Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 80 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 80 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5383/2022 R.G. proposto da : MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
ESPOSITO NOME COGNOME NOMECOGNOME ITALIA, COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO
presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrenti e ricorrenti incidentali avverso il decreto della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 931/2021
depositata il 26/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/12/2023 dal Presidente NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA IN FATTO
Con ricorso del 19.4.2021 gli odierni controricorrenti adivano la Corte d’appello di Napoli per essere indennizzati, ai sensi della legge n. 89/01, per la durata irragionevole del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE nonché dei soci illimitatamente responsabili, dichiarato dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere il 15 -22.6.1988 e chiuso il 6.6.2019, nel cui passivo essi si erano insinuati quali creditori per prestazioni di lavoro.
In sede monitoria il ricorso era respinto perché ritenuto tardivo, applicato, ai fini della definitività del decreto di chiusura, il termine dell’art. 327 c.p.c. nel testo modificato dalla legge n. 69/09.
L’opposizione ex art. 5 -ter legge cit. era, invece, accolta dalla Corte distrettuale in composizione collegiale, con decreto del 26.11.2021. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, detta Corte osservava che, non risultando essere stata effettuata comunicazione del decreto di chiusura del fallimento, come prescritto dall’art. 119, secondo comma, legge fall., nel testo ante D.Lgs. nn. 5/2006 e 169/07, come risultante dalla pronuncia additiva di Corte cost. n. 279/10, la definitività del decreto di chiusura, da cui calcolare il termine semestrale previsto dall’art. 4 legge n. 89/01, doveva ritenersi perfezionata col decorso del termine di cui all’art. 327, primo comma, c.p.c., nel testo anteriormente vigente, avuto riguardo, ai sensi dell’art. 58, primo
comma, legge n. 69/09, alla data di instaurazione della procedura fallimentare.
Quanto alla misura dell’indennizzo, la Corte applicava la decurtazione del 40% prevista dall’art. 2 -bis , comma 1 -bis legge n. 89/01, essendo state le parti del processo presupposto più di cinquanta.
Avverso detto provvedimento il Ministero della Giustizia propone ricorso, affidato ad un unico motivo.
Vi resistono i controricorrenti di cui in epigrafe, i quali propongono, altresì, ricorso incidentale sulla base di un motivo, successivamente illustrato, in prossimità dell’adunanza camerale, da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo di ricorso il Ministero della Giustizia denuncia, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 4 legge n.89/01, 119 legge fallimentare e 327 c.p.c.
Richiamata la sentenza n. 279/10 della Corte costituzionale, la difesa erariale concorda circa l’applicazione, nella specie, del termine c.d. lungo per l’impugnazione del decreto di chiusura del fallimento, essendone mancata la comunicazione; ma sostiene che il termine dell’art. 327 c.p.c. sia da calcolare in sei mesi e non in un anno (secondo quello che era il testo previgente alla novella di cui alla legge n. 69/09), in quanto: a ) ai sensi dell’art. 58 stessa legge tale modifica si applica ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore (4.7.2009); e b ) a tal fine per giudizio deve intendersi non l’intera procedura concorsuale, ma il solo subprocedimento previsto dall’art. 119 legge fall. (come modificato dal D.Lgs. n. 169/07), nella specie iniziato in epoca successiva a quella d’entrata in vigore della legge n. 69/09.
La tesi riprende dichiaratamente un orientamento espresso da una parte della giurisprudenza di questa Corte, con le pronunce nn.
3824/19 e 13237/19 (non massimate), secondo cui il giudizio di cui parla l’art. 58 legge n. 69/09 non si identifica con l’intera procedura fallimentare, ma solo con la sua parte finale, avente funzione autonoma e natura dichiarativa.
2. -Il motivo è infondato.
All’interno della sezione (sesta e) seconda di questa Corte si è formato un contrasto in materia, opponendosi alle citate decisioni la pressocché coeva ordinanza n. 8088/19, in base alla quale in tema di domanda di indennizzo ex lege n. 89 del 2001 per irragionevole durata della procedura fallimentare cui non siano applicabili le modifiche introdotte con d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, il termine semestrale di decadenza decorre dalla data di definitività del decreto di chiusura del fallimento da individuarsi, qualora il provvedimento non sia stato comunicato, in quello di un anno dalla sua pubblicazione ai sensi dell’art. 327 c.p.c.
Tale contrasto è stato dipanato, però, a seguito delle molteplici pronunce successive nn. 4020/20, 19735/20, 19735/20, 19736/20, 19740/20, 28496/20, 4531/21, 17070/21, 32009/21, 34665/21, 35519/21, 36156/21, 13267/22, 13348/22, 13350/22, 15547/22, 17384/22, 21186/22, 30606/22 e 4465/23 (non massimate), le quali tutte hanno confermato l’indirizzo dell’ordinanza n. 8088/19, in considerazione di ciò, che il reclamo ex art. 119 legge fall. è diretto ad introdurre una fase endofallimentare che ha natura di procedimento incidentale all’interno della procedura concorsuale e, come tale, non può essere assoggettato ad una disciplina processuale differente da quella regolatrice del procedimento principale in cui si inserisce.
Tale più recente giurisprudenza risulta, ormai, del tutto consolidata, per cui «deve ribadirsi che al fine di stabilire se sia applicabile il termine lungo di sei mesi ex art. 327 c.p.c., in luogo del termine di un anno, ai fini della proposizione del reclamo
avverso il decreto di chiusura del fallimento non comunicato (secondo la versione dell’art. 119 della legge fallimentare anteriore alle riforme di cui al d.lgs. n. 5/2006 e al d.lgs. n. 169/2007 e all’esito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza del Giudice delle leggi 23 luglio 2010, n. 279), occorre considerare non la data di instaurazione del subprocedimento di chiusura, bensì la data di apertura della procedura fallimentare, che rappresenta il giudizio presupposto rispetto al quale si lamenta la non ragionevole durata. E ciò perché il procedimento di reclamo e, a monte, il procedimento di chiusura del fallimento non costituiscono procedimenti autonomi occasionati dal fallimento -rispetto ai quali può applicarsi il principio tempus regit actum , con la conseguente applicabilità del termine lungo semestrale, ove ad essi sia stato dato impulso successivamente alla data del 4 luglio 2009, ai sensi dell’art. 58 della legge n. 69/2009 -, ma sono piuttosto procedimenti endofallimentari, avverso l’esito della procedura, ai quali si applica la disciplina transitoria, da cui la riferibilità al termine di un anno oltre a quello della sospensione feriale dei termini» (così, in motivazione, n. 30606/22).
Nell’aderire a tale conclusione, può solo chiosarsi che il subprocedimento di chiusura del fallimento non è un giudizio dichiarativo, questo confluendo in una declaratoria iuris idonea al giudicato e non in una semplice formula di constatazione finale a fini esecutivi.
Tali considerazioni, che sono state espresse dalla recente ordinanza n. 24732/23, pronunciata con riferimento al medesimo fallimento della RAGIONE_SOCIALE s.n.c., vanno dunque condivise e ribadite.
-Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 -bis , comma 1 -bis , legge n. 89/01, per avere la Corte d’appello applicato all’indennizzo liquidato la decurtazione del 40% in considerazione del numero, superiore a cinquanta, dei soggetti che hanno preso parte alla
procedura fallimentare presupposta. Sostiene parte ricorrente, in adesione al precedente n. 25181/21 di questa Corte suprema, che tale norma, per la ratio che la sostiene, sia applicabile ai soli ‘processi’ (intendi, dichiarativi: n.d.r.) e non anche alle procedure fallimentari.
4. -Il motivo è fondato.
In tema di equa riparazione, la lettura comparata del comma 1 bis dell’art. 2 -bis e del comma -2 bis dell’art. 2 impone di attribuire alle parole “processo” e “procedura concorsuale” un differente significato, tale da escludere che la prima disposizione -secondo cui «la somma può essere diminuita fino al 20 per cento quando le parti del processo presupposto sono più di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo sono più di cinquanta» -in quanto espressamente riferita al “processo”, possa essere estesa alla “procedura concorsuale”, come anche confermato dall’interpretazione sistematica di tali norme, giacché la presenza di più di dieci o addirittura cinquanta parti, mentre nel processo di cognizione costituisce evenienza infrequente, se non rara, nelle procedure concorsuali, invece, la compresenza di una pluralità di creditori, costituisce l’ipotesi fisiologica e ordinaria, con la conseguenza che l’applicazione ad esse di tale disposizione produrrebbe un effetto distorsivo di implicita e casuale (e perciò irragionevole) penalizzazione del cittadino ammesso al passivo di una procedura concorsuale rispetto a quello che partecipi ad un ordinario processo di cognizione (v. n. 25181/21; conforme, e di recente, la n. 734/23).
5. -In conclusione, è accolto il ricorso incidentale, respinto quello principale, cassato in parte qua il decreto impugnato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va emessa pronuncia sostitutiva di merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., escludendo dagli indennizzi liquidati dalla Corte
d’appello la decurtazione del 40% prevista dall’art. 2 -bis , comma 1 -bis , legge n. 89/01.
-Spese per la fase di merito e per il presente giudizio di legittimità come in dispositivo.
-Il processo è sottratto, ratione materiae , al contributo unificato e, quindi, al suo raddoppio.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale, respinto il ricorso principale, cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito esclude la decurtazione del 40% dall’indennizzo liquidato in favore degli odierni ricorrenti incidentali. Conferma le spese della fase di merito e pone a carico del Ministero della Giustizia anche quelle del presente giudizio di cassazione, che liquida in € 1.900,00, oltre 200,00 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda