Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23899 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23899 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22578 -2022 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e quali eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME in proprio e nella qualità di eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Potenza, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale sono rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso il decreto n. cronol. 331/2022 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositato il 5/8/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2023 dal consigliere COGNOME;
lette le memorie delle parti ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 29/5/2020, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME chiesero alla Corte d’appello di Potenza l’indennizzo da irragionevole durata del processo ex l. 89/2001 per il pregiudizio subito dalla eccessiva durata della procedura fallimentare a carico della RAGIONE_SOCIALE, apertasi con dichiarazione di fallimento del 3/6/99 e conclusasi con decreto di chiusura del 16/1/2020, al cui passivo erano stati ammessi i crediti da lavoro subordinato loro e, per alcuni, dei loro danti causa, poi soddisfatti in minor somma in sede di riparto, per incapienza di attivo.
Con decreto n. 212/2020 il Consigliere delegato accolse il ricorso e, per quel che ancora qui rileva, riconobbe a ciascun istante un importo di molto inferiore alla domanda, limitando gli importi finali, ex art. 2 bis, comma 3 della legge n. 89/2001, come aggiunto dall’art. 55, comma 1, lettera b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con
modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134., in riferimento al valore del credito riconosciuto nel procedimento presupposto, stabilendolo sulla base all’ultimo piano di riparto del 10.09.2019; liquidò inoltre le spese riducendo al 30% l’importo di Euro 4 50,00, calcolato in applicazione della tabella 8 del d.m. n. 55/2014, perché ravvisò un abuso del processo nell’avvenuta proposizione di distinti e identici ricorsi per soggetti che avevano invece agito unitariamente nel processo presupposto.
Con decreto cron. 331/2022 del 4-8-2022 la Corte di Appello rigettò l’opposizione, non provvedendo alle spese di giudizio in considerazione della mancata costituzione del Ministero convenuto.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, affidandolo a quattro motivi.
Il Ministero si è difeso con controricorso e ha proposto ricorso incidentale per un unico motivo, rispetto a cui i ricorrenti principali non hanno svolto ulteriori difese.
I ricorrenti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in
proprio e nella qualità di eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME hanno censurato il decreto di rigetto della loro opposizione ex art. 5 ter l. 89/2001 per errata applicazione dell’art. 2 bis comm i 1, 2 e 3 della legge n. 89/2001, in riferimento anche agli art. 93, 96 e 110 L. Fall. ed agli art. 10 e 14 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto che il diritto accertato dal giudice che costituisce limite alla quantificazione dell’indennizzo corrisponda, in sede fallimentare, non al credito accertato ed ammesso al passivo dal Giudice delegato in sede di verifica RAGIONE_SOCIALE stato passivo dichiarato esecutivo, ma al credito soddisfatto in sede di riparto.
Il motivo è fondato. Per principio ormai consolidato, ai fini dell’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo fallimentare, il valore della causa rilevante quale limite ex art. 2-bis, comma 3, l. n. 89 del 2001, come aggiunto dall’art. 55, comma 1, lettera b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere riferito al valore del credito ammesso al passivo fallimentare e non alla somma di cui al piano di riparto divenuto esecutivo, atteso che quest’ultimo importo dipende da molteplici variabili, indipendenti sia dalla natura e dall’entità del credito azionato, sia dalla situazione soggettiva del creditore (Cass. Sez. 2, n. 5757 del 24/02/2023; Sez. 6 – 2, n. 26858 del 04/10/2021).
La Corte d’appello non ha correttamente applicato questo principio laddove ha considerato quale limite di indennizzo l’importo riconosciuto nell’ultimo piano di riparto.
Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento dell’esame del secondo motivo, articolato in riferimento ai n. 3 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui i ricorrenti hanno prospettato l’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nella indicazione, contenuta nel piano di riparto, del
riconoscimento di una certa percentuale rispetto alla somma da ripartire, ma prima ancora vengono riconosciuti creditori privilegiati, con un numero d’ordine, indicato l’importo ammesso, l’anticipazione INPS, il credito netto, gli interessi al primo riparto, il totale dovuto, l’acconto del primo riparto, il credito residuo e all’attualità del riparto; il limite del comma 3 dell’art. 2 bis non avrebbe potuto essere calcolato prescindendo da questi valori.
Assorbito è, pure in conseguenza logica, l’esame del terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui i ricorrenti hanno prospettato la violazione degli art. 91 e 112 cod. proc. civ., del decreto ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4 commi 1, 1 bis, 2 e 5, per avere la Corte d’appello rigettato l’opposizione senza esaminare il motivo relativo alla applicabilità della tabella 12 nella fase monocratica e all’avvenuta liquidazione di spese, nel decreto opposto, in misura inferiore ai minimi spettanti.
Assorbito, infine, è anche l’esame del quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 e al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui i ricorrenti hanno lamentato che, nel ravvisare un abuso del processo nell’avvenuta proposizione di più ricorsi, il Consigliere delegato prima e, poi, la Corte d’appello non avrebbero considerato che le domande di ammissione al passivo, cioè del giudizio presupposto, erano singole e non collettive.
3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il Ministero ha lamentato la violazione dell’art. 2 l. 89/2001 e 75 cod. proc. civ., per essere per essere stato liquidato un indennizzo in favore degli eredi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME senza il riscontro di una manifestazione di volontà di questi ultimi di voler proseguire nella procedura di insinuazione al passivo che, in realtà, per legge, non subisce interruzioni.
Il motivo è ammissibile, perché l’opposizione ex art. 5 ter l. 89/2001 non costituisce un mezzo d’impugnazione del decreto monocratico, limitato dai motivi di censura, ma è lo strumento processuale che attua il contraddittorio sulla fondatezza della domanda indennitaria, senza limitazione di temi (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, n. 20463 del 12/10/2015) sicché la questione della legittimazione attiva degli eredi, seppure non sollevata nel relativo giudizio, è ancora sindacabile; è, tuttavia, infondato.
Nel decreto ingiuntivo confermato in sede di opposizione, è esplicitamente affermato, sia per gli eredi di NOME che per gli eredi di NOME, che la procedura fallimentare è proseguita, dopo la morte dei rispettivi danti causa, «a loro nome», per una durata ulteriore rispetto al tempo ritenuto ragionevole; in diritto, seppure è vero che non opera la disciplina dell’interruzione nel procediment o di insinuazione al passivo, è comunque possibile la prosecuzione della procedura per gli eredi, fino alla riscossione dei crediti in sede di riparto. Pertanto, non risulta adeguata la censura del provvedimento impugnato laddove è affermata la prosecuzione automatica della procedura, risultando un diverso dato di fatto dalla motivazione del decreto.
In conclusione il primo motivo di ricorso è accolto, assorbito l’esame delle restanti censure; il ricorso incidentale è rigettato.
Il decreto impugnato deve perciò essere cassato in relazione al motivo accolto, con conseguente rinvio alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione perché decida la controversia in applicazione dei principi suesposti, statuendo anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito l’esame dei restanti motivi e rigettato il ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda