Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8039 Anno 2019
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8039 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2019
SENTENZA
sul ricorso 3774-2014 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio
dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME
– con troricorrente –
nonché contro
SOCIETA’ DI RAGIONE_SOCIALE – Socio Unico Comune di Torino, in persona del Direttore Generale, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza la sentenza n. 7175/2013 del Tribunale di Torino, depositata il 09/12/2013; udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4 luglio 2018 dal Consigliere relatore Dott.ssa NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi gli Avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME per parti resistenti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 7175 del 2013 (depositata il 09.12.2013 e non notificata) il Tribunale di Torino rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 3626 del 2012 emessa dal Giudice di Pace di Torino il quale, a sua volta, aveva respinto il ricorso per opposizione all’ingiunzione fiscale n. NUMERO_DOCUMENTO notificata il 23 dicembre 2011, emessa dalla società RAGIONE_SOCIALE per il recupero di somme derivanti da tre verbali di accertamento di infrazioni al codice della strada, non impugnati dalla ricorrente, emessi dal corpo di Polizia Municipale di Torino.
Il Tribunale, premessa una ricostruzione del panorama normativo di riferimento, riteneva legittimo il ricorso da parte della socie concessionaria alla procedura di ingiunzione di cui all’art. 2 R.D. n. 639 del 1910, come affermato dalla Corte di legittimità (sent. n. 8460 del 2010),
rientrando le somme dovuto a titolo di sanzione amministrativa per violazione del codice della strada sicuramente tra le “altre entrate di spettanza delle province e dei comuni”, per le quali l’art. 52, comma 6, d.lgs. n. 446 del 1997 prevede la possibilità di procedere alla riscossione coattiva anche con la procedura indicata dal R.D. indicato.
La COGNOME ha proposto ricorso per cassazione (con atto notificato il 03.01.2014) avverso la predetta sentenza, formulando con un unico motivo, la censura di falsa applicazione dell’art. 36, comma 2 del d.l. 248/2007, convertito con modificazioni, in I. 28 febbraio 2008, n. 31, dell’art. 4, commi 2 sexies e septies del 24 settembre 2002 n. 209, violazione dell’art. 2 R.D. 639/1910 e dell’art. 7, comma 2, lett. gg septies del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 e degli artt.14 e 15 delle c.d. preleggi e 5 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. .
Il COMUNE e la società RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
Il ricorso – previa relazione stilata dal nominato consigliere delegato stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis c.p.c., avanti alla sesta sezione civil – 2. All’esito dell’adunanza camerale fissata al 05.12.2016, con ordinanza interlocutoria n. 18159 del 2017 depositata il 21.07.2017, è stato rimesso alla pubblica udienza dinanzi alla seconda sezione per carenza
dell’elemento dell’evidenza decisionale.
Entrambi i controricorrenti hanno depositato separate memorie illustrative in prossimità della pubblica udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo la ricorrente lamenta che a norma dell’art. 5 c.p.c. il giudice di merito non abbia tenuto conto della normativa in concreto applicabile alla fattispecie, ratione temporis, ponendo mente al fatto che l’ingiunzione fiscale è stata notificata alla stessa in data 23 dicembr 2011, allorchè il quadro normativo in vigore non prevedeva alcuna norma di conferimento del potere ai concessionari ex art. 53 del d.lgs. 446/1997 Th di emettere l’ingiunzione prevista dall’art. D. 639/1910. Ad avviso -del R. della ricorrente, infatti, al tempo della emissione della ingiunzion
(dicembre 2011) l’unica norma evocabile (l’art. 1, comma 447, della legge n. 266 del 2005) autorizzava i concessionari a procedere alla riscossione coattiva delle somme ingiunte ai sensi del r.d. n. 639 del 1910, ma non anche a procedere essi stessi alla emissione dell’ingiunzione fiscale, con la conseguenza che la RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto ad esercitare siffatto potere senza alcuna copertura legislativa. Prosegue la ricorrente che si tratta di potere riconosciuto in capo alle sole autorità amministrative da disposizione avente il carattere di norma eccezionale, non estensibile per analogia.
Il motivo è infondato.
Occorre preliminarmente procedere ad una ricostruzione del quadro normativo di riferimento per una corretta valutazione delle statuizioni del Tribunale di Torino.
La possibilità per i Comuni di avvalersi della procedura di riscossione forzata tramite l’ingiunzione di cui il R.D. 639/1910 è stata attribuita d D.Igs. 15 dicembre 1997 n. 446, in forza del quale è prevista la potestà di affidare a terzi la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate forme dell’art. 52 del D.Igs. n. 446/97.
Successivamente, l’art. 36, comma 2, del D.L. n. 248/2007 ha previsto che: “La riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli locali continua a potere essere effettuata con: a) la dura GLYPH proce dell’ingiunzione di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, seguendo anche le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in propri dall’ente locale o è affidata ai soggetti di cui all’articolo 52, comma lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; b) la procedura del ruolo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della riscossione di cui all’art. 3 del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248”. La riforma ha preso avvio dalla legge 23 dicembre 2005 n. 266 e poi con il
D.L. n. 248 del 31 dicembre 2007 (convertito in legge n. 31 del 28
febbraio 2008) che all’art. 36 comma 2, il qualeituito l’art. 52 b.z sost predetto, ha reso obbligatorio il ruolo solo per le entrate dello Stat lasciando invece ai comuni la facoltà di scelta.
Solo successivamente, con l’introduzione del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 all’art. 7, comma 2, lett. gg-septies, è stato disposto che dalla data d entrata in vigore delle disposizioni di cui alle lettere da gg-ter e gg-sexie si sarebbe perfezionata l’abrogazione dei nn. 1 e 3 della lettera gg-septies, data fissata, dapprima, con decorrenza dal 1 gennaio 2012, successivamente modificata (con l’art. 10 co. 13-octies del D.L. 6 dicembre 2011), con la decorrenza al 31 dicembre 2012″. Tale disposizione, però, non ha avuto seguito in quanto, sempre nel 2011, con il D.L. n. 216, (al comma 5 bis dell’art. 29) è stato disposto che “l’abrogazione delle disposizioni previste dall’art. 7 comma 2 lett. ggsepties, numeri 1 e 3 del decreto legge 13 maggio 2011 n. 70 convertito con modificazioni della legge 12 luglio 2011 n. 106 acquista efficacia a decorrere dalla data di applicazione delle disposizioni di cui alla lettera gg ter e gg-quater del medesimo”. Sarebbe stato impossibile, quindi, abrogare una norma, per l’appunto i numeri 1 e 3 della lettera gg-septies del comma 2 dell’art. 7 del D.L.70/2011, prima ancora dell’efficacia e operatività della disposizione che avrebbe comportato la loro abrogazione solo a partire dal 31 dicembre 2012.
E’ poi intervenuta la legge n. 44 del 2012, di conversione del D.L. 2 marzo 2012 n. 16, che all’art 5 comma 8 bis dispone: “all’art. 7, comma 2, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e successive modificazioni, la lettera ggsepties è sostituita dalla seguente “nel caso di affidamento ai soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, la riscossione delle entrate viene effettuata mediante l’apertura di uno o più conti correnti di riscossione, postali o bancar intestati al soggetto affidatario e dedicati alla riscossione delle entra dell’ente affidante, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse. I riversamento dai conti correnti di riscossione sul conto corrente di
tesoreria dell’ente delle somme riscosse, al netto dell’aggio e delle spese anticipate dal soggetto affidatario, deve avvenire entro la prima decade di ogni mese con riferimento alle somme accreditate sui conti correnti di riscossione nel mese precedente”.
In altri termini, l’abrogazione dell’art. 36, comma 2, del D.L. n. 248/2007, dopo essere stata rinviata, più volte, è stata cancellata dal nostro ordinamento, giacchè per effetto del meccanismo sopra descritto – nuova formulazione della lettera gg-septies e mancata riproduzione della previsione di abrogazione delle norme – è rimasto in vigore il comma 2sexies dell’art. 4 del d.l. n. 209 del 2002, a norma del quale «i comuni e i concessionari iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativ dicembre 1997, n. 446, di seguito denominati “concessionari”, procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, secondo le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili».
Alla luce di siffatto quadro normativo, recente giurisprudenza di questa Corte, che si ritiene di condividere, ha accertato che la legge consente (e consentiva nel dicembre 2011) il ricorso all’ingiunzione regolata dal citato r.d. n. 639 del 1910 non solo ai Comuni, ma anche ai concessionari, non essendovi ragione per limitare l’accesso allo strumento alle sole autorità amministrative, stante la mancata abrogazione dell’art. 36, comma 2, del d.l. n. 248 del 2007 e la formula univoca dell’art. 2-sexies del d.l. n. 20 del 2002 (cfr Cass. 13 novembre 2017 n. 26736).
Ne consegue che correttamente il giudice del merito ha ritenuto applicabile nella specie la giurisprudenza di questa Corte, che sul punto in questione ha affermato che le somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per violazione delle norme del codice della strada rientrano tra le “altre entrate di spettanza delle province e dei comuni” per le qual l’art. 52, comma 6, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (nel testo, applicabile “ratione temporis”, anteriore all’abrogazione da parte dell’art. 1, comma 224, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), prevede la possibilità di procedere alla riscossione coattiva anche con la procedura
indicata dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639, atteso che il riferimento alle “alt entrate” è compiuto in modo ampio, senza alcuna distinzione, e l’art. 15, comma 8-quinquiesdecies, del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, nel dettare disposizioni finalizzate ad incrementare l’efficienza del sistema della riscossione dei comuni, fa espresso riferimento agli importi iscritti a ruolo ovvero per quali è stata emessa l’ingiunzione di pagamento ai sensi del testo unico di cui al r.d. 14 aprile 1910 n. 639, per sanzioni amministrative derivanti dalle violazioni al codice della strada, di cui al d.lgs. 30 aprile 1992, 285″ ( v. Cass. n. 8460 del 2010).
Invero non può condividersi la restrittiva portata assegnata dalla ricorrente all’art. 36, comma 2, del d.l. n. 248/2007, secondo la quale l’inciso che richiama le disposizioni di cui al d.P.R. n. 602 del 1973, sposterebbe la vigenza della norma su un non meglio specificato terreno esecutivo e non cognitorio. Trattasi di una lettura che non coglie nel segno: è del tutto evidente che la norma in esame appartiene al novero di quelle disposizioni funzionalmente dirette ad attribuire uno strumento di recupero coattivo del credito (nella specie di tutti i tributi e di tut entrate degli enti locali), senza che sia dato distinguere (semmai fosse concretamente possibile) se l’attribuzione di un tale potere valga solo per la esecuzione coattiva o anche per l’accertamento ingiunzionale.
Infine, deve smentirsi l’asserto, postulato come fondante, secondo il quale il ricorso all’ingiunzione di cui r.d. n. 639 del 1910 costituireb espressione di una eccezionale elargizione di potere, con la conseguenza che di esso non potrebbe che farsi l’uso ristretto imposto dall’art. 13 delle preleggi. Merita rilevare che lo sviluppo della legislazione regolante l’attività amministrativa e i rapporti fra questa ed il singolo conosc oramai da decenni, quale fenomeno diffuso, la delega del potere di sanzionare e riscuotere a soggetti, i quali, seppure debbano dirsi sostanzialmente estranei alla pubblica amministrazione, di essa sono espressione diretta ed immediata, inseriti a pieno titolo nel procedimento amministrativo e soggetti a limiti, controlli e responsabilità non dissimili d quelli previsti per la p.a. in senso proprio.
In conclusione, il ricorso è da rigettare.
La sostanziale novità della questione esaminata, che annovera solo pochi e recenti pronunciamenti di questa Corte sul tema, consiglia di compensare per intero le spese del giudizio di legittimità fra le parti.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 2 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.
13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unifi pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; dichiara interamente compensate le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulterior importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile del 4 luglio 2018.
Il consigliere relatore
Il Presidente
–
IL FUNZION ‘ ellThrn NOME COGNOME Sz 2 ardcUo
DEPOSITATO IN RAGIONE_SOCIALE Roma, 71 MAR 71119