Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 720 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 720 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12337/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE -SEZIONE DI POTENZA, in persona del presidente p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
-ricorrente – contro
GESTIONE LIQUIDATORIA DELL’UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 7 DI COGNOME IONICO, AZIENDA SANITARIA LOCALE N. 5 DI COGNOME IONICO e REGIONE BASILICATA;
-intimate – avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 56/19, depositata il 12 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE -Sezione di Potenza convenne in giudizio la Gestione liquidatoria dell’Unità Sanitaria Locale n. INDIRIZZO di Montalbano Ionico, l’Azienda Sanitaria Locale n. INDIRIZZO di Montalbano Ionico e la Regione Basilicata, per sentirle condannare al pagamento dell’importo di Lire 2.134.555.350, a titolo di corrispettivo per le prestazioni sanitarie erogate in favore degli assistiti dal 1° ottobre 1994 al 25 ottobre 1996, ed in subordine a titolo d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento.
Premesso di gestire due centri di riabilitazione siti in Potenza e Villa d’Agri, in virtù di convenzione stipulata con la Regione il 18 ottobre 1998 e prorogata di anno in anno, riferì di aver aperto una serie di altri ambulatori, le cui prestazioni non erano state retribuite per difetto di un’apposita convenzione, precisando che la stessa era stata stipulata soltanto il 26 ottobre 1996, ed aveva comportato la trasformazione dei centri locali in strutture autonome.
Si costituì l’Asl n. 5, ed eccepì l’incompetenza del Giudice ordinario, sostenendo che la convenzione tipo prevedeva il deferimento delle controversie arbitrali a un collegio arbitrale, e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.
1.1. Con sentenza del 19 novembre 2008, il Tribunale di Matera rigettò l’eccezione d’incompetenza, dichiarò il difetto di legittimazione passiva della Gestione liquidatoria e della Regione e rigettò la domanda principale, accogliendo parzialmente quella subordinata, e condannando l’Asl n. 5 al pagamento della somma di Euro 31.179,71, oltre interessi, a titolo d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento derivante dalle sole prestazioni rese dal centro di Stigliano dal 10 agosto 1996.
L’impugnazione proposta dall’RAGIONE_SOCIALE è stata rigettata dalla Corte d’appello di Potenza, che con sentenza del 12 febbraio 2019 ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dalla Gestione liquidatoria e dall’Asl n. 5.
Premesso che le prestazioni di cui l’attrice aveva chiesto il pagamento erano sottoposte alla disciplina introdotta dalla delibera emessa il 5 aprile
1993, con cui la Giunta regionale aveva emanato l’atto d’indirizzo relativo all’autorizzazione ed alle caratteristiche funzionali dei centri di riabilitazione, la Corte ha confermato che l’attività era stata svolta in contrasto con la normativa di settore: rilevato infatti che con delibera del 19 settembre 1994 la Regione aveva negato l’autorizzazione all’apertura dei nuovi centri, ha escluso che la stessa potesse consistere nel nulla osta sanitario rilasciato dai medici competenti delle usl ai sensi della circolare n. 223 del 29 novembre 1968, il quale non aveva alcun valore ai fini dell’ammissione all’espletamento dei trattamenti presso le predette sedi. Precisato inoltre che la convenzione a tal fine necessaria non doveva essere conclusa con i singoli ambulatori, ma con l’AIAS, in modo tale da ricomprendere comunque le predette prestazioni, ha rilevato che la cessazione del pagamento da parte della Regione era stata giustificata proprio con la necessità di stipulare un’apposita convenzione.
Quanto poi all’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, la Corte ha rilevato che l’appellante non aveva dedotto né provato alcunché in ordine alle ragioni poste a fondamento del rigetto della relativa domanda, ritenendo generico il rinvio alla documentazione prodotta, non pertinente il riferimento alla mancata prova dell’utilità delle prestazioni, ed ininfluente l’inosservanza delle circolari del Ministero della sanità n. 100 del 1° aprile 1997 e n. 9400 del 25 giugno 2007, che avrebbe potuto assumere rilievo soltanto in presenza di prestazioni rese regolarmente in esecuzione di una convenzione stipulata tra le parti.
La Corte ha ritenuto altresì generiche le censure sollevate con l’appello incidentale, osservando che le stesse si risolvevano in una critica apodittica alla decisione impugnata, non essendo stati chiariti i motivi per cui l’autorizzazione provvisoria non costituiva riconoscimento dell’ utilitas .
Avverso la predetta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. Le intimate non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della legge 23 dicembre 1994, n. 724, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, della circolare
ministeriale n. 223 del 29 novembre 1968 e della delibera della Giunta regionale del 5 aprile 1993, nonché l’omessa valutazione della convenzione del 18 gennaio 1988 e dei nulla osta sanitari, osservando che la sentenza impugnata ha erroneamente disapplicato la convenzione, non avendo considerato che gli ambulatori erano stati aperti in virtù della circolare ministeriale, la quale aveva autorizzato i centri già in funzione ad istituire piccoli ambulatori distaccati. Ribadito inoltre che i medici dell’usl competente avevano rilasciato i necessari nulla osta sanitari, afferma che sotto il profilo contabile gli ambulatori dipendevano dal centro principale, presso il quale venivano contabilizzate le prestazioni, aggiungendo che dal 1991 al 1994 le stesse erano state regolarmente retribuite. Sostiene infine che la delibera del 5 aprile 1993 è stata erroneamente applicata agli ambulatori in questione, aperti in data anteriore ed operanti in favore dei medesimi pazienti assistiti dal 1991.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Le censure proposte dalla ricorrente mirano a sollecitare, attraverso la denuncia di violazione delle norme che disciplinano la prestazione dei servizi sanitari, un sindacato in ordine all’interpretazione della convenzione stipulata dalla ricorrente con la Regione, ed in particolare all’affermazione della Corte territoriale, secondo cui l’efficacia della stessa non si estendeva alle prestazioni rese dai singoli ambulatori, i cui costi non avrebbero potuto essere posti a carico della Regione, in mancanza di un’espressa previsione. Tale interpretazione, postulando la ricostruzione della comune intenzione delle parti contraenti, costituisce il risultato di un’indagine di fatto, riservata in via esclusiva al giudice di merito, e censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale ovvero per illogicità ed incongruenza della motivazione, nella specie neppure dedotte (cfr. Cass., Sez. lav., 4/04/2022, n. 10745; Cass., Sez. III, 14/07/2016, n. 14355; 10/02/2015, n. 2465). Nel contestare il senso attribuito alla convenzione, la ricorrente si è infatti limitata per un verso ad invocare la delibera della Giunta regionale e la circolare ministeriale riguardanti l’apertura degli ambulatori, prive di efficacia normativa, in quanto configurabili come atti meramente interni, destinati ad indirizzare in modo uniforme l’attività degli organi amministrativi (cfr. Cass., Sez. VI, 27/05/2018, n. 19697; 10/08/2015, n. 16644; Cass., Sez. V, 30/05/
2005, n. 11449), e per altro verso ad insistere sulla rilevanza di circostanze non pertinenti all’interpretazione del contratto, quali l’avvenuto rilascio dei nulla osta necessari per l’apertura degli ambulatori distaccati, aventi ad oggetto la sola verifica dei requisiti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, e l’avvenuto pagamento del corrispettivo delle prestazioni rese dai medesimi ambulatori fino al 1994, che, in quanto attinente al comportamento delle parti successivo alla stipulazione della convenzione, deve considerarsi inidoneo ad evidenziare la formazione di un accordo ulteriore tra le parti relativo alle prestazioni in esame, trattandosi di un contratto della Pubblica Amministrazione, per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam (cfr. Cass., Sez. I, 11/05/2007, n. 10868; Cass., Sez. II, 4/06/2002, n. 8080; 2/ 06/2000, n. 7416).
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della legge n. 724 del 1994, della legge n. 833 del 1998, del d.lgs. n. 502 del 1992 e dell’art. 2041 cod. civ., nonché la nullità della sentenza impugnata per mera apparenza della motivazione, osservando che, nel ritenere generiche le censure riguardanti il rigetto della domanda di riconoscimento dell’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, la Corte di merito ha omesso d’indicarne le ragioni, nonché di giustificare la ritenuta violazione dell’art. 2697 cod. civ. Sostiene infatti che dagli atti emergevano l’utilità della prestazione e la consapevolezza dell’usl, mentre incombeva a quest’ultima la verifica delle prestazioni autorizzate, nella specie mai contestate.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Nel censurare la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il secondo motivo di appello, avente ad oggetto l’ingiustificato arricchimento derivante dalle prestazioni di riabilitazione diverse da quelle rese dal centro di Stigliano dal 10 agosto 1996, la ricorrente richiama infatti un passo della motivazione afferente ad una statuizione diversa, e segnatamente alla dichiarazione d’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dalla Gestione liquidatoria e dall’Asl n. 5, avente anch’esso ad oggetto l’ingiustificato arricchimento, ma riguardante la pronuncia di parziale accoglimento della domanda, emessa dal Giudice di primo grado. Il motivo non attinge pertanto la ratio decidendi della statuizione impugnata, la quale risulta d’altronde tutt’al-
tro che immotivata, avendo la Corte d’appello rilevato il mancato svolgimento di argomentazioni volte specificamente a confutare la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto non provato che l’Usl fosse consapevole dell’effettuazione delle prestazioni da parte degli ambulatori, aveva escluso l’avvenuto riconoscimento dell’utilità delle stesse, in virtù del diniego della necessaria autorizzazione, ed aveva dato atto della mancata produzione della documentazione relativa all’attività svolta dagli ambulatori diversi da quello di Stigliano. La ricorrente insiste sulla specificità delle proprie censure, affermando di aver ribadito l’utilità delle prestazioni e la consapevolezza da parte dell’Usl in ordine all’effettuazione delle stesse, senza però essere in grado di dimostrare di aver puntualmente censurato la sentenza di primo grado anche nella parte in cui aveva evidenziato che le prestazioni erano state rese a fronte dell’espresso diniego dell’autorizzazione da parte della Regione, affermando che, in tale situazione, l’accoglimento della domanda di cui all’art. 2041 cod. civ. avrebbe comportato un aggiramento della disciplina in materia di svolgimento dell’attività sanitaria in regime di convenzione: tale passaggio della motivazione, implicando il riferimento alla figura del c.d. arricchimento imposto, configurabile anche in caso di rifiuto della prestazione da parte della Pubblica Amministrazione e ritenuto di per sé idoneo a giustificare il rigetto della domanda di riconoscimento dell’indennizzo (cfr. Cass., Sez. Un., 26/05/ 2015, n. 10798; Cass., Sez. VI, 5/11/2020, n. 24642; Cass., Sez. I, 27/06/ 2017, n. 15937), avrebbe imposto all’appellante di proporre specifiche censure in ordine al diniego dell’autorizzazione, la cui mancata formulazione conferma la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. rilevata dalla sentenza impugnata.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 19/10/2023