Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23465 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23465 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 28857 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), con il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato C.F. P_IVA, Fax NUMERO_TELEFONO e PEC EMAIL, presso i cui uffici domiciliata in Roma, INDIRIZZO
Ricorrente
contro
Strassil dr. Ing. NOME (C.F. CODICE_FISCALE, nato a Roma, il 29 novembre 1946, con studio in INDIRIZZO, P.I. P_IVA, iscritto all’Albo degli Ingegneri di Roma e Provincia al numero A9395, rappresentato e difeso – giusta procura estesa in calce al controricorso – dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. RNL CODICE_FISCALE; pec EMAIL); dal Prof. Avv. NOME COGNOME (C.F. CCL CODICE_FISCALE; pec EMAIL) e dal Prof. Avv. NOME COGNOME (C.F. RCC LSN CODICE_FISCALE; pec EMAIL).
Controricorrente e Ricorrente incidentale
Regione Lazio , c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del presidente pro tempore della Giunta Regionale, rappresentata e difesa, in virtù di procura allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME C.F.: CODICE_FISCALE e presso la medesima elettivamente domiciliata in Roma, negli Uffici dell’Avvocatura dell’Ente in INDIRIZZO la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni presso il numero di fax 0651686900, p.e.c.: EMAIL.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 5366 depositata il 20 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- L’ingegner NOME COGNOMEpremesso di essere stato incaricato dalla Regione Lazio di eseguire la progettazione preliminare e definitiva dei lavori relativi alla ” Bretella Salaria INDIRIZZO ” 1° stralcio Parti A e B (collegamento stradale Autostrada A1 – S.S. Salaria, compreso il nuovo casello di Castelnuovo di Porto), nonché di svolgere ulteriori attività suppletive, consistenti nell’assistenza per l’acquisizione di pareri, nello studio geologico e idraulico e nell’indagine vegetazionale, e di non aver ricevuto il compenso professionale, pari ad euro 2.368.078,70 -tutto ciò premesso, conveniva davanti al Tribunale di Roma la Regione e l’Anas, chiedendo in via principale l’accertamento dell’esistenza di un contratto tra attore e Regione e la condanna di quest’ultima al pagamento del compenso per l’opera svolta e, in subordine, la condanna di entrambi i convenuti al pagamento della medesima cifra a titolo di ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.
2 .- Il Tribunale, espletata c.t.u., rigettava la domanda principale e, ritenuta la fondatezza di quella subordinata, condannava i due convenuti in solido a pagare al professionista la somma di euro 1.183.084,00, oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza.
3 .- La Corte d’appello della stessa città, adita da Regione ed Anas con separati appelli poi riuniti, nel contradditorio di tutte le parti, accoglieva quello della Regione e rigettava quello dell’Anas, nonché quello incidentale formulato dal professionista.
Quanto all’impugnazione principale della Regione, osservava la Corte che, laddove il funzionario pubblico abbia assunto col suo comportamento obbligazioni verso i terzi, poteva essere citato, per legge, direttamente in giudizio dal creditore, con la conseguenza che, avendo quest’ultimo un’azione a sua disposizione, l’azione di arricchimento formulata dallo Strassil contro la Regione Lazio era preclusa dall’art. 2042 cod. civ.
Ne derivava, dunque, ‘ il difetto di legittimazione passiva della Regione ‘.
Quanto, invece, all’appello di Anas, riteneva la Corte che quest’ultima avesse tratto utilità dall’opera professionale dell’attore, in quanto il progetto da questi redatto era stato approvato dal Consiglio di amministrazione dell’ente con delibera n° 65 dell’8 maggio 2003 e, dopo le modifiche ed integrazioni apportate su indicazione degli Enti locali, con delibera n° 22 del 3 marzo 2004 era stato assunto anche il relativo impegno di spesa.
Era, inoltre, inammissibile l’appello di Anas in punto di quantificazione dell’indennizzo, in quanto la contestazione sul punto sarebbe stata ‘ effettuata in modo del tutto generico ‘.
L’ulteriore motivo di appello dell’Anas concernente gli interessi era inammissibile ‘ per difetto di censura specifica ‘ e, sotto altro aspetto, era infondato, in quanto la decisione del Tribunale era conforme al principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sen-
tenza n° 1880/2013, secondo la quale l’indennizzo ha natura di credito di valore e va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione.
Infine, secondo la Corte anche l’appello incidentale del professionista era infondato, tenuto conto di Cass. 14670/2019 e di Cass. 12702/2019, e del fatto che l’impugnazione si incentrava sull’attività svolta dal professionista, ma non sulla diminuzione patrimoniale da lui subita.
4 .- Ricorre per cassazione Anas, affidando il gravame a cinque motivi, illustrati da memoria.
Resiste lo Strassil, che conclude per l’inammissibilità o per il rigetto dell’impugnazione principale e propone ricorso incidentale in base a tre mezzi.
Resiste la Regione Lazio, che ha depositato controricorso solo in risposta al ricorso principale, concludendo per il suo rigetto.
La causa è stata assegnata per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5 .- Col primo motivo di ricorso principale Anas, sulla base dell’ art. 360 n° 4 cod. proc. civ., censura la sentenza gravata ‘ perché affetta da nullità per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per la assoluta inesistenza della motivazione ‘.
Lamenta, in particolare, che la Corte d’appello non avrebbe dato contezza dei motivi della decisione; non avrebbe statuito sulla mancanza di residualità dell’azione di ingiustificato arricchimento, omettendo di esaminare una serie di argomentazioni formulate da Anas nella citazione di secondo grado; si sarebbe riportata alla motivazione del Tribunale, senza dare conto dei motivi di impugnazione; il motivo di appello sulla quantificazione dell’indennizzo e sugli
interessi era stato dichiarato inammissibile per genericità senza motivazione, nonostante gli specifici rilievi mossi in punto di inapplicabilità della tariffa professionale e sulla decorrenza dei predetti accessori.
Col secondo , sempre sulla scorta dell’art. 360 n° 4 del codice di rito, deduce la nullità della sentenza ‘ per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. sotto il profilo della motivazione illogica e contraddittoria e quindi incomprensibile ‘.
La Corte ha predicato la mancanza di sussidiarietà della domanda di arricchimento nei confronti della Regione, facendone contraddittoriamente discendere la carenza di legittimazione passiva di quest’ultima, ma non di Anas.
Col terzo mezzo -intitolato ‘ La sentenza del giudice d’appello merita, inoltre, di essere cassata ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. con riferimento agli artt. 2041 e 2042 cod. civ. per l’aspetto della residualità ‘ -il ricorrente deduce, ancora, la contraddittorietà della motivazione, in base alla quale la sussidiarietà dell’azione è stata esclusa nei confronti della Regione, ma non dell’Anas.
Col quarto , formulato ai sensi dell’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., lamenta ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c. con riferimento alla diversità del soggetto arricchito ‘.
Nell’appello Anas aveva dedotto di non aver mai avuto rapporto con l’ ingegner COGNOME e che il ‘ reale mandante dell’incarico professionale ‘ era la Regione, avendo Anas svolto solo la funzione tecnica di stazione appaltante, tanto che l’approvazione del progetto da parte di Anas sarebbe consistita in una mera ‘ fase endoprocedimentale ‘: da qui l ‘erroneità della sentenza nella parte in cui ha accertato un vantaggio a suo favore.
Col quinto il ricorrente deduce ‘ Violazione artt. 2041, 2042 Cod. Civ., art. 360 n. 3 c.p.c., per l’aspetto della quantificazione dell’indennizzo e degli interessi ‘.
La Corte avrebbe errato nel liquidare gli interessi sulla base della tariffa professionale, dovendosi invece liquidare l’indennizzo ex art. 2041 cod. civ. nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dal professionista.
6 .- Prima di scrutinare i motivi di ricorso principale, conviene riassumere anche quelli di ricorso incidentale.
Col primo motivo di ricorso incidentale (‘ Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. con riferimento all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. ‘) l ‘ingegner COGNOME deduce che la Corte d’appello avrebbe accertato la carenza di legittimazione passiva della Regione nonostante quest’ultima non avesse mai sollevato tale eccezione nel giudizio di primo grado.
Col secondo deduce, ai sensi dell’art. 360 n° 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 115, 116 e 345 dello stesso codice.
La Regione in ambedue i gradi non avrebbe mai contestato né l’avvenuta esecuzione della prestazione professionale, né l’utilità della medesima prestazione e l’utilizzo dei progetti, né i presupposti per il riconoscimento di un risarcimento a titolo di indebito arricchimento.
Infine, non avrebbe nemmeno mai contestato le risultanze della consulenza tecnica.
Col terzo , sempre in base all’art. 360 n° 3, cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 191, quarto comma, del d.lgs. n° 267/2000, e dell’art. 2041 cod. civ.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che fosse esperibile l’azione diretta contro il funzionario responsabile del debito fuori bilancio, donde, a dire della stessa Corte, la mancanza di sussidiarietà dell’azione di arricchimento verso la Regione Lazio, ma senza considerare che l’art. 191, quarto comma, del d.lgs. n° 267/2000 è applicabile solo agli ‘ enti locali ‘ come definiti nell ‘art. 2 dello stesso TU, tra i quali non sono comprese né le Regioni, né l’Anas.
7 .- Così riassunti i vari motivi di ricorso, va immediatamente sgomberato il campo dal primo motivo di ricorso incidentale, che è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Invero, il ricorrente avrebbe dovuto trascrivere gli atti processuali dei gradi precedenti (art. 366 n° 4 e 6 cod. proc. civ.), in modo da mettere la Corte di cassazione nella condizione di accertare quali fossero le difese della Regione nel primo grado di giudizio e di verificare che effettivamente l’Ente territoriale non ebbe a contestare la propria legittimazione passiva: tale carenza rende il mezzo inammissibile.
Peraltro, deve anche osservarsi che, stando al controricorso della Regione (pagina 3), essa aveva chiesto alla Corte d’appello di accertare e dichiarare la propria carenza di legittimazione passiva, sicché il mezzo -almeno secondo le allegazioni difensive dell’Ente territoriale -appare inammissibile anche perché parte da un presupposto non vero.
In ogni caso, la questione riguardava la titolarità del rapporto controverso ed era, pertanto, rilevabile d’ufficio, con la conseguenza che l’eccezione poteva essere proposta anche in secondo grado.
8 .- Per ciò che concerne gli altri due motivi, occorre premettere che la Corte, come già esposto nella precedente parte narrativa, ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva della Regione, e tale snodo logico non è stato impugnato dal ricorrente incidentale, se non sotto il limitato profilo indicato nel primo mezzo, ossia per l’impossibilità di rilievo d’ufficio della carenza di legittimazione passiva.
Ne deriva che l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza della censura mossa con la prima doglianza incidentale determina il passaggio in giudicato della carenza di legittimazione passiva della Regione, con la conseguenza che i rimanenti due mezzi di impugnazione incidentale sono assorbiti.
9 .- Passando ora all’esame dei motivi di ricorso principale, osserva il Collegio che il quarto di essi è fondato e determina l’assorbimento dei restanti, che pongono questioni da riesaminare, se del caso, in sede di rinvio.
Giova premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (per tutte: Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n° 22232), si è in presenza di una motivazione apparente allorché essa, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice.
Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione.
Ora, la sentenza impugnata, pur dotata in apparenza di una motivazione grafica, non lascia comprendere il percorso logico seguito dalla Corte territoriale per predicare l’obbligazione di indennizzo in capo ad Anas, soprattutto dopo che quest’ultimo aveva svolto nell’atto d’appello specifici e pertinenti rilievi in ordine alla collaborazione con la Regione per l’esecuzione dell’opera pubblica (sebbene trascritti nel quarto motivo, pagine 14-15), tendenti ad escludere la sussistenza di un suo arricchimento.
Al riguardo, va infatti rammentato che, nell’ipotesi di collaborazione tra Enti nell’esecuzione di opere pubbliche, la stipulazione di contratti di appalto con i terzi non si traduce sempre nell’assun-
zione della veste di committente da parte della stazione appaltante, che può, invece, essere chiamata ad operare quale ente prescelto per la realizzazione dell’intervento programmato, e dunque in qualità di nudus minister dell’ente competente, privo di poteri esterni idonei a consentirne l’individuazione quale controparte sostanziale dell’appaltatore (sul che si veda Cass., sez. I, 16 gennaio 2025, n° 1131, con menzione di altri precedenti).
Non è chi non veda come tale modalità di svolgimento della collaborazione predetta possa avere rilievo anche in tema di ingiustificato arricchimento: ne deriva che le censure di Anas erano decisive.
A fronte di tali puntuali critiche, la Corte territoriale ha esordito predicando l’infondatezza dell’appello di Anas ed ha poi spiegato tale conclusione richiamando laconicamente alcune righe della motivazione del primo giudice, nelle quali si afferma che Anas avrebbe tratto utilità dal progetto dell’ingegner COGNOME per averlo approvato con due delibere del Consiglio di amministrazione: il tutto senza esporre in cosa sia consistita tale utilità e, soprattutto, perché essa fosse da ascrivere a tale Ente, nonostante il rapporto di collaborazione (dedotto da Anas) di cui sopra si è detto.
Ancora più apodittiche, poi, sono le declaratorie di inammissibilità delle censure di Anas in ordine alla quantificazione dell’indennizzo ed alla misura ed entità degli interessi, sol che si consideri che qui la motivazione è consistita nella mera trascrizione di due massime di questa Suprema Corte, senza alcuna esposizione dei fatti di causa e del perché tali massime fossero invocabili nel caso deciso.
10 .- Alla cassazione della sentenza segue la rimessione della causa alla Corte d’appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Va, nondimeno, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente incidentale, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte accoglie il quarto motivo di ricorso principale e dichiara assorbiti i rimanenti. Respinge il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa com-