Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30710 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30710 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19214/2022 R.G. proposto da COGNOME NOME COGNOME e COGNOME, in proprio e in qualità di eredi di NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. Prof. NOME COGNOME del foro di Salerno, con procura speciale in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliati con il difensore in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso il decreto della Corte di appello di Salerno n. 2027/2022 depositato il 17 giugno 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
-con ordinanza n. 2121 del 2021 la Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME cassava con rinvio il decreto n. 1680 del 2018 della Corte di appello di Salerno con il quale veniva respinta la domanda di equa riparazione formulata dai COGNOME in relazione alla non ragionevole durata del giudizio di divisione ereditaria instaurato innanzi al Tribunale di Vallo della Lucania nel 2008 e definito con verbale di conciliazione in data 06/10/2016, equiparando siffatta evenienza alla rinuncia e all’inattività delle parti, proprio sul rilievo della erroneità della equiparazione della conciliazione all’estinzione;
-riassunto il giudizio, ai sensi dell’art. 392 c.p.c., dagli stessi COGNOME, la Corte di appello di Salerno, nella contumacia del Ministero della giustizia, con decreto n. 2027 del 2022, in parziale accoglimento dell’originaria opposizione e in accoglimento per quanto di ragione della domanda, condannava l’Amministrazione al pagamento della somma di euro 1.200,00 pro quota, oltre accessori, con liquidazione delle spese processuali, ritenendo che il processo presupposto di cui era stata parte la dante causa dei COGNOME aveva avuto una durata irragionevole di sette anni, sei mesi e due giorni, per essere stata chiamata con atto notificato in data 05.12.2008, cui era seguito il suo decesso il 07.06.2016, mentre i ricorrenti non avevano patito in proprio alcun pregiudizio per avere conciliato la controversia con atto del 06.10.2016; aggiungeva che dovevano essere detratti il periodo di interruzione del processo per decesso di alcune delle parti (dal 18.01.2012 al 17.04.2012 e dal 23.01.2013 al 27.03.2013), oltre ai rinvii del processo per concorde richiesta delle parti, per cui il ritardo nella definizione del giudizio presupposto era pari ad anni tre e giorni
ventinove, escluso il danno patrimoniale neanche espressamente lamentato;
avverso il citato decreto n. 2027/2022 della Corte di appello di Salerno propongono ricorso per cassazione i COGNOME, fondato su due motivi, cui resiste il Ministero della giustizia con controricorso.
Atteso che:
-con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2, comma 2-bis e 2 bis per non avere la Corte distrettuale considerato che i Lembo erano costituiti nel giudizio presupposto già in proprio.
Il motivo è fondato.
Non è in discussione che i ricorrenti avessero chiesto l’indennizzo ex L. 89/2001 sia in proprio che quali eredi di NOME COGNOME di conseguenza la Corte di merito era tenuta a accertare se il processo avesse avuto una durata irragionevole già al momento della morte della comune dante causa, come in concreto effettuato, ma anche assumendo come riferimento temporale l’intero procedimento, avendo i Lembo esercitato il diritto pure iure proprio, procedendo ad una ricostruzione analitica delle diverse frazioni temporali al fine di valutarne separatamente la ragionevole durata. Invero dall’esame degli atti del giudizio presupposto -esaminabili da questa Corte per la natura del vizio lamentato -risulta che il procedimento era stato introdotto avanti al Tribunale di Vallo della Lucania dalla Giglio unitamente ai figli NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME tutti nella qualità di eredi di NOME COGNOME, per ottenere lo scioglimento della comunione esistente, a seguito di atto di divisione, fra NOME COGNOME e le germane NOME. Non assume a tal fine alcun rilievo la continuità della posizione processuale dell’erede rispetto a quella del dante causa, vantando i medesimi fin dall’origine un proprio diritto, cui va solo aggiunto il diritto all’indennizzo, maturato dalla de
cuius e a loro pervenuto ‘iure successionis’ quali eredi, legittimati a pretenderne la liquidazione;
-con il secondo motivo è lamentata la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2 legge n. 89 del 2001, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., e dell’art. 91 c.p.c. per avere riconosciuto solo la metà delle spese processuali tenendo conto del valore realmente attribuito alla controversia.
La questione delle spese è assorbita dall’accoglimento del primo mezzo.
È quindi accolto il primo motivo, con assorbimento del secondo. Il decreto è cassato in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
P . Q . M .
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, l’8 febbraio 2024.
Il Presidente dott. NOME COGNOME