Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10517 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10517 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11245/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in FINALE EMILIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME -PEC EMAIL– che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO LECCE n. 198/2023 depositata il 31/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto il riconoscimento dell’indennizzo per equa riparazione per l’irragionevole durata della procedura fallimentare della debitrice RAGIONE_SOCIALE (il Fallimento era stato dichiarato nel novembre del 1992): la società era stata ammessa al passivo per l’importo di £ 19.207.998 (corrispondente ad € 9.920,10) con provvedimento del 22.3.1993.
Il Giudice designato aveva accolto il ricorso, riconoscendo dovuto l’importo di € 8.472,10, corrispondente alla differenza tra l’importo ammesso al passivo e quello percepito in sede di riparto parziale nel 2015, per l’irragionevole durata della procedura fallimentare protrattasi per trent’anni.
Proposta opposizione ex art.5 ter legge Pinto, RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto che le fosse riconosciuto l’indennizzo nella misura dell’intero importo ammesso al passivo, di € 9.920,10, senza detrazioni, ma la Corte d’Appello di Lecce aveva confermato il provvedimento monitorio, ritenendo che fosse corretto nella determinazione dell’indennizzo fare riferimento al quantum del credito non soddisfatto all’esito del periodo di ragionevole durata.
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione che, nonostante si estenda per circa trenta pagine nelle quali si riporta più volte il contenuto degli atti e provvedimenti del grado di merito, è articolato su un’unica sostanziale doglianza che è la seguente: per l’identificazione del ‘tetto’ massimo dell’indennizzo, ex art.2 bis co 3 l. n.89/2001, si dovrebbe tenere conto solo dell’importo ammesso al passivo, a prescindere dai pagamenti intervenuti nel corso della procedura.
Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La valutazione del motivo di ricorso in esame richiede di stabilire che cosa si debba intendere per ‘valore della causa o, se inferiore’, valore del ‘diritto accertato dal giudice’, che rappresentano ex art.2 bis co 3 l. n.89/2001 il limite massimo dell’indennizzo liquidabile.
Questa Corte di Cassazione è recentemente intervenuta, proprio con riferimento alla durata irragionevole di un fallimento, con la sentenza n.1103/2025, sezione seconda, dando atto dell’esistenza al suo interno di orientamenti interpretativi non coincidenti sull’identificazione del ‘valore della causa’ e del ‘credito accertato’, da prendere a riferimento per l’operatività del limite individuato ex art.2 bis co 3 l. n.89/2001, e componendo il contrasto come segue: ‘ Ai fini dell’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo fallimentare, i limiti dell’indennizzo ex art. 2-bis,
comma 3, l. n. 89 del 2001 vanno individuati, per il creditore del fallito, quanto al valore della causa, nell’ammontare del credito indicato nell’istanza di ammissione e, quanto al valore del diritto accertato dal giudice, in quello del credito ammesso al passivo, mentre l’entità della pretesa creditoria rimasta insoddisfatta all’esito dei piani di riparto può, invece, riverberare i suoi effetti sulla misura del parametro annuo di liquidazione del danno, ma non può costituire il limite dell’ammontare totale della liquidazione ‘.
Dalla condivisibile motivazione della sentenza, alle cui argomentazioni in diritto si fa riferimento, deriva che gli importi da prendere a riferimento come tetto massimo, ex art.2 bis co 3, per la liquidazione degli indennizzi ex l. n.89/2001 a favore dei soggetti interessati sono quelli risultanti dai provvedimenti di ammissione al passivo fallimentare, senza considerazione di eventuali somme percepite in sede di riparto, parziale o finale, per diminuirne l’entità: l’ammissione al passivo integra, infatti, il ‘diritto accertato dal giudice’ al quale fa riferimento la norma richiamata.
5.1. Nel caso di specie, posto che l’importo da prendere a riferimento come tetto massimo dell’indennizzo, ai sensi dell’art.2 bis co 3 cit. è quello di € 9.920,10 (corrispondente a £ 19.207.998) e tenuto conto del considerevole numero di anni (trenta) di irragionevole durata della procedura fallimentare, l’indennizzo deve essere riconosciuto alla ricorrente nella misura corrispondente al credito ammesso, senza decurtare l’importo di € 1.448,00 percepito dalla società in sede di riparto parziale (a prescindere dal fatto che detto pagamento sia intervenuto prima o dopo il decorso del termine ragionevole di durata della procedura concorsuale).
In accoglimento del ricorso, il provvedimento impugnato deve pertanto essere cassato e, decidendo nel merito, va riconosciuto a favore di RAGIONE_SOCIALE a titolo di indennizzo ex art.2 bis l. n.89/2001 l’importo di € 9.920,10 in luogo dell’importo di € 1.448,00.
Per il grado di merito si conferma per le spese quanto disposto dalla Corte d’Appello di Lecce nel provvedimento impugnato, essendo rimasto il Ministero della Giustizia contumace.
Per il giudizio di legittimità le spese, liquidate come in dispositivo, si pongono a carico del Ministero della Giustizia.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso, cassa il provvedimento della Corte d’Appello di Lecce e, decidendo nel merito, riconosce a titolo di indennizzo ex
art.2 bis l. n.89/2001 a favore di RAGIONE_SOCIALE.p.a. il maggior importo di € 9.920,10;
-nulla sulle spese per il grado di merito avanti alla Corte d’Appello di Lecce;
-condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità a favore di RAGIONE_SOCIALE e le liquida in complessivi € 940,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio della Seconda Sezione