Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 712 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 712 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 30797/2021
promosso da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. prof. NOME COGNOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore pro tempore , elettivamente domiciliata in Napoli, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3095/2021 della Corte d’appello di Napoli, pubblicata il 17/08/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) a seguito di approvazione del relativo progetto da parte della Regione Campania, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, indefettibilità ed urgenza, ha realizzato il metanodotto denominato ‘potenziamento derivazione per Bagnoli 2° tratto’ su terreni confinanti con quello di proprietà della RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE), situato in Casandrino, sui cui erano situati due volumi, uno destinato ad abitazione economico-popolare e uno ad opificio.
Con atto di citazione notificato il 24/06/2008, RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Napoli la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che fosse accertata la violazione della normativa edilizia ad opera della convenuta nella costruzione del metanodotto, con condanna alla ricollocazione dell’impianto e al risarcimento del danno o, in via subordinata, che la SNAM fosse condannata al pagamento dell’indennità di cui all’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8101/2018, ha rigettato le domande. In accordo con la CTU espletata, ha ritenuto che l’impianto realizzato rispettasse le norme di sicurezza, urbanistiche e ambientali e che non avesse determinato alcuna servitù a carico dell’immobile. Diversamente da quanto ritenuto dal CTU, il Tribunale ha, poi, affermato che non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento dell’indennità prevista dall’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, con riguardo alla dedotta riduzione di valore dell’immobile confinante al metanodotto (riduzione della futura edificabilità o riduzione della capacità produttiva dell’impianto), né che vi fosse stata riduzione dell’esercizio del diritto di proprietà, dal momento che la SNAM aveva rispettato tutti i criteri di sicurezza, urbanistici ed ambientali e non risultava provata l’esistenza di immissioni di gas eccedenti la soglia della normale tollerabilità ex art. 844 c.c. .
La IAMA ha proposto appello contro tale sentenza, lamentando il mancato riconoscimento dell’indennità ex art. 44 d.P.R. cit. e, nel contraddittorio delle parti, la Corte territoriale, respingendo eccezioni pregiudiziali della SNAM, ha accolto l’impugnazione, condannando la SNAM al pagamento della somma di € 80.165,01 a titolo di indennità ex art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, comprensiva di rivalutazione monetaria ed interessi compensativi, in favore della IAMA.
In particolare, la Corte di merito ha ritenuto che: a) il Tribunale non aveva fornito adeguata motivazione sulla mancata condivisione delle conclusioni del CTU in merito alla ricorrenza di un pregiudizio alla proprietà rilevante ai fini dell’indennità richiesta; b) il Tribunale aveva erroneamente escluso il diritto all’indennità, basandosi sulla legittimità dell’opera eseguita e sul difetto di immissioni intollerabili; c) nel caso di specie ricorrevano i presupposti, richiesti dalla giurisprudenza di legittimità, per il riconoscimento dell’indennità richiesta, avendo il CTU fornito adeguata e condivisibile motivazione del suo convincimento tecnico circa la riduzione di valore dell’immobile della IAMA, poiché, a seguito della realizzazione dell’impianto della SNAM, il suo valore aveva subito ‘una diminuzione in conseguenza di un peggioramento architettonico e ambientale del contesto insediativo, e di un aumento del rischio di incidenti causati dalla vicinanza del gasdotto’ che ne aveva causato una peggiorata possibilità di collocazione sul mercato immobiliare.
Avverso tale statuizione la SNAM ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di un solo motivo.
Il Fallimento della SNAM si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello riconosciuto il relativo indennizzo.
Secondo la ricorrente l’art. 44 d.P.R. cit. non è applicabile, posto che: a) IAMA non ha subito alcun esproprio per pubblica utilità; b) il fondo non è stato gravato da alcuna servitù; c) il fondo non ha subito alcuna diminuzione di valore derivante dalla perdita o dalla ridotta possibilità dell’esercizio del diritto di proprietà, poiché il ritenuto peggioramento architettonico ed ambientale del contesto insediativo e l’aumento del rischio di incidenti causati dalla vicinanza del gasdotto, ritenuti sussistenti dal CTU, non si sostanziano nella compressione o nella compromissione del diritto di proprietà; d) nella motivazione della sentenza impugnata non si è fatto alcun riferimento ad una avvenuta menomazione di una o più facoltà (non marginali) del diritto dominicale, non essendo stata compromessa la destinazione industriale dell’immobile e non essendo stata provata la sussistenza di immissioni di rumori, vibrazioni, gas di scarico e simili eccedenti la soglia della normale tollerabilità.
Il motivo è infondato.
2.1. Com’è noto, l’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, che riproduce, con qualche variazione, il previgente art. 46 l. n. 2359 del 1865, sancisce che «E’ dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà».
Il diritto all’indennizzo, previsto prima dall’art. 46 l. n. 2359 del 1865 e poi dall’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, per i danni che possano derivare al privato in conseguenza della legittima realizzazione di un’opera pubblica, si fonda sul principio pubblicistico di giustizia distributiva, in forza del quale non è consentito soddisfare l’interesse generale attraverso il sacrificio del singolo, senza che questo ne sia indennizzato (art. 42 Cost.).
Tale diritto, presupponendo un atto legittimo della P.A., si distingue dal risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., che presuppone, invece, l’accertamento di un fatto doloso o colposo
riconducibile al responsabile (Cass., Sez. U, Sentenza n. 9341 del 11/06/2003).
Ai fini del riconoscimento dell’indennizzo in questione, devono, pertanto, sussistere solo tre condizioni: 1) l’attività lecita della p.a.; 2) l’imposizione di una servitù o la produzione di un danno avente carattere permanente (che si concreti nella perdita o nella diminuzione di un diritto); 3) il nesso di causalità tra l’esecuzione dell’opera pubblica ed il danno.
Inoltre, quanto alla posizione soggettiva cui deve aversi riguardo per individuare il titolare del diritto all’indennizzo, essa è riconducibile a quella che deriva dal rapporto tra il proprietario ed il bene contiguo all’opera pubblica realizzata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 9341 del 11/06/2003; nello stesso senso, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19229 del 04/09/2009).
2.2. Nel caso di specie, non è contestato che la realizzazione dell’opera da parte di RAGIONE_SOCIALE non abbia comportato la costituzione di alcuna servitù sul terreno di proprietà della RAGIONE_SOCIALE.
La materia del contendere si incentra tutta sulla possibilità di configurare una «permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà».
2.3. Come già evidenziato, la posizione soggettiva cui si deve avere riguardo, ai fini della verifica della sussistenza del diritto all’indennizzo, è quella che deriva dal rapporto tra il soggetto titolare del diritto di proprietà e l’immobile di cui è proprietario, con la conseguenza che non può esservi dubbio che, per effetto della legittima costruzione di un’opera pubblica o di pubblico interesse, egli possa essere privato di utilità che, lungi dall’essere “marginali”, ineriscono giuridicamente al contenuto intrinseco della sua proprietà, quali la luminosità, la panoramicità e, in definitiva, la godibilità dell’immobile, con conseguente diminuzione della capacità abitativa che si traduce in una riduzione dell’appetibilità e quindi del suo valore
commerciale (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16619 del 03/07/2013; v. anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 13368 del 26/05/2017).
La stessa Corte ha precisato che ciò non vuol dire che la P.A., quando ricorrano le condizioni di pubblico interesse previste dalla legge, non possa privare il proprietario di queste utilità e facoltà, ma implica soltanto l’obbligo di indennizzarlo per le privazioni impostegli, dalle quali deriva, per usare la stessa terminologia adoperata dal legislatore del 1865, una “diminuzione del diritto” di proprietà o, a norma dell’art. 44 d.P.R. n. 327 del 327, una “ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà”, con conseguente verosimile “diminuzione del valore venale del bene”, purché “economicamente apprezzabile”, anche considerando l’eventuale vantaggio che al fondo consegua per effetto della vicinanza dell’opera pubblica.
Viene, in sintesi, applicato il principio di giustizia distributiva, che vuole che le conseguenze economiche pregiudizievoli causate da opere dirette al conseguimento di vantaggi pubblici non ricadano su un solo privato o su una ristretta cerchia di privati ma siano sopportate dalla collettività, come si ricava dall’espressione “salvo indennizzo” contenuta nell’art. 42, comma 3, Cost. (v. ancora Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16619 del 03/07/2013).
Si deve infatti tenere presente che, ai sensi dell’art. 832 c.c., il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico. Ogni modifica in senso peggiorativo al modo in cui il proprietario può godere o disporre del proprio diritto dominicale, cha abbia il carattere della permanenza e che sia suscettibile di valutazione in termini economici, causata dalla pur legittima esecuzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, comporta il diritto all’indennizzo.
In tale ottica, questa Corte ha ritenuto sussistente tale diritto in tutti i casi in cui il bene subisca un’oggettiva e apprezzabile riduzione della luminosità, panoramicità e, in sostanza, godibilità dell’immobile,
quando sia idonea a tradursi in una oggettiva riduzione del suo valore economico (v. sempre Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16619 del 03/07/2013 e Cass., Sez. 1, Sentenza n. 13368 del 26/05/2017). Allo stesso modo, ha affermato la spettanza del diritto all’indennizzo nel caso di perdita o diminuzione del valore locativo del bene (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7112 del 12/03/2020).
Alle medesime conclusioni è pervenuta nel caso in cui la realizzazione dell’opera pubblica o di pubblico interesse abbia reso più difficoltoso al proprietario del fondo limitrofo l’accesso alla via pubblica (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 24266 del 30/11/2010).
In sintesi, ogni modifica peggiorativa dei poteri e delle facoltà spettanti al proprietario del bene, che abbia un risvolto in termini economici, e si risolva in una diminuzione del valore del bene, è suscettibile di indennizzo, ove sia conseguente alla realizzazione dell’opera pubblica o di pubblica utilità.
2.4. Nel caso di specie, la Corte di appello ha fatto proprio l’accertamento operato dal CTU, nella parte in cui ha ritenuto che «a seguito della realizzazione dell’impianto della Snam Rete Gas s.p.a., il valore dell’immobile ha subito una diminuzione in conseguenza di un peggioramento architettonico e ambientale del contesto insediativo, e di un aumento del rischio di incidenti causati dalla vicinanza del gasdotto, che ne hanno causato una peggiorata collocabilità sul mercato immobiliare» (p. 10 e s. della sentenza impugnata).
Il giudice di merito ha, dunque, ritenuto che la presenza dell’opera realizzata dalla RAGIONE_SOCIALE ha comportato una diminuzione di valore commerciale del bene della IAMA, in ragione del peggioramento architettonico e ambientale del contesto insediativo, affiancato da un aumento del rischio di incidenti causati dalla vicinanza del gasdotto.
Si tratta di una valutazione in fatto che risponde ai criteri dettati dall’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, come sopra evidenziata, che pertanto impone il rigetto della censura in applicazione del seguente
principio: «In tema di espropriazione, l’indennizzo di cui all’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001 spetta in ogni caso in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità comporti una permanente modifica peggiorativa dei poteri e delle facoltà spettanti al proprietario del bene, che abbia un risvolto in termini economici e si risolva, dunque, in una diminuzione del valore del bene stesso.»
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenuta dalla parte controricorrente, che liquida in € 4.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge;
dà atto, in applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione