LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ingiustificato arricchimento: chi paga il professionista?

Un professionista esegue una progettazione per un’opera pubblica su incarico di una Regione, ma in collaborazione con una società statale. Al momento del pagamento, sorge una disputa su chi debba saldare il compenso. La Corte di Cassazione, intervenendo sul tema dell’ingiustificato arricchimento, cassa la sentenza d’appello per “motivazione apparente”. La Corte chiarisce che non basta approvare un progetto per essere considerati “arricchiti”; è necessario un vantaggio concreto e dimostrato, distinguendo tra il beneficiario reale dell’opera e chi svolge un mero ruolo tecnico-procedurale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ingiustificato arricchimento: chi paga il professionista tra più Enti Pubblici?

Quando un professionista svolge un’importante prestazione per la Pubblica Amministrazione, come la progettazione di un’opera strategica, si aspetta giustamente di essere pagato. Ma cosa succede se l’incarico è formalmente conferito da un ente, ma il progetto viene poi utilizzato e approvato da un altro? La recente ordinanza della Corte di Cassazione analizza un caso complesso, offrendo chiarimenti cruciali sull’azione di ingiustificato arricchimento e sulla corretta individuazione del soggetto tenuto al pagamento.

I Fatti di Causa

Un ingegnere veniva incaricato da una Regione di redigere il progetto preliminare e definitivo per un’importante opera stradale. Oltre alla progettazione, svolgeva attività supplementari come studi geologici e assistenza per l’ottenimento di pareri. Non avendo ricevuto il compenso pattuito, pari a oltre due milioni di euro, il professionista citava in giudizio sia la Regione che la società statale concessionaria della rete stradale, chiedendo in via subordinata la condanna di entrambe per ingiustificato arricchimento.

Il Percorso Giudiziario

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda contrattuale ma accoglieva quella di ingiustificato arricchimento, condannando in solido la Regione e la società statale al pagamento di circa 1,2 milioni di euro.

La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava parzialmente la decisione. Accoglieva l’appello della Regione, dichiarandone il difetto di legittimazione passiva. Secondo i giudici di secondo grado, il professionista avrebbe potuto agire direttamente contro il funzionario pubblico responsabile, il che rendeva inammissibile l’azione sussidiaria di arricchimento contro l’ente. Rigettava, invece, l’appello della società statale, ritenendo che quest’ultima avesse tratto un’effettiva utilità dal progetto, avendolo approvato con due delibere del proprio consiglio di amministrazione.

La Decisione della Cassazione sull’Ingiustificato Arricchimento

La vicenda approda in Cassazione con un ricorso principale della società statale e un ricorso incidentale del professionista. La Suprema Corte si concentra sul quarto motivo del ricorso principale, ritenendolo fondato e assorbente rispetto agli altri.

La critica alla “motivazione apparente”

La società statale lamentava che la Corte d’Appello avesse errato nell’individuarla come soggetto arricchito. Sosteneva di aver agito come mero nudus minister, ovvero come braccio tecnico-operativo della Regione, vera mandante e beneficiaria dell’opera. L’approvazione del progetto, secondo la ricorrente, era solo una fase interna al procedimento, non un atto che generasse un arricchimento a proprio vantaggio.

La Cassazione accoglie questa tesi, definendo la motivazione della sentenza d’appello “apparente, perplessa e incomprensibile”. I giudici di legittimità sottolineano che la Corte territoriale non aveva spiegato in cosa consistesse l’utilità concreta tratta dalla società, limitandosi a menzionare l’approvazione del progetto. Questo ragionamento laconico non permette di comprendere il percorso logico seguito e non risponde alle specifiche censure mosse dalla società.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra chi compie un atto formale e chi riceve un vantaggio sostanziale. La Cassazione afferma che, in casi di collaborazione tra enti pubblici, la stipulazione di contratti o l’approvazione di progetti da parte di una stazione appaltante non implica automaticamente che questa sia la parte arricchita. È necessario verificare chi sia il reale beneficiario dell’opera.

Affermare che la società si è arricchita solo perché ha approvato il progetto con delle delibere è una conclusione che non regge al vaglio di legittimità. La motivazione diventa “apparente” quando il giudice omette di esaminare argomentazioni decisive e si limita a trascrivere massime giurisprudenziali o a richiamare genericamente atti del processo, senza spiegare perché siano rilevanti nel caso specifico. Nel caso di specie, la Corte d’Appello non ha chiarito perché l’utilità dovesse essere ascritta alla società statale e non, invece, alla Regione, vero soggetto promotore dell’intervento infrastrutturale.

Le Conclusioni

La Suprema Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso, tenendo conto dei principi espressi e, in particolare, dovrà accertare con una motivazione congrua e logica se la società statale abbia effettivamente tratto un vantaggio economico-patrimoniale dall’opera del professionista o se abbia agito come semplice soggetto attuatore per conto della Regione. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: nell’azione di ingiustificato arricchimento, l’onere del giudice è quello di individuare con precisione il soggetto che ha beneficiato della prestazione, senza fermarsi ad apparenze formali o a ruoli meramente procedurali.

Cosa si intende per ‘ingiustificato arricchimento’ nei confronti della Pubblica Amministrazione?
È un’azione legale che permette a un soggetto, che ha eseguito una prestazione a vantaggio di un ente pubblico senza un valido contratto, di ottenere un indennizzo pari alla diminuzione patrimoniale subita, nei limiti dell’arricchimento conseguito dall’ente. È un’azione sussidiaria, esperibile solo quando non esistono altre azioni per tutelare i propri diritti.

Perché la motivazione di una sentenza può essere definita ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo presente nel testo della sentenza, è talmente generica, contraddittoria o laconica da non rendere comprensibile il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. Questo vizio ne comporta la nullità.

Chi è il soggetto ‘arricchito’ se più enti pubblici collaborano a un’opera?
Secondo la Corte, il soggetto arricchito non è necessariamente quello che compie atti formali come l’approvazione di un progetto. È colui che trae un’utilità concreta e un vantaggio patrimoniale effettivo dalla prestazione. Bisogna distinguere il ruolo di mero attuatore tecnico (nudus minister) da quello di reale beneficiario dell’opera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati