Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9514 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9514 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
R.G.N. 21936/20 C.C. 26/03/2025
Vendita -Individuazione dell’acquirente
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 21936/2020) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1462/2020, pubblicata il 15 giugno 2020, notificata a mezzo PEC il 16 giugno 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 12 dicembre 2016, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Pavia, la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che la convenuta fosse condannata al pagamento della somma di euro 47.771,81, oltre interessi di mora, a titolo di corrispettivo per la merce fornita sulla base di commesse evase su ordine diretto della ETG ovvero per il tramite della RAGIONE_SOCIALE/Girbino.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza della pretesa avversaria, sostenendo di non aver avuto alcun ruolo nella vicenda, tanto da avere appreso dalla stessa controparte che il suo nominativo era stato utilizzato fraudolentemente su richiesta di COGNOME e per ragioni legate alla sfera commerciale di quest’ultimo, quando aveva richiesto lo storno immediato delle fatture emesse a suo carico.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1590/2018, depositata il 16 ottobre 2018, notificata il 12 novembre 2018, in accoglimento della domanda spiegata, condannava la ETG al pagamento, in favore della F.lli COGNOME, della somma di euro 47.771,81, per il titolo indicato.
All’uopo, riteneva che la RAGIONE_SOCIALE fosse effettivamente cliente della RAGIONE_SOCIALE COGNOME o comunque che avesse fatto credere di esserlo, al posto di NOME COGNOME/COGNOME.
-Con atto di citazione del 16 novembre 2018, la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando che non vi era alcuna prova della riconduzione della fornitura alla RAGIONE_SOCIALE
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE la quale instava per la declaratoria di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi ovvero per il rigetto dell’impugnazione, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento dell’appello e in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda spiegata dalla F.lli COGNOME verso la ETG.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che non vi era prova in atti -attesa la contestazione dell’appellante sul punto -dell’esistenza di precisi e specifici accordi relativamente alle varie forniture di cui si pretendeva il pagamento, stante che dette forniture erano ricondotte ad ETG semplicemente sul presupposto che esse fossero state richieste o da NOME COGNOMEqualificatosi quale agente procacciatore d’affari di ETG o a seguito di mail inviate ad RAGIONE_SOCIALE e da quest’ultima non riscontrate o, infine, in ragione dell’operare di una responsabilità solidale di RAGIONE_SOCIALE con NOME COGNOME; b ) che, d’altro canto, tale conferma probatoria non poteva trarsi indirettamente dall’avvenuta ricezione e accettazione, da valersi quale facta concludentia , da parte di ETG,
della merce oggetto delle forniture di cui era stato richiesto il pagamento, poiché -diversamente dalle precedenti forniture intervenute tra le parti, con DDT regolarmente sottoscritti dal destinatario -tutta la documentazione di consegna riguardante la merce oggetto della controversia non riportava, invece, la necessaria sottoscrizione da parte del destinatario, a conferma del ricevimento della merce stessa; c ) che detta circostanza se, da un lato, confutava la partecipazione di ETG allo scambio commerciale in esame, dall’altro, non confermava neppure l’adempimento della F.lli COGNOME all’obbligazione di consegna, integrante la prestazione principale dell’accordo che quest’ultima aveva azionato; d ) che, pertanto, a fronte del fatto che in precedenza RAGIONE_SOCIALE aveva sempre saldato le forniture effettuate su precisi suoi ordini, con riferimento alle forniture di specie, in data 21 novembre 2016, l’appellante aveva contes tato alla F.lli COGNOME il ricevimento del materiale di cui alle fatture, da luglio ad ottobre, e ancor prima aveva altresì contestato l’esistenza di un ordine relativamente a detto materiale; e ) che, in aggiunta, vi era una specifica corrispondenza trasmessa dallo stesso COGNOME il quale, il 22 novembre 2016, aveva esplicitamente affermato che gli ordini dei quali si discuteva erano relativi a materiale da lui stesso ordinato e non destinati ad ETG, tanto che il medesimo COGNOME richiedeva lo storno delle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, unitamente alla richiesta di emissione di nuova documentazione fiscale a sé intestata; f ) che, inoltre, i destinatari finali della merce avevano fatto sapere, con propria comunicazione, di non avere mai intrattenuto alcun rapporto commerciale con ETG; g ) che, dunque, tutti gli evidenziati elementi confermavano che le
forniture in questione non potevano essere in alcun modo ricondotte, né sotto il profilo dell’ordinazione, né sotto il profilo del materiale ricevimento ed utilizzo della merce, alla società appellante, cui, in assenza di un valido titolo giustificativo, i relativi costi non potevano essere addebitati.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
-La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso avanzata dalla controricorrente.
Infatti, la notifica telematica della sentenza impugnata contiene la PEC di invio, la sentenza notificata, l’attestazione di controparte e la relata di notifica, con l’attestazione di conformità a cura del ricorrente di tutto quanto stampato e depositato in formato cartaceo rispetto a quanto ricevuto in via digitale.
L’attestazione di conformità agli originali, ai sensi dell’art. 9, commi 1bis e 1ter , della legge n. 53/1994, rende utilizzabile la prova della notifica della sentenza impugnata.
In ogni caso, si rileva che -quand’anche si fosse ritenuto che la prova della notifica della sentenza impugnata fosse stata inutilizzabile, perché incompleta -il ricorso sarebbe stato ugualmente procedibile, poiché la sua notifica è avvenuta il 12 agosto 2020, ossia entro il termine breve di 60 giorni dalla pubblicazione della pronuncia del 15 giugno 2020 (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n.
11386 del 30/04/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 18645 del 22/09/2015; Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013).
2. -Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità del procedimento, in relazione all’art. 112 c.p.c., con omesso esame ed omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 348 -bis c.p.c. per difetto di specificità dei motivi di impugnazione, per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi sull’eccezione preliminare con la quale parte appellata contestava che l’atto di gravame non contenesse motivi specifici, non individuando i punti contestati della sentenza, ma limitandosi a contestare genericamente l’intero decisum , di fatto riducendo l’appello ad una censura vaga e approssimativa.
Obietta l’istante che la mancata decisione sull’eccezione di inammissibilità avrebbe integrato un error in procedendo .
2.1. -Il motivo è infondato.
Ed invero, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione.
In applicazione di tale principio, è infondato il motivo di ricorso con cui si denunci l’omessa pronuncia sulla dedotta inammissibilità dei motivi d’appello, per difetto di specificità degli
stessi, avendo il giudice comunque deciso il gravame nel merito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 34940 del 28/11/2022; Sez. 3, Sentenza n. 2151 del 29/01/2021).
A fortiori , qualora il giudice d’appello abbia proceduto alla trattazione nel merito dell’impugnazione, ritenendo di non ravvisare un’ipotesi di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 -bis c.p.c., la decisione sulla ammissibilità non è ulteriormente sindacabile sia davanti allo stesso giudice dell’appello che al giudice di legittimità nel ricorso per cassazione, anche alla luce del più generale principio secondo cui il vizio di omessa pronuncia non è configurabile su questioni processuali (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10422 del 15/04/2019; Sez. 3, Sentenza n. 25154 del 11/10/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018; Sez. 1, Sentenza n. 22083 del 26/09/2013).
3. -Con il secondo (subordinato) motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112, 342 e 329 c.p.c., per avere la Corte territoriale accolto l’appello in violazione del principio del gravame quale revisio prioris instantiae , poiché l’effetto devolutivo non potrebbe spingersi sino al punto di investire automaticamente il giudice di secondo grado dell’intera causa già decisa in primo grado, in mancanza di specifici motivi.
Osserva l’istante che l’atto di impugnazione si sarebbe limitato a contestare la sentenza di primo grado, in quanto la condanna sarebbe stata adottata sulla scorta di meri indizi o sensazioni, peraltro contrastanti con la documentazione proveniente dai destinatari della merce, con la conseguente motivazione apparente di tale condanna, in quanto priva
dell’enucleazione dei necessari elementi giuridici; mentre la sentenza d’appello avrebbe rivalutato globalmente tutta la vicenda fattuale e processuale, cosicché avrebbe superato i limiti della cognizione spettante al giudice d’appello.
3.1. -Il motivo è infondato.
La pronuncia impugnata, infatti, ha affrontato proprio il tema involto dai motivi di gravame, in ordine alla carenza di prova che l’ordinante della merce fosse ETG.
Una volta contestata la riconducibilità dell’ordine ad ETG, rientrava nei poteri della Corte del gravame analizzare tutti gli elementi ricavabili dalle prove in atti, e ciò allo scopo di verificare l’instaurazione del rapporto obbligatorio rivendicato dal creditore.
L’esistenza di tale prova è stata esclusa sulla scorta degli elementi analiticamente esposti nella pronuncia.
4. -Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c., per avere la Corte distrettuale violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, travisando il thema decidendum .
Espone l’istante che la sentenza d’appello avrebbe escluso l’esistenza di precisi e specifici accordi relativamente alle varie forniture, escludendo che esse potessero imputarsi ad ETG, sia sotto il profilo dell’ordinazione, sia sotto il profilo del ricevimento, sia sotto il profilo dell’utilizzo della società appellante, cosicché la pretesa creditoria sarebbe risultata priva del necessario riscontro probatorio, mentre il giudizio non avrebbe avuto ad oggetto l’accertamento dell’utilizzo della merce a cura della società
appellante
e dell’effettiva consegna ad RAGIONE_SOCIALE, aspetti, questi, in ordine ai quali la pronuncia sarebbe andata ultra-petita .
4.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, a fronte della contestazione della riconduzione dell’ordinativo della merce alla ETG, la sentenza d’appello poteva utilizzare ogni elemento acquisito allo scopo di verificare tale imputazione, ivi compreso l’aspetto attinente all’effettiva consegna della merce.
Né può essere compiuta in questa sede una rinnovazione dell’indagine in fatto volta ad accertare le parti effettive del rapporto commerciale (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
5. -Con il quarto motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., in relazione agli artt. 2727 e 2729 c.c., l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte del gravame omesso di valutare fatti noti (quali l’emissione e la consegna dei documenti commerciali, rappresentati dalla conferma d’ordine, dalle offerte e dalla registrazione delle fatture) ai fini della dimostrazione del fatto ignoto (ossia della proposta contrattuale formulata da RAGIONE_SOCIALE o da proprio mandatario con rappresentanza), omettendo altresì di valutare se l’insieme di tutti gli elementi indiziari, unitamente anche a quelli noti e decisivi ma non presi in esame dalla Corte, fosse idoneo a dimostrare il fatto ignoto.
Aggiunge l’istante che la pronuncia d’appello avrebbe considerato solo alcuni indizi per verificare un fatto non allegato
dalle parti, in ragione della considerazione delle circostanze che i DDT non risultavano sottoscritti e che la merce era stata consegnata in luogo differente dalla sede di ETG.
5.1. -Il motivo è infondato.
Ora, la sentenza impugnata ha tratto il convincimento sulla non ascrivibilità degli ordinativi ad RAGIONE_SOCIALE da una serie di elementi, valutati sia atomisticamente sia nel loro complesso, quali: – il mancato riscontro delle mail inviate ad ETG; – la mancanza di prova della ricezione della merce in favore di RAGIONE_SOCIALE, poiché tutta la documentazione di consegna riguardante la merce oggetto della controversia non riportava la necessaria sottoscrizione da parte del destinatario, a conferma del ricevimento della merce stessa (diversamente dagli ordini che riguardavano precedenti rapporti intrattenuti tra le parti); – la contestazione della ETG, in data 21 novembre 2016, del ricevimento del materiale di cui alle fatture, da luglio ad ottobre; – la precedente contestazione di ETG dell’esistenza di un ordine relativamente a detto materiale; – la dichiarazione dello Girbino del 22 novembre 2016, secondo cui gli ordini dei quali si discuteva erano relativi a materiale da lui stesso ordinato e non destinati ad ETG, tanto che il medesimo COGNOME richiedeva lo storno delle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, unitamente alla richiesta di emissione di nuova documentazione fiscale a sé intestata; – la negazione, a cura dei destinatari finali della merce, di avere mai intrattenuto alcun rapporto commerciale con RAGIONE_SOCIALE
Solo all’esito della disamina di tali molteplici e significative circostanze la Corte d’appello è giunta alla conclusione che le forniture in questione non potevano essere in alcun modo
ricondotte, né sotto il profilo dell’ordinazione, né sotto il profilo del materiale ricevimento ed utilizzo della merce, alla società appellante, cui, in assenza di un valido titolo giustificativo, i relativi costi non potevano essere addebitati.
