Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34376 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 34376 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 31659-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALEC.F. P_IVA, in persona dell’Amministratore delegato pro tempore, rappresentata e difesa, unitamente e disgiuntamente, dagli avvocati NOME COGNOME del Foro di Milano e NOME COGNOME del foro di Roma, con procura speciale in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del secondo difensore;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa con procura speciale in calce al controricorso, unitamente e disgiuntamente, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e ANNUNZIATA
COGNOME della Consulenza legale interna, ed elettivamente domiciliata presso la propria sede in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1548/2021 depositata il 14 maggio 2021; febbraio 2024 dal Consigliere relatore Dott.ssa NOME COGNOME scritta depositata nel senso del rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 13 udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso riportandosi alla requisitoria sentiti gli avvocati NOME COGNOME per parte ricorrente, e NOME COGNOME (con delega dell’avvocato NOME COGNOME)
e NOME COGNOME per parte resistente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 23 luglio 2020 dinanzi alla Corte d’appello di Milano, la RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE impugnava, ai sensi degli artt. 187 septies e 195, comma 4 T.U.F., la delibera n. 21450 del 16 luglio 2020 con cui la CONSOB le aveva ingiunto il pagamento di euro 20.000,00 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per avere la società violato gli artt. 17, comma 4 del Reg. UE n. 596/2014 e 114, terzo comma del d.lgs. 58/1998, posticipando di cinque giorni, di cui tre a borsa aperta, la pubblicazione di una notizia avente carattere privilegiato senza fare ricorso all’istituto del ritardo previsto dalla normativa in oggetto, che consentiva di rinviare, a precise condizioni, la comunicazione delle informazioni aventi le caratteristiche di cui all’art. 7 Reg. MAR.
Inoltre, con la medesima delibera, alla società veniva ingiunto il pagamento di un’ulteriore sanzione pecuniaria di euro 10.000,00 per la violazione dell’art. 115 bis del d.lgs. n. 58/1998, per non avere disposto l’apertura del c.d. ‘Registro Insider ‘, cioè la lista
contenente l’indicazione dei soggetti che avevano avuto accesso alle informazioni privilegiate nel lasso temporale intercorrente tra l’assunzione del carattere privilegiato e la comunicazione al pubblico.
Si trattava, nello specifico, di informazioni contenute in un comunicato stampa, diffuso il 15 gennaio 2018 dalla Azimut Holding s.p.a. tramite il sistema SDIR (Sistema di Diffusione delle Informazioni Regolamentate) e contenente le ‘ Stime preliminari ‘ dei risultati per l’esercizio 2017, le quali indicavano: il raggiungimento di un utile netto consolidato del Gruppo in aumento rispetto all’anno precedente e stimato tra i 215 e i 225 milioni di euro; la proposta di un aumento del dividendo ordinario a 2 euro per azione e la conferma dell’obiettivo che prevedeva il raggiungimento, entro il 2019, di un utile netto consolidato di Gruppo di 300 milioni di euro, come indicato nel ‘Business Plan 2015/2019’. Queste informazioni venivano qualificate nella delibera della CONSOB quali informazioni privilegiate ex art 7 Reg. MAR, almeno a partire dalla data del 10 gennaio 2018, dato che il Presidente della società ne disponeva già dall’8 gennaio e le aveva condivise con i vertici aziendali, oltre che con uno scambio di email, anche in una riunione informale tenutasi il 9 gennaio 2018. L’Autorità amministrava con il provvedimento sanzionatorio sosteneva che le suddette informazioni, di cui era stata ritardata la comunicazione, avevano determinato un rilevante impatto in aumento sulle quotazioni del titolo e un investitore ragionevole avrebbe potuto utilizzarle per le proprie decisioni di investimento nei giorni in cui ne era stata ritardata la comunicazione al pubblico. La ricorrente con il ricorso eccepiva, invece, l’insussistenza della natura privilegiata delle informazioni oggetto del comunicato, dichiarando che le stesse erano già di dominio pubblico per essere state parzialmente diffuse tramite un articolo pubblicato sul quotidiano di settore ‘ Milano Finanza ‘ dell’11 novembre 2017 con
un’intervista al Presidente della società. Per di più, sosteneva di non potersi ritenere sussistente neanche una correlazione diretta tra le stime migliorative pubblicate, il consensus di mercato e l’aumento delle quotazioni del titolo Azimut nei giorni successivi alla pubblicazione delle ‘ Stime preliminari ‘, poiché il comunicato stampa oggetto dell’accertamento della CONSOB era stato reso noto a distanza di soli due minuti dalla pubblicazione di un altro comunicato riguardante l’apertura di uno studio di fattibilità di un’operazione di rafforzamento della partecipazione al patto di sindacato della RAGIONE_SOCIALE, società controllata dalla holding. La ricorrente assumeva l’impossibilità di individuare a quale delle due informazioni fosse possibile ricondurre la variazione del prezzo conseguente alla loro pubblicazione, difettando così il carattere di significatività dell’informazione per la sua qualificazione, quale price sensitive , ex art. 7 par. 4 Reg. MAR.
Instaurato il contradditorio, nella resistenza dell’Autorità amministrativa che chiedeva il rigetto del ricorso e la conferma del provvedimento sanzionatorio, la Corte d’appello di Milano ne dichiarava l’infondatezza ritenendo ‘ puntuali e pienamente condivisibili i rilievi ‘ della resistente, considerandoli ‘ riscontrati, sotto il profilo probatorio, dai documenti in allegato, e non efficacemente contraddetti da parte della ricorrente sia con riferimento al carattere privilegiato delle informazioni in parola, sia con riguardo all’omessa divulgazione ‘. Concludeva la Corte territoriale, confermando l’accertata violazione degli artt. 17, comma 4 Reg. MAR e 114, comma 3 T.U.F., per non avere la società fatto ricorso all’istituto del ritardo nella comunicazione delle già menzionate informazioni da ritenersi privilegiate ai sensi dell’art. 7 Reg. UE n. 596/2014.
Con tale richiamo, il Giudice collegiale riconosceva che le informazioni non prontamente pubblicate dalla società ricorrente erano price sensitive e non erano di dominio pubblico, in quanto
l’intervista pubblicata a novembre 2017 sul quotidiano ‘ Milano Finanza ‘ non teneva conto dell’andamento della società nell’ultimo trimestre del 2017, potendosi considerare quelle dichiarazioni delle semplici aspettative del management sul futuro andamento economico della Azimut.
Infine, con il summenzionato richiamo effettuato dalla Corte territoriale alle difese della CONSOB, veniva esclusa ogni sproporzione della sanzione della pubblicazione del provvedimento nel Bollettino Consob, trattandosi peraltro di deduzione apodittica e non circostanziata, non riscontrandosi l’asserita conseguenza del vulnus di reputazione dalle più recenti ‘ Stime preliminari ‘ pubblicate in data 12.01.2021, che attestavano un andamento positivo dell’Azimut Holding s.p.a., a fronte dell’irrisoria entità delle sanzioni alla stessa irrogate.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi, cui ha resistito la Consob con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c.
Il ricorso è stato inizialmente avviato alla trattazione in camera di consiglio e con ordinanza interlocutoria n. 27949/2023, pronunciata all’esito dell’adunanza camerale del 27 maggio 2023, la causa è stata rimessa alla pubblica udienza, in considerazione della rilevanza delle questioni giuridiche da trattare.
In prossimità della pubblica udienza del giorno 13 febbraio 2024 il Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME ha depositato memoria con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso del rigetto del ricorso.
Ha, altresì, depositato memoria ex art. 378 c.p.c. parte ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., per avere il giudice del
merito violato il prescritto obbligo di motivazione delle sentenze previsto dagli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4) c.p.c., sostenendo che le argomentazioni svolte dalla Corte distrettuale rappresentino nella sostanza una ipotesi illegittima di motivazione per relationem , contenente un mero rinvio al contenuto degli atti di parte resistente senza alcuno sviluppo di un autonomo procedimento logico seguito dal giudice.
La censura è priva di pregio.
Nella specie, la Corte distrettuale nell’ordito motivazionale ha fatto specifici ed analitici riferimenti a circostanze di fatto, alla stregua delle quali è stata fornita risposta adeguata e coerente, ancorché non condivisa dalla ricorrente, alle censure articolate dalla stessa con l’atto di opposizione e riguardanti l’erronea qualificazione delle informazioni, contenute nel comunicato stampa avente ad oggetto ‘ Stime preliminari ‘, come privilegiate, con conseguente legittimità della sanzione irrogata dalla CONSOB per la violazione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, degli obblighi di disclosure previsti dagli artt. 17, comma 4 del Reg. UE n. 596/2014 e 114, terzo comma del d.lgs. 58/1998, e per omessa attivazione dello specifico istituto del ‘ritardo’, tipizzato dalla norma summenzionata, oltre ad avere condiviso medio tempore l’informazione con i diversi esponenti aziendali di vertice della ricorrente in difetto della predisposizione dell’apposita lista dei soggetti che avevano avuto accesso all’informazione medesima (c.d. Registro insider).
Ne discende che è da escludere che la censurata motivazione possa integrare un vizio di omesso esame delle ragioni esposte dalla ricorrente, che vengono analiticamente riprodotte nella decisione (v. punto a) alle pagine 3 e 4 della sentenza), e ancor meno della documentazione probatoria richiamata, e quindi di violazione del diritto di difesa dei ricorrenti emendabile ai sensi dell’invocato n. 4, primo comma dell’art. 360 c.p.c.
Né in questa sede può integrare la dedotta causa di nullità un uso improprio della tecnica motivazionale, con esposizione diffusa delle tesi difensive contrapposte e sintetica motivazione circa la condivisione delle conclusioni della Consob, essendo comunque onere della parte ricorrente evidenziare e censurare gli specifici vizi o carenze della motivazione rilevanti al fine di integrarla.
In via di estrema sintesi, se resta valido il principio generale della liceità e validità di una motivazione per relationem con riferimento agli atti posti a fondamento della contestata sanzione amministrativa ovvero ad altri atti acquisiti al processo, a fortiori non può ritenersi eluso l’obbligo motivazionale quando il Giudice riporti parzialmente o integralmente il contenuto di un atto di parte mostrando di averne consapevolmente recepito il contenuto a fondamento della propria decisione, come nella specie è avvenuto, sia per la specificità delle questioni trattate, sia per avere la Corte distrettuale esplicitamente ancorato il contenuto delle successive argomentazioni a circostanze deducibili dalla delibera n. 21450 del 2020, consapevolmente assunta quale fonte di riscontro delle stesse (cfr. nel medesimo senso Cass. 7 novembre 2016 n.22562).
Pertanto, con riferimento al contenuto oggettivo della motivazione, la sentenza impugnata non è censurabile con la nullità, in quanto non affetta dal vizio di motivazione apparente, ma conforme all’insegnamento delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 16 gennaio 2015 n. 642), poiché dalla lettura del testo si evince che le ragioni della decisione sono, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante, risultando le stesse in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c., per
avere la Corte d’appello di Milano violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., omettendo, con la censurata motivazione per relationem , di pronunciarsi sul primo motivo di ricorso con il quale la RAGIONE_SOCIALE contestava la natura di informazione privilegiata delle notizie diffuse con il comunicato stampa contenente le ‘ Stime preliminari ‘ del 15 gennaio 2018, stante il difetto del requisito della significatività di tali notizie rispetto alla loro influenza sull’andamento del titolo azionario della medesima società. A detta della ricorrente, infatti, il requisito della price sensitivity non sarebbe stato accertabile rispetto alla pubblicazione di tale informazione, essendo questa avvenuta quasi in concomitanza con un’altra informazione privilegiata che avrebbe potuto altrettanto influenzare l’andamento del titolo della s.p.a. ricorrente.
Con il terzo motivo, ex art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere il giudice del merito omesso di esaminare, quale fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, la diffusione concomitante alle ‘ Stime preliminari ‘ di un secondo comunicato stampa price sensitive relativo all’operazione di rafforzamento del patto di sindacato con la società RAGIONE_SOCIALE, controllata della RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
Con il quarto motivo di ricorso, ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la società ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 paragrafo 4 e dei considerando 14 e 15 del Reg. MAR, per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato il requisito della significatività dell’informazione quale informazione privilegiata alle notizie diffuse con il comunicato senza ricorrere in detta valutazione al metodo del test dell’investitore ragionevole.
In virtù della comune questione oggetto dei motivi due, tre e quattro di ricorso, è possibile la loro trattazione congiunta. Questi, infatti, benché sotto diversi profili di censura, attengono alla
individuazione dei requisiti per la qualificazione di una informazione come privilegiata e, in particolare, alla definizione del carattere di ‘significatività’, cioè alla capacità della stessa, una volta resa pubblica e secondo una valutazione ex ante , di influenzare il prezzo del relativo strumento finanziario, anche in relazione alla contemporanea diffusione di due diversi comunicati, entrambi price sensitive .
Essi sono privi di pregio e non possono trovare ingresso.
A rigore di logica, è necessario soffermarsi sul concetto di ‘ significatività ‘ dell’informazione quale requisito essenziale per la qualificazione del suo carattere privilegiato, consistente nella capacità di influenzare il prezzo degli strumenti finanziari dell’emittente.
L’art. 7, par. 1 del Reg. MAR individua quattro caratteri per la qualificazione di un’informazione privilegiata: la precisione rispetto al suo contenuto; la natura privata e non ancora pubblica; l’inerenza diretta o indiretta rispetto ad un emittente o ad uno o più strumenti finanziari; e, infine, la significatività dell’informazione, cioè il rilevante effetto che essa, una volta diffusa, può produrre sul prezzo degli strumenti finanziari.
Questi sono gli elementi essenziali che, se posseduti contestualmente da un’informazione, ne determinano la sua necessaria qualificazione come privilegiata (Cort. Giust. UE, Grande Camera, sentenza dell’8 aprile 2022, Kokott, C -302/20, EU:C:2022:190, punto 33 e sentenza dell’11 marzo 2015, Lafonta, C-628/13, EU:C:2015:162, punto 24).
Tale particolare tipologia di informazioni, in virtù dei rilevanti effetti che la loro diffusione può avere sul mercato in termini di affidamento e fiducia degli investitori, è sottoposta ad una speciale disciplina che prevede, in capo agli emittenti, un obbligo di disclosure . Infatti, ai sensi dell’art. 17, par. 1, commi primo e secondo Reg. MAR, l’emittente deve comunicare, « quanto prima
possibile », le informazioni privilegiate che la riguardano, « secondo modalità che consentano un accesso rapido e una valutazione completa, corretta e tempestiva delle informazioni da parte del pubblico ». Ciò è necessario perché la circolazione di determinate informazioni, specialmente se riguardanti l’andamento di un’emittente o di un prodotto finanziario, influenza le scelte di investimento degli operatori di mercato, che, in relazione al bagaglio conoscitivo a loro disposizione, individuano le modalità di allocazione delle proprie risorse finanziarie. La normativa in oggetto ha, quindi, tanto l’obiettivo di garantire una corretta formazione del prezzo degli strumenti finanziari scambiati sul mercato, senza che questo possa essere influenzato da fattori esterni di perturbazione, come la circolazione incontrollata di determinate notizie fuori dai canali ufficiali di comunicazione, quanto quello di evitare che il vantaggio di conoscenza possa essere sfruttato da pochi soggetti in possesso di informazioni dal contenuto riservato. Non a caso, nello stesso art. 17 del Reg. MAR, viene prevista un’apposita procedura cui l’emittente può fare ricorso nell’eventualità in cui abbia la necessità di ritardare la comunicazione delle informazioni privilegiate. Si tratta, però, di casi specificamente previsti dalla legge, ricorrendo i quali è necessario che la società emittente adotti una specifica procedura con determinate garanzie, prevista dal par. 4 dell’art. 17 (come la compilazione del Registro Insider , contenente cioè il nome delle persone a conoscenza della informazione privilegiata di cui è stata ritardata la comunicazione).
Alla luce della sensibilità del mercato in merito alla circolazione di determinate informazioni, il legislatore europeo ha specificato che, nell’individuazione di una informazione privilegiata, rispetto al requisito della significatività, si deve avere riguardo a quell’« informazione che, se comunicata al pubblico, avrebbe probabilmente un effetto significativo sui prezzi degli strumenti finanziari », intendendosi tale « un’informazione che un investitore
ragionevole probabilmente utilizzerebbe come uno degli elementi su cui basare le proprie decisioni di investimento » (art. 7, par. 4 Reg. MAR).
A ben vedere, la norma indica due criteri utili per riconoscere il carattere privilegiato di un’informazione: un criterio oggettivo, costituito dall’impatto che l’informazione ha sui prezzi degli strumenti finanziari, e un criterio soggettivo, che si riferisce alla probabile incidenza delle informazioni sulle scelte soggettive dell’investitore ragionevole, secondo la teoria del ‘ più probabile che non ‘, la quale rinviene il carattere della significatività dell’informazione privilegiata laddove l’investitore ragionevole tende proprio su di essa a basare la propria scelta di investimento. Ciò, infatti, si riferisce all’ id quod plerumeque accidit , cioè all’effetto che di solito si verifica sulle scelte di un investitore razionale in seguito alla pubblicazione di determinate informazioni.
Il legislatore europeo, inoltre, al considerando n. 14 del Reg. MAR, rilevando l’importanza del bagaglio informativo nelle scelte di un investitore ragionevole basa le proprie decisioni di investimento sulle informazioni già in suo ».
investimento, riconosce che « possesso, vale a dire su informazioni disponibili precedentemente Per questo è di fondamentale importanza che gli emittenti provvedano alla tempestiva pubblicazione delle informazioni che le afferiscono, affinché gli investitori possano assumere in modo ragionevole ed efficiente le proprie scelte di investimento.
La ratio della disciplina in oggetto, quindi, come d’altronde si rileva nella maggior parte delle norme che regolano l’attività degli operatori finanziari e il funzionamento del mercato, è duplice. Nella sua tutela bipolare, infatti, da un lato, questa guarda alla protezione della stabilità del mercato finanziario, aspetto fondamentale per garantire la fiducia degli investitori, con l’obiettivo di ridurre il rischio connesso ad operazioni sospette degli emettenti, per preservare il sistema da eventuali effetti a cascata di
una crisi finanziaria e con l’obiettivo di creare nel mercato finanziario un ambiente di qualità conformato ad una serie di valori macroeconomici intesi a promuovere l’ efficienza , l’ affidabilità e la competitività . Dall’altro lato, invece, la stessa normativa è rivolta a garantire l’ interesse patrimoniale degli investitori, per lo più considerati collettivamente, con l’obiettivo di tutelare la consapevolezza e la razionalità delle loro scelte di investimento, preservando l’integrità del loro patrimonio rispetto a possibili condotte abusive degli operatori di mercato.
La qualificazione di un’informazione come privilegiata, quindi, deve essere effettuata con accertamento ex ante , nel momento in cui l’emittente, a conoscenza della stessa e dei suoi caratteri, in quanto soggetto tecnicamente specializzato, può comprendere consapevolmente che questa possa, in modo significativamente probabile, influenzare le scelte dell’investitore razionale, poiché avente ad oggetto dati sull’andamento economico e gestionale della stessa società. Pertanto, dinanzi ad una informazione privilegiata l’emittente deve adempiere all’obbligo di disclosure , salvo il ricorso alla procedura del ritardo nella sua diffusione in presenza dei necessari presupposti contemplati dalla legge, permettendo così agli investitori di prendere, razionalmente ed in modo correttamente informato, le proprie decisioni di investimento e, al tempo stesso, di evitare possibili abusi da parte dei soggetti preventivamente a conoscenza delle stesse informazioni avvantaggiando solo alcuni operatori, a discapito della concorrenza e della stabilità del mercato finanziario.
La disciplina del Reg. MAR, per di più, a fronte dell’onere posto in capo all’emittente di qualificare a priori l’informazione privilegiata, al considerando n. 15 suggerisce che, comunque, «l e informazioni a posteriori possono essere utilizzate per verificare l’ipotesi che le informazioni precedenti fossero sensibili sul piano dei prezzi », per cui la corretta qualificazione del carattere privilegiato di una
informazione e l’eventuale conseguente illiceità della condotta, connessa alla sua mancata tempestiva diffusione, ben può essere confermata anche da una verifica ex post della sua effettiva influenza sui prezzi, prendendo in considerazione anche i dati disponibili in epoca successiva alla diffusione dell’informazione privilegiata (come l’effetto che questa ha avuto sul prezzo del prodotto finanziario o sull’andamento del titolo azionario).
A margine, a conferma del principio di diritto qui espresso e per quanto qui di rilevanza, va osservato che nonostante il carattere non normativo ma di fonti di soft law , delle Linee guida della CONSOB dirette alle emittenti per la ‘ Gestione delle informazioni privilegiate ‘, nella loro ultima versione dell’ottobre 2017, riguardo al criterio da utilizzare per la qualificazione di una informazione privilegiata, al punto 4.5.3, riconoscono che « per stabilire la sussistenza del ‘probabile effetto significativo sui prezzi’ occorre fare un’analisi ex ante », trattandosi di una stima circa « il grado di probabilità con cui un effetto sui prezzi possa essere ragionevolmente atteso ». Puntualizza, inoltre, l’Autorità amministrativa indipendente in questo documento, che «’ probabile ‘ significa che, da un lato, non è sufficiente la mera possibilità che l’informazione abbia un effetto sui prezzi e, dall’altro, che non è necessario un grado di probabilità prossima alla certezza », individuando però, quali sono gli « indicatori utili che dovrebbero essere presi in considerazione sulla possibilità che l’informazione abbia un effetto significativo sui prezzi », elencandone alcuni e rispettivamente: se « il tipo di informazione è lo stesso di informazioni che in passato hanno avuto un effetto significativo sui prezzi »; se vi sono « precedenti ricerche o pareri di analisti finanziari indicano che il tipo di informazione è price sensitive »; oppure, ancora, se « l’emittente stesso ha già trattato informazioni simili come privilegiate ».
Nella specie la Corte d’appello ambrosiana, confermando la sanzione irrogata con la delibera dalla CONSOB, ha rilevato il carattere privilegiato delle informazioni contenute nel comunicato avente ad oggetto le ‘ Stime preliminari ‘, proprio perché aventi i requisiti di cui all’art. 7 Reg. MAR (ossia fornire dati significativi sull’andamento della società che potevano essere riconosciute, già a priori , come capaci di influenzare le scelte degli investitori), ragione per la quale dovevano essere comunicate tempestivamente da parte della RAGIONE_SOCIALE risultando così illecito il ritardo nella comunicazione senza il ricorso alla specifica procedura prevista dall’art. 17 del Reg. MAR.
Inoltre, anche gli effetti della diffusione del comunicato sulle ‘ Stime preliminari ‘ verificatisi ex post , come constatato dal giudice di merito con il richiamo nella motivazione per relationem alle difese dell’Autorità amministrativa resistente, dimostrano ampiamente l’influenza che tale informazione ha avuto sul titolo della RAGIONE_SOCIALE, a nulla rilevando la concomitante pubblicazione di un altro comunicato avente ad oggetto lo studio di fattibilità di un’operazione di rafforzamento del patto di sindacato con la società RAGIONE_SOCIALE, controllata della RAGIONE_SOCIALE.
Anzi il Collegio ambrosiano ha ravvisato la illiceità della condotta non solo nell’inadempimento dell’obbligo di disclosure , ma anche nel mancato ricorso da parte della società emittente alla procedura prevista dalla legge per il ritardo nella comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate contenute nel comunicato sulle ‘ Stime preliminari ‘, la cui diffusione è stata posticipata di ben cinque giorni, di cui tre a borsa aperta e condivisa con i vertici di governo della società medio tempore, oltre ad essere stata diffusa quasi contemporaneamente con il secondo comunicato.
Alla luce della suddetta analisi, che riconosce il corretto governo dei principi sopra esposti da parte della Corte d’appello di Milano, come si è già segnalato, è infondata anche la censura sollevata con il
secondo motivo di ricorso, non rinvenendosi nella sentenza impugnata alcuna omessa pronuncia circa il carattere della significatività rispetto al comunicato sulle ‘ Stime preliminari ‘, qualificato price sensitive.
Infine, diversamente da quanto asserito con il terzo motivo, la sentenza ha esaminato la circostanza della concomitante diffusione del secondo comunicato, avente ad oggetto il rafforzamento del patto di sindacato con la Timone, traendone però conclusioni non conformi a quelle che vorrebbe la RAGIONE_SOCIALE, secondo cui il valore dell’utile netto consolidato di cui alle ‘Stime Preliminari’ risultava già normalizzato per costi straordinari di circa euro 5,3 milioni dovuti al riacquisto del prestito obbligazionario convertibile avvenuto ‘nel 2Q 2017’. Trattasi di una valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità.
Da quanto sopra consegue l’irrilevanza della questione oggetto della richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sollevata ai sensi dell’art. 267 TFUE dalla ricorrente con il quarto motivo di ricorso.
Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 3 novembre 2021 n. 31453), l’obbligo per il giudice nazionale di ultima istanza di rimettere la causa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 citato (già art. 234 del Trattato che istituisce la Comunità Europea), viene meno quando non sussista la necessità, di una pronuncia pregiudiziale sulla normativa comunitaria, in quanto la questione sollevata sia materialmente identica ad altra, già sottoposta alla Corte in analoga fattispecie, ovvero quando sul problema giuridico esaminato si sia formata una consolidata giurisprudenza di detta Corte (cfr., tra molte, Cass. n. 4776 del 2012); similmente, il rinvio pregiudiziale, quantunque obbligatorio per i giudici di ultima istanza, presuppone che la questione interpretativa controversa abbia rilevanza in relazione al thema decidendum sottoposto all’esame del giudice nazionale e, alle
norme interne che lo disciplinano (cfr. Cass. SS.UU. n. 8095 del 2007). Invero è noto (v. Cass. SS.UU. n. 20701 del 2013) che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia non costituisce un rimedio giuridico esperibile automaticamente a semplice richiesta delle parti, spettando solo al giudice stabilirne la necessità: infatti, esso ha la funzione di verificare la legittimità di una legge nazionale rispetto al diritto dell’Unione Europea e se la normativa interna sia pienamente rispettosa dei diritti fondamentali della persona, quali risultanti dall’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo e recepiti dal Trattato sull’Unione Europea; sicché il giudice, effettuato tale riscontro, non è obbligato a disporre il rinvio solo perché proveniente da istanza di parte (tra le altre, v. Cass. n. 6862 del 2014; Cass. n. 13603 del 2011). D’altro canto è incontrastato l’enunciato, più volte ribadito dalla Corte di cassazione a Sezioni unite, secondo cui la Corte di Giustizia Europea, nell’esercizio del potere di interpretazione di cui all’art. 234 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea (oogi, art. 267 TFUE), non opera come giudice del caso concreto, bensì corte interprete di disposizioni ritenute rilevanti ai fini del decidere da parte del giudice nazionale, in capo al quale permane in via esclusiva la funzione giurisdizionale (v. Cass. SS.UU. n. 30301 del 2017; in precedenza: Cass. SS.UU. nn. 16886/2013, 2403/14, 2242/15, 23460/15, 23461/15, 10501/16 e 14043/16). Pertanto, il giudice nazionale di ultima istanza non è soggetto all’obbligo di rimettere alla Corte di giustizia delle Comunità europee la questione di interpretazione di una norma comunitaria quando non la ritenga rilevante ai fini della decisione o quando ritenga di essere in presenza di un ” acte clair ” che, in ragione dell’esistenza di precedenti pronunce della Corte ovvero dell’evidenza dell’interpretazione, rende inutile (o non obbligato) il rinvio pregiudiziale (Corte di giustizia, 6 ottobre 1982, causa C-283/81, COGNOME e, per la giurisprudenza di questa Corte, tra le altre: Cass.
SS.UU. n. 12067 del ‘2007; Cass. n., 22103 del 2007; Cass. n. 4776 del 2012; Cass. n. 26924 del 2013).
Come si evince con il principio di diritto enunciato nella presente motivazione circa l’interpretazione dell’art. 7 del Reg. MAR, nel caso di specie, risulta irrilevante la proposizione della questione oggetto della domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE, tanto alla luce della titolarità della funzione giurisdizionale del giudice nazionale di ultima istanza, quanto dell’insegnamento della sentenza della Corte di giustizia, 6 ottobre 1982, causa C-283/81, caso Cilfit .
È irrilevante, infatti, nella specie sollevare la questione pregiudiziale, data la possibilità per il giudice di ultima istanza di procedere con un’evidente interpretazione della normativa di carattere eurounitario, ricorrendo così perfettamente la fattispecie individuata dalla sentenza COGNOME , per cui il rinvio pregiudiziale risulterebbe del tutto privo di utilità al fine di decidere nel merito la causa, essendo permesso, pertanto, al giudice nazionale la diretta interpretazione della normativa contenuta nel testo del Reg. MAR, alla luce della giurisprudenza della stessa Corte di Giustizia, della Corte di cassazione e dei principi cui il diritto dell’Unione Europea si conforma.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della CONSOB, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1 comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda