Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30758 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30758 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 27425 del ruolo generale dell’anno 2020
, proposto da
COGNOME NOME , nato a Roma il 22 maggio 1942, ed ivi residente in INDIRIZZO (Codice Fiscale CODICE_FISCALE); COGNOME NOME , nata a Roma il 22 settembre 1965, ed ivi residente in INDIRIZZO (Codice Fiscale CODICE_FISCALE; COGNOME NOME , nato a Roma il 14 febbraio 1968, ed ivi residente in INDIRIZZO (Codice Fiscale CODICE_FISCALE); COGNOME NOME , nato a Roma il 3 settembre 1971, ed ivi residente in INDIRIZZO (Codice Fiscale CODICE_FISCALE V); COGNOME NOME , nata a Firenze il 29 luglio 1971; ed ivi residente in INDIRIZZO, quali eredi della Sig.ra NOME COGNOME tutti rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME;
Ricorrenti
contro
Comune di Amantea (c.f. P_IVA– p.iva P_IVA), in persona del Vice Prefetto Dott. NOME COGNOME nella qualità di Componente della Commissione Straordinaria nominata con D.P.R. n. 2934 del 26.02.2020 e, come tale, legale rappresentante pro-
tempore, anche disgiuntamente, del Comune di Amantea, con sede presso la Casa Comunale, rappresentato e difeso per il presente giudizio – in virtù di Deliberazione della Commissione Straordinaria con i poteri della Giunta Comunale n. 83 del 12.11.2020 e Determina del Responsabile dell’Ufficio Affari Legali del 18.11.2020 n. 40 Reg. Serv. e n. 734 Reg. Gen. – dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Cosenza;
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n° 96 depositata il 27 gennaio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Catanzaro -sulla scorta della c.t.u. rinnovata in secondo grado -in parziale riforma della sentenza del primo giudice, liquidava a favore dei ricorrenti, eredi della proprietaria espropriata, NOME COGNOME la somma di euro 45.787,00 (euro 27.500,00 rivalutati dal 1993 alla data della sentenza), quale indennizzo, maggiorato del 30% circa, per l’occupazione acquisitiva realizzata dal Comune di Amantea su un terreno di 20 mila mq, su cui era stato realizzato un campo sportivo comunale, ed euro 15.866,00 (somma liquidata all’attualità), quale indennizzo per l’occupazione legittima del suolo iniziata il 3 aprile 1989 e terminata il 19 aprile 1993 con l’irreversibile trasformazione del fondo.
La Corte negava la spettanza di interessi sulle somme rivalutate, non essendo invocabile alcun automatismo e non avendo gli appellanti dimostrato di aver subito un pregiudizio derivante dal tardivo pagamento.
Spese compensate per metà e per la restante metà poste a carico del Comune.
2 .- Gli eredi di NOME COGNOME indicati in intestazione chiedono la cassazione di questa sentenza, affidando il gravame a quattro mezzi.
Resiste il Comune di Amantea, che conclude per l’inammissibilità dei motivi e per la loro reiezione nel merito.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Tutte le parti hanno illustrato i rispettivi motivi con memoria ex art. 30bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3 .- Col primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ.
Deducono che la sentenza non definitiva del tribunale di Paola n° 542/2012 aveva stabilito che il risarcimento per l’occupazione dovesse essere calcolato non solo in base al valore agricolo del bene, ma anche tenendo conto delle utilizzazioni intermedie tra quella agricola e quella edificatoria.
Non avendo il Comune impugnato in parte qua la sentenza, tale capo era passato in giudicato e la Corte d’appello non avrebbe dovuto giudicare in difformità da tale statuizione.
4 .- Il mezzo è infondato.
È vero che la Corte ha qualificato i suoli espropriati come non edificabili, conformemente alla c.t.u., senza considerare che l’edificabilità non si identifica, né si esaurisce, in quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del suolo (in via di principio non precluse all’iniziativa privata) che siano riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che siano come tali soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia (Cass., sez. I, 21 giugno 2002, n° 9075), sicché l’attribuzione al suolo delle prescrizioni urbanistiche indicate dallo stesso consulente (‘ massima mt. 7,50IF 0,03 mc. l mq.; destinazione d’uso residenze agricole; n. piani = 2; altezza
massima = m.t. 7,50 ‘) porta a ritenere che il lotto avesse una minima capacità edificatoria.
Tuttavia, è anche vero che il mezzo predica una violazione del giudicato totalmente insussistente, dato che la Corte d’appello, sol che si legga la motivazione della decisione (pagina 9), non ha affatto escluso a priori la possibilità che il fondo potesse avere in astratto delle utilizzazioni intermedie, ma, sulla scorta della c.t.u., ha escluso invece che potesse averne in concreto.
Tale conclusione, prettamente meritale, non è censurabile nella presente sede, se non sotto il profilo della omessa motivazione (art. 360 n° 5), che nondimeno è qui del tutto insussistente.
5 .-Il secondo motivo è così intitolato: ‘ violazione e falsa applicazione degli artt.: 42 Cost., 1 Prot. Add. CEDU, art. 832 c.c., artt. 22, 40 e 55 T.U. Espr., art. 2043 c.c., art. 2056 c.c. ed art. 1223 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Violazione dei principi dettati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 181 del 2011 ‘.
6 .- Il mezzo è inammissibile per più ragioni.
Anzitutto esso è formulato in violazione del principio di chiarezza e sinteticità dei motivi di ricorso (art. 366, primo comma, n° 4, cod. proc. civ.).
Il mezzo, infatti, occupa le pagina da undici a trentasette del ricorso e -dopo una premessa in diritto nella quale si illustrano approdi ormai consolidati della giurisprudenza della Corte EDU e della Corte costituzionale, in tema di inutilizzabilità del valore agricolo medio al fine di liquidare gli indennizzi per i suoli non edificabili (paragrafo 2.1) -passa a criticare (paragrafo 2.2) le conclusioni del c.t.u. d’appello, affermando che occorre tener conto anche delle utilizzazioni intermedie dei fondi; asserisce che i coefficienti utilizzati dal c.t.u. sarebbero ‘ privi di dimostrazione alcuna ‘; predica apoditticamente la correttezza delle conclusioni del c.t.u. del primo grado (paragrafo 2.3) ed il contrasto con le diverse
valutazioni della Corte d’appello; afferma, infine, che il suolo avrebbe potuto essere utilizzato per la coltivazione di Cipolla Rossa di Tropea Igp; che la restante parte del predio ha subito un deprezzamento per l’impossibilità di utilizzare la volumetria al meglio; che sul fondo si sarebbe potuto costruire un agriturismo di due piani o una struttura ricettiva analoga a quelle di alberghi e villaggi turistici delle vicinanze.
Il motivo consiste, in sostanza, nella critica alla c.t.u. di secondo grado ed alla sua approvazione da parte della Corte d’appello, ma senza considerare che la parte che lamenti l’adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dall’ausiliare o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità (Cass., sez. 3, 13 luglio 2021, n° 19989).
La predetta parte, inoltre, deve anche allegare di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice a quo , e deve trascriverne, poi, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche -come avvenuto nella fattispecie -si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass., sez. 1, 12 maggio 2017, n° 11913).
Il mezzo è, inoltre, inammissibile là dove lamenta una perdita di valore della restante parte del fondo, ma -come correttamente rileva il resistente (controricorso pagina 6) -senza aggredire minimamente il percorso logico della Corte, nella parte in cui ha disatteso l’indennizzo per tale riduzione di valore (sentenza punto III.3).
Ancora, inammissibile appare anche la doglianza relativa alla mancata considerazione da parte della Corte territoriale del Piano regolatore generale (Prg) approvato nel 1998, posto che non si confronta con la ragione dell’esclusione di qualsiasi rilevanza di esso, sottolineata in sentenza, consistente nella irreversibile trasformazione del fondo (e, dunque, nel passaggio di esso in proprietà al Comune) avvenuta in epoca precedente, ossia nel 1993.
Da ultimo, il motivo, pur fondandosi su documenti prodotti nei pregressi gradi, non ne riporta la trascrizione, né il contenuto, con ciò violando l’art. 366, primo comma, n° 6, cod. proc. civ.
6 .- Col terzo mezzo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 13 e 50 del d.P.R. n° 327/2001.
La Corte avrebbe liquidato l’indennità per l’occupazione legittima fino al 3 aprile 1993, ritenendo che nulla spettasse per l’anno dal 3 aprile 1993 al 3 aprile 1994, in ragione dell’avvenuto trasferimento di proprietà riconducibile alla irreversibile trasformazione del fondo.
Al contrario, tale indennità andava liquidata anche per il periodo 3 aprile 1993 -3 aprile 1994, termine ultimo per l’adozione del decreto di esproprio.
7 .- Il mezzo è infondato.
È, infatti, ormai incontestabile, in quanto coperto dal giudicato interno (come già la Corte d’appello ha avuto modo di precisare), che l’irreversibile trasformazione del fondo si è avuta in data 19 aprile 1993, con la conseguenza che da quella data la porzione di terreno pari a 20.000 mq occupata dal campo sportivo comunale è passata in proprietà del Comune.
Pertanto, del tutto correttamente la Corte ha escluso che spettasse agli espropriati un’indennità per l’occupazione illegittima di un bene per il periodo successivo al suo passaggio nel patrimonio del Comune (sul che si veda Cass., sez. I, n° 7465/1991).
Quanto all’intervallo di tempo tra il 3 aprile ed il 19 aprile 1993, l’eventuale inesattezza del giorno non incide sulla sostanza della statuizione e sulla sua correttezza in diritto; inoltre, l’ipotizzabile svista denunciata dai ricorrenti è priva di significatività sotto un profilo economico.
8 .- Col quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 1282 cod. civ., con specifico riguardo all’esclusione della debenza degli interessi ‘ compensativi ‘. La Corte non avrebbe riconosciuto tali interessi, a differenza del tribunale.
Per contro, gli interessi legali dovuti per la ritardata corresponsione delle somme spettanti a titolo di indennità di occupazione e di indennizzo espropriativo decorrono dal momento di maturazione dei corrispondenti diritti e cioè, rispettivamente, dalla scadenza di ciascuna annualità di occupazione e dalla data di emanazione del decreto di espropriazione.
9 .- Il motivo è inammissibile, in quanto non censura la ratio decidendi della sentenza impugnata, consistita nell’affermare che in presenza di obbligazioni di valore (affermazione contenuta a pagina 12 della sentenza) va operata d’ufficio la rivalutazione delle somme liquidate, e nel negare, al contempo, qualunque automatismo nel riconoscimento di interessi sulle somme liquidate a titolo risarcitorio, sul rilievo che è onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo e che tale effetto dipende prevalentemente, dal rapporto tra remuneratività media del denaro e tasso di svalutazione nel periodo in considerazione, essendo ovvio che in tutti i casi in cui il primo sia inferiore al secondo, un danno da ritardo non è normalmente configurabile.
La Corte ha poi osservato che gli appellanti non avevano allegato e dimostrato nulla sul punto e che nulla, pertanto, poteva essere riconosciuto a titolo di interessi compensativi.
Questo iter logico -del tutto conforme all’indirizzo di questa Suprema Corte (volta che si parta dalla constatazione che l’obbligazione è di valore: Cass., sez. I, 9 luglio 2014, n° 15604) non è stato minimamente sottoposto a censura col motivo in esame e tale lacuna determina, come già detto, l’inammissibilità del mezzo.
10 .- Alla soccombenza dei ricorrenti segue la loro condanna solidale alla rifusione delle spese del presente giudizio, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore indeterminabile della lite -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale dei ricorrenti, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rifondere al Comune di Amantea le spese del presente giudizio, che liquida in euro 5.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale dei ricorrenti, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2024, nella camera di consiglio della prima sezione.
Il presidente NOME COGNOME