord. 3 dicembre 2021, n. 38332 e Cass. Sez. 1, ord. 18 aprile 2023, n. 10317, entrambe non massimate).
Così intesa la relazione intercorrente tra la Regione RAGIONE_SOCIALE e l'(ormai soppresso) RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE Delegato per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oltre a risultare destituita di fondamento la presente impugnazione incidentale, deve ritenersi che l’evocazione in giudizio -ad opera degli odierni ricorrenti principali -del AVV_NOTAIO sia sufficiente perché possa dirsi integrato il contraddittorio, dal momento che la pretesa della Regione di vedere affermato il proprio difetto di legittimazione passiva risulta, per le ragioni illustrate, da disattendere.
Ciò premesso, il ricorso principale è fondato, sebbene nei limiti di seguito indicati.
10.1. Il primo motivo non è fondato.
10.1.1. La (ri)qualificazione del rapporto, intercorso tra gli odierni ricorrenti e l’amministrazione regionale, non in termini di prestazione d’opera, come invece ritenuto dal primo giudi ce, ma come espletamento di attività implicante l’esercizio di potestà amministrative, risulta effettivamente priva di riflessi quanto alla ‘ ratio decidendi ‘ della sentenza impugnata (non a caso censurata con i restanti motivi di ricorso), con cui si è escluso che della
‘ utilitas ‘ dell’attività di collaudo vi fosse stato riconoscimento da parte della Regione.
Non è, dunque, errata la decisione della Corte territoriale, là dove, pur operando il corretto inquadramento giuridico dell’attività dei componenti la Commissione di collaudo, non ha fatto discendere da esso, in via automatica, l’accoglimento del gravame, ritenendo, anzi, che, in relazione alla questione della natura del rapporto intercorso tra gli (allora) appellanti e l’ amministrazione regionale, i primi difettassero di interesse ad impugnare. Giova, infatti, rammentare che ‘in tema di impugnazioni, l’interesse ad agire di cui all’art. 100 cod. proc. civ. postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione da apprezzarsi in relazione all’utilità giuridica che può derivare al proponente il gravame dall’eventuale suo accoglimento’ (da ultimo, Cass. Sez. 1, sent. 29 dicembre 2022, n. 38054, Rv. 666530-01), sicché, nella specie, pur qualificata correttamente l’attività per cui è causa come implicante l’esercizio di potestà amministrativa, tale esito non comportava ‘ ex se ‘ l’accoglimento della pretesa avanzata ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.
10.2. Il secondo motivo è inammissibile.
10.2.1. L ‘omissione che si addebita alla Corte catanzarese non può ricondursi alla fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ.
Invero, la previsione normativa suddetta trova applicazione solo quando l’omissione investa un ‘fatto vero e proprio’ (non una ‘questione’ o un ‘punto’ della sentenza) e, quindi, ‘un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale),
purché controverso e decisivo’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 5, sent. 8 settembre 2016, n. 17761, Rv. 641174-01; nello stesso senso Cass. Sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238, Rv. 64630801), vale a dire ‘un preciso accadimento, ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storiconaturalistico’ (Cass. Sez. 5, sent. 8 ottobre 2014, n. 21152, Rv. 632989-01; Cass. Sez. Un., sent. 23 marzo 2015, n. 5745, non massimata), ‘un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadut e di esso in termini di diritto’ (cfr. Cass. Sez. 1, ord. 5 marzo 2014, n. 5133, Rv. 62964701), e ‘come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni’ (Cass. Sez, 6 -1, ord. 6 settembre 2019, n. 22397, Rv. 655413-01). Nella specie, si addebita al giud ice d’appello l’omessa disamina della dedotta riferibilità, in capo alla Regione RAGIONE_SOCIALE piuttosto che all’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dell’attività svolta, e dunque di una questione, e non di un fatto ‘naturalisticamente’ inteso.
10.3. Il terzo e quarto motivo -suscettibili di disamina unitaria, attenendo alle condizioni per l’applicabilità dell’art. 2041 cod. civ. -sono, invece, fondati.
10.3.1. La sentenza impugnata ha fatto proprio l’assunto del giudice di prime cure secondo cui ‘non sussiste prova di un riconoscimento -esplicito, ovvero implicito -dell ‘utilitas conseguita dall’amministrazione in base all’attività prestata dagli attori’. Esito al quale entrambi i giudici sono giunti sul duplice rilievo che, per un verso, ‘nessuno degli atti prodotti in giudizio’ risulta provenire ‘dall’organo rappresentativo dell e amministrazioni convenute’ e, cioè, ‘nel caso dell’ufficio commissariale, il RAGIONE_SOCIALE Delegato, ovvero il SubRAGIONE_SOCIALE Delegato’ (recando, invece, ‘le firme di dirigenti o
altri funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non legittimati a rappresentare l’ente cui appartengono nei rapporti con i terzi’), precisando, per altro verso, che dal loro contenuto ‘non pare ri n venirsi alcun riconoscimento dell’utilità in parola’.
Così argomentando, tuttavia, la Corte territoriale ha addossato agli odierni ricorrenti un onere probatorio che non grava affatto a carico di chi eserciti l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione, così falsamente applicando l’art. 2041 cod. civ.
Come, infatti, ancora di recente ribadito da questa Corte (tra l’altro, proprio con riferimento ad attività svolta in favore dell’RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE), ‘a fronte di un pregresso e prevalente orientamento che condi zionava l’accoglimento dell’azione’ di ingiustificato arricchimento ‘al riconoscimento dell’ utilitas da parte della pubblica amministrazione, e cioè al riscontro di una valutazione soggettiva in capo all’ipotetico arricchito, le Sezioni Unite’ il riferimento è, ovviamente, a Cass. Sez. Un., sent. 26 maggio 2015, n. 10798, Rv. 635369-01 -‘hanno posto l’accento sulla connotazione invece strettamente oggettiva dell’arricchimento che il depauperato deve provare, senza che l’amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso’ (così, Cass. Sez. 1, ord. n. 10317 del 2021, cit .). Provato, dunque, da chi agisce a norma dell’art. 2041 cod. civ. il proprio depauperamento (e con esso il contestuale arricchimento dell’ amministrazione), l’accoglimento dell’iniziativa dallo stesso assunta incontra il solo ‘limite del divieto di arricchimento imposto’, affin ché ‘il diritto fondamentale di azione del depauperato’ possa ‘adeguatamente coniugarsi con l’esigenza, altrettanto fondamentale, del buon andamento dell’attività amministrativa, affidando alla stessa pubblica amministrazione l’onere di eccepire e provare il rifiuto dell’arricchimento o l’impossibilità del rifiuto per la sua
inconsapevolezza’ (così, ancora, Cass. Sez. 1, ord. n. 10317 del 2023, cit ., che richiama Cass. Sez. Un., n. 10798 del 2015, cit .).
In una simile prospettiva, pertanto, il tema rilevante non è affatto se vi sia stato (e se provenisse da un soggetto a ciò legittimato) il riconoscimento dell’utilità da parte dell’amministrazione regionale, bensì se essa specie a fronte di un rapporto instauratosi ‘ ab origine ‘ con la Regione, proseguito con l’RAGIONE_SOCIALE commissariale, ma ritornato in capo alla prima in forza di un fenomeno successorio riconducibile al disposto dell’art. 111 cod. proc. civ. -sia riuscita a provare il ‘rifiuto’ dell’arricchimento, o la sua impossibilità.
Questi rilievi portano, così, a concludere -come già fatto da questa Corte in passato -che ‘è manifesta l’erroneità dell’affermazione del giudice di merito secondo la quale «è necessario il riconoscimento dell’utilitas »’ da parte della pubblica amministrazione (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 1, ord. n. 10317 del 2023, cit .).
10.4. Il quinto motivo resta assorbito dall’accoglimento dei due precedenti.
11. In conclusione, il ricorso principale va accolto, quanto ai motivi terzo e quarto, e la sentenza impugnata cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, per la decisione nel merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto: ‘ in caso di esercizio dell’azione ex art. 2041 cod. civ. nei confronti della pubblica amministrazione, l’attore è tenuto a provare unicamente il proprio depauperamento e, con esso, il contestuale arricchimento dell’amministrazione, avendo quest’ultima l’onere di eccepire e
provare il rifiuto dell’arricchimento o l’impossibilità del rifiuto per la sua inconsapevolezza ‘ .
A carico della ricorrente incidentale, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent . 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso principale, rigettando il primo, dichiarando inammissibile il secondo e assorbito il quinto, rigettando, invece, il ricorso incidentale.
Cassa, in relazione, la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, per la decisione nel merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titol o di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della