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Indennizzo ex art. 2041 c.c.: limiti al risarcimento

Una società di gestione idrica ha citato in giudizio un’altra impresa per prelievo d’acqua non contrattualizzato, agendo prima per risarcimento del danno e poi per arricchimento senza causa. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l’indennizzo ex art. 2041 c.c. è strettamente limitato alla minor somma tra la perdita subita e l’arricchimento altrui, escludendo categoricamente il mancato guadagno (lucro cessante).

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennizzo per Arricchimento Senza Causa: la Cassazione ne definisce i Confini

In un contesto economico dove le prestazioni di servizi avvengono talvolta al di fuori di un formale quadro contrattuale, sorge spesso la questione di come compensare chi ha fornito il servizio. L’azione di arricchimento senza causa, disciplinata dall’art. 2041 del codice civile, offre uno strumento di tutela. Tuttavia, quali sono i limiti di tale strumento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo come debba essere calcolato l’indennizzo ex art. 2041 c.c. e cosa possa o non possa includere. La pronuncia sottolinea che tale indennizzo ha una funzione meramente reintegratoria e non può mai trasformarsi in una fonte di guadagno.

Il caso: fornitura d’acqua e richiesta di risarcimento

La vicenda trae origine da una controversia tra una società speciale per la gestione del servizio idrico e un’altra società che beneficiava di tale fornitura in un comune dell’hinterland napoletano. La società idrica, lamentando un prelievo di acqua non autorizzato e non pagato, aveva inizialmente agito in giudizio chiedendo il risarcimento del danno per fatto illecito (ex art. 2043 c.c.), qualificando la condotta della controparte come “furto d’acqua”.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda di risarcimento per danno aquiliano, riqualificando invece la fattispecie nell’ambito dell’arricchimento senza causa. I giudici di merito avevano infatti accertato che la fornitura d’acqua era avvenuta con il consenso, seppur non formalizzato in un contratto, della società erogatrice. Di conseguenza, avevano condannato la società utilizzatrice a versare un indennizzo, quantificato non sulla base delle tariffe commerciali della società idrica, ma sul costo vivo della risorsa, ritenuto pari a 0,16 €/mc. Insoddisfatta, la società idrica ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando sia l’errata esclusione della responsabilità per fatto illecito, sia l’errata quantificazione dell’indennizzo.

La decisione della Cassazione sull’indennizzo ex art. 2041 c.c.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito e cogliendo l’occasione per ribadire principi consolidati in materia.

Inammissibilità dei motivi su furto e responsabilità aquiliana

I primi motivi del ricorso, con cui si insisteva sulla tesi del “furto d’acqua” e della responsabilità aquiliana, sono stati giudicati inammissibili. La Cassazione ha spiegato che tali censure miravano, in realtà, a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti (come l’esistenza del consenso alla fornitura), operazione preclusa in sede di legittimità. Il giudice di merito aveva accertato che vi era stato il consenso dell’azienda fornitrice, e tale accertamento di fatto non può essere messo in discussione in Cassazione.

La corretta quantificazione dell’indennizzo per arricchimento senza causa

Di particolare interesse sono le argomentazioni relative ai motivi terzo e quarto, riguardanti la determinazione dell’indennizzo ex art. 2041 c.c.. La società ricorrente sosteneva che l’indennizzo dovesse corrispondere al valore di mercato del servizio, ovvero a quanto avrebbe fatturato applicando le proprie tariffe. La Corte ha respinto fermamente questa tesi, allineandosi al proprio costante orientamento.

le motivazioni

La Corte ha ribadito che l’azione di arricchimento senza causa ha un carattere sussidiario e una finalità di riequilibrio patrimoniale, non risarcitoria. L’indennizzo che ne deriva non deve risarcire l’intero danno, ma solo compensare la diminuzione patrimoniale subita dal “depauperato”, entro i limiti dell’arricchimento conseguito dall’altra parte. Il calcolo si basa sul principio della “minor somma tra il danno e l’arricchimento” (minor somma tra depauperatio e locupletatio).

Questo significa che l’indennizzo ex art. 2041 c.c. non può includere il “mancato utile” (lucro cessante) che il fornitore del servizio avrebbe realizzato se avesse operato in base a un valido contratto. Includere il profitto snaturerebbe la funzione dell’istituto, trasformandolo in uno strumento per ottenere lo stesso risultato di un’azione contrattuale, ma in assenza di un contratto. Pertanto, la decisione della Corte d’Appello di quantificare l’indennizzo sulla base del costo unitario della risorsa idrica, escludendo i margini di guadagno insiti nella tariffa, è stata ritenuta giuridicamente corretta e conforme ai principi di diritto.

le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante promemoria per le imprese e i professionisti. In assenza di un valido contratto, l’unico strumento per ottenere un compenso per una prestazione eseguita è, spesso, l’azione di arricchimento senza causa. Tuttavia, è cruciale comprendere che l’indennizzo ottenibile sarà limitato al valore della perdita patrimoniale effettivamente subita (es. i costi sostenuti), senza poter pretendere il margine di profitto che si sarebbe ottenuto. La decisione rafforza la necessità di formalizzare sempre i rapporti commerciali attraverso contratti chiari e validi, unico modo per garantire la piena tutela dei propri diritti economici, inclusa la componente di utile d’impresa.

L’indennizzo per arricchimento senza causa (ex art. 2041 c.c.) può includere il mancato guadagno?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’obbligazione pecuniaria ex art. 2041 c.c. non può includere il mancato utile che il creditore avrebbe realizzato. Deve essere limitata ai soli esborsi affrontati per curare la fornitura o, più in generale, alla minor somma tra la diminuzione patrimoniale e l’arricchimento.

Come si calcola l’indennizzo ex art. 2041 c.c. quando un’azienda fornisce un servizio senza contratto?
L’indennizzo va commisurato alla minor somma tra la diminuzione patrimoniale subita da chi ha fornito il servizio (il depauperato) e l’arricchimento ottenuto da chi ne ha beneficiato (l’arricchito). Nel caso di specie, è stato ritenuto corretto basarlo sul costo unitario della risorsa (€0,16/mc) piuttosto che sulla tariffa commerciale del fornitore, che includerebbe una componente di guadagno.

È possibile chiedere in Cassazione una nuova valutazione dei fatti di una causa?
No, il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può riesaminare e rivalutare i fatti così come accertati dai giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello). I motivi di ricorso che tendono a una diversa ricostruzione dei fatti sono considerati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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