Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7118 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7118 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18379/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOMECOGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la cancelleria della RAGIONE_SOCIALE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME e dall’avvocato COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege presso l’Avvocatura Generale dello Stato, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso il decreto n. 193/2023 della Corte d’Appello di Cagliari, depositato l’8 febbraio 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
La Corte d’appello di Cagliari, in composizione monocratica, in accoglimento della domanda d’indennizzo per la non ragionevole durata di una procedura fallimentare, premettendo che il ‘quantum’ non avrebbe potuto essere maggiore del valore della causa e che esso andava determinato previa decurtazione di quanto corrisposto ai creditori durante il corso del procedimento e prima del superamento della soglia della ragionevole durata, liquidò le somme di € 1.813,53 in favore di NOME COGNOME, € 2.935,39 in favore di NOME COGNOME, €. 3.451,30 in favore di NOME COGNOME, € 2.445,23 in favore di NOME COGNOME, € 3.518,54 in favore di NOME COGNOME ed € 2.152,44 in favore di NOME COGNOME.
In sede collegiale la medesima Corte, corretta la prima motivazione, tuttavia rigettò il reclamo in opposizione, spiegando che il tempestivo intervento del fondo di garanzia, pur non precludendo il diritto all’indennizzo, giustificava la decurtazione in ragione dell’attenuarsi del pregiudizio in pendenza della procedura concorsuale, che, nella specie, rendeva equa una riduzione del 70% dell’importo dell’indennizzo annuale fissato in € 500,00. Di talché a ciascuno dei reclamanti sarebbe dovuto spettare un complessivo indennizzo di € 1.200,00, tenuto conto che il ritardo si era protratto per otto anni, somma questa minore rispetto a quanto liquidato dal Consigliere delegato a ciascuno dei richiedenti.
Gli istanti ricorrevano sulla base d’unitaria censura, ulteriormente illustrata da memoria. Il Ministero della giustizia resisteva con controricorso.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
I ricorrenti, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, hanno chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 22 gennaio 2025.
I ricorrenti lamentano violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 bis, co. 1, l. n. 89/2001, in relazione agli artt. 6, § 1, Carta EDU, all’art. 1 del primo protocollo addizionale e agli artt. 111 e 117 Cost.
Questo l’argomento coltivato con la doglianza: gli esponenti erano stati soddisfatti solo in parte (vengono indicate analiticamente le poste creditorie ‘ab origine’ vantate) e l’ammontare dell’originario credito costituiva il ‘valore della causa’ e non già quello residuo dopo l’intervento del fondo di garanzia INPS. La ‘soglia minima’ individuata in sede di legittimità non coincideva <>.
7.1. La censura è infondata.
Il Collegio condivide e intende dare continuità al principio di diritto affermato da questa Corte, secondo il quale il giudice, nel determinare la quantificazione del danno non patrimoniale subito per ogni anno di ritardo, può scendere al di sotto del livello di “soglia minima” là dove, in considerazione del carattere bagatellare o irrisorio della pretesa patrimoniale azionata nel processo presupposto, parametrata anche sulla condizione sociale e personale del richiedente, l’accoglimento della pretesa azionata renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale del tutto sproporzionato rispetto alla reale entità del pregiudizio sofferto (Sez. 6, n. 17/01/2020, Rv. 657244).
Con l’anzidetta statuizione la Corte non ha mancato di precisare che la <>.
Qui, per vero, lo scostamento si giustifica con l’attenuazione del pregiudizio derivante dal tempestivo intervento del fondo di garanzia (cfr., ex multis, Cass. nn. 28268/2018, 13035/2022, 13535/2022), come esattamente evidenziato dalla Corte cagliaritana, la quale sul punto ha corretto la motivazione del provvedimento reso in sede monocratica, il quale aveva reputato che un tale intervento avesse ridotto il valore della causa presupposta.
Quanto alla misura dell’indennizzo equitativamente diminuito, al fine di renderlo appropriato al lenito pregiudizio, deve escludersi che l’adeguatezza dell’indennizzo debba misurarsi alla stregua di meri parametri quantitativo-monetari, quanto, piuttosto, alla luce della verifica che conduca a reputare la misura simbolica o, comunque, manifestamente inadeguata ad assicurare un serio
ristoro. Al di fuori di una tale ipotesi non è sindacabile in sede di legittimità l’entità della misura indennitaria individuata dal giudice del merito.
In assenza di puntuale e specifica allegazione di mancanza di concreta attitudine ristorativa del liquidato indennizzo la prospettazione censoria non può trovare accoglimento.
Al rigetto del ricorso, conforme alla proposta di definizione anticipata, consegue, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vigente art. 96, co. 3 e 4, cod. proc. civ., la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento in favore della controparte e della cassa delle ammende, delle somme, stimate congrue, di cui in dispositivo (cfr. S.U. n. 27195/2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 940,00 per compensi, oltre alle spese anticipate a debito; condanna, altresì, i ricorrenti, in solido, al pagamento dell’ulteriore somma di € 1.000,00 in favore del controricorrente, ai sensi dell’art. 96, co. 3, cod. proc. civ.; nonché della somma di € 1.000,00, ai sensi dell’art. 96, co. 4, cod. proc. civ., in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 22 gennaio 2025.