Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20833 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20833 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16314/2023 R.G. proposto da: COGNOME
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato – avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 1194/2022, depositato il 21/02/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 29 settembre 2022 il Consigliere Delegato della Corte d’Appello di Catanzaro , decidendo sul ricorso per equa
riparazione proposto da NOME COGNOME in relazione all ‘eccessiva durata di un giudizio di ‘ demolizione e risarcimento danni ‘ , svoltosi davanti al Tribunale e alla Corte d’Appello di Catanzaro, ha accertato una durata irragionevole di 10 anni e riconosciuto un indennizzo di €. 157,50 (corrispondente all’importo del risarcimento danno riconosciuto nel giudizio presupposto), con l’aggiunta della rivalutazione .
Il COGNOME ha proposto opposizione avverso il suddetto decreto, che è stata respinta dalla Corte d’Appello col decreto in epigrafe in base al rilievo che l’unica interpretazione possibile del comma 3 dell’art. 2 -bis legge 89 del 2001 è che il limite insuperabile nel riconoscimento dell’indennizzo è il valore del diritto accertato dal giudice. Secondo la Corte d’Appello, il valore del diritto accertato dal giudice del procedimento presupposto è di € 157,50, somma di gran lunga inferiore ai 400,00 euro all’ anno che rappresenta il minimo dell’indennizzo secondo il primo comma dell’art. 2 bis , onde ricorre una ipotesi di necessaria deroga al primo comma e di contenimento dell’indennizzo nei limiti del decisum del giudice del giudizio presupposto.
Contro il provvedimento di rigetto dell’opposizione, il COGNOME ricorre per cassazione con un unico motivo.
il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2 -bis , comma 3, della legge n. 89/2001 in relazione all’art. 360, punto 3, cod. proc. civ. , sotto il profilo dell’errata interpretazione ed applicazione di legge, anche in violazione dell’art. 12 delle Preleggi al Codice Civile. A giudizio del ricorrente, l’unica interpretazione possibile della norma in esame (art. 2bis , comma 3, legge n. 89 del 2001) secondo il dettato dell’art. 12 Preleggi è che ai fini della determinazione della misura
dell’indennizzo la norma prevede due possibili ipotesi: a) la prima allorché la misura dell’indennizzo, determinato secondo i criteri di cui al 1° comma dello stesso art. 2bis , risulta essere superiore al valore dichiarato nel processo presupposto; b) la seconda allorché la misura dell’indennizzo, (sempre calcolato secondo i criteri di cui al 1° comma), risulta essere, invece, inferiore all’entità del diritto accertato dal Giud ice. Nella prima ipotesi, l’indennizzo deve essere ridotto prendendo, appunto, come parametro di riferimento il valore del giudizio presupposto; nella seconda ipotesi, al contrario, la misura dell’indennizzo che risult i inferiore al diritto accertato deve essere ragguagliata al valore dello stesso diritto accertato e riconosciuto.
Di conseguenza, nel caso di specie, doveva aversi riguardo al valore dichiarato del processo presupposto che, sia in primo che in secondo grado, era «indeterminabile», non unicamente al diritto «accertato», come ha fatto il giudice dell’opposizione, atteso che l’equo indennizzo, che in via prioritaria doveva essere determinato in applicazione dei criteri di cui al primo comma dello stesso articolo 2bis , sarebbe stato inferiore al valore presupposto ( €. 52.000,00), anche se fosse stato liquidato prendendo a parametro l’importo massimo annuale.
Il ricorso è fondato.
L’art. 2 -bis (come aggiunto dall’articolo 55, comma 1, lettera b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 per fissare i criteri di determinazione dell’indennizzo ), prevede al terzo comma che la sua misura, anche in deroga al comma 1, non possa in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.
La Corte Costituzionale, nelle ordinanze nn. 124 e 204 del 2014, ha chiarito che il limite del «valore accertato» posto dalla norma deve essere inteso come riferito ai soli casi in cui il giudice abbia comunque
accertato l’esistenza di un diritto e che il «valore» dell’accertamento contenuto nella sentenza, come individuato nella norma, è quello del diritto fatto valere dalla parte attrice: dato, questo, oggettivo, che peraltro non muta in ragione della posizione rivestita dalla parte richiedente l’indennizzo nel processo presupposto. In tal senso, è possibile attribuire alla norma un significato conforme alla CEDU, tenuto conto che la Corte europea dei diritti dell’uomo interpreta l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione, nel senso della spettanza dell’equa soddisfazione per la lesione del diritto alla durata ragionevole del processo a tutte le parti di esso e, in particolare, anche alla parte che sia risultata soccombente ( ex multis , sentenza 19 febbraio 1998, COGNOME e COGNOME contro Svezia , 149/1996/770/967; così Corte costituzionale, n. 124 del 2014 e, di seguito, n. 204 del 2014, n. 240 del 2014, n. 280 del 2014).
Questa Corte ha già stabilito che, con l’introduzione dell’art. 2 -bis , il legislatore del 2012 ha recepito l’esigenza, già in precedenza evidenziata (cfr. Cass. Sez. 2, sentenza n. 12937 del 2012), di evitare il rischio di sovracompensazioni, se non addirittura di occasionali e insperati arricchimenti (Cass. Sez. 6 – 2, n. 14047 del 08/07/2016); il limite posto dall’art. 2bis , comma 3, della legge n. 89 del 2001 all’indennizzo per ingiusta durata del processo presuppone, perciò, che il giudice dell’equa riparazione individui l’esatto valore della causa, del quale l’eventuale accertamento del diritto da parte del giudice a quo costituisce un dato oggettivo, a prescindere anche dalla soccombenza della parte istante nel processo presupposto (Cass. n. 1103 del 2025; Cass. Sez. 6 – 2, n. 25711 del 21/12/2015).
Nel caso che ci occupa, il giudice dell’opposizione, di versamente da quanto sopra riportato, si è limitato a identificare come parametro di determinazione dell’indennizzo il valore del diritto accertato (€.
157,50) solo su una delle due domande del giudizio presupposto, senza verificare che il giudizio presupposto comprendeva anche una domanda di riduzione in pristino, di valore indeterminato: sicchè in tal caso, trattandosi di cumulo di azioni, il valore della causa principale avrebbe potuto essere indeterminabile.
L’errore di diritto è evidente
Il decreto, pertanto, merita di esser cassato, e il giudizio rinviato alla medesima C orte d’ Appello in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda