Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18692 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18692 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20085/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore e UFFICIO ELETTORALE CENTRALE CIRCOSCRIZIONALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che li rappresenta e difende
-controricorrenti- nonchè
contro
COGNOME rappresentati e difesi dal l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1310/2024 depositata il 29/07/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Gli elettori NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (Comune di Gela), hanno convenuto dinanzi al Tribunale di Palermo l’Ufficio Elettorale Centrale Circoscrizionale presso il Tribunale di Caltanissetta, l’Assemblea Regionale Siciliana e NOME COGNOME risultato eletto quale deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana all’esito delle consultazioni elettorali svoltesi il 25/9/2022, chiedendone la declaratoria di ineleggibilità e/o di incompatibilità alla carica
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 387/2024 del 20/12/2023 -24/01/2024 ha dichiarato la ineleggibilità di NOME COGNOME COGNOME per la causa prevista dall’art. 10 comma 1 bis della L. R. Sicilia n. 29 del 1951 (essendo egli vice -presidente del G.RAGIONE_SOCIALE ‘Terre del Nisseno’) e lo ha dichiarato decaduto, disponendo la surrogazione del medesimo con il primo dei non eletti della stessa lista.
La Corte d’appello, adita dal Catania, ha confermato la sentenza di primo grado rilevando che sussiste la causa di ineleggibilità prevista dall’art. 10 comma 1 bis della L. R. Sicilia n. 29 del 1951, e non -come preteso dal Catania -la causa di incompatibilità prevista dall’art. 10 quater, comma 2 lett. a) della medesima legge, atteso che il Catania ricopriva già la carica di amministratore di una società che riceve contributi dalla Regione al momento della competizione elettorale e stante la chiara volontà del legislatore di configurare i medesimi fatti come causa di ineleggibilità, se preesistenti alla competizione elettorale e non tempestivamente rimossi, e come causa di incompatibilità; la Corte ha osservato
inoltre che è accertato, sulla base della documentazione prodotta, che il G.A.L. ‘Terre del Nisseno’ ha percepito rilevanti contributi economici dalla Regione Siciliana, elencati al par. 15 della sentenza impugnata, specificamente impiegati al fine di « promuovere l’avvio di nuove iniziative economiche e di favorire la valorizzazione delle risorse umane e materiali del territorio stimolando la collaborazione tra enti pubblici ed imprese individuali, società, enti ed associazioni private » . In sostanza, tale ente ha funzioni, per la cui attuazione riceve contributi regionali, che hanno una forte influenza sul territorio. Ha ritenuto inoltre manifestamente infondata la eccepita illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1 bis, della L. R. Sic. n. 29 del 1951; ha infine rilevato che il Catania ha anche ha rivestito la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE Caltanissetta Provincia Nord (ente a vigilanza pubblica).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Catania affidandosi a cinque motivi. L’Avvocatura dello Stato, per l’Ufficio elettorale e per l’Assemblea della Regione Siciliana, ha svolto difese con controricorso, così come gli elettori COGNOME, COGNOME e COGNOME. Le parti hanno depositato memorie. Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, n. 3 la violazione e falsa applicazione delle previsioni di cui agli artt. 10 quater e 10 comma 1 bis e 10 quinquies della legge regionale n. 29/1951. Il ricorrente deduce che ha errato la Corte d’appello a ritenere integrata la causa di ineleggibilità prevista dall’art. 10 comma 1 bis della L. R. Sicilia n. 29 del 1951, invece della causa di incompatibilità prevista dall’art. 10 quater, comma 2
lett. a) della medesima legge. In particolare, la Corte d’appello ha ritenuto che le suddette disposizioni seppure relative alla medesima posizione potrebbero perfettamente coesistere, così cadendo in errore perché nel nostro ordinamento la norma speciale -seppure anteriore -non è superata/derogata/abrogata tacitamente dalla norma generale successiva e una volta rilevato che il sopra citato art. 10 quater è una norma speciale – ancora vigente -risulta evidente come la stessa sia applicabile al caso di specie giacché il GAL Terre del Nisseno espleta servizi per conto della Regione e, comunque, riceve, da quest’ultima, contributi in via ordinaria, con conseguente incompatibilità (e non ineleggibilità) di NOME COGNOME (Vicepresidente di GAL). Il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che i GAL non ricevano contributi dalla Regione in via ordinaria. Deduce che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’appello di Palermo, sono da qualificarsi come contributi ricevuti ‘in via ordinaria’ quelli volti al sostegno della complessiva attività ordinariamente svolta dall’ente o che, comunque, l’ente riceva ordinariamente ossia, di consueto, regolarmente. Il GAL non percepisce contributi una tantum -ex art. 128 comma 1 della legge regionale Sicilia n. 11/2010 -ma riceve una contribuzione in via ordinaria per lo svolgimento di un pubblico servizio. Del resto, è incontestato, che da sempre e anno per anno, il GAL riceva dalla Regione i contributi necessari per il suo funzionamento, e risulta pertanto irrilevante il fatto che la regione non contempli «nel proprio bilancio uno stanziamento fisso dedicato alla erogazione di un contributo stabile» (a favore appunto del GAL).
2. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la erroneità della sentenza impugnata laddove il giudice ha ritenuto infondato il terzo motivo di appello, sostenendo che la carica di vice presidente ed amministratore del RAGIONE_SOCIALE del Nisseno sia, in concreto, tale da giustificare una causa di ineleggibilità e non una causa di
incompatibilità. Il ricorrente osserva che il Giudice non avrebbe potuto disapplicare il suddetto art. 10 quater della legge n. 29/51, sulla base di una presunta idoneità del ruolo da lui rivestito ad avvantaggiarlo durante la campagna elettorale. Rileva che a) gli articoli 10 quater e 10 comma 1 bis riguardano entrambi situazioni precedenti all’elezione e prevedono l’una la ‘sanzione’ della incompatibilità e l’altra la ‘sanzione’ dell’ineleggibilità; b) il sopra citato art. 10 quater è una norma speciale applicabile al caso di specie giacché il GAL Terre del Nisseno espleta servizi per conto della Regione e, comunque, riceve, da quest’ultima, contributi ‘in via ordinaria’, con conseguente incompatibilità (e non ineleggibilità) del ricorrente. Rileva anche per completezza, come l’articolo 10 quater della L.R. n. 29/51 laddove prevede l’incompatibilità (e non l’ineleggibilità) degli amministratori degli enti che erogano servizi pubblici e ricevono dalla regione contributi in via ordinaria è assolutamente logico e ragionevole.
3. -Il Procuratore generale ha concluso per inammissibilità del primo motivo in quanto sollecita una revisione dell’accertamento fattuale operato dal giudice di merito, attraverso l’apparente deduzione del vizio motivazionale e/o di violazione di legge, rivisitazione del giudizio non consentita alla Corte, alla quale non spetta il riesame della vicenda processuale, ma solo il controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui competono, in via esclusiva, l’individuazione delle fonti del proprio convincimento ed il controllo della loro attendibilità e concludenza; rileva che dall’accertata l’insussistenza dei presupposti di operatività dell’art. 10 quater della L.R. n. 29/1951, deriva l’assorbimento dell’esame dei motivi da due a quattro; osserva che la questione di legittimità costituzionale proposta con il quinto motivo risulta irrilevante ai fini del decidere (essendo quella di cui all’art. 10, comma 1 bis, già
causa sufficiente a fondare la decisione in relazione all’ineleggibilità del ricorrente) oltre che manifestamente infondata.
-I primi due motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.
4.1. -La Corte d’appello in conformità al giudice di primo grado ha ritenuto che nel caso di specie sussista una causa di ineleggibilità prevista dall’art. 10 comma 1 -bis della legge regionale siciliana n. 29/1951 il quale così dispone: « Le ineleggibilità di cui al presente Capo sono estese ai rappresentanti, agli amministratori di enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, di società o imprese private che godono di contributi da parte della Regione nonché ai dirigenti e funzionari dipendenti della Regione » L’art. 10 quater della stessa legge prevede invece una specifica -e correlativa -causa di incompatibilità prevedendo che: « Fuori dei casi previsti nell’articolo 10 -ter, comma 2, i deputati regionali non possono ricoprire cariche, né esercitare funzioni di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con contratto di carattere continuativo: a) in associazioni, enti, società o imprese che gestiscano servizi di qualunque genere per conto della Regione o di enti regionali, o ai quali la Regione contribuisca invia ordinaria, direttamente o indirettamente; b) in enti, istituti, agenzie o aziende sottoposti a tutela o vigilanza della Regione; c) in istituti bancari o in società che abbiano, come scopo prevalente, l’esercizio di attività finanziarie, operanti nel territorio della Regione».
4.2. -Sulla coesistenza nella legislazione regionale siciliana delle norme che stabiliscono le cause di ineleggibilità (art. 10 comma 1 -bis ) e di incompatibilità (art. 10 quater) questa Corte si è già pronunciata (Cass. 30/01/2025 n. 2266) osservando che non è irrazionale che la medesima fattispecie in fatto sia
sanzionata a titolo di ineleggibilità che di incompatibilità dal momento che la prima opera ex ante e mira a garantire la libertà di voto, mentre la seconda agisce ex post e mira a evitare possibili situazioni di conflitto di interesse. Le due norme sono quindi soltanto apparentemente sovrapponibili, e nessuna interpretazione abrogans è consentita; il rapporto tra le due norme resta regolato, in conformità alla ratio legis , dall’accertamento della preesistenza o meno della condizione ritenuta rilevante dal legislatore,: se preesistente alla competizione elettorale determina la ineleggibilità, se successiva alla competizione elettorale agisce come causa di incompatibilità (sul punto si veda anche Cass. 30209/2024). A questo orientamento il Collegio intende dare continuità.
5. -La Corte d’Appello, al fine di ritenere qui integrata la causa di ineleggibilità di cui la comma 1 -bis dell’art. 10 cit. ha ben evidenziato la differente finalità delle due norme, ritenendo che mirino entrambe tutelare ampiamente la libertà di voto prevedendo determinati fatti (nella specie la circostanza di ricevere contributi dalla regione) sia come causa di ineleggibilità se preesistenti che come causa di incompatibilità se sopravvenuti; ha quindi accertato il Catania era già amministratore della società che riceve i contributi al momento della competizione elettorale (a far data dal 26.06.2018, e dunque anche alla data delle consultazioni elettorali del 25.09.2022), e quindi si applica il comma 1 -bis dell’art. 10. Ha inoltre aggiunto che difetta un ulteriore presupposto per ritenere applicabile l’art 10 -quater della L.R. Sicilia n. 29 del 1951, giacché i G.A.L. non svolgono servizi per conto della Regione ma funzioni loro attribuite dal Regolamento (Ue) n. 1303/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e non delegate dalla Regione Sicilia, né svolte in sua vece. Si tratta di giudizio in fatto non rivedibile in questa sede.
5.1. -La Corte d’appello ha richiamato inoltre la giurisprudenza costituzionale (ordinanza n. 162/2019) con la quale la Consulta ha osservato che, a seguito dell’adozione della L. 2 luglio 2004 n. 165 è stato inevitabilmente lasciato ampio spazio alla legislazione regionale proprio in tema di cause di ineleggibilità e incompatibilità, con conseguente sensibile attenuazione della rigida disciplina unitaria dell’elettorato passivo e ampliamento dei confini alla discrezionalità legislativa regionale in tema di ineleggibilità. Ed inoltre la Corte distrettuale ha richiamato la ulteriore giurisprudenza della Corte Costituzionale (n. 143/2010) ove si osserva che la Regione Siciliana « non può incontrare, nell’esercizio della propria potestà legislativa primaria, limiti eguali a quelli che, ai sensi dell’art. 122 Cost., si impongono alle Regioni a statuto ordinario, ciò di cui si ha conferma nell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ».
5.2. -Ed invero tutta la giurisprudenza costituzionale, afferma che le categorie dell’ineleggibilità e dell’incompatibilità devono muoversi nell’alveo di una disciplina comune in tutte le regioni, siano esse a statuto ordinario che a statuto speciale, ma ha anche costantemente ammesso un adattamento a livello locale delle singole disposizioni relative alle incompatibilità ed ancor di più in Sicilia, in ragione di più gravi fenomeni di infiltrazioni delinquenziali nelle amministrazioni pubbliche e di condizioni locali “peculiari ed eccezionali” (Corte Cost. n. 288/2007).
Quanto alla distinzione tra contributi ordinari e straordinari, deve osservarsi che essa è prevista dall’art 10 quater (causa di incompatibilità ) e non dall’art. 10 comma 1 bis (causa di ineleggibilità) correttamente ritenuto applicabile nella specie; in ogni caso anche questo è l’accertamento in fatto non rivedibile in questa sede.
6. -Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la erroneità della sentenza impugnata laddove la Corte d’appello ha ritenuto palesemente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 10 comma 1 -bis della L.R. siciliana 29/1951. Secondo il ricorrente la norma è irrazionale e non vi sarebbe alcuna compatibilità sul piano ermeneutico tra l’art. 10 comma 1 -bis e l’art. 10 quater, nel senso che le due norme non possono prevedere conseguenze diverse -incompatibilità e ineleggibilità -per la medesima situazione (ossia ricoprire la carica di amministratore di enti che «gestiscano servizi di qualunque genere per conto della Regione» o ai quali la Regione «contribuisca in via ordinaria, direttamente o indirettamente»). Pertanto la Corte d’Appello di Palermo ha erroneamente affermato che la disciplina regionale sarebbe razionale e coerente con i limiti fissata dalla normativa nazionale. Il ricorrente osserva che l’Amministratore di un ente che gestisce un pubblico servizio o riceva contributi in via ordinaria non può esercitare alcuna particolare captatio benevolentie . Ed invero, nel caso di contributi erogati in via ordinaria per il funzionamento di enti che gestiscono (come il GAL) pubblici servizi, le relative somme non possono essere sviate per l’acquisizione di consenso elettorale, dovendo essere necessariamente utilizzate per gli specifici fini istituzionali (e per l’erogazione del pubblico servizio), anche in considerazione dell’esistenza di appositi meccanismi di supervisione dell’attività espletata.
7. Il motivo è infondato.
Anche a non voler considerare che le due norme non sono perfettamente sovrapponibili, la razionalità complessiva delle disposizioni in esame si evince ove si ponga mente alla necessità di una tutela completa della libertà di voto in una Regione a Statuto speciale e che, come rimarcato dalla Corte Costituzionale, presenta condizioni locali peculiari ed eccezionali; non è irrazionale che si
preveda che determinati fatti operino sia come causa di ineleggibilità se preesistenti che come causa di incompatibilità se sopravvenuti.
Quanto al resto, la valutazione se un certo fatto o una certa posizione costituisca condizione di rischio per la libertà di voto è questione rimessa alla discrezionalità del legislatore (regionale) e non può certamente dipendere dal giudizio del diretto interessato.
8. -Con il quarto motivo del ricorso si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata laddove la Corte d’appello ha ritenuto sussistenti i profili di ineleggibilità dichiarati assorbiti dal giudice di primo grado e riproposti in appello relativi all’incarico di presidente del C.D.A. della RAGIONE_SOCIALE Caltanissetta provincia nord, in violazione e falsa applicazione delle previsioni di cui agli artt. 8 e 10 bis della L.R. Sicilia n. 29/1951. Secondo il ricorrente l’elenco di cui all’art. 22 comma 1 lett. c) del D.lgs. 33/2013 (in cui non c’è la società indicata) nasce proprio al fine di indicare tutti i soggetti sottoposti alla vigilanza della Regione, pertanto, appare destituito di fondamento l’assunto (contenuto nella sentenza oggi impugnata) secondo cui tale elenco non avrebbe ‘valore esaustivo’. Sarebbe, infatti, illogico e in contrasto con il dato normativo ritenere: a) che possa esistere una nozione di vigilanza diversa e difforme rispetto a quella prevista dall’art. 22 co, 1 lett. del D. Lgs, secondo cui sono vigilati gli enti nei quali l’Amministrazione esercita ‘poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi di controllo’; b) che possano esistere enti vigilati non ricompresi in tale elenco.
8.1. -Il motivo è inammissibile.
In primo luogo si osserva che vi è difetto di interesse sulla censura perché respinti i motivi che attengono alla ineleggibilità ex art.10 comma 1 -bis il soggetto è comunque ineleggibile e decaduto. La Corte d’appello ha infatti esaminato questa ragione di incandidabilità, ritenuta assorbita in primo grado, solo perché gli
appellanti l’avevano riproposta in sede di appello non in via subordinata ma in via diretta; a ciò gli elettori potevano avere interesse ad agire e il ricorrente a contraddire, finché il giudizio non si fosse concluso con una sentenza definitiva sulla causa di ineleggibilità ex art 10 comma 1 -bis, qui definitivamente accertata. In ogni caso si osserva che sul punto la Corte d’appello si è attenuta alla giurisprudenza di questa Corte che accoglie un’accezione non limitativa della nozione di vigilanza, potere che va inteso come comprensivo di ogni forma d’ingerenza o di controllo del Comune nell’attività dell’ente controllato, non occorrendo che la vigilanza medesima si esplichi nelle forme più penetranti dell’annullamento o dell’approvazione degli atti dell’ente stesso, di guisa che il termine vigilanza va assunto in senso atecnico e nella sua accezione più lata, ossia con riferimento non già ai meri controlli tutori e di legittimità o a quelli sostitutivi sugli organi, ma a controlli di più ampia e diversa natura, derivanti non soltanto dalla legge, ma anche da vincoli contrattuali o statutari, tali da comportare una effettiva e diretta ingerenza del Comune sul funzionamento dell’ente, ovvero un controllo incidente sul processo formativo della volontà dello stesso (Cass. n. 16990 del 01/08/2007; Cass. n. 626 del 14/01/2008; Cass. n. 22047 del 2016; e la già citata Cass. 30209/2024).
-Con il quarto motivo si deduce l’erroneità della sentenza appellata laddove la corte d’appello ha ritenuto manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale relativa all’art. 10 f) della L.R. n. 29/51, e la violazione e falsa applicazione degli articoli 3, 51 e 97 Cost.
Il motivo non merita accoglimento, giacché la questione di legittimità costituzionale proposta risulta irrilevante ai fini del decidere essendo quella di cui all’art. 10, comma 1 bis, già causa
sufficiente a fondare la decisione in relazione all’ineleggibilità del ricorrente.
Ne consegue il rigetto del ricorso; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore di entrambe le parti costituite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuna parte controricorrente in Euro 5.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito per le amministrazioni difese dall’Avvocatura dello Stato, e per la parte privata oltre euro 200,00 per spese non documentabili, spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.