Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13904 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13904 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1602/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (C.F. CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-intimato- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3429/2020 depositata il 13/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 23.7.2010 il COGNOME NOME, in qualità di erede del padre a suo tempo proprietario di un’azienda boschiva nei territori ceduti dallo Stato Italiano alla ex Jugoslavia con il Trattato di pace del 10.2.1948 e nazionalizzati da quella Repubblica, ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il MEF, chiedendo: a) il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘integrale indennizzo per la perdita dei beni nei territori ceduti all’ex Jugoslavia e nazionalizzati, da determinarsi in ragione dei valori di libero mercato corrente nel 1938, applicando direttamente i principi di cui all’art. 1 del protocollo addizionale CEDU; b) in subordine, che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 9 L. 135/85, RAGIONE_SOCIALEa L. 98/1994 e degli artt. 1 e 3 L. 137/2001; c) in via di ulteriore subordine, il riconoscimento quanto meno di un equo indennizzo in ossequio ai principi stabiliti dalla legislazione sovranazionale.
L’attore ha inoltre esposto che, a conclusione di un giudizio promosso con atto di citazione del 9.4.1984, gli erano già stati corrisposti degli indennizzi così come quantificati nelle sentenze del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 7935/1988 e RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE n. 52/1993, poi sfociate nella sentenza Cassazione n. 2144/1996, che aveva sostanzialmente confermato la pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello, tranne nella parte in cui, nonostante ai fini RAGIONE_SOCIALEa liquidazione avesse applicato il coefficiente unico ‘200’ previsto
dall’art. 8 L. 135/1985, aveva erroneamente riconosciuto anche gli interessi maturati anteriormente alla L. 135/1985.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 16373/2013, ha dichiarato cessata la materia del contendere, in quanto, dopo aver riconosciuto che la L. 137/2001 aveva aumentato l’ammontare RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo anche per coloro che lo avevano percepito sulla base dei criteri precedenti, ha rilevato che nel corso del giudizio il RAGIONE_SOCIALE aveva corrisposto la richiesta maggiorazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo.
Avverso tale pronuncia ha proposto appello il COGNOME dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE, deducendo il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in quanto il Tribunale non avrebbe esaminato: a) né le richieste RAGIONE_SOCIALE‘attore di ottenere l’integrale indennizzo in ragione dei valori di libero mercato del 1938, con applicazione dei principi ex art. 1 Protocollo Addizionale CEDU; b) né la sollevata questione di legittimità costituzionale; c) né l’ulteriore richiesta del riconoscimento quanto meno di un diritto ad un equo indennizzo; d) né le richieste di riconoscimento, nonostante la pacifica esistenza RAGIONE_SOCIALEe sentenze del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 7935/88 e RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE n. 52/93, di un indennizzo totale da quantificarsi nelle somme di € 21.776.893,00, oppure in via subordinata di €9.248.159,37, o ancora di €3.082.719,79, da cui detrarre l’importo degli anticipi corrisposti di €1.233.088,20.
L’appellante ha dedotto, inoltre, di avere diritto alla connessa rivalutazione monetaria piena e agli interessi sulle maggiori somme accertate in relazione alla stima giudiziale, oltre al danno morale subito.
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 3429/2020, ha rigettato l’appello, affermando che: a) doveva ritenersi acquisito il diritto dei privati di chiedere la revisione RAGIONE_SOCIALEa stima RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo per i beni perduti all’estero in territori già appartenenti alla sovranità italiana, stante i nuovi parametri introdotti dalla L.
16/1980 e L. 135/1985; b) la L. 98/1994, relativa all’indennità per la perdita RAGIONE_SOCIALE‘avviamento commerciale, non aveva determinato una riapertura dei termini con riguardo a danni occorsi prima RAGIONE_SOCIALEa sua entrata in vigore e successivamente ai termini indicati nelle altre due citate leggi, né aveva determinato il congelamento sine die del termine ordinario di prescrizione a decorrere dalla sua entrata in vigore; c) la L. 137/2001 aveva riconosciuto un indennizzo ulteriore rispetto a quello di cui alla L. 135/85 e L. 98/94, integrante autonomo e distinto diritto il cui sorgere era condizionato al previo esperimento di una fase obbligatoria di liquidazione in via amministrativa, indennizzo che era stato già riconosciuto in primo grado; d) dovevano ritenersi prescritte le pretese di revisione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo derivanti dalla normativa indennitaria antecedente alla L. 137/2001, soggette al termine di prescrizione decennale decorrente dall’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEe leggi, atteso che non si rinvenivano atti interruttivi rispetto alle L. 135/85 e L. 98/94 e che all’epoca RAGIONE_SOCIALE‘introduzione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale in primo grado (30.7.2010) la prescrizione era già maturata; né l’ultima domanda di indennizzo era idonea ad integrare la costituzione in mora RAGIONE_SOCIALEa P.A., trattandosi di mera richiesta endoprocedimentale di revisione RAGIONE_SOCIALEa stima successiva alla domanda introduttiva del procedimento amministrativo di l, attivata ai sensi RAGIONE_SOCIALEa L. n. 137/2001 e) lo stesso richiedente aveva dato atto che nel tempo gli erano stati corrisposti gli indennizzi così come quantificati nelle sentenze del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 7935/1988 e RAGIONE_SOCIALEa Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE n. 52/93, poi sfociate nella sentenza RAGIONE_SOCIALEa Suprema Corte n. 2144/1996, che aveva sostanzialmente confermato la pronuncia del giudice d’appello, eccezion fatta per gli interessi maturati anteriormente alla L. n. 135/1985.
dovevano ritenersi manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, atteso che la graduazione RAGIONE_SOCIALEa misura
RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo non comporta violazione di disposizioni costituzionali, in quanto anche se il diritto all’indennizzo integra un diritto soggettivo nei confronti RAGIONE_SOCIALEa PA, non può tuttavia limitare la discrezionalità del legislatore in materia, sia per l’inesistenza di diritti costituzionalmente tutelati in capo agli indennizzati, sia per impossibilità di assimilare gli accordi intercorsi tra l’Italia e l’ex Jugoslavia a norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, e come tali vincolanti ex art. 10 Cost.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME , affidandolo a due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c. Nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata per vizio di extrapetizione, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello si è pronunciata su un’eccezione di prescrizione che il RAGIONE_SOCIALE appellato non aveva, tuttavia, riproposto in appello, ex art. 346 cod. proc. civ., né aveva proposto appello incidentale sul punto.
Infatti, l’Amministrazione, nella propria comparsa di costituzione RAGIONE_SOCIALE‘11.6.2014, aveva genericamente dedotto la ‘intervenuta prescrizione dei diritti soggettivi derivanti dalla pretesa indennitaria (ad eccezione RAGIONE_SOCIALEa Legge 137/2001), senza che fosse formalmente sollevata l’eccezione nelle conclusioni, con la conseguenza che il giudice d’appello non avrebbe potuto pronunciarsi senza incorrere nel vizio di extrapetizione.
Il motivo è infondato.
Va osservato che questa Corte (vedi Cass. n 9104/2019, pag. 4 , non massimata), in un caso analogo in cui l’appellato aveva reiterato expressis verbis , nelle conclusioni RAGIONE_SOCIALE‘atto di costituzione, l’eccezione di prescrizione comunque sollevata nella stessa comparsa, ha condivisibilmente evidenziato che, ‘da un lato, che l’eccezione di prescrizione è un’eccezione di merito incidente in funzione estintiva sul fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda, di modo che, concludendosi per il rigetto di essa, la chiesta pronuncia di rigetto non poteva non presupporre anche l’esame di detta eccezione; dall’altro, che il contenuto degli atti difensivi, sulla falsariga di un principio enunciato esplicitamente per la domanda, non va determinato solo in base alle conclusioni formalmente rassegnate, ma in base al tenore complessivo RAGIONE_SOCIALE‘atto, onde, avendo eccepito il committente, come riferisce lo stesso impugnante, in comparsa di costituzione «la prescrizione dei pretesi diritti azionati dal Consorzio attore», non è dubitabile, pur in disparte da quanto innanzi osservato, che, chiedendo conclusivamente il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda, il convenuto avesse inteso sollecitare la pronuncia del decidente anche in ordine alla sua prescrizione….’.
Nel caso di specie, lo stesso ricorrente ha dato atto che nella comparsa di costituzione RAGIONE_SOCIALE‘11.6.2014 il RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito la prescrizione dei diritti soggettivi derivanti dalla pregressa normativa indennitaria (ad eccezione RAGIONE_SOCIALEa legge 137/2001), con la conseguente che la conclusione dallo stesso formulata di rigetto RAGIONE_SOCIALE‘appello era pienamente coerente con tale eccezione, a nulla rilevando che la stessa eccezione non sia stata reiterata nelle conclusioni RAGIONE_SOCIALEa comparsa di costituzione.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 RAGIONE_SOCIALEa Legge 29 marzo 2001 n. 137 e degli articoli 2943, 2944 e 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere prescritto il suo diritto all’integrale indennizzo. Rileva che, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, la L. 137/2001 non ha previsto alcun distinto ed autonomo diritto rispetto a quello previsto dalla normativa indennitaria previgente, bensì unicamente nuovi criteri di valutazione ed importi ulteriori. Di conseguenza il COGNOME COGNOME, con l’atto di citazione del 23 luglio 2010, ha introdotto il giudizio ben prima che si compisse il termine decennale dall’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge 137 del 2001, con la conseguenza che non potevano ritenersi prescritti i diritti azionati.
Inoltre, la Corte d’Appello ha errato laddove, in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2943 c.c., ha ritenuto la domanda di indennizzo presentata al RAGIONE_SOCIALE in sede amministrativa nel 2004 non idonea ad interrompere la prescrizione, trattandosi di mera richiesta endoprocedimentale di revisione RAGIONE_SOCIALEa stima successiva alla domanda introduttiva del procedimento amministrativo e, in quanto tale, non idonea ad integrare la costituzione in mora RAGIONE_SOCIALEa P.A.
Il ricorrente, inoltre, insiste affinché venga sollevata questione di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALEe leggi n. 135/1985, n. 98/1994 e n. 137/2001 per violazione degli artt. 3, 10, 42 e 117 Cost.
In particolare, il ricorrente deduce che la L. 137/2001, per un verso ha fissato dei coefficienti di rivalutazione per la liquidazione degli indennizzi inversamente proporzionali al valore del bene al 1938 (coefficienti più bassi per valori maggiori), per altro verso ha stabilito un ordine nella liquidazione degli indennizzi dando priorità allo scaglione di valore del bene più basso, con ciò determinando una irragionevole sperequazione tra soggetti colpiti dagli stessi eventi e per la perdita di beni omogenei, cui era seguita l’insorgenza di un diritto soggettivo perfetto all’integrale indennizzo.
Il motivo è infondato.
Va osservato che il ricorrente fonda la sua censura di erroneità RAGIONE_SOCIALEa statuizione RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello – nella parte in cui ha ritenuto prescritti i diritti soggettivi derivanti dalla pregressa normativa indennitaria, ad eccezione RAGIONE_SOCIALEa legge 137/2001 – sul rilievo che l’ulteriore indennizzo previsto da quest’ultima normativa non costituirebbe un diritto nuovo e diverso da quello RAGIONE_SOCIALEe leggi precedenti. Tale affermazione si pone in netto contrasto con l’orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 19649/2015; conf. Cass. n. 4923/2003 e , recentemente, Cass. n. 3796/2019) secondo cui la legge n. 137 del 2001, agli artt. 1, 2 e 3, ha riconosciuto ai titolari di beni, diritti e interessi abbandonati nei territori italiani ceduti alla ex Jugoslavia, in base al trattato di pace del 10.2.1947 e RAGIONE_SOCIALE‘accordo di Osimo del 10.11.1975, un indennizzo ulteriore rispetto a quello di cui alle leggi n. 135 del 1985 e n. 98 del 1994, che forma oggetto di un autonomo e distinto diritto, per la soddisfazione del quale è prevista una fase obbligatoria di liquidazione in via amministrativa (art. 2 e 3).
Peraltro, questa Corte, nell’ordinanza n. 9204/2023, ha recentemente enunciato il principio di diritto secondo cui non è invece idonea alla costituzione in mora RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione la domanda amministrativa di concessione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo, alla quale può attribuirsi solo la valenza di impulso del procedimento amministrativo di liquidazione, fino alla conclusione del quale, peraltro, non vi è certezza in ordine all’esistenza ed all’ammontare del debito.
Infine, sono destituite di fondamento le censure con le quali il ricorrente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALEe leggi n. 135/1985, n. 98/1994 e n. 137/2001 nella parte in cui non riconoscono ai proprietari dei beni siti nei territori RAGIONE_SOCIALEa ex Jugoslavia il diritto all’integrale indennizzo.
Va osservato che questa Corte (vedi Cass. S.U. n. 8055/2014, vedi anche Cass. n. 19649/2015) ha più volte enunciato il principio di
diritto -cui questo Collegio intende dare continuità – secondo cui ‘… il diritto all’indennizzo previsto in favore dei cittadini italiani per i beni, ad essi appartenuti, situati nei territori ceduti alla Jugoslavia in base al Trattato di pace del 10 febbraio 1947, ed ivi sottoposti, dal Governo jugoslavo, a misure di nazionalizzazione o di esproprio, integra certamente un diritto soggettivo RAGIONE_SOCIALEa parte nei confronti RAGIONE_SOCIALEa pubblica amministrazione, come è stato costantemente riconosciuto da queste Sezioni Unite (da ultimo, sentenza 18 novembre 1997, n. 11436); ma ciò, se esclude la discrezionalità RAGIONE_SOCIALEa pubblica amministrazione nella liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo, non limita le scelte del legislatore ordinario nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa misura RAGIONE_SOCIALEo stesso, trattandosi di intervento ispirato a criteri di solidarietà RAGIONE_SOCIALEa comunità nazionale, non collegato ad un obbligo di natura risarcitoria per un fatto illecito, imputabile allo Stato italiano, preesistente alla legge speciale (Sez. 1, 1 aprile 2003, n. 4923; Sez. 1, 7 giugno 2007, n. 13359). Il diritto all’indennizzo per la perdita di quei beni, in altri termini, trova nella legge, unitamente alla sua fonte, i suoi limiti: come tale, esso non è indipendente dall’intervento “costitutivo” del legislatore nell’esercizio dei suoi poteri di apprezzamento RAGIONE_SOCIALEa misura e RAGIONE_SOCIALEe modalità di erogazione RAGIONE_SOCIALEe provvidenze, nonché RAGIONE_SOCIALEa loro gradualità, in relazione a tutti gli elementi di natura costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari, la cui ponderazione rientra nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa discrezionalità del Parlamento, salvo il principio RAGIONE_SOCIALEa parità di trattamento e l’obbligo di tener conto degli importi versati, a seguito di accordi internazionali, dallo Stato jugoslavo al Governo italiano per effetto di quelle espropriazioni.
Ne consegue che la pretesa dei ricorrenti di vedersi riconoscere dallo Stato italiano, per l’espropriazione da parte del Governo jugoslavo dei beni situati nei territori ceduti a seguito del Trattato di pace conseguente agli eventi bellici del secondo conflitto
mondiale, un indennizzo pieno, ancorato al valore venale attualizzato di quei beni, o un risarcimento del danno, anche di natura non patrimoniale, non trova fondamento nel testo RAGIONE_SOCIALEa normativa di settore.
2.4. – Nè viene in gioco, a carico RAGIONE_SOCIALEo Stato italiano, la garanzia, prevista dall’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia A dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo e RAGIONE_SOCIALEe libertà fondamentali, che l’importo RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo accordato per la privazione RAGIONE_SOCIALEa proprietà sia ragionevolmente in rapporto con il valore del bene. Poiché la privazione dei beni dei cittadini italiani si è verificata ad opera di uno Stato straniero (la Jugoslavia), al quale il territorio sui cui essi si trovavano è stato ceduto dall’Italia, soccombente nel conflitto bellico, a seguito RAGIONE_SOCIALEa firma del Trattato internazionale di pace, l’assicurazione RAGIONE_SOCIALEa pienezza dei diritti patrimoniali degli istanti non può essere richiesta allo Stato italiano, che RAGIONE_SOCIALEe violazioni di quei diritti non è l’autore, essendo la presente vicenda diversa da quella su cui la Grande Camera RAGIONE_SOCIALEa Corte europea dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo si è pronunciata, il 22 giugno 2004, nel caso COGNOME c. Polonia, riguardante la frontiera orientale RAGIONE_SOCIALEa Polonia ed i beni al di là Bug, nel quale gli “accordi RAGIONE_SOCIALEe Repubbliche” (conclusi tra i RAGIONE_SOCIALE polacchi di RAGIONE_SOCIALE nazionale e le vecchie Repubbliche socialiste sovietiche di Ucraina, del Belarus e di Lituania) avvennero nel contesto di un differente esito bellico e con l’assunzione, da parte RAGIONE_SOCIALEo Stato polacco, di una specifica obbligazione di risarcimento nei confronti dei propri cittadini….’ .
Dunque, proprio perché non può riconoscersi, per le sopra evidenziate considerazioni RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite di questa Corte, il diritto soggettivo ad indennizzo pieno, ancorato al valore venale attualizzato di beni siti nei territori RAGIONE_SOCIALEa ex Jugoslavia, non fondato è il rilievo che il legislatore RAGIONE_SOCIALEa L. n. 137/2001, nel riconoscere coefficienti di rivalutazione inversamente proporzionali al valore del
bene al 1938, sarebbe incorso nella violazione del principio di parità di trattamento. Come detto, tutti gli interventi del legislatore in questa materia sono stati ispirati a criteri di solidarietà RAGIONE_SOCIALEa comunità nazionale, e non sono stati collegati ad un obbligo di natura risarcitoria per un fatto illecito, imputabile allo Stato italiano, preesistente alla legge speciale, Ne consegue che il riconoscimento di un coefficiente di rivalutazione più alto per titolari di beni di valore più modesto si giustifica proprio in relazione allo stesso criterio di solidarietà che ha ispirato il legislatore.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, ove dovuto.
RAGIONE_SOCIALE, così deciso il 29.2.2024