Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20539 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20539 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 666/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 786/2022 depositata il 23/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
NOME COGNOME iniziava un processo divisionale il 22 marzo 2007. Decedeva il 12 agosto 2012. Il processo veniva riassunto il 28 novembre 2012 nei confronti degli eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME. Il primo grado si concludeva con sentenza del 17 ottobre 2014. Il processo aveva termine con la pubblicazione della sentenza di appello, il 27 maggio del 2021. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME chiedevano al tribunale di Napoli l’indennizzo loro spettante sia iure proprio che iure hereditatis, a titolo di equa riparazione da eccessiva durata del processo. Il giudice designato dal Presidente della Corte di Appello di Napoli accoglieva in parte la domanda riconoscendo agli istanti, iure proprio, un indennizzo per l’eccessiva lungaggine del grado di appello ‘che ha avuto la durata di 6 anni, 1 mese,13 giorni …, eccedente di 4 anni, 1 mese e 13 giorni il termine di cui all’art. 2, comma 3 bis, della l. 89/2001’. Il giudice monocratico evidenziava che il giudizio di primo grado aveva avuto, fino alla data del decesso di NOME e detratti 2 anni e 8 mesi di ritardi imputabili alle parti, una durata inferiore al termine di ragionevole durata e che per questo niente poteva essere riconosciuto agli istanti iure hereditatis. Evidenziava inoltre che tra la data della riassunzione e la data della pubblicazione della sentenza il primo grado aveva avuto la durata di un anno e undici mesi. Dacché la non spettanza dell’indennizzo ‘iure proprio’ per il primo grado;
il Ministero proponeva opposizione ai sensi dell’art. 5 ter della l. 24 marzo 2001 sostenendo, in primo luogo, che il giudice monocratico aveva errato perché aveva distinto i due gradi del
processo laddove invece avrebbe dovuto effettuare una valutazione complessiva della durata dei due gradi e quindi compensare la maggiore durata del grado di appello con la minore durata del primo grado. Ne sarebbe derivato un’eccedenza rispetto alla ragionevole durata non di 4 anni, 1 mese e 13 giorni ma di 3 anni e 3 giorni;
l’opposizione Ministero della Giustizia veniva respinta dalla Corte di Appello di Napoli con il decreto in epigrafe.
La Corte di Appello affermava che ai fini del computo della ragionevole durata del processo rispetto alla pretesa, iure proprio, dell’indennizzo da parte degli eredi dell’originario attore doveva tenersi non, come ipotizzato dal Ministero, del solo lasso di tempo tra la data in cui gli eredi avevano riassunto il giudizio e la data della sentenza di primo grado, ma ‘anche della durata del processo antecedente al momento in cui’ gli eredi ‘vi sono subentrati’. La Corte di Appello concludeva che ‘correttamente è stata computata pari a circa quattro anni la durata eccedente per gli opposti del giudizio presupposto, tenuto conto anche del superamento del termine di durata ragionevole del giudizio di prime cure allorché questi vi sono subentrati’;
il Ministero ricorre per la cassazione di questo decreto denunciando violazione dell’art. 2, comma 2 bis e comma 2 ter della l. 24 marzo 2001, n.89;
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME resistono con controricorso;
i controricorrenti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.il motivo è infondato avendo la Corte di Appello correttamente richiamato la sentenza di questa Corte n. 17685/2021 (secondo cui, ‘qualora la parte del giudizio civile presupposto sia deceduta, l’erede ha diritto a conseguire, “pro quota” e “iure successionis”, l’indennizzo maturato dal “de cuius” per l’eccessiva protrazione del
processo, nonché, “iure proprio”, l’indennizzo dovuto in relazione all’ulteriore decorso della medesima procedura, dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte, ovverosia si sia costituito nel giudizio. Ed infatti, la qualificazione ordinamentale negativa del processo, ossia la sua irragionevole durata, è stata già acquisita nel segmento temporale nel quale parte era il “de cuius” e permane altresì in relazione alla valutazione della posizione del successore -che subentra, pertanto, in un processo oggettivamente irragionevole”) e ritenuto la durata del processo eccedente il limite di ragionevolezza per oltre quattro anni per gli allora opposti e oggi ricorrenti, ‘tenuto conto anche del superamento del termine di durata ragionevole del giudizio di prime cure allorché questo vi sono subentrati’;
il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero della Giustizia a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Roma 10 maggio 2024.
Il Presidente NOME COGNOME