Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 1625 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 1625 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 2770/2021 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME nella qualità di eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME nella qualità di eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in atti;
– ricorrenti –
contro
ENTE RAGIONE_SOCIALE COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ope legis ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 556/2020 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 22/10/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, accolga il ricorso ed affermi la giurisdizione del giudice ordinario.
FATTI DI CAUSA
1.- La Corte di appello di Potenza, con sentenza n.556/2020, depositata il 22 ottobre 2020, ha confermato la decisione del Tribunale di Lagonegro n.99/2009 che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nella controversia instaurata da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME, nei confronti dell’Ente Parco Nazionale del Pollino.
NOME COGNOME, NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME in COGNOME, e NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME (n.d.r. nella sentenza impugnata sono indicati tutti come eredi COGNOME), con atto di citazione notificato in data 10 giugno 2005, avevano agito in primo grado in qualità di proprietari di un compendio immobiliare ubicato nel territorio del Parco nazionale del Pollino istituito con d.P.R. del 15 novembre 1993, meglio individuato in atti, e avevano convenuto l’Ente Parco per ottenere l’indennizzo ex art.15 della legge n. 394/1991 -deducendo, a seguito dell’ist ituzione del Parco ai sensi della suddetta legge n.394 /1991, l’imposizione di vincoli sostanzialmente ablativi del loro dirit to di proprietà sui terreni siti nel Comune di Viggianello per complessivi 510 ettari, di cui 370 di fustaia di faggio e 140 di ceduo della stessa specie, vincoli che non consentivano l’attività agro -silvo- pastorale, compreso il taglio selvicolturale.
Avevano chiesto il riconoscimento giudiziale dell’indennizzo, con condanna dell ‘Ente Parco alla corresponsione di una somma di denaro pari ad euro 5.000.000,00, o comunque non inferiore a euro 2.500.00,00. L’Ente Parco, nel
costituirsi, aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, in subordine, aveva contestato la fondatezza della pretesa.
Il giudice di primo grado aveva declinato la giurisdizione perché, dopo avere rimarcato che la domanda azionata non aveva ad oggetto il risarcimento del danno da fatto illecito della P.A., bensì l ‘ indennizzo per le limitazioni derivate al diritto di proprietà degli attori in conseguenza di un ‘ attività legittima della stessa P.A., aveva evidenziato che l ‘ art.15 della legge n.394/1991 contemplava un potere discrezionale della P.A. sia in ordine all ‘ an, sia in ordine al quantum dell’indennizzo, con la conseguenza che la posizione vantata dagli attori non poteva qualificarsi di diritto soggettivo, ma di mero interesse legittimo.
La Corte di merito ha confermato la decisione osservando che l’art.15, comma 2, della legge n.394/1991, non pone un obbligo all’indennizzo, ma una facoltà discrezionale della P.A. laddove recita: «I vincoli… possono dar luogo a compensi ed indennizzi … Con decreto da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’ambiente provvede alle disposizioni di attuazione del presente comma». La Corte territoriale ha dedotto che la posizione giuridica vantata nel caso di specie non poteva qualificarsi di diritto soggettivo, ma di mero interesse legittimo con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo , richiamata all’uopo la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, in tema di concessione dì indennizzi o sovvenzioni da parte della P.A., ai fini del riparto di giurisdizione occorre distinguere a seconda che l ‘ interesse del privato sia tutelato dall ‘ ordinamento in via immediata e diretta, ovvero unitamente all ‘ interesse pubblico prevalente, ricorrendo nel primo caso una posizione di diritto soggettivo, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, e nel secondo caso una posizione di interesse legittimo, da far valere dinanzi al giudice amministrativo, fin quando l’amministrazione non abbia riscontrato la sussistenza dei presupposti di legge per l’effettiva erogazione dell’indennizzo .
NOME COGNOME, NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME in COGNOME, e NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il
18 gennaio 2021, articolato in un unico motivo. L’Ente Parco del Pollino ha replicato con controricorso.
Sono state depositate memorie da entrambe le parti.
I ricorrenti hanno chiesto due volte il differimento della trattazione del ricorso e tali istanze sono state accolte con decreti del 20 febbraio 2024 e del 29 aprile 2024.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso e la affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.
I ricorrenti hanno depositato in data 2 ottobre 2024 una nuova istanza di differimento della trattazione, che è stata respinta con decreto del Presidente Aggiunto del 18 novembre 2024.
È stata disposta la trattazione camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per violazione delle norme sulla giurisdizione (errore di diritto nel riparto di giurisdizione), dedotto ex art.360, primo comma, n.1, c.p.c., per avere il giudice ordinario erroneamente declinato la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo.
3.- Il motivo è fondato e va accolto.
3.1.- Secondo principio consolidato, la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del riparto, rileva il petitum sostanziale.
Questo va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto e soprattutto in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (indicativamente, Cass. Sez. U. n. 22486/2024, Cass. Sez. U. n.15911/2024; Cass. Sez. U. n. 19966/2023; Cass. Sez. U. n. 9771/2020; Cass. Sez. U n. 23600/2020, tra molte): pertanto, ai fini della soluzione della questione di giurisdizione, si devono prendere in esame i fatti allegati dalle parti, al fine di verificare la natura giuridica della situazione giuridica azionata, prescindendo dall ‘ effettiva sussistenza dei fatti dedotti e dalla fondatezza del
diritto fatto valere, che attengono al merito della controversia, da scrutinare a cura del giudice effettivamente munito di giurisdizione.
3.2.- Il petitum del presente giudizio concerne la domanda di liquidazione dell’indennizzo proposta dai proprietari di un’area inclusa all’interno del Parco Nazionale del Pollino, ai sensi dell’art.15 della legge n.394/1991 – legge quadro per l ‘ istituzione e la gestione delle aree naturali protette al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese nei confronti dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, istituito con d.P.R. 15 novembre 1993.
I ricorrenti, come si rileva dagli atti di causa, dopo avere esposto che il complesso immobiliare di loro proprietà ricade nella Zona 1 di cui alla legge n.394/1991, hanno illustrato le ragioni della domanda e hanno dedotto che ciò comporta la soggezione dell’area a vincoli che impediscono loro di godere in modo pieno e libero del diritto di proprietà di cui sono titolari, non consentendo di esercitare l’attività agro -silvopastorale e il taglio selvicolturale; che l’ Ente Parco aveva autorizzato il taglio di alberi per dei lotti, ma non in Zona 1; che la richiesta di indennizzo presentata nel febbraio 2003 all’Ente Parco non aveva avuto riscontro; che il terreno, a causa dei vincoli imposti per disposizione legislativa, risultava improduttivo perché ricompreso in un’area di fatto interdetta a qualsiasi attività economica -produttiva.
Secondo i ricorrenti i vincoli imposti in conseguenza della legge 394/1991 avrebbero svuotato il contenuto del diritto dominicale limitandone il godimento e l’uso pieno sine die (fol.17 del ric.).
Pur senza contestare la legittimità della imposizione del vincolo ambientale al terreno di loro proprietà, in quanto rispondente ad un interesse generale, i ricorrenti hanno chiesto il ristoro dei danni e/o l ‘ indennizzo, conseguenti allo svuotamento permanente del loro diritto di proprietà, deducendo di averne diritto indipendentemente dalla previsione di una norma ordinaria nazionale (nella specie tuttavia esistente) o dalle indicazione dei criteri di liquidazione del ristoro spettante al proprietario.
4.In via preliminare occorre delineare il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento sui criteri di riparto della giurisdizione in materia
di indennità per atti di natura espropriativa o ablativa e in tema di apposizione di vincoli ambientali ai sensi della legge n. 394/1991.
4.1. – In tema di giurisdizione va ricordato che l ‘art. 133, comma 1, lett. f ), cod. proc. amm., prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: « le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi civici, nonché del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa ».
Alla successiva lett. g ), il legislatore ha poi previsto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle « controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa ».
L’art. 133 del d.lgs. n.104 del 20 10 deve essere letto in combinato disposto con l’art. 7, comma 5, del medesimo d.lgs. il quale prevede che « nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’art. 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi» .
L ‘art. 53 (Disposizioni processuali) del d.P.R. n 327 del 2001 (TUE) , inserito nel Titolo IV (Disposizioni sulla tutela giurisdizionale), prevede che « 1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. 2. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa ».
4.2.- In tema di vincoli ambientali, la legge quadro n. 394/1991 sulle aree protette , che ha previsto l’istituzione dei Parchi Nazionali, detta i principi
fondamentali per l ‘ istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del ‘patrimonio naturale del paese’.
La legge concorre all’attuazione de lla «tutela dell ‘ ambiente, dell’ecosistema», di cui all ‘ art. 117, secondo comma, lett. s ), Cost.
4.3.- Sulla natura dei vincoli conformativi della proprietà, conseguenti alla tutela ambientale, è intervenuta la giurisprudenza costituzionale.
Con la sentenza n.276 del 2020 la Corte costituzionale ha puntualizzato che «A partire dalla sentenza n. 56 del 1968, la giurisprudenza di questa Corte esclude che i limiti alla proprietà aventi finalità di tutela paesaggistica e, in senso lato, ambientale ricadano nell’ambito di applicazione dell’art. 42, terzo comma, Cost., abbiano cioè carattere espropriativo e richiedano per questo un indennizzo. A differenza dei vincoli di carattere urbanistico che derivano da scelte della pubblica amministrazione idonee a condizionare discrezionalmente le facoltà di godimento del bene, i vincoli di tipo ambientale sono espressivi di caratteristiche intrinseche del bene, di cui l’amministrazione si limita a registrare l’esistenza, e costituiscono attuazione di quanto previsto dall’art. 42, secondo comma, Cost., ossia della determinazione per legge del regime del diritto di proprietà. La legge che limita le facoltà edificatorie dei beni connotati da particolare pregio (culturale, artistico, paesaggistico, ambientale) non comporta infatti un’illegittima compressione del relativo diritto di proprietà, giacché «questo diritto è nato con il corrispondente limite e con quel limite vive» (sentenza n. 56 del 1968), e ciò tanto più assume rilievo quando si tratti della tutela de gli interessi protetti dall’art. 9, secondo comma, e dall’art. 32 Cost. (norme richiamate dall’art. 1, comma 1, della legge n. 394 del 1991) e qualificati come «valori costituzionali primari» da questa Corte (sentenza n. 126 del 2016).» dando poi atto, con riferimento specifico ai Parchi, che «la legge n. 394 del 1991 prende in considerazione il tema degli indennizzi relativi ai limiti derivanti dall’istituzione del parco (art. 15, comma 2: «I vincoli derivanti dal piano alle attività agro-silvo-pastorali possono essere indennizzati sulla base di princìpi equitativi. I vincoli, temporanei o parziali, relativi ad attività già ritenute compatibili, possono dar luogo a compensi ed indennizzi, che tengano conto dei
vantaggi e degli svantaggi derivanti dall’attività del parco») ma non contempla alcun indennizzo per le limitazioni, per finalità di tutela ambientale, delle aspettative edificatorie suscitate da uno strumento urbanistico attuativo.» .
Dunque, i vincoli di tipo ambientale di cui alla legge n. 394/1991, con riguardo alle aree ricomprese nel Parco Nazionale, impongono limiti alla proprietà che non comportano tuttavia un’illegittima compressione del relativo diritto di proprietà, in quanto sono espressivi di caratteristiche intrinseche del bene, di cui l’amministrazione si limita a registrare l’esistenza, e costituiscono attuazione di quanto previsto dall’art. 42, secondo comma, Cost., ossia della determinazione per legge del regime del diritto di proprietà.
Entro questo ambito, la concreta regolamentazione delle attività compatibili con le finalità istitutive del P arco è rimessa all’Ente Parco che, ai sensi degli artt.11 e 12 della legge n.394/1991, può disciplinare, mediante lo svolgimento di attività agro-silvo- pastorali, nelle aree di protezione nelle quali queste attività, in deroga al generale divieto, siano state ritenute compatibili e possano continuare ad essere svolte (v., art.12, comma 2, lett. c ).
Solo i vincoli derivanti dal Piano, di cui all’ art.12 della legge n.394/1991, alle attività agro-silvo-pastorali ritenute compatibili, possono essere indennizzati sulla base di princìpi equitativi e secondo i criteri indicati dall’art.15, comma 2, legge n.394/1991, che stabilisce «2. I vincoli derivanti dal piano alle attività agro-silvo-pastorali possono essere indennizzati sulla base di principi equitativi. I vincoli, temporanei o parziali, relativi ad attività già ritenute compatibili, possono dar luogo a compensi ed indennizzi, che tengano conto dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall’attività del parco. Con decreto da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’ambiente provvede alle disposizioni di attuazione del presente comma.» , così individuando limiti e presupposti specifici della eventuale indennizzabilità prevista solo per i vincoli riguardanti attività già ritenute compatibili dall’Ente Parco, in deroga al divieto generale.
4.4.- Nella individuazione della graduazione dei vincoli ambientali introdotti dalla legge n. 394/1991, ha particolare rilievo la sentenza n. 19389/2012 di
queste Sezioni Unite, la quale, in piena sintonia con le decisioni della Corte Costituzionale, ha chiarito, con riferimento alla disciplina delle attività consentite entro il territorio del Parco, dettata dall’art.11, comma 3, della legge n.394/1991, che non ha costituito oggetto di novellazione, che «3.1 – La piana lettura della L. n. 394 del 1991, art. 11, comma 3, consente, infatti, di individuarvi due momenti prescrittivi. Il primo, che (fatti salvi diritti reali e usi civici delle collettività locali, nei termini indicati dal successivo comma 5), impone inequivocamente, nei parchi, il divieto di tutte indistintamente le attività e le opere che possano comunque recar pregiudizio alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati. Il secondo, che, introdotto dal perentorio incipit “In particolare, sono vietati: …”, delinea, altrettanto inequivocamente, un catalogo di attività ed interventi declinato alle lettere da a ad h (…) -direttamente inibiti dalla legge, in quanto, ritenuti, in forza di presunzione assoluta, di per sé idonei a compromettere “la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati” e, di conseguenza, vietati già in astratto ed indipendentemente da ogni apprezzamento circa la relativa concreta pericolosità».
Dunque, la norma stabilisce che nelle aree istituite in Parco Naturale è la tutela dell’ambiente ad assumere, per specifica scelta del legislatore, rilievo preminente su qualsiasi altro interesse anche di primaria importanza, di talché sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat .
In particolare, l’art. 11, comma 3, lett. a ), vieta ‘(…) la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro-silvo-pastorali, nonché l ‘ introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l ‘equilibrio naturale’ .
Eventuali deroghe ai divieti stabiliti dal comma 3, possono essere stabilite con il regolamento del Parco, approvato dal Ministro dell ‘ ambiente su proposta dell ‘ Ente Parco , come sancito dal comma 4, pur nella salvaguardia della tutela dei valori ambientali affermata dalla Costituzione.
Questa Corte ha già avuto modo di esaminare l’art. 15, comma 2, della legge n . 394 del 1991, anch’esso rimast o invariato, già sopra richiamato.
Con la sentenza Cass. n. 10803/2006, si è affermato che non è dovuta alcuna indennità per il solo fatto dell ‘inclusione dei fondi all’interno del Parco nazionale, in base alla suddetta disposizione, qualora il Ministero dell’ambiente non abbia esercitato il potere discrezionale di regolamentare e concedere provvidenze a carattere equitativo, né alla stregua della natura espropriativa di detti vincoli, atteso che l’espropriazione di valore è in genere ravvisabile ove si privi il diritto dominicale dello ius aedificandi (nella specie si tratta di terreni indubbiamente agricoli), e che, inoltre, la finalità ambientale del vincolo ne giustifica la natura conformativa, non indennizzabile (v., in precedenza, Cass. n. 9433/1998).
Di recente è stato ribadito, sia pure con riferimento allo ius aedificandi , che ove un bene sia incluso in un’area di protezione di una riserva naturale non si è in presenza di un vincolo preordinato all’esproprio o avente analoga natura, ma di un vincolo ambientale imposto per legge, avente carattere ricognitivo e confermativo delle caratteristiche paesaggistiche e ambientali già possedute dal bene, da ritenersi giustificato alla luce dell’equilibrio costituzionale, che, in attuazione della funzione sociale della proprietà, vede alcune facoltà dominicali recessive di fronte alle esigenze di salvaguardia dei valori culturali ed ambientali di interesse generale, e alla stregua dell’art. 1 del Prot. n. 1 della CEDU, che non esclude il sacrificio dello ius aedificandi per la salvaguardia dei predetti interessi (Cass. n.8079/2024).
Così ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale, si osserva che il petitum sostanziale non involge l’esercizio del potere pubblico.
Premesso che la questione se l’indennizzo sia in concreto dovuto o meno non rileva ai fini della pronuncia sulla giurisdizione ora richiesta a questa Corte, trattandosi di questione attinente al merito (Cass. Sez. U. n. 9216/1987), si osserva che i ricorrenti sostengono che il vincolo ambientale, la cui legittimità non contestano, abbia svuotato il contenuto del diritto dominicale limitandone il godimento e l’uso pieno sine die poiché nella Zona 1 del Parco del Pollino, in cui ricade la loro proprietà, non sono previste attività produttive compatibili e per ciò solo chiedono il riconoscimento dell’indennizzo.
Come si evince dagli atti di causa, i ricorrenti nella qualità di proprietari hanno fatto valere la sussistenza di una posizione di diritto soggettivo, incondizionata ed automatica, a percepire l ‘ indennizzo per il pregiudizio subito alle facoltà dominicali in ragione del vincolo ambientale che, come si è sopra illustrato, si connota come ricognitivo e conformativo ex lege : nella specie, la individuazione del giudice munito di giurisdizione è agevolata dal fatto che il petitum e la causa petendi , nonché tutte le argomentazioni svolte dalla parte a sostegno della pretesa fatta valere, si riconnettono, senza possibilità di dubbi, alla allegazione della esistenza del diritto pieno di proprietà e al preteso pregiudizio subito dallo stesso.
La controversia non concerne l’eventuale mancato esercizio da parte dell’Amministrazione del potere discrezionale di regolamentazione delle attività compatibili in deroga al divieto generale, come previsto dagli artt. 11 e 12 della legge n.394/1991.
Pertanto, il petitum sostanziale non involge l’esercizio del pubblico potere, ma prospetta la lesione della posizione di diritto soggettivo per la conformazione legale del diritto di proprietà, di talché la controversia non può che essere devoluta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
La pretesa fatta valere ha sicuramente la consistenza del diritto soggettivo, e quindi il giudice munito della giurisdizione è il giudice ordinario (Cass. Sez. U. n. 9216/1987; Cass. Sez. U. n. 10465/2008).
La sentenza della Corte di appello, nel declinare la propria giurisdizione, ha fatto erronea applicazione dei principi di cui sopra e va cassata.
6. -In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio. Ai sensi dell’art.382, primo comma, c.p.c., si deve statuire determinando anche il giudice competente e, a tal fine, va tenuto presente il criterio indicato dall’art.383, terzo comma, c.p.c. secondo cui «La Corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest ‘ ultimo» .
A i sensi dell’art.5 , c.p.c., la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della
legge o dello stato medesimo, di guisa che è decisivo considerare che, nel caso di specie, i giudici di merito in primo e secondo grado hanno declinato entrambi la giurisdizione in favore del giudice amministrativo e che il ricorso innanzi alla Corte di Cassazione è stato notificato il 18 gennaio 2021.
Ne consegue che la fattispecie in esame resta regolata dal combinato disposto degli artt. 382, primo comma, 383, terzo comma e 353, c.p.c. – che concerne la remissione al primo giudice per ragioni di giurisdizione da parte del giudice di appello -nel testo anteriore all’abrogazione, avvenuta per effetto dell’art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 149/2022, che spiega effetto sulle impugnazioni proposte a decorrere dal 28 febbraio 2023 tra le quali non rientra la presente (in tema di applicazione del novellato art.353 c.p.c., v. Cass. Sez. U. n. 23155/2024; Cass. Sez. U. n. 23712/2024).
7.- Pertanto, previa cassazione della sentenza della Corte di appello di Potenza n.556/2020, che ha erroneamente confermato la declinatoria della giurisdizione già pronunciata dal giudice di primo grado, la causa va rinviata per l’esame al Tribunale di Lagonegro in diversa composizione.
Il giudice del rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Lagonegro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, in data 26