E ciò in sintonia con l’orientamento nomofilattico a mente del quale, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini
dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28261 del 09/10/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 27266 del 25/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 22903 del 27/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 20898 del 18/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 8829 del 29/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. 6-5, Ordinanza n. 34248 del 15/11/2021; Sez. L, Ordinanza n. 22366 del 05/08/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. L, Sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 10253 del 19/04/2021; Sez. 6-1, Ordinanza n. 5279 del 26/02/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3541 del 13/02/2020; Sez. 5, Sentenza n. 15454 del 07/06/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019; Sez. L, Sentenza n. 29635 del 16/11/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 17720 del 06/07/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 9059 del 12/04/2018; Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017; Sez. L, Sentenza n. 27671 del 15/12/2005; Sez. 2, Sentenza n. 3646 del 24/02/2004; Sez. L, Sentenza n. 11906 del 06/08/2003).
6. -Con il quinto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dell’omesso esame di un risultato probatorio avente ad oggetto un fatto decisivo, per avere la Corte d’appello non attribuito la giusta considerazione alle dichiarazioni testimoniali rese da COGNOME NOME, quale dipendente amministrativa e moglie del titolare di ETG, secondo cui tutte le fatture giunte dalla F.lli COGNOME sono state registrate.
Sicché, a fronte della contestazione, seppure tardiva, di tali fatture, l’annotazione delle medesime avrebbe dovuto comunque costituire prova scritta idonea a dimostrare l’esistenza del credito, in quanto atto ricognitivo in ordine ad un fatto costitutivo di un rapporto giuridico sfavorevole per il dichiarante, stante la loro natura confessoria ex art. 2720 c.c., utilizzando peraltro anche l’IVA in compensazione e attendendo circa sei mesi per richiederne formalmente lo storno.
6.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, pur potendo desumersi l’esistenza del credito dalla registrazione/annotazione delle fatture (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 32935 del 20/12/2018; Sez. 3, Sentenza n. 3383 del 18/02/2005), nella fattispecie, il destinatario le ha comunque contestate e ne ha chiesto lo storno.
Senonché la fattura commerciale ha non soltanto efficacia probatoria nei confronti dell’emittente, che vi indica la prestazione e l’importo del prezzo, ma può costituire piena prova nei confronti di entrambe le parti dell’esistenza di un corrispondente contratto allorché risulti accettata dal contraente destinatario della prestazione che ne è oggetto e annotata nelle scritture contabili (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3581 del 08/02/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 26801 del 21/10/2019; Sez. 2, Sentenza n. 15832 del 19/07/2011).
Mentre nella fattispecie le citate fatture, per quanto anzidetto, non sono state accettate.
7. -Il sesto motivo di ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., l’omessa pronuncia, in relazione all’art. 112 c.p.c., sulla domanda formulata dalla F.lli COGNOME
secondo cui la ETG, in concorso con altri, avrebbe cagionato un evento dannoso alla F.lli COGNOME inducendola in errore e facendole credere di essere il compratore della merce venduta, mentre il reale compratore sarebbe stato altra persona (ossia NOME).
Sostiene l’istante che avrebbe, dunque, richiesto il pagamento di tutti i danni cagionati con il proprio comportamento commissivo e omissivo dalla RAGIONE_SOCIALE, in solido con la RAGIONE_SOCIALE Girbino, domanda su cui la Corte d’appello non si sarebbe pronunciata.
7.1. -Il motivo è infondato.
Resta fermo, infatti, secondo lo stesso assunto della ricorrente, che nessuna domanda di condanna al risarcimento dei danni è stata proposta nel giudizio di primo grado, a prescindere dalla mera deduzione del fatto dannoso nel corpo degli atti introduttivi del giudizio, deduzione che non equivale alla proposizione di una domanda, debitamente formalizzata nelle conclusioni dell’atto (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 239 del 07/01/2025).
In ogni caso, il presupposto di tale pretesa risarcitoria -ossia l’induzione in errore sull’identificazione dell’effettivo acquirente delle forniture -è stato escluso dal rigetto della domanda principale.
Ora, alla luce degli elementi innanzi descritti, la sentenza impugnata ha perentoriamente negato che le forniture in questione potessero essere in alcun modo ricondotte, né sotto il profilo dell’ordinazione, né sotto il profilo del materiale ricevimento ed utilizzo della merce, alla società appellante RAGIONE_SOCIALE
cosicché è stato altresì implicitamente negato che fosse imputabile ad ETG l’ipotetico errore che avrebbe indotto la F.lli COGNOME a ritenere che l’effettivo acquirente fosse la stessa ETG.
Tanto più che i contatti precedenti all’attivazione della fornitura sono stati instaurati, per stessa ammissione della ricorrente, non già con ETG bensì con NOME
8. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 4.300,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda