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Indicatore Sintetico di Costo errato: no nullità

Una società di costruzioni e i suoi fideiussori hanno impugnato un decreto ingiuntivo basato su un contratto di mutuo, lamentando un Indicatore Sintetico di Costo (ISC) errato. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32811/2024, ha respinto il ricorso. Ha chiarito che l’ISC ha una funzione puramente informativa e la sua scorretta indicazione non comporta la nullità del contratto o dei tassi, ma può al massimo fondare un’azione di risarcimento danni per violazione degli obblighi di trasparenza, azione peraltro non proposta nel caso di specie. Il ricorso è stato inoltre giudicato inammissibile per difetto di autosufficienza.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indicatore Sintetico di Costo (ISC) Errato: la Cassazione Chiarisce le Conseguenze

L’Indicatore Sintetico di Costo (ISC), noto anche come TAEG, è uno strumento fondamentale per la trasparenza nei contratti di finanziamento. Ma cosa succede se questo valore, indicato nel contratto, si rivela errato? Può questo errore portare alla nullità del mutuo o delle sue clausole? Con la recente ordinanza n. 32811/2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi su questo punto, distinguendo nettamente tra la funzione informativa dell’ISC e la validità strutturale del contratto.

I Fatti del Caso

Una società di costruzioni, insieme ai suoi fideiussori, si opponeva a un decreto ingiuntivo emesso su richiesta di un istituto di credito. L’ingiunzione riguardava il pagamento di somme derivanti da un contratto di mutuo fondiario che, di fatto, non era mai entrato pienamente ‘a regime’. Invece di un piano di ammortamento, erano state erogate delle somme parziali ‘in conto mutuo’ su un conto corrente dedicato.

Tra i vari motivi di opposizione, la società lamentava che l’Indicatore Sintetico di Costo indicato nel contratto (5,85%) fosse significativamente inferiore a quello effettivamente applicato (stimato al 9,526%), chiedendo che venisse dichiarata l’indeterminatezza dei tassi e, di conseguenza, la nullità delle clausole relative.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto questa tesi, ritenendo la contestazione generica e sottolineando che, per i contratti non destinati ai consumatori, l’inesattezza dell’ISC non comporta la nullità.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Indicatore Sintetico di Costo

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito e cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di trasparenza bancaria e validità contrattuale.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su argomentazioni chiare e distinte, che meritano un’analisi approfondita.

1. La Funzione Puramente Informativa dell’ISC

Il punto centrale della pronuncia è la natura dell’Indicatore Sintetico di Costo. La Corte ha ribadito che l’ISC non è un ‘tasso’, un ‘prezzo’ o una ‘condizione economica’ direttamente applicabile al contratto. La sua funzione è esclusivamente informativa e di pubblicità, volta a permettere al cliente di comprendere il costo totale del finanziamento prima di accedervi. Di conseguenza, un errore nella sua indicazione non incide sulla validità delle clausole che determinano i tassi di interesse, le quali sono pattuite separatamente. La violazione di un obbligo informativo non si traduce automaticamente in un vizio genetico del contratto.

2. Le Conseguenze di un ISC Errato: Risarcimento, non Nullità

Se l’errata indicazione dell’ISC non causa la nullità, quale tutela ha il cliente? La Corte ha specificato che la violazione dell’obbligo di trasparenza può dar luogo a una responsabilità della banca, di natura precontrattuale o contrattuale. Il cliente può quindi richiedere il risarcimento del danno, ma a una condizione fondamentale: deve provare di aver subito un pregiudizio concreto a causa della scorretta informazione e il nesso di causalità tra la condotta della banca e il danno subito. Nel caso di specie, una tale domanda risarcitoria non era nemmeno stata formulata.

3. Inammissibilità del Ricorso per Difetto di Autosufficienza

La Cassazione ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso relativi all’ISC per una ragione processuale cruciale: il difetto di autosufficienza. I ricorrenti si erano limitati a fare generico riferimento a una perizia di parte che avrebbe dimostrato la discrepanza dell’ISC, senza però trascrivere nel ricorso i passaggi logico-matematici e i calcoli specifici contenuti in tale perizia. Questo ha impedito alla Corte di valutare la fondatezza della critica, poiché il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi per essere deciso.

4. Irrilevanza della Questione sull’Usura dei Tassi di Mora

I ricorrenti avevano anche sollevato la questione dell’usurarietà dei tassi di mora pattuiti nel contratto di mutuo. La Corte ha ritenuto il motivo infondato, in quanto il contratto di mutuo non era mai diventato operativo. Gli unici interessi applicati erano quelli corrispettivi sulle somme erogate sul conto corrente. La Cassazione ha ricordato il principio, stabilito dalle Sezioni Unite, secondo cui, nei contratti in corso, ai fini della verifica dell’usura rileva il tasso concretamente applicato in caso di inadempimento, e non quello meramente pattuito in astratto e mai applicato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici per imprese e professionisti. In primo luogo, conferma che la battaglia legale contro un istituto di credito non può fondarsi unicamente sulla presunta erroneità dell’Indicatore Sintetico di Costo per chiederne la nullità, specialmente nei contratti non rivolti ai consumatori. La via maestra, in caso di violazione degli obblighi di trasparenza, è quella risarcitoria, che richiede però un onere probatorio rigoroso. In secondo luogo, evidenzia l’importanza fondamentale di redigere ricorsi ‘autosufficienti’, dettagliando in modo specifico le ragioni di critica e riportando gli elementi di prova essenziali, senza limitarsi a un generico rinvio a documenti esterni. Un approccio difensivo approssimativo rischia di essere fatale sul piano processuale.

Un Indicatore Sintetico di Costo (ISC) errato in un contratto di mutuo lo rende nullo?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’errata indicazione dell’ISC non incide sulla validità del contratto. La sua funzione è puramente informativa e non rientra tra i ‘tassi, prezzi e condizioni’ contrattuali. La nullità è una sanzione prevista solo in casi specifici, come per il credito al consumo, e non si applica automaticamente a un mutuo concesso a una società.

Quale tutela ha un’impresa se l’ISC indicato dalla banca è sbagliato?
L’impresa può agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, dimostrando che l’informazione scorretta le ha causato un pregiudizio effettivo. Si tratta di una violazione di un dovere di condotta (trasparenza) che genera una responsabilità contrattuale o precontrattuale, ma non un’invalidità del contratto stesso.

Perché il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile sul punto dell’ISC?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile per difetto di autosufficienza. La società si è limitata a menzionare una propria perizia tecnica senza riportare nel ricorso i calcoli e il procedimento logico che dimostravano l’errore dell’ISC. Ciò ha impedito alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza della censura, poiché non è suo compito ricercare gli atti nei fascicoli di parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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