Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34396 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34396 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 28295 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
COGNOME NOME , CF: LBT NNN CODICE_FISCALE, nato a Reggio Calabria il 14.11.1976 ed ivi residente alla INDIRIZZO e Labate Agata , CF: CODICE_FISCALE, nata a Reggio Calabria il 18.1.1974 e residente a Messina alla INDIRIZZO, rappresentati e difesi, giusta procura speciale in separato documento allegato in calce al ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (cf. DTT CODICE_FISCALE – Fax NUMERO_TELEFONO – PEC EMAIL) e NOME COGNOME (cf. GNG NNN 64M23 H224C -Fax NUMERO_TELEFONO -PEC EMAIL), congiuntamente e/o disgiuntamente tra loro, elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO presso e nello studio dell ‘avv. NOME COGNOME.
Ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE , C.F. P_IVA, P.IVA P_IVA ed Iscr. REA CODICE_FISCALE, con sede legale in Roma, INDIRIZZO rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli Avv.ti NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE, Avv. NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE e Avv. NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE, iscritte nell’elenco speciale avvocati RAGIONE_SOCIALE giusta procura speciale in calce al controricorso in Cassazione, rilasciata dall’Avv. NOME COGNOME Responsabile della Direzione Legale, giusta procura per atto notaia NOME COGNOME in Roma, 18 giugno 2021, registrato il 21 giugno 2021, n. 21824, con loro elettivamente domiciliata presso in Roma alla INDIRIZZO i quali dichiarano di voler ricevere comunicazioni al fax nNUMERO_TELEFONO e agli indirizzi pec: EMAIL; EMAIL; EMAIL.
Controricorrente Ricorrente incidentale
avverso il ‘ decreto ‘ ( rectius : ordinanza) della Corte d’appello di Reggio Calabria n° 7072 depositata il 22 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Per l’esecuzione di lavori di costruzione delle opere di viabilità locale (tratto svincolo Arangea -Torrente Armo -costruzione svincolo Malderiti e asta di raccordo all’aeroporto, raccordo autostradale Reggio Calabria -S.S. 106 ter e 106 Ionica) l’RAGIONE_SOCIALE, e per essa la RAGIONE_SOCIALE, con decreti
prefettizi del 6 maggio e del 28 agosto 1997 veniva autorizzata ad occupare i terreni distinti in catasto al foglio 15 del Comune di Reggio Calabria, particelle n° 48 (con fabbricato di mq. 220), 50, 939, 940, 941, 942, 572, 1125, 1129, il tutto per una consistenza effettiva pari a complessivi mq 15.306, oltre fabbricato, di proprietà dei ricorrenti indicati in intestazione.
Poiché il decreto di esproprio non veniva emesso, gli ablati adivano dapprima il Tar Reggio Calabria, il quale ordinava la restituzione dei fondi occupati, previa riduzione in pristino, e condannava l’autorità procedente a risarcire il danno da occupazione illegittima.
Con provvedimento prot. CCZ-0040822 del 22 dicembre 2015, ANAS procedeva all’acquisizione sanante ex art. 42 -bis d.P.R. n° 327/2001, acquisendo 10.114 mq sui 15.306 occupati.
I proprietari adivano quindi la Corte d’appello di Reggio Calabria, onde ottenere la liquidazione dell’indennizzo, ritenendo incongruo quello offerto dall’espropriante.
2 .-Disposta c.t.u., successivamente integrata con ulteriore relazione per rispondere alle osservazioni delle parti, la Corte con il decreto (avente valore di ordinanza) menzionato in intestazione (corretto con ordinanza n° 8479/2021) ha assegnato ai Labate euro 283.192,00 per i terreni espropriati, euro 28.319,20 per pregiudizio non patrimoniale pari al 10%, euro 90.744,83 ed euro 373.288,44 rispettivamente per l’occupazione legittima ed illegittima dei terreni, nonché euro 18.660,73 ed euro 76.649,05 per l’occupazione legittima ed illegittima del fabbricato posto sul mappale 220.
Dal totale pari ad euro 870.854,23 ha detratto quanto in precedenza ricevuto (euro 264.907,85, rivalutati ad euro 333.551,28) ed ha accertato che il debito Anas era ‘ in prima battuta ‘ pari ad euro 537.302,95.
A seguito del supplemento di c.t.u. la Corte ha poi riconosciuto in favore dei ricorrenti euro 88.000,00 quale valore del fabbricato
ormai inservibile, euro 362.899,00 per il deprezzamento delle residue quattro parti del fondo, ‘ (euro 300.501,06 + euro 137.897,65) 438.398,71 per mancati redditi da impossibilità di coltivare il bergamotteto ‘, per complessivi euro ‘ 1.126.099,60 ‘ ( recte : 1.426.600,60, in quanto l’ordinanza di correzione n° 8479 non ha provveduto a correggere tale totale), chiarendo che tale importo finale era al netto di quanto ottenuto dai Labate.
3 .- Per quello che qui ancora interessa, osservava la Corte -quanto al fabbricato, alle spese necessarie al ripristino dello stesso ed al suo deprezzamento per mutate condizioni di accesso e vicinanza alla rampa stradale realizzata da Anas -che il consulente dava correttamente atto dell’attuale necessità di spese di ripristino. Secondo il c.t.u., la ristrutturazione, che avrebbe dovuto rispettare sagoma e volumetria originarie, ma anche essere conforme ai vincoli di legge (quale quello antisismico), avrebbe comportato, circolare Inarcassa 40 del 20 novembre 1984, un esborso di euro 113.911,71 per i locali abitativi attualizzando i parametri della e di euro 15.711,85 per le pertinenze.
Anche dopo la ristrutturazione, il fabbricato sarebbe rimasto deprezzato di un 15% rispetto al suo valore di mercato.
Sennonché, osservava la Corte, il consulente aveva accertato che il valore di mercato del fabbricato, anche senza tenere conto del deprezzamento inevitabile, era di soli 88.000,00 euro ed i Labate nulla avevano osservato sul punto, ‘ implicitamente accettando dunque tale limitazione ‘: limitazione che sarebbe ‘un necessario portato della lettera dell’art. 42bis come interpretata (estensivamente) dal Giudice delle leggi ‘.
Nessun dubbio sussisteva, sempre secondo la Corte, sull’indennizzabilità del minor valore derivante dal frazionamento dei suoli, ma altrettanto non poteva dirsi per il danno da occupazione dell’area del pozzo e per il ripristino dell’agrumeto
coltivato a bergamotti, giacché ‘ ove il bene venisse integralmente ripristinato, il deprezzamento sarebbe annullato ‘.
Del resto, il c.t.u., tramite l’ausiliaria agronoma, aveva chiarito che il deprezzamento derivava principalmente dal fatto che quelle porzioni di fondo prima destinate ad agrumeto ora potevano essere inquadrate come ‘ incolto produttivo ‘ o addirittura ‘ incolto sterile ‘.
Non si poteva, pertanto, fare carico ad Anas delle spese necessarie per ripristinare il pozzo (oltre 1,2 milioni di euro) e le colture.
D’altro canto, gli stessi ricorrenti non avevano mai nemmeno ventilato nel ricorso introduttivo di potere ambire a indennizzi di tale portata, e solo adesso, in esito al deposito della relazione, caldeggiavano l’integrale accoglimento dei calcoli ivi contenuti.
Andava invece riconosciuto ai ricorrenti il risarcimento del danno derivato dai mancati introiti che sarebbero derivati dall’utilizzo dell’agrumeto coltivato a bergamotti nel periodo di occupazione illegittima, pari a 300.501,06 euro come riportato nella relazione definitiva del consulente, essendo incontestato che le attività di Anas sull’intero compendio avevano impedito la coltivazione.
4 .- Per la cassazione di tale decreto (avente, come già detto, valore di ordinanza) ricorrono i Labate, affidando l’impugnazione a due motivi, che, pur distintamente intitolati, sono illustrati con argomentazioni congiunte.
Resiste NOME che conclude per la reiezione del ricorso, formulando un motivo di ricorso incidentale, cui resistono i Labate con controricorso, nel quale concludono per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza di esso.
Con istanza depositata telematicamente il 25 gennaio 2022 Anas ha chiesto di essere rimessa in termini per il deposito del controricorso contenente ricorso incidentale, notificato il 13 dicembre 2021, in relazione al quale il deposito del 17 dicembre 2021 si era concluso con un ‘ errore fatale ‘.
A tale istanza si sono opposti i ricorrenti, rilevando che l’istanza era stata proposta il 25 gennaio 2022, dunque non nell’immediatezza dell’errore del sistema informatico.
La causa è stata assegnata per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5 .- Col primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione dell’art. 42 -bis d.P.R. n° 327/2001, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale liquidato il ristoro per l’occupazione senza titolo del fabbricato, dell’area ove insiste il pozzo e del bergamotteto senza tener conto delle spese occorrenti per il ripristino del fabbricato e del pozzo e per il reimpianto del fondo coltivato.
Col secondo motivo deducono la v iolazione dell’art. 360, primo comma, n° 5 cod. proc. civ., per omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla entità dei danni subiti dai concludenti, accertati dal c.t.u. e nondimeno esclusi dalla Corte senza alcuna motivazione.
Quanto al fabbricato, la Corte, dopo aver preso atto che il consulente aveva accertato la necessità di spese di ripristino, pari ad euro 142.823,56, le aveva escluse con motivazione incomprensibile, riducendo a soli 88 mila euro l’indennizzo, sull’erroneo rilievo che quello fosse il valore venale dell’immobile secondo il c.t.u. e che i Labate sul punto non avessero eccepito nulla, mentre essi avevano osservato che il valore del cespite era pari ad almeno 110 mila euro.
Del pari, era stato illegittimamente escluso l’obbligo di indennizzo per le colture praticate (che il c.t.u. aveva ragguagliato alla
differenza di valore tra un agrumeto coltivato a bergamotti in ottimo stato vegetativo ed un suolo privo di piantagioni) e per la diminuzione di valore del fondo residuo (consistente nelle spese per la rimozione degli ingenti quantitativi di materiali di scarto collocati dall’Anas nella zona del pozzo): indennizzi non riconosciuti dalla Corte sull’incomprensibile rilievo che ‘ ove il bene venisse integralmente ripristinato il deprezzamento verrebbe annullato’ e che non si poteva ‘ fare carico ad Anas delle spese che sarebbero necessarie per ripristinare il pozzo (oltre 1.2 milioni di euro) e le colture ‘, giacché gli stessi ricorrenti non avrebbero ‘ mai nemmeno ventilato nel ricorso introduttivo di poter ambire a indennizzi di tale portata e solo adesso, in esito al deposito della relazione, caldeggia l’integrale accoglimento dei calcoli ivi contenuti ‘.
Infine, dovevano essere indennizzate anche le spese per il ripristino dell’agrumeto, quantificate dal c.t.u. in euro 10.780,79 relativamente all’area ove insiste il pozzo ed in euro 32.846,82 per le rimanenti aree, anch’esse non interessate dalla acquisizione sanante.
6 .- Con l’unico motivo di ricorso incidentale -proposto ‘ in via subordinata rispetto alla richiesta di procedere ad una rivalutazione dell’an e del quantum debeatur esclusivamente sulla base della prova offerta in ordine alle varie voci di danno richieste, riducendo l’entità delle medesime, in ogni caso, nella misura ritenuta di giustizia ‘ -Anas, senza indicare alcuna norma di legge, si duole della liquidazione della voce di indennizzo consistente nei mancati redditi per la coltivazione dell’agrumeto, in quanto i COGNOME non rivestono né agiscono in giudizio come imprenditori agricoli o cooperativa agricola, ma come persone fisiche e, in ogni caso, perché non vi sarebbe prova dell’utilizzazione dei fondi in questione a scopi lucrativi, dei redditi percepiti dai COGNOME, nonché della mancata percezione degli stessi per l’impossibilità di coltivare il fondo.
7 .- I due motivi di ricorso principale -esaminabili congiuntamente -sono fondati.
Giova precisare che si tratta qui di determinare l’indennizzo spettante per l’occupazione legittima ed illegittima dei suoli di proprietà dei ricorrenti a seguito dell’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42bis del d.P.R. n° 327/2001, il quale -com’è noto prevede che ‘ er il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma ‘.
Ora, sebbene il citato art. 42bis non detti alcuna disposizione per la liquidazione dell’indennità da occupazione legittima, si ritiene nondimeno che essa vada comunque liquidata, in quanto l’onnicomprensività dell’indennizzo previsto dall’articolo citato è riferita esclusivamente all’indennità di occupazione senza titolo ed al ristoro subito per la perdita della proprietà del bene, passato alla mano pubblica, non estendendosi alla diversa indennità per il periodo di legittima occupazione del fondo, tant’è vero che nel senso di una distinzione e quindi, di una separata liquidabilità dell’indennità di occupazione legittima e dell’indennità di occupazione illegittima, si è espressa anche la Corte Costituzionale nella decisione con la quale ha disatteso tutte le censure di costituzionalità proposte nei confronti dell’art. 42 bis del d.P.R. n° 327 del 2001 (C. Cost. n° 71/2015).
L’art. 42bis fa esclusivo riferimento, invero, al ristoro per il periodo di occupazione senza titolo dei fondi, mentre non fa riferimento alcuno al periodo di occupazione basata su un titolo ed alla relativa indennità, prevista, invece, dagli artt. 22bis e 50 del d.P.R. citato.
È certo, pertanto, che – non contenendo l’art. 42bis alcuna previsione modificativa o abrogativa di tali disposizioni -resta
salvo, anche in caso di emissione del provvedimento di acquisizione sanante, il diritto dell’espropriato di percepire, in aggiunta all’indennizzo per il periodo di occupazione illegittima, anche quello per il periodo di occupazione legittima (Cass. Su, 21 agosto 2020, n° 17581).
Non sembra che la Corte d’appello abbia fatto corretta applicazione di tale principio, in quanto per il fabbricato (anche a tacere del fatto che non è applicabile il principio di non contestazione della c.t.u., enunciato dalla Corte a pagina 6 dell’ordinanza) ha liquidato euro 88 mila pari al valore venale del cespite, senza considerare che non si trattava di quantificare l’indennizzo per la perdita del bene, ma di liquidarlo per l’occupazione legittima ed illegittima.
Quanto al compendio residuo ha escluso le spese necessarie per il ripristino dell’area in cui è collocato il pozzo e dell’agrumeto coltivato a bergamotti, con una motivazione non agevolmente intellegibile, ossia asserendo (a) che ‘ il fine al quale tende l’indennizzo non è infatti ripristinare la porzione residua, ma rimborsare il proprietario della perdita di valore ‘, (b) che ‘ ove il bene venisse integralmente ripristinato, il deprezzamento sarebbe annullato ‘; (c) che, secondo l’ausiliaria agronoma, ‘ il deprezzamento nasce principalmente dal fatto che quelle porzioni che prima erano destinate a bergamotteto ora possono essere inquadrate come «incolto produttivo» o addirittura «incolto sterile» ‘; e che (d) ‘ non si può pertanto fare carico ad Anas delle spese che sarebbero necessarie per ripristinare il pozzo (oltre 1.2 milioni di euro) e le colture ‘, poiché ‘ gli stessi ricorrenti non hanno mai nemmeno ventilato nel ricorso introduttivo di potere ambire a indennizzi di tale portata, e solo adesso, in esito al deposito della relazione, caldeggia l’integrale accoglimento dei calcoli ivi contenuti ‘.
Il tutto, inoltre, senza considerare che, come correttamente deducono i COGNOME, dagli atti del procedimento e, in particolare,
dalla c.t.u. disposta dalla Corte era effettivamente emersa ‘ la prova di una diversa entità del danno ‘ (art. 42 -bis , terzo comma, secondo periodo) da occupazione senza titolo per tutti i suoli occupati e poi restituiti agli ablati.
8 .-Non è invece ammissibile l’unico motivo di ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE s.p.a., ma non per mancanza di interesse, come invece pretendono i Labate nel proprio controricorso a pagina 2 lettera A.
Infatti, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione la sistemazione di interessi derivanti dalla sentenza cui il non impugnante aveva prestato acquiescenza, atteso che l’interesse a proporre gravame sorge, anche nelle cause scindibili, dall’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione principale modifichi tale assetto ( ex multis : Cass., sez. 2, 25 gennaio 2018, n° 1879).
Correttamente, invece, deducono i Labate che il motivo in esame, peraltro non espressamente ricondotto da Anas ad alcuna delle ipotesi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., ma apparentemente sussumibile sub n° 3, denuncia una violazione di legge introducendo fatti nuovi, che non risultano dal testo dell’ordinanza impugnata.
Anas, inoltre, trascura di considerare che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa.
Viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.
Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero, erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., sez. 2, 12 ottobre 2017, n° 24054).
Occorre anche aggiungere, come ulteriore ragione di inammissibilità, che il diritto all’indennizzo spetta per il pregiudizio arrecato all’agrumeto rimasto in proprietà dei Labate, che da coltivato è divenuto, secondo lo stesso decreto impugnato, ‘ incolto produttivo ‘ o ‘ incolto sterile ‘.
Non ha, dunque, alcun rilievo che i proprietari abbiano speso in causa la loro mera qualifica di proprietari (senza specificare se essi fossero anche imprenditori agricoli), posto che tale qualificazione, anche a prescindere dalla constatazione che non può considerarsi implicitamente negata, non avrebbe comunque alcun peso ai fini della liquidazione del danno consistente nelle spese di ripristino del fondo coltivato.
Le ragioni di inammissibilità sopra esposte consentono di ritenere assorbita, in ragione del principio della ragione più liquida, la questione del tardivo deposito del controricorso (contenente il ricorso incidentale) a seguito dell’errore fatale del 17 dicembre 2021, che, a dire di Anas, avrebbe impedito il tempestivo deposito dell’atto.
9 .-In conclusione, l’ordinanza deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Reggio Calabria per nuovo esame, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio.
Va, nondimeno, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente incidentale, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte accoglie i due motivi di ricorso principale e dichiara inammissibile l’unico motivo di ricorso incidentale. Cassa e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente incidentale, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 17 dicembre 2024, nella camera di