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Indennizzo procedura fallimentare: no tagli per troppi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 80/2024, ha stabilito un importante principio in materia di indennizzo per la durata irragionevole di una procedura fallimentare. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia sui termini di decadenza e ha accolto quello incidentale dei creditori, affermando che la riduzione dell’indennizzo prevista in caso di un elevato numero di parti (superiore a cinquanta) non si applica alle procedure concorsuali. Questa distinzione si basa sulla natura fisiologica della pluralità di creditori nel fallimento, a differenza di un processo ordinario.

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Indennizzo procedura fallimentare: la Cassazione dice no ai tagli per troppi creditori

Il diritto a un giusto processo in tempi ragionevoli è un cardine del nostro ordinamento. Quando questo non accade, la legge prevede un ristoro. Un caso emblematico riguarda l’indennizzo per la procedura fallimentare eccessivamente lunga. Con la recente ordinanza n. 80 del 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la presenza di molti creditori non può giustificare una riduzione dell’indennizzo loro spettante.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una procedura fallimentare dichiarata nel lontano 1988 e conclusasi solo nel 2019, dopo oltre trent’anni. I creditori, ammessi al passivo per prestazioni di lavoro, hanno agito in giudizio ai sensi della Legge n. 89/2001 (nota come “Legge Pinto”) per ottenere un indennizzo a causa della durata irragionevole del procedimento.

La Corte d’Appello competente aveva riconosciuto il loro diritto, ma aveva applicato una decurtazione del 40% sull’importo liquidato. La motivazione di tale taglio risiedeva nell’elevato numero di parti coinvolte nel fallimento (oltre cinquanta), applicando l’art. 2-bis, comma 1-bis, della citata legge. Contro questa decisione, sia il Ministero della Giustizia (per altri motivi) sia i creditori (per la decurtazione) hanno proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e l’indennizzo nella procedura fallimentare

La Suprema Corte ha esaminato due questioni principali. In primo luogo, ha respinto il ricorso del Ministero, che sosteneva la tardività della domanda di indennizzo basandosi su una presunta applicazione del termine di sei mesi anziché di un anno per la definitività del decreto di chiusura. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato, secondo cui per i fallimenti iniziati prima della riforma del 2009, si applica il termine lungo di un anno previsto dalla normativa previgente.

Il punto cruciale della decisione, però, risiede nell’accoglimento del ricorso incidentale dei creditori. La Cassazione ha cassato la decisione della Corte d’Appello nella parte in cui applicava la riduzione del 40% all’indennizzo.

Le motivazioni: perché il taglio del 40% non si applica alle procedure fallimentari

La Corte ha fornito una motivazione chiara e logica, basata sulla distinzione concettuale tra “processo” e “procedura concorsuale”.

L’art. 2-bis della Legge Pinto prevede una possibile riduzione dell’indennizzo quando le parti del “processo” presupposto sono più di dieci (riduzione fino al 20%) o più di cinquanta (riduzione fino al 40%). Tuttavia, secondo la Cassazione, questa norma è stata pensata per i processi di cognizione ordinari, dove un numero così elevato di parti costituisce un’eccezione che può complicare e rallentare il giudizio.

Al contrario, in una procedura fallimentare, la presenza di una pluralità di creditori non è un’eccezione, ma la norma. È la condizione fisiologica e ordinaria di tale procedimento. Applicare la riduzione in questo contesto creerebbe un effetto distorsivo e irragionevole: penalizzerebbe il cittadino ammesso al passivo di un fallimento rispetto a chi partecipa a un processo ordinario, senza una valida giustificazione. La complessità derivante dal gran numero di creditori è una caratteristica intrinseca del fallimento, che il sistema deve gestire senza farne ricadere le conseguenze sui diritti dei singoli.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per i creditori

La decisione della Cassazione rafforza in modo significativo la tutela dei creditori coinvolti in procedure fallimentari di durata irragionevole. Il principio affermato è netto: l’indennizzo procedura fallimentare non può essere automaticamente decurtato solo perché i creditori sono numerosi. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale che riconosce la specificità delle procedure concorsuali e garantisce che il ristoro per l’eccessiva attesa non venga ingiustamente ridotto. I creditori possono quindi contare su una protezione più piena, vedendosi riconosciuto integralmente il diritto a essere compensati per i danni subiti a causa delle lungaggini della giustizia.

L’indennizzo per una procedura fallimentare troppo lunga può essere ridotto se ci sono molti creditori?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma che prevede la riduzione dell’indennizzo in caso di un numero di parti superiore a dieci o cinquanta si applica ai “processi” (come i giudizi civili ordinari), ma non alle “procedure concorsuali”. La presenza di molti creditori è una caratteristica normale del fallimento e non giustifica una decurtazione del risarcimento.

Quale termine si applica per presentare la domanda di indennizzo dopo la chiusura di un fallimento?
La domanda di indennizzo per irragionevole durata deve essere proposta entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva. Per i fallimenti iniziati prima della riforma del 2009, la definitività del decreto di chiusura (in assenza di comunicazione) si perfeziona dopo il decorso del termine lungo di un anno dalla sua pubblicazione.

Perché la Corte distingue tra “processo” e “procedura concorsuale”?
La Corte distingue i due termini perché, sebbene entrambi siano procedimenti legali, hanno strutture e finalità diverse. In un processo di cognizione, un elevato numero di parti è un’eventualità rara che può complicare l’iter. In una procedura fallimentare, la presenza di una pluralità di creditori è la regola, l’ipotesi fisiologica per cui la procedura è progettata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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