Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31025 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31025 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14998/2022 R.G. proposto da MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME con procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
–
contro
ricorrente
–
avverso il decreto della Corte di appello di Napoli n. 4179/2021 depositato il 22 dicembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
con decreto del 20.09.2021 il Consigliere delegato dal Presidente della Corte di appello di Napoli accoglieva, per quanto di ragione, la domanda di equa riparazione presentata da NOME COGNOME in relazione alla irragionevole durata del giudizio introdotto avanti al Tribunale di Benevento dal suo dante causa, NOME COGNOME l’1.10.2009 e dalla ricorrente proseguito fino al 23.02.2021, riconoscendo per la irragionevole durata della procedura a titolo di indennizzo euro 2.000,00, oltre interessi, iure hereditatis , e in euro 1.500,00, oltre interessi, iure proprio , oltre alle spese di procedura liquidate in euro 627,00;
-decidendo sull’opposizione ex art. 5 -ter legge n. 89/2001 proposta avverso il citato decreto dal Ministero della giustizia deducendo l’inesistenza del danno per decorrere un nuovo termine dalla costituzione in giudizio degli eredi, tesi cui sembrava aderire l’opposta, la Corte di appello di Napoli, con decreto n. 4179 del 2021, respingeva l’opposizione e per l’effetto confermava il decreto impugnato, provvedendo anche alla compensazione delle spese processuali, affermando -sulla base di consolidato orientamento della Suprema Corte -che andava esclusa l’adesione dell’opposta, fatta solo in vista della compensazione delle spese, e nel merito, la COGNOME si era costituita nel giudizio presupposto dopo due anni dal decesso del suo dante causa, non conferendo la qualità di erede il diritto a considerarsi vittima della durata eccessiva, ma una volta riconosciuta non si fonda sull’automatismo, per cui gli indennizzi sono modulabili in relazione al concreto patema d’animo subito;
avverso il citato decreto n. 4179/2021 della Corte di appello di Napoli propone ricorso per cassazione il Ministero, fondato su due motivi, cui resiste la COGNOME con controricorso.
Atteso che:
con il primo motivo il Ministero deduce la violazione e/o la falsa
applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per essere la Corte di appello di Napoli incorsa in vizio di ultrapetizione avendo liquidato l’indennizzo iure proprio nonostante l’adesione di quest’ultima all’opposizione spiegata dal Ministero.
La censura è del tutto destituita di fondamento in quanto la COGNOME non ha formulato nell’atto difensivo depositato nel giudizio di opposizione una vera e propria rinuncia, di cui non ha i requisiti, mancando della adesione alla tesi avversaria, avendo limitato l’adesione alla compensazione delle spese. In tal senso, la mera condivisione della posizione sulle spese è del tutto irrilevante, non costituendo una rinuncia al diritto azionato, che avrebbe dovuto essere formulato dalla parte personalmente;
– con il secondo motivo il Ministero lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 -bis legge n. 89 del 2001 e dell’art. 81 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. per non avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che, una volta costituitasi l’erede, doveva decorrere ex novo altro termine di cui all’art. 2, comma 2bis legge n. 89/2001 onde poter riconoscere l’indennizzo iure proprio. La censura è manifestamente infondata.
La ricorrente ha chiesto l’indennizzo ex L. 89/2001 sia in proprio, che quale erede di NOME COGNOME parte originaria del processo presupposto.
Di conseguenza la Corte di merito era tenuta a accertare se il processo avesse avuto una durata irragionevole già al momento della morte del dante causa, non assumendo come riferimento temporale l’intero procedimento, ma procedendo ad una ricostruzione analitica delle diverse frazioni temporali al fine di valutarne separatamente la ragionevole durata, restando preclusa la possibilità di cumulare il danno sofferto dal de cuius a quello personalmente patito dagli eredi in seguito al loro intervento nel processo (Cass. n. 24711 del 2014; Cass. n. 10986 del 2015).
Non assume a tal fine alcun rilievo la continuità della posizione processuale dell’erede rispetto a quella del dante causa prevista dall’art. 110 c.p.c.: il sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in norme nazionali dalla legge n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali, mediante indennizzi modulabili in relazione al concreto patema subito, il quale presuppone la conoscenza del processo e l’interesse alla sua rapida conclusione (Cass. n. 4003 del 2014; Cass. n. 13803 del 2011; Cass. n. 1309 del 2011; Cass. n. 23416 del 2009).
Nel caso in esame, il processo presupposto era stato incardinato il 1°.10.2009 e, pertanto, alla morte di NOME COGNOME (09.12.2016) aveva già avuto una durata di quattro anni, due mesi e otto giorni, superiore a quella ragionevole di tre anni previsto dall’art. 2, comma 2 bis, L. 89/2001 per il processo di primo grado: il diritto all’indennizzo, maturato dal de cuius , era pervenuto ‘iure successionis’ all’erede, legittimata a pretenderne la liquidazione.
Ciò chiarito, la Corte territoriale ha correttamente riconosciuto anche l’indennizzo iure proprio, verificando che erano decorsi ben due anni, sette mesi e ventinove giorni dopo la costituzione dell’erede, avvenuta con comparsa depositata il 25.06.2018, prima che si concludesse il giudizio con la pubblicazione della sentenza in data 23.02.2021, periodo arrotondato a tre anni, ai sensi del medesimo art. 2 bis, giacché la qualificazione ordinamentale negativa del processo, ossia la sua irragionevole durata, era stata già acquisita nel segmento temporale nel quale parte era il “de cuius” e permane altresì in relazione alla valutazione della posizione dei successori -che subentrano, pertanto, in un processo oggettivamente irragionevole, come deve dirsi avvenuto nel caso in esame -, per cui l’erede ha diritto all’indennizzo “iure proprio” per l’irragionevole durata del giudizio successiva alla propria rituale costituzione.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, attesa la richiesta espressa della controricorrente evocata, vanno compensate.
Ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 115/2002 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89/2001. Il che rende inapplicabile l’art. 13, 1° co. quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115 (cfr. Cass., Sez. Un., 28 maggio 2014 n. 11915).
P . Q . M .
La Corte rigetta il ricorso;
dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda