Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12113 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12113 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14799/2023 R.G. proposto da :
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOMENOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME CALIÒ COGNOME COGNOME CALABRESE COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME domiciliati presso il loro recapito digitale con indirizzo pec;
-controricorrenti- per la cassazione del decreto della Corte di appello di Perugia n. 64/2023, depositato il 12 maggio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ex art. 3 l. 89/2001, gli odierni controricorrenti chiedevano alla Corte d’appello di Perugia che fosse ingiunto al Ministero della giustizia il pagamento dell’indennizzo da irragionevole durata del giudizio amministrativo presso il Tar Lazio, che veniva definito per improponibilità della domanda per mancata presentazione dell’istanza di prelievo.
Avverso detto decreto veniva interposto ricorso per cassazione che veniva definito, a seguito del deposito della sentenza della Corte
Costituzionale n. 34/2019, con ordinanza di accoglimento pubblicata il 20.8.2019.
Il 12.11.2019 il procedimento veniva riassunto avanti alla Corte d’appello di Perugia che definiva il procedimento n. 1239/2019 con decreto di accoglimento n. 362/2020, depositato il 30.6.2020;
In data 7.8.2020 il Ministero della Giustizia proponeva istanza di revocazione, che veniva definita con sentenza n. 651/2021, depositata il 17.11.2021, che, accogliendo l’impugnazione , dichiarava il difetto di legittimazione attiva di uno dei ricorrenti e condannava il Ministero della giustizia al pagamento di euro 4.400,00 in favore di ciascun ricorrente.
Con ricorso ex 3 L.n.89/2001, depositato presso la Corte d’appello di Perugia in data 21.4.2022, gli odierni controricorrenti hanno chiesto l’indennizzo per equa riparazione che essi assumevano di aver subito in relazione alla durata del precedente giudizio ‘Pinto’ .
Con decreto depositato in data 7.6.2022, la Corte d’appello di Perugia, ritenuta la tempestività e l’ammissibilità della domanda, stimata la durata irragionevole imputabile all’Amministrazione della giustizia in 6 anni, ha liquidato l’indennizzo in misura pari a euro 2.400,00 ciascuno.
-Avverso detto decreto il Ministero della giustizia proponeva opposizione.
Con decreto n. 64/2023, la Corte d’appello di Perugia ha rigettato l’opposizione , condannando il Ministero della giustizia alla rifusione delle spese.
-Avverso tale decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La parte convenuta si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
La parte controricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo di ricorso si deduce un error in iudicando : violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 septies, della l . n. 89/2001 in relazione all’art. 360 cod. proc. civ. n. 3). La sentenza impugnata sarebbe errata, anzitutto, per aver la Corte d’appello respinto il motivo di opposizione, spiegato dal Ministero, per cui l’indennizzo da irragionevole durata del processo presupposto doveva essere negato, stante l’applicazione della norma citata, per la quale, avendo ottenuto le parti private comunque un vantaggio dall’irragionevole durata del processo presupposto, agli stessi non poteva essere riconosciuto alcun indennizzo. Contrariamente alle argomentazioni rese dalla Corte nell’impugnato decreto, sarebbe evidente che gli istanti avevano conseguito un vantaggio dalla durata (irragionevole) del giudizio presupposto. Qualora il procedimento presupposto, di cui gli odierni opposti lamentano l’irragionevole durata, si fosse concluso nel termine ragionevole di 1 anno, ossia al massimo al luglio 2013, atteso il deposito dell’ultima comparsa di intervento autonomo nel luglio 2012, alcun indennizzo avrebbero conseguito. Infatti, prima della sentenza della Corte Costituzionale 34/2019, in base alla giurisprudenza costante della Corte Suprema, l’art. 54, D.L. n. 112/08 e successive modifiche, era interpretato nel senso che per i processi amministrativi pendenti alla data del 16.9.2010, la previa presentazione dell’istanza di prelievo era condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione in rapporto all’intero svolgimento del giudizio presupposto. Di talché sarebbe di palmare evidenza che solo grazie all’irragionevole durata del presupposto processo gli odierni controricorrenti hanno, una volta intervenuta la dichiarazione di incostituzionalità nel 2019, ottenuto la liquidazione di un indennizzo altrimenti non dovuto. In altri termini, contrariamente a
quanto evidenziato nel decreto monitorio, il protrarsi del processo ha arrecato un obiettivo vantaggio ai odierni controricorrenti i quali, giovandosi della dichiarazione di incostituzionalità, hanno ottenuto un indennizzo altrimenti, a legislazione invariata, ad essi precluso.
1.1. -Il motivo è infondato.
In relazione all’irragionevole durata dei processi amministrativi già pendenti alla data del 16 settembre 2010 e non soggetti all’art. 2, comma 1, della l. n. 89 del 2001, nella formulazione derivante dalle modifiche introdotte dalla l. n. 208 del 2015, a seguito della sentenza n. 34 del 2019 della Corte costituzionale, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, come novellato dal d.lgs. n. 104 del 2010, la presentazione dell’istanza di prelievo nel giudizio presupposto non rappresenta più una condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione, ma può costituire elemento indiziante di una sopravvenuta carenza o di non serietà dell’interesse della parte alla decisione del ricorso, potendo assumere rilievo ai fini della quantificazione dell’indennizzo (Cass., Sez. VI-2, 3 novembre 2021, n. 31329; Cass., Sez. II, 26 agosto 2019, n. 21709).
Non sussiste alcuna ragione per contraddire tale indirizzo, stante il rilievo della sentenza della Corte costituzionale n. 34 del 2019 che ha dichiarato illegittimo l’art. 54 d.l. n. 112/2008, con effetto ex tunc , per cui il tempo trascorso dal deposito della domanda al giudizio di riassunzione si è reso necessario per l’ accoglimento del diritto all’indennizzo per la durata irragionevole del processo.
2. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore dei difensori, dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.000,00 per
compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, al rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge, con distrazione in favore degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione