Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1421 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1421 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7754/2019 R.G. proposto da: COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE, COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3826/2018 depositata il 30/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Napoli ha condannato esso ricorrente al risarcimento dei danni subiti da un box interrato di proprietà di NOME COGNOME e di cui era usufruttuaria NOME COGNOME, all’interno del condominio ‘INDIRIZZO‘ in Napoli, per infiltrazioni provenienti dalla terrazza e dal giardino, posti al di sopra del box, di proprietà del ricorrente medesimo. La Corte di Appello ha richiamato le risultanze di un accertamento tecnico preventivo secondo cui le infiltrazioni erano causate da deterioramento nel tempo dell’impermeabilizzazione del solaio del box e dall’impiego di una impermeabilizzazione inadatta al tipo di giardino e ad impedire il passaggio di acqua piovana e da inaffiamento delle piante e degli alberi, dalla ostruzione, dovuta al fogliame, della canalina di scolo delle acque dal giardino e dal deterioramento della pavimentazione della terrazza. Al contempo, la Corte di Appello ha escluso che dei danni potesse essere chiamato a rispondere il Condominio, ai sensi dell’art. 2051 c.c. (invocato dall’odierno ricorrente), dato che le cose da cui le infiltrazioni provenivano non erano condominiali;
2.il Condominio, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati;
considerato che:
con il primo motivo viene lamentata ‘violazione dell’art. 360 comma 1, n.1 per omesso esame di un fatto decisivo’;
il motivo è inammissibile.
Al di là dell’inconferenza del richiamo al n.1 invece che al n.5 del primo comma, dell’art. 360 c.p.c., va ricordato che ‘L’art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate’ (Cass. n. 225ì68 del 26/01/2022). Va ricordato altresì che il vizio di omesso esame denunciabile in Cassazione riguarda ‘un fatto storico, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie’ (Cass. S.U, n. 8053 del 07/04/2014).
Nel caso di specie il ricorrente non ha rispettato tali previsioni: non ha indicato un preciso “fatto storico” risultante da un “dato”, testuale o extratestuale, che non sia stato esaminato e il cui esame sarebbe stato “decisivo’. Ha invece svolto una narrazione secondo cui, da un lato, la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto della ‘decisione del Condominio relativa alla riparazione ed interventi di manutenzione’ di altri box ‘facenti parte del condominio’ e,
dall’altro, il consulente dell’ufficio non avrebbe ‘rilevato le posizioni e le azione assunte strumentalmente da parte di alcuni condomini nelle questioni manutentive dei box auto, dipendenti dalla situazione di disordine amministrativo derivante dal fatto che alcuni dei box non sono di proprietà dei condomini ma di soggetti esterni al condominio’. Ha poi argomentato che da quanto dedotto risulterebbe ‘dimostrato che il problema delle infiltrazioni di acqua nei box garage è risalente e che la causa sono il deterioramento dello stato di impermeabilizzazione di tutti i solai dei box garage di tutto il fabbricato e l’assenza di pendenza per la confluenza delle acque dai solai … il Condominio ha riconosciuto la causa esclusiva ed unica responsabilità tanto che interventi riparatori in alcuni box erano già stati eseguiti’:
con il secondo motivo di ricorso viene lamentata ‘violazione dell’art. 360 comma 1, n.1 per omesso esame delle richieste istruttorie’. Il ricorrente deduce che la Corte di Appello avrebbe dovuto disporre, come richiesto da esso ricorrente, una consulenza tecnica ‘per integrare l’ATP incompleta’ e che se la consulenza fosse stata disposta sarebbe emerso che le infiltrazioni de quibus erano riconducibili a responsabilità del condominio;
il motivo è inammissibile.
4.1. Valgono considerazioni identiche a quelle già fatte quanto alla non sussumibilità della doglianza nell’ambito del motivo di cui a n.5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c.
4.2.Sotto altro profilo va poi osservato che la Corte di Appello ha ribadito la valutazione di ‘inutilità’ espressa dal giudice di primo grado di una consulenza integrativa rispetto all’accertamento tecnico preventivo, trattandosi di consulenza richiesta senza che le conclusioni dell’accertamento tecnico preventivo fossero state in alcun modo confutate e al solo fine dell’esecuzione di ‘saggi’ ulteriori rispetto a quelli che il consulente incaricato di tale accertamento tecnico preventivo aveva già svolto e che erano stati,
secondo i giudici di merito, ‘idonei a accertare la causa delle infiltrazioni’. Ciò stante e ricordato che ‘La relazione conclusiva di un accertamento tecnico preventivo, se ritualmente acquisita al giudizio di cognizione, entra a far parte del materiale probatorio regolarmente prodotto e sottoposto al contraddittorio anche se una delle parti del giudizio di merito non ha partecipato al procedimento di istruzione preventiva e, perciò, è liberamente apprezzabile e utilizzabile, quale elemento di prova idoneo a fondare il convincimento del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite, nei confronti di tutte le parti del processo’ (Cass. n. 8496 del 24/03/2023), al motivo in esame è applicabile il seguente, consolidato principio: ‘In tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice. L’esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici’ (così tra molte Cass. 2103/2019);
con il terzo motivo di ricorso vengono lamentate ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma, n.3 c.p.c.’.
Il ricorrente, sulla premessa che, come da lui precisato, le infiltrazioni provengono da solai e scale condominiale, sostiene che la Corte di Appello ha errato nell’escludere la responsabilità del condominio.
6.il motivo è inammissibile.
6.1. Al di là della rubrica, il motivo non veicola censure di violazione né di falsa applicazione della legge.
Pare necessario ricordare che il vizio di violazione di legge consiste nella erronea ricognizione della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, e il vizio di falsa applicazione della legge consiste nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. n. 23851 del 25/09/2019).
Il motivo veicola invece un tentativo di affermazione di una realtà fattuale diversa da quella ricostruita dal giudice di merito sulla scorta delle risultanze dell’accertamento tecnico preventivo;
il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
non vi è luogo a pronuncia sulle spese atteso che NOME COGNOME, NOME COGNOME e il Condominio ‘ INDIRIZZO‘ in Napoli, sono rimasti intimati ;
PQM
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma 11 gennaio 2024, mediante modalità da remoto.
Il Presidente NOME COGNOME