Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2638 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2638 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21140 -2021 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti nella qualità di eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati presso l’AVV_NOTAIO dal quale sono rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 408/2021 reso dalla CORTE D’APPELLO di POTENZA il 25/3/2021, depositato il 18/5/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 /7/2023 dal consigliere COGNOME; letta la memoria delle parti ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 21/4/17 NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, deceduto nelle more del giudizio presupposto, chiesero l’indennizzo per irragionevole durata di quel procedimento, estintosi per mancata riassunzione, conseguente ad un’intervenuta transazione.
Respinto il ricorso dal Consigliere delegato, la Corte d’appello di Potenza rigettò l’opposizione degli eredi, ritenendo operante la presunzione ex 2 comma 2 sexies l. 89/2001.
In particolare, la Corte d’appello ritenne che non fosse rilevante, per superare la presunzione, che nell’atto di transazione con cui era stata conciliata la lite oggetto del processo presupposto si fosse dato espressamente atto che a tale conciliazione si era pervenuti «a causa della notevole durata del processo e che le parti non hanno ritenuto di riassumerlo dopo l’interruzione; sul punto, ritenne infatti che l’affermazione suddetta risultasse « autoreferenziale (in quanto proveniente dalle stesse parti che avevano avanzato domanda ex l. 2001/89 quando, almeno astrattamente, già ne sussistevano le condizioni legittimanti)» e «meramente assertiva», in contrasto con «la duplice circostanza che il processo presupposto fosse ormai pronto per essere definito e che, in ogni caso, tra la morte del COGNOME e la transazione fosse trascorso più di un anno».
Con ordinanza n.27787/2019, questa Corte, in accoglimento del ricorso degli eredi COGNOME, cassò il decreto, ritenendo che la Corte territoriale avesse ritenuto non superata la presunzione di cui all’art.
2, comma 2 sexies, lett. c) della legge n. 89/2001 con motivazione apodittica, senza considerare la permanenza dell’interesse delle parti ad una pronuncia giudiziale sul loro contrasto almeno fino al momento in cui avevano deciso una composizione transattiva o, quanto meno, fino al momento dell’interruzione del giudizio presupposto.
Con decreto n.408/2021, l a Corte d’appello di Potenza, in rinvio, ha rigettato il ricorso, fondandolo nuovamente sul mancato superamento della presunzione ex art. 2, comma 2 sexies, lett. c), della legge n. 89/2001.
Avverso questo decreto reso in sede di rinvio, NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi. Il Ministero ha resistito con controricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo, gli eredi COGNOME hanno censurato il decreto impugnato per violazione e falsa applicazione degli articoli 392, 393, 394 cod. proc. civ. con riferimento agli articoli 383, 384 e 143 disposizioni di attuazione: il giudice del rinvio avrebbe violato i limiti dell’esame rinviatogli perché avrebbe reso una motivazione apparente, non valutando, come invece stabilito nell’ordinanza di rinvio , se si fosse già determinato un ritardo risarcibile sino al momento in cui era intervenuta la composizione del contrasto in via transattiva o quantomeno fino all’interruzione del giudizio presupposto.
1.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno riproposto la stessa questione in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ..
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., hanno prospettato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 comma 2 sexies lett. c) della legge 89/2001 e articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo , per avere la
Corte applicato la presunzione di mancanza di danno, senza valutare le circostanze del caso.
1.4. Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ. , hanno infine lamentato la violazione e falsa dell’articolo 91 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’appello, regolando le spese, considerato che essi erano risultati vincitori nel grado di legittimità.
2. I primi due motivi sono fondati.
Nella fattispecie si controverte del pregiudizio sofferto dal dante causa dei ricorrenti che hanno agito quali suoi successori.
Questa Corte ha chiarito che la presunzione iuris tantum di insussistenza del danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo, di cui all’art. 2, comma 2-sexies, lett. c), della l. n. 89 del 2001, introdotto dalla l. n. 208 del 2015, nel caso in cui il giudizio di appello si sia estinto per inattività delle parti subito dopo la definizione stragiudiziale della lite, non può operare automaticamente se l’inattività si è verificata quando la durata complessiva del processo era già divenuta irragionevole; diversamente ritenendo, infatti, verrebbe attribuita rilevanza ad una circostanza sopravvenuta, quale l’estinzione, sorta successivamente al superamento del limite di durata ragionevole del processo (cfr. Cass. n. 18333 del 2016) (così Cass. Sez. 2, n. 35372 del 01/12/2022).
Nella fattispecie, ancor più, si darebbe rilevanza ad una circostanza non imputabile al dante causa, deceduto prima dell’intervenuta transazione.
Nell’ordinanza di rinvio questa Corte aveva perciò segnato i termini dell’indagine da svolgersi in rinvio per valutare l’operatività della presunzione, avendo rilevato l’apoditticità della motivazione resa sul punto nel precedente provvedimento.
Ebbene, nell’ipotesi di cassazione con rinvio per vizio di motivazione, il giudice del rinvio conserva tutti i poteri di indagine e di valutazione della prova e può compiere anche ulteriori accertamenti, purché essi trovino giustificazione nella sentenza di annullamento con rinvio e nell’esigenza di colmare le lacune e le insufficienze da questa riscontrate. Detto principio, pertanto, non opera in ordine ai fatti che la sentenza di cassazione ha considerato come definitivamente accertati, per non essere investiti dall’impugnazione, né in via principale né in via incidentale e sui quali la pronuncia di annullamento è stata fondata; in tal caso, un nuovo e diverso accertamento dei fatti deve ritenersi precluso nel giudizio di rinvio. (Cass. Sez. 3, n. 7635 del 16/05/2003; Sez. U, n. 19217 del 16/12/2003; Sez. L, n. 14635 del 23/06/2006; Sez. 1, n. 31901 del 10/12/2018).
Nel decreto reso in sede di rinvio, invece, la Corte d’appello non ha deciso in corretta applicazione di questo principio.
Dopo aver riportato, infatti, l’andamento dei fatti di causa , la motivazione del primo decreto di rigetto dell’opposizione e dell’ordinanza di questa Corte, ha poi del tutto trascurato di valutare, come demandatole con il rinvio, se effettivamente la presunzione di legge potesse operare anche in riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata «sino al momento in cui era intervenuta la composizione del contrasto in via transattiva o quantomeno fino all’interruzione del giudizio presupposto»; sul punto, invece, la Corte d’appello senza rivalutare la presunzione, considerando un diverso elemento di fatto e, cioè, il contenuto della transazione, ha ritenuto che l’intervenuta rinuncia, da parte dei successori di NOME COGNOME e della controparte, alle reciproche pretese, cioè la rinuncia «a quanto ottenuto, in tempi assolutamente ragionevoli, con la sentenza di primo grado», integrasse un «contegno sintomatico del concorde
riconoscimento, seppur ex post , dell’infondatezza delle azioni rispettivamente proposte».
Così decidendo, la Corte d’appello ha evidentemente sovrapposto i piani di due fattispecie invece incompatibili in fatto e in diritto, la presunzione di insussistenza di pregiudizio prevista al comma 2 sexies lett. c) e l’insussistenza del diritto all’indennizzo per abuso del processo come previsto dal comma 2 quinquies lett.a): ha ravvisato così un fatto nuovo , l’abuso del processo, in violazione dei limiti di quanto già accertato e non più controvertibile.
Dall’accoglimento dei primi due motivi deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento dei due motivi restanti.
Il ricorso è perciò accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione perché si attenga, in applicazione del principio suesposto, all’indagine demandatale da questa Corte con ordinanza n.27787/2019, considerando la permanenza dell’interesse delle parti ad una pronuncia giudiziale sul loro contrasto almeno fino al momento in cui avevano deciso una composizione transattiva o, quanto meno, fino al momento dell’interruzione del giudizio presupposto.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti i restanti; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